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    I missili balistici nordcoreani utilizzati dalla Russia in Ucraina preoccupano Bruxelles e Washington

    Bruxelles – Tra il 29 dicembre e il 2 gennaio, la Russia ha lanciato più di 500 droni e missili contro obiettivi ucraini. Come ricostruito dalle forze di intelligence americane, in quei cinque giorni Mosca avrebbe utilizzato diversi missili acquistati dalla Corea del Nord. Un patto, quello sulle armi tra Vladimir Putin e Kim Jong-un, che “preoccupa profondamente” l’Occidente.La condanna è arrivata in una dichiarazione congiunta, firmata dall’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, in nome dei 27 Paesi membri e dal segretario di Stato degli Stati Uniti, Antony Blinken, insieme ad Albania, Andorra, Argentina, Australia, Canada, Georgia, Guatemala, Islanda, Israele, Giappone, Liechtenstein, Moldavia, Monaco, Nuova Zelanda, Macedonia del Nord, Norvegia, Palau, Repubblica di Corea, San Marino, Ucraina e Regno Unito.Zona residenziale nel centro di Kharkiv colpita da un missile lanciato dalla Russia il 2 gennaio 2024 (Photo by SERGEY BOBOK / AFP)“Il trasferimento di queste armi aumenta la sofferenza del popolo ucraino, sostiene la guerra di aggressione della Russia e mina il regime globale di non proliferazione“, denunciano i ministri degli Esteri dei 49 Paesi uniti in una “risoluta opposizione” alla compravendita tra Mosca e Pyongyang. È una “palese violazione” di molteplici risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite – la risoluzione 1718 nel 2006, la risoluzione 1874 nel 2009 e la risoluzione 2270 nel 2016 – che imponevano alla Repubblica Popolare Democratica di Corea (Rpdc) un percorso di demilitarizzazione. Risoluzioni “che la stessa Russia ha sostenuto”, sottolineano nella dichiarazione congiunta.Perché a preoccupare l’Occidente non è solo l’effetto che il supporto militare di Pyongyang può avere sulla guerra di aggressione russa in Ucraina, ma anche le possibili azioni unilaterali di un leader inaffidabile come Kim Jong-un. “Stiamo monitorando da vicino ciò che la Russia fornisce alla Corea del Nord in cambio di queste esportazioni di armi”, assicurano Borrell e Blinken. Il patto stretto tra Mosca e Pyongyang in occasione della visita di Kim Jong-Un in Russia lo scorso settembre prevederebbe infatti uno scambio reciproco di armamenti. A Putin i missili balistici, al leader supremo della Corea del Nord aerei, veicoli blindati, attrezzature per la produzione degli stessi missili e altre tecnologie avanzate.Inoltre “l’uso da parte della Russia di missili balistici della Rpdc in Ucraina fornisce anche preziose informazioni tecniche e militari” alla Corea del Nord. Nel momento più basso delle relazioni con i vicini della Corea del Sud degli ultimi decenni, con Kim Jong-Un che proprio oggi ha dichiarato che “se la Corea del Sud userà le sue forze armate contro la Corea del Nord o ne minaccerà la sovranità e sicurezza, non esiteremo ad annientarla”, la comunità internazionale teme il rischio che questo rafforzamento dell’arsenale militare possa deflagrare in un conflitto vero e proprio.“Siamo profondamente preoccupati per le implicazioni sulla sicurezza che questa cooperazione ha in Europa, nella penisola coreana, nella regione dell’Indo-Pacifico e in tutto il mondo“, avvertono i leader occidentali. Che concludono la dichiarazione congiunta esortando “tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite, compresi tutti i membri del Consiglio di sicurezza, a unirsi a noi nel condannare le flagranti violazioni delle risoluzioni Onu da parte della Russia e della Rpdc”.

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    L’Ue mette in cantiere un piano B per il sostegno all’Ucraina a 26

    Bruxelles – La data segnata sul calendario è quella del 1 febbraio 2024, giorno in cui il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha convocato il vertice straordinario dei capi di stato e di governo dell’Ue per sbloccare lo stallo sulla revisione del bilancio pluriennale dell’Unione. Il nodo da sciogliere riguarda i 50 miliardi per tenere a galla l’Ucraina: se il piano A rimane convincere l’Ungheria e raggiungere l’unanimità, a Bruxelles si lavora a ranghi serrati per un piano di riserva.Lo scorso 15 dicembre il premier ungherese, Viktor Orban, è stato protagonista assoluto del vertice europeo: prima cedendo sull’apertura dei negoziati per l’adesione di Kiev all’Ue, poi battendo i pugni sul tavolo sul sostegno finanziario al Paese aggredito da Mosca. In 26 erano d’accordo per garantire a Volodymyr Zelensky 33 miliardi di euro di prestiti e 17 miliardi di sussidi a fondo perduto fino al 2027, ma dopo una trattativa durata ore, Michel ha preferito congelare il dossier e rimandarlo al nuovo anno. Senza rinunciare a convincere Budapest: “Torneremo sulla materia a inizio del prossimo anno per cercare di raggiungere l’unanimità per attuare questo accordo”, aveva dichiarato il leader Ue a margine del Consiglio europeo.Charles Michel (di spalle) accoglie Viktor Orban al Consiglio europeo del 14-15 dicembre 2023Ma l’Ue non può rischiare di svegliarsi il 2 febbraio senza un piano di finanziamenti per l’Ucraina. Secondo il Financial Times sarebbero in corso colloqui per un piano B, che possa essere approvato a 26 nell’eventualità che Orban ribadisca il suo no a utilizzare il bilancio comunitario per Kiev. Un piano dal valore massimo di 20 miliardi di euro, sganciati dal bilancio Ue, che la Commissione europea potrebbe prendere in prestito sui mercati di capitali grazie al rilascio di garanzie da parte degli Stati membri.L’aspetto cruciale è che l’opzione non richiederebbe l’approvazione da parte di tutti i 27 Stati membri, a condizione che tra i partecipanti principali vi siano Paesi con il miglior rating creditizio. Lo schema è simile è quello utilizzato in piena crisi pandemica, quando la Commissione fornì fino a 100 miliardi di euro di finanziamenti a basso costo ai 27 per programmi di sostegno al lavoro a breve termine. La principale pecca rispetto alla proposta originale basata sul bilancio dell’Ue, è che il piano sarebbe limitato ai prestiti e non includerebbe le sovvenzioni. Anche se gli Stati membri potrebbero comunque decidere di fornire sovvenzioni a livello bilaterale.Esiste un altro scoglio a livello temporale: la Commissione europea vorrebbe sbloccare i fondi per Kiev il più presto possibile, al più tardi nel mese di marzo, ma per il rilascio di garanzie nazionali alcuni Paesi avrebbero bisogno di un iter di approvazione parlamentare. Per questo, secondo il Ft, a Bruxelles non smettono di puntare all’opzione A, quella di riuscire a far salire sul carro anche l’Ungheria e approvare la revisione del budget comunitario.

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    Adottato il dodicesimo pacchetto di sanzioni alla Russia. L’Ue colpisce il commercio di diamanti

    Bruxelles – L’Ue incarta il pacchetto regalo natalizio e lo spedisce al Cremlino. A una settimana dalle festività, i 27 hanno adottato oggi (18 dicembre) il dodicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia dall’inizio della guerra d’aggressione in Ucraina. E finalmente prende di mira il commercio di diamanti, che frutta a Mosca 4,5 miliardi di dollari all’anno.Sconfitte le resistenze del Belgio e del settore dei gioielli di lusso: la nuova tornata di misure restrittive prevede il divieto di importazione, acquisto diretto o indiretto o trasferimento di diamanti dalla Russia. Un divieto che si applica “ai diamanti originari della Russia, ai diamanti esportati dalla Russia, ai diamanti in transito in Russia e ai diamanti russi lavorati in Paesi terzi”. L’iniziativa, coordinata con i partners del G7, farà sì che dall’inizio del nuovo anno sarà vietato il commercio di diamanti naturali e sintetici non industriali e di gioielli con diamanti.(Photo by Alexander NEMENOV / AFP)Solo in un secondo momento saranno introdotti una serie di divieti sui diamanti russi lavorati -cioè tagliati e/o lucidati – in Paesi terzi: per consentire misure di applicazione efficaci, dal primo marzo sarà introdotto gradualmente un sistema di tracciabilità che diventerà obbligatorio a partire dal primo settembre 2024. Con il dodicesimo pacchetto stop anche alle importazioni dalla Russia di prodotti derivati dai metalli: ghisa, fili di rame, fili di alluminio, tubi e tubature, che l’anno scorso sono stati acquistati da imprese europee per un valore totale di 2,2 miliardi di euro.Inoltre, il pacchetto amplia l’elenco di articoli soggetti a restrizioni che potrebbero contribuire al miglioramento tecnologico del settore militare, includendo prodotti chimici, batterie al litio, termostati, motori cc e servomotori per veicoli aerei senza pilota (i droni), macchine utensili e parti di macchinari.L’Ue a caccia delle elusioni alle misure restrittive contro la Russia“Più andiamo avanti e più saltano fuori elusioni” alle misure restrittive, spiegano fonti europee. Per tappare le fuoriuscite, Bruxelles ha deciso di estendere a tutti i beni con potenziale uso bellico esportati dall’Ue verso Paesi terzi il divieto di transito attraverso il territorio russo. I cittadini con nazionalità russa non potranno inoltre possedere, controllare o ricoprire incarichi in organi direttivi di entità che forniscono portafogli di criptovalute, servizi di conto o custodia a persone e residenti russi. Infine, l’Ue ha deciso di imporre obblighi di notifica per il trasferimento di fondi al di fuori dei 27 Paesi membri da parte di qualsiasi entità stabilita nell’Ue posseduta o controllata da un’entità stabilita in Russia.Diventa legge la clausola “no Russia”: chiunque esporti beni e tecnologie sensibili al di fuori del territorio comunitario dovrà vietare contrattualmente la riesportazione verso la Russia. La clausola copre tutti gli articoli utilizzati nei sistemi militari russi rinvenuti sul campo di battaglia in Ucraina.Una petroliera russa (Photo by Rizwan TABASSUM / AFP)Ma il nuovo pacchetto mira anche a chiudere le importanti lacune che hanno permesso a Mosca di continuare a esportare petrolio a prezzi competitivi, con un impatto ridotto sulle sue entrate. Perché l’embargo sulle importazioni e il tetto al prezzo del greggio russo non sono finora bastati, con diversi Stati Ue che hanno continuato a acquistare derivati del petrolio di Mosca da navi che battevano bandiera di Paesi terzi.Per mettere fine all’elusione Bruxelles ha escogitato un meccanismo rafforzato di condivisione delle informazioni che dovrebbe consentire una migliore identificazione delle navi e delle entità che attuano pratiche ingannevoli, come i trasferimenti da nave a nave utilizzati per nascondere l’origine o destinazione del carico. Inoltre, sarà introdotta l’obbligo di notifica per la vendita di navi cisterna, anche di seconda mano, a qualsiasi paese terzo. Infine, è stato introdotto un apposito embargo sul Gpl, il propano liquefatto, per un periodo transitorio di 12 mesi.In questo dodicesimo pacchetto non manca un capitolo dedicato alle sanzioni individuali. Un capitolo corposo, con 147 nuovi ingressi – 61 individui e 86 entità – in un elenco che conta ora 1950 individui e entità soggetti a misure restrittive dall’inizio della guerra in Ucraina. “Il nostro messaggio è chiaro – ha dichiarato l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell -, rimaniamo fermi nel nostro impegno nei confronti dell’Ucraina e continueremo a sostenere la sua lotta per la libertà e la sovranità”.

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    L’UE arma l’Ucraina: “Avanti con munizioni, missili e sistemi anti-aerei”

    Bruxelles –  Avanti con il sostegno militare all’Ucraina, come già stabilito fin qui e anche con più e rinnovati sforzi. Il che vuol dire più munizione, missili e sistemi anti-aerei. Nel giorno in cui Kiev ottiene l’avvio dei negoziati per l’adesione all’Unione europea tanto richiesto dal presidente Volodymyr Zelensky, i Ventisette confermano e rilanciano l’assistenza in senso anti-russo.  Il messaggio messo nero su bianco nelle conclusioni del vertice dei capi di Stato e di governo dell’UE è che “l’Unione europea e i suoi Stati membri continueranno a rispondere alle pressanti esigenze militari e di difesa dell’Ucraina“.I leader dei Ventisette sono determinati a garantire, da qui in avanti, “un sostegno militare tempestoso, prevedibile e sostenibile all’Ucraina”. Per raggiungere questo obiettivo si intende ricorrere al Fondo europeo per la pace (European Peace Facility, EPF), missione di assistenza militare dell’UE, e l’assistenza bilaterale diretta degli Stati membri che potrà essere fornita singolarmente.In questo rinnovato slancio, si intende tenere fede quanto prima alla promessa di rifornire le forze armate ucraine di quanto serve. Si avverte, in particolare, “l’urgente necessità di accelerare la consegna di missili e munizioni, in particolare nell’ambito dell’iniziativa di munizioni per artiglieria, e di fornire all’Ucraina maggiori sistemi di difesa aerea”.Il messaggio per il presidente russo, Vladimir Putin, è che l’UE è decisa a tenere il punto e contribuire alla difesa e alla controffensiva dell’armata russa. “L’Unione europea e i suoi Stati membri continuano a impegnarsi a contribuire, a lungo termine e insieme ai partner, agli impegni in materia di sicurezza nei confronti dell’Ucraina“. Un passaggio che sta a significare che la mobilitazione a dodici stelle per Kiev non sarà né un fenomeno isolato né limitato a questo preciso momento storico. L’Ucraina è ormai nell’orbita comunitaria e non più in quella del Cremlino: questo il senso geopolitico di questo passaggio. Questi impegni politici e militari di lungo termine “aiuteranno l’Ucraina a difendersi, a resistere agli sforzi di destabilizzazione e a scoraggiare in futuro atti di aggressione”.

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    Potrebbe esserci una via d’uscita all’opposizione di Orbán all’avvio dei negoziati Ue con l’Ucraina

    Bruxelles – Per uscire dall’impasse di un vertice che da settimane si preannunciato caldissimo sulla questione dell’Ucraina, bisogna guardare ai dettagli. Su cui alla fine si giocano tutti i compromessi tra i leader dell’Unione. Se ancora non si vede una via d’uscita allo sblocco delle trattative sul supporto finanziario Ue a medio/lungo termine a Kiev, lo scoglio dei negoziati di adesione dell’Ucraina all’Unione Europea potrebbe vedere una luce politica in fondo a un tunnel che – verosimilmente – occuperà buona parte della prima giornata di Consiglio Europeo.Il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, accoglie il primo ministro dell’Ungheria, Viktor Orbán (14 dicembre 2023)“L’allargamento non è una questione teorica, è un processo basato sul merito e dettagliato a livello giuridico con pre-condizioni”, ha messo in chiaro questa mattina (14 dicembre) al suo arrivo al Consiglio Europeo un agguerrito Viktor Orbán, il vero responsabile dello stallo al tavolo dei capi di Stato e di governo dei 27 Paesi membri. Il premier ungherese ha voluto sottolineare che “abbiamo fissato 7 pre-condizioni” per l’avvio dei negoziati di adesione dell’Ucraina e “anche dalla valutazione della Commissione Europea 3 pre-condizioni non sono state soddisfatte”. È così che – almeno nel merito della questione, senza considerare il ricatto sul piano dello sblocco dei fondi Ue all’Ungheria – si spiega l’ostruzionismo del leader ungherese: “Nelle mie stime sono anche di più [le pre-condizioni non soddisfatte, ndr], ma 3 sono abbastanza per dire che non c’è la possibilità di iniziare ora a negoziare l’appartenenza dell’Ucraina all’Unione”. Alle domande della stampa su un possibile compromesso durante le discussioni di oggi, Orbán ha voluto ricordare che “le pre-condizioni non sono state fissate dall’Ungheria ma dalla Commissione Europea, sono pubbliche”.Ciò a cui il premier ungherese si riferisce sono le priorità fissate dall’esecutivo comunitario e accettate dai Ventisette nel momento della concessione all’Ucraina dello status di candidato all’adesione al Consiglio Europeo del 23 giugno 2022. Già a giugno di quest’anno – come rilevato dal report orale della Commissione – erano state completate 2 pre-condizioni su 7 (riforma di due organi giudiziari e area dei media), con altre 2 portate a compimento nei quattro mesi successivi: riforme della Corte Costituzionale e norme anti-riciclaggio, come si legge nel Pacchetto Allargamento 2023. Le priorità ancora non pienamente soddisfatte sono quelle che riguardano lotta alla corruzione, riduzione dell’influenza degli oligarchi e protezione delle minoranze nazionali. Secondo quanto ha reso noto la stessa presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, lo scorso 8 novembre in occasione della pubblicazione del Pacchetto, “presenteremo un nuovo rapporto a marzo 2024“, in cui saranno valutati i progressi dell’Ucraina (ma anche della Moldova e della Georgia) sulle pre-condizioni ancora pendenti. La fiducia al Berlaymont – e in 26 capitali su 27 – risiede nel fatto che a Kiev “la decisione di concedere lo status di candidato all’Ue ha creato una potente dinamica di riforma, nonostante la guerra in corso, con un forte sostegno da parte del popolo ucraino”, si legge nel report specifico.È qui che si inserisce la delicata questione dell’avvio dei negoziati di adesione. La raccomandazione della Commissione al Consiglio Europeo è sì quella di avviare i negoziati di adesione con l’Ucraina, ma anche quella di adottare i quadri negoziali “una volta che saranno implementante alcune misure chiave”. La differenza è sottile, ma sostanziale. Il Consiglio Europeo – l’organismo che definisce le priorità e gli indirizzi politici generali dell’Unione – ha il compito di prendere una decisione politica sull’inizio del processo di adesione di un Paese terzo e sul momento più decisivo (l’avvio dei negoziati, appunto). Ma il compito di mettere a terra la decisione in modo formale è del Consiglio dell’Unione Europea – l’organo decisionale che rappresenta i governi dei 27 Paesi membri e detiene il potere legislativo insieme al Parlamento Europeo – che secondo i Trattati ha l’ultima parola a riguardo: “I negoziati di adesione non possono iniziare finché tutti i governi dell’Ue non concordano, sotto forma di decisione unanime del Consiglio dell’Ue, su un quadro o un mandato per i negoziati con il Paese candidato”.In altre parole, al vertice dei 27 leader di oggi e domani si può decidere per una soluzione politica (avviare i negoziati di adesione con l’Ucraina) ma senza che questo implichi il fatto che Kiev possa bypassare il completamento delle 3 pre-condizioni mancanti. La nuova valutazione sarà rimandata – come precisato dal gabinetto von der Leyen – al report di marzo 2024, con la decisione formale e finale da parte dei 27 governi dell’Ue in Consiglio. Senza che comunque venga meno il diritto di veto su cui si sta facendo forte il premier Orbán in questi giorni. Se si concretizzerà questo scenario, è presumibile che venga posto l’accento nelle conclusioni del vertice dei 27 leader sul ruolo del Consiglio dell’Ue per l’adozione del quadro negoziale. Al momento la bozza visionata da Eunews riporta che il Consiglio Europeo “decide di avviare i negoziati di adesione con l’Ucraina e la Repubblica di Moldova” e “invita il Consiglio [dell’Unione Europea, ndr] ad adottare i rispettivi quadri negoziali una volta adottate le misure” indicate nelle conclusioni sull’allargamento del Consiglio Affari Generali di martedì (12 dicembre)L’Ucraina e non solo. Come si aderisce all’UeIl processo di allargamento Ue inizia con la presentazione da parte di uno Stato extra-Ue della domanda formale di candidatura all’adesione, che deve essere presentata alla presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea. Per l’adesione all’Unione è necessario prima di tutto superare l’esame dei criteri di Copenaghen (stabiliti in occasione del Consiglio Europeo nella capitale danese nel 1993 e rafforzati con l’appuntamento dei leader Ue a Madrid due anni più tardi). Questi criteri si dividono in tre gruppi di richieste basilari che l’Unione rivolge al Paese che ha fatto richiesta di adesione: Stato di diritto e istituzioni democratiche (inclusi il rispetto dei diritti umani e la tutela delle minoranze), economia di mercato stabile (capacità di far fronte alle forze del mercato e alla pressione concorrenziale) e rispetto degli obblighi che ne derivano (attuare efficacemente il corpo del diritto comunitario e soddisfare gli obiettivi dell’Unione politica, economica e monetaria).Ottenuto il parere positivo della Commissione, si arriva al conferimento dello status di Paese candidato con l’approvazione di tutti i membri dell’Unione. Segue la raccomandazione della Commissione al Consiglio Ue di avviare i negoziati che, anche in questo caso, richiede il via libera all’unanimità dei Paesi membri: si possono così aprire i capitoli di negoziazione (in numero variabile), il cui scopo è preparare il candidato in particolare sull’attuazione delle riforme giudiziarie, amministrative ed economiche necessarie. Quando i negoziati sono completati e l’allargamento Ue è possibile in termini di capacità di assorbimento, si arriva alla firma del Trattato di adesione (con termini e condizioni per l’adesione, comprese eventuali clausole di salvaguardia e disposizioni transitorie), che deve essere prima approvato dal Parlamento Europeo e dal Consiglio all’unanimità.Solo per i Balcani Occidentali è previsto un processo parallelo – e separato – ai negoziati di adesione all’Unione, che ha comunque un impatto sull’allargamento Ue. Il processo di stabilizzazione e associazione è finalizzato ad aiutare i partner balcanici per un’eventuale adesione, attraverso obiettivi politici ed economici che stabilizzino la regione e creino un’area di libero scambio. Dopo la definizione di un quadro generale delle relazioni bilaterali tra l’Unione Europea e il Paese partner, la firma dell’Accordo di stabilizzazione e associazione offre la prospettiva futura di adesione.

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    Ue e Cina tentano un riavvicinamento, 7 e 8 dicembre il summit bilaterale a Pechino

    Bruxelles – Conflitto russo-ucraino, questione medio-orientale, ma soprattutto commercio. Unione europea e Cina tentano un riavvicinamento e una normalizzazione dei rapporti bilaterali attraverso il 24esimo meeting congiunto, il primo in formato fisico dal 2019. I presidenti di Consiglio e Commissione Ue, Charles Michel e Ursula von der Leyen, insieme all’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Josep Borrell, tentano di convincere presidente e primo ministro della Repubblica popolare ad avare un ruolo di primo piano innanzitutto sulle questioni di stretta attualità.La guerra tra Russia e Ucraina è la principale di questi temi. Gli europei, spiegano fonti Ue ben informate, vorrebbero che la Cina utilizzasse la propria influenza per fermare Vladimir Putin e le sue operazioni militari. Si nutre cauto ottimismo, alimentato dalla consapevolezza che a Pechino questa guerra non piace perché non fa comodo. Una situazione che però sin qui non ha visto una posizione decisa né una condanna.“Non abbiamo ancora una prova di sostegno militare diretto in questa guerra, e vediamo che l’export cinese di tutta una serie di beni che possono essere usati in prima linea si riduce, e questo è positivo”, il ragionamento a Bruxelles, dove però si guarda con una certa attenzione alle relazioni bilaterali Ue-Cina, in particolare in ambito commerciale.L’Ue non vuole scontri con la Cina, ma la delegazione Ue si presenta a Pechino con un’inchiesta aperta contro i sussidi statali alle auto elettriche ‘made in China‘ che può voler dire, potenzialmente, anche dazi contro i prodotti cinesi. Una decisione, quella di Bruxelles, che potrebbe anche irrigidire gli interlocutori Xi Jinping (presidente) e Li Qiang (primo ministro), ma che nell’ottica a dodici stelle serve a ribadire una posizione di determinazione. Qui il messaggio che si intende recapitare è la necessità di maggiore equilibrio.L’Ue ha una bilancia commerciale in forte squilibrio nei confronti della Cina, e una delle ragioni sono le restrizioni all’ingresso del mercato cinese poste dal partito. “Se ci sono barriere agli investimenti diventa difficile vedere investimenti diretti dell’Ue”, riassumono, in estrema sintesi, le fonti europee. Si vuole da parte cinese la fine di pratiche sleali per una concorrenza vera e basate sulle regole dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO). Ferma restando, per l’Unione europea, la necessità di ridurre quelle dipendenze da materie prime e catene di approvvigionamento che pongono questioni di stabilità, oltre che di competitività.Non sarà facile, perché “i cinesi sono un po’ nervosi sul concetto di derisking“, ossia la riduzione della dipendenza economica dalla Repubblica popolare. “Vedono che la loro presenza sul nostro mercato potrebbe ridursi”, così come la forza della loro leva geopolitica nei confronti dei Ventisette. Difficile immaginare concessioni. L’Ue comunque ci prova.Le premesse non sembrano delle migliori. Come da tradizione la Cina mostra una certa allergia a conferenze stampa, infatti non sono previste previste. Ma, a meno di cambi di rotta dell’ultimo momento, non è prevista neppure una dichiarazione congiunta. “Non ci è stato chiesto di averne una”, ammettono a Bruxelles. Gli europei non danno l’impressione di aver insistito chissà quanto, e certamente non ottengono documenti di fine lavoro sottoscritti dalla leadership cinese. “Avere questo dialogo Ue-Cina è una buona occasione per affrontarli tanti temi”, spiegano a Bruxelles. Già è tanto che Michel e von der Leyen siano accolti a Pechino.
    Xi Jinping e Li Qiang ricevono Michel e von der Leyen. E’ il primo meeting ‘di persona’ dal 2019. Sul tavolo la guerra in Russia ma soprattutto le relazioni commerciali

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    Un altro inverno di guerra alle porte dell’Ucraina. La Nato non sottovaluta la Russia, “ma dipende da Iran e Corea del Nord”

    Bruxelles – Dopo il confronto serrato sullo scenario di guerra a Gaza, le discussioni dei 31 ministri degli Esteri della Nato si sono spostate oggi (29 novembre) sull’altro versante di guerra caldo. “L’Ucraina ha prevalso ed è progredita come nazione sovrana, indipendente e democratica, mentre la Russia ha subito una regressione e ora è più debole politicamente, militarmente ed economicamente“, è il riassunto fornito dal segretario generale dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord, Jens Stoltenberg, nel corso della conferenza stampa che ha chiuso la due-giorni di vertice ministeriale.Il segretario generale dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (Nato), Jens Stoltenberg“L’Ucraina ha riconquistato il 50 per cento del territorio originario, nel Mar Nero ha respinto la flotta russa e stabilito rotte per le esportazioni di grano, rafforzando la sicurezza alimentare globale”, è il punto dei successi militari di Kiev in un anno e mezzo di guerra. Al contempo vanno sottolineate le difficoltà di Mosca. “Militarmente la Russia ha perso una parte sostanziale delle sue forze convenzionali“, vale a dire “centinaia di aerei, migliaia di carri armati e più di 300 mila soldati”, ha fatto notare Stoltenberg, ricordando inoltre la pressione economica: “I ricavi del petrolio e del gas stanno diminuendo, gli asset bancari sono soggetti a sanzioni, oltre mille aziende straniere hanno interrotto o ridotto le proprie attività nel Paese e l’anno scorso 1,3 milioni di persone hanno lasciato la Russia”. Sul piano politico “la Russia sta perdendo influenza nei Paesi vicini, anche nel Caucaso e in Asia Centrale” e il Paese è sempre più dipendente dalla Cina e non solo.(credits: Anatolii Stepanov / Afp)È proprio su questo punto che il segretario generale della Nato si è soffermato maggiormente, riferendosi alla Russia come un Paese che “ha ipotecato il suo futuro alla Cina anno dopo anno“. Lo sta facendo per il “finanziamento delle materie prime e anche di materie prime chiave per l’industria della difesa” – una dimostrazione che “è diventata sempre più debole” come risultato dell’invasione dell’Ucraina iniziata il 24 febbraio 2022 – quanto in precedenza “l’Europa era il mercato principale e più importante, non ultimo per il gas naturale”. A questo si aggiunge il fatto che per continuare la propria guerra il Cremlino è “sempre più dipendente da Paesi come Iran e Corea del Nord per la fornitura di armi“, come dimostrato dal “notevole sostegno” di quest’ultima sia per l’invio di munizioni sia per il lavoro “a stretto contatto” che ha portato anche al lancio di un satellite militare.Da sinistra: il segretario generale dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (Nato), Jens Stoltenberg, e il ministro degli Esteri dell’Ucraina, Dmytro Kuleba (29 novembre 2023)Di qui però scaturisce una riflessione in seno all’Alleanza Atlantica. “La Russia ha accumulato una grande riserva missilistica in vista dell’inverno“, è l’avvertimento lanciato dal segretario generale Stoltenberg, che invita a “non sottostimare” le forze di Mosca: “L’economia russa è sul piede di guerra e Vladimir Putin ha un’alta tolleranza per le vittime”. Ecco perché sia l’Ucraina sia gli alleati si stanno preparando a un nuovo inverno di guerra alle porte, con “nuovi attacchi aerei e missilistici”. Gli obiettivi russi in Ucraina “non sono cambiati” e lo dimostra proprio l’accumulo della riserva missilistica dell’esercito invasore: “Assistiamo a nuovi tentativi di colpire la rete elettrica e le infrastrutture energetiche, per lasciare gli ucraini al buio e al freddo”. Il supporto dell’Alleanza Atlantica sarà portato avanti con “8 miliardi di euro dalla Germania, 2 miliardi e mezzo dai Paesi Bassi, una coalizione per la difesa aerea formata da 20 alleati e un centro di addestramento per i piloti F-16 in Romania”. Perché, secondo Stoltenberg, “è anche nel nostro interesse in termini di sicurezza che l’Ucraina prevalga“.E infine c’è la spinosa questione dell’adesione dell’Ucraina alla Nato. “Abbiamo discusso il percorso, gli alleati concordano che diventerà un membro” dell’Alleanza, ha ricordato Stoltenberg, che ha reso noto il fatto che durante il primo Consiglio Nato-Ucraina in formato ministeriale Esteri sono state fornite le raccomandazioni “sulle riforme prioritarie” da mettere in campo, “compresa la lotta alla corruzione, il rafforzamento dello Stato di diritto e il sostegno dei diritti umani e delle minoranze”. Se è vero che l’adesione di Kiev “è più vicina che mai”, c’è da fare i conti con una guerra che non accenna a finire e per questo dal quartier generale della Nato a Bruxelles c’è “unanime sostegno alla lotta dell’Ucraina per la libertà”.
    Si chiude il vertice del ministri degli Esteri dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord con un confronto in sede di Consiglio Nato-Ucraina sui rischi della “grande riserva missilistica” accumulata da Mosca. Che però con l’invasione “ha ipotecato il suo futuro alla Cina”

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    Strategie di neutralità climatica, riuso di detriti degli edifici e circolarità. L’Ue sostiene la ricostruzione verde dell’Ucraina

    Bruxelles – Quattro giorni di confronto per mettere a terra politiche e azioni per la futura ricostruzione verde dell’Ucraina. Si è aperta oggi (28 novembre) a Vilnius, in Lituania, la conferenza di alto livello che mira ad allineare Kiev e tutta l’Unione Europea sulle linee operative del Green Deal in vista del futuro a medio e lungo termine del Paese invaso dall’esercito russo da un anno e nove mesi, “un futuro che ora sembra molto lontano, ma che posso assicurarvi non sarà un sogno ad occhi aperti”, ha assicurato il commissario per l’Ambiente, Virginijus Sinkevičius.Da sinistra: la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, a Kiev (8 maggio 2023)Sindaci e ministri ucraini, agenzie Ue e organizzazioni della società civile hanno iniziato a Vilnius il confronto sui “passi concreti” che permettano alle città dell’Ucraina di “riprendersi più forti di prima dagli attacchi russi, discuteremo di un futuro di prosperità, autonomia e alta qualità della vita“, ha assicurato il responsabile per l’Ambiente del gabinetto von der Leyen, aprendo i lavori della conferenza di alto livello: “La cosa più importante è che il futuro sarà condiviso tra Ucraina e Unione Europea, dobbiamo guardare oltre e questo è ciò che stiamo già facendo”.La necessità di discussioni serrate sull’allineamento degli “obiettivi strategici” – risorse necessarie e azioni sul campo – parte non solo dal fatto che l’Ucraina è considerata in prospettiva un futuro membro dell’Unione, ma anche da alcuni desolanti dati sul presente della guerra. Secondo i dati forniti la stessa Commissione Europea, i danni della guerra russa sull’ambiente e sulle infrastrutture ambientali finora ammontano complessivamente a “oltre 52 miliardi di euro”. Si contano “497 strutture di gestione dell’acqua danneggiate o distrutte, oltre 1,4 miliardi di euro di danni nel settore forestale e il 20 per cento delle aree protette minacciato”. Oggi l’Ucraina “è il Paese più minato al mondo”, senza dimenticare che la devastazione ambientale causata dalla distruzione della centrale idroelettrica di Kakhovka “è il peggior disastro causato dall’uomo dai tempi dell’incidente di Chernobyl”.Il sostegno Ue per un’Ucraina più verdeIl Palazzo Berlaymont, sede della Commissione Europea a Bruxelles, illuminato con la bandiera dell’UcrainaÈ per queste regioni che l’Ue guarda agli strumenti che ha già iniziato a mettere in campo per sostenere la ripresa verde dell’Ucraina, con l’obiettivo di spingere ancora di più il suo supporto a Kiev. “L’iniziativa Phoenix è una combinazione su misura tra i programmi della Commissione Europea che abbiamo lanciato quest’anno e riguarda decisori politici e società civile dell’Ucraina per facilitare la ricostruzione verde”, ha ricordato il commissario Sinkevičius. Si tratta di un’iniziativa pensata per la prima volta a inizio febbraio, quando 15 commissari europei (guidati dalla presidente Ursula von der Leyen) si erano recati in visita a Kiev per una serie di incontri con le controparti del governo ucraino. Phoenix si articola in due direttrici: un bando da 5 milioni di euro nel contesto del Nuovo Bauhaus Europeo e 7 milioni di euro in finanziamenti dai programmi Horizon Europe e Life, tutti con il focus della gestione dei rifiuti, del riutilizzo dei detriti nel settore dell’edilizia e delle costruzioni e della conservazione della natura.Come precisato dal commissario Sinkevičius, il Nuovo Bauhaus Europeo punta a “combinare le migliori idee del Green Deal e la realtà degli spazi abitativi, per l’Ucraina permetterà una ricostruzione sostenibile, accessibile e costruita sui bisogni delle persone“. Il network del Bauhaus “sta aiutando le città su questioni specifiche, come i materiali riciclabili da edifici demoliti e l’uso di metodi di costruzione circolare”, grazie a una “stretta cooperazione con i sindaci ucraini, che presenteranno le loro esperienze di collaborazione con l’Ue”. Per quanto riguarda il secondo elemento dell’iniziativa, i due bandi di gara “dedicati appositamente all’Ucraina” sotto il programma Life e sotto Horizon Europe per le città climaticamente neutre e intelligenti sono pensati per “incoraggiare gli standard di sostenibilità negli sforzi di ricostruzione, con un lavoro congiunto insieme ai partner europei e con progetti scelti che coinvolgeranno città ucraine ed europee”. Anche grazie all’intensificazione dei rapporti tra Bruxelles e Kiev con la cruciale conferenza di Vilnius, l’Unione Europea si pone così in prima linea non solo nel sostegno immediato alle capacità dell’Ucraina di affrontare la guerra russa, ma anche per lo sviluppo della pianificazione urbana e la ricostruzione circolare e sostenibile in vista del futuro comune.
    Aperta a Vilnius (Lituania) la conferenza di alto livello per la definizione delle linee strategiche per allineare politiche e azioni sul campo tra Kiev e Bruxelles attraverso diversi canali di sviluppo dei progetti congiunti: Nuovo Bauhaus Europeo, fondi Horizon e Life e iniziativa Phoenix