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    La Commissione Europea apre alla confisca dei beni degli oligarchi russi implicati in attività criminali

    Bruxelles – Non solo il congelamento, si apre anche la strada della confisca dei beni degli oligarchi russi vicini al regime di Vladimir Putin. “Se vengono accertate attività criminali legate a quella persona colpita dalle nostre sanzioni, è possibile non solo operare con un congelamento degli asset, ma mettere in atto una confisca“, ha messo in chiaro il commissario europeo per la Giustizia, Didier Reynders, nel corso dell’evento EU IDEA organizzato in collaborazione con Eunews. “Se le autorità nazionali vanno in questa direzione, chiediamo agli Stati membri di mettere i soldi ricavati in un fondo fiduciario per l’Ucraina, in modo da restituire il denaro alle vittime”.
    La strada della confisca dei beni degli oligarchi russi colpiti dai cinque pacchetti di sanzioni UE e implicati in attività criminali potrebbe risolvere uno dei problemi indiretti per i 27 Paesi membri dell’Unione Europea: le spese per il mantenimento degli stessi beni sequestrati, che attualmente sono solo congelati. Tecnicamente non si può parlare né di sequestro (misura cautelare attuata nelle fasi di indagine su un reato) né di confisca (pena definitiva comminata con una sentenza di condanna) dei beni, perché per il momento non esistono azioni penali nei confronti degli oligarchi russi.

    Quello che viene utilizzato è invece uno strumento di tipo economico: i beni congelati non possono essere messi all’asta o assegnati ad associazioni, ma rimangono proprietà degli oligarchi sanzionati. In altre parole, non possono essere utilizzati, ma rappresentano un costo per le finanze dello Stato. In Italia, secondo quanto stabilito dal decreto legislativo 109, la custodia, amministrazione e gestione delle risorse economiche “oggetto di congelamento” spettano all’Agenzia del demanio, che deve pagare tutte le spese legate a un bene sottoposto a questo strumento economico. Per esempio, i costi di mantenimento di una villa o di uno yacht, con tutti gli annessi: l’Agenzia del demanio può utilizzare eventuali utili prodotti dal bene, ma in caso contrario attinge a un fondo apposito del bilancio statale. Quando il bene viene ‘scongelato’ e restituito, il proprietario deve risarcire lo Stato italiano per tutte le spese sostenute.
    La confisca dei beni degli oligarchi russi implicati in attività criminali potrebbe risolvere da una parte la questione delle ingenti spese sostenute dai Ventisette per il mantenimento dei congelamenti, mentre dall’altra potrebbe avere un impatto significativo sul sostegno dell’UE all’Ucraina con un fondo fiduciario apposito. A sostenere l’azione di indagine delle autorità nazionali per “esplorare i legami tra i beni appartenenti a persone elencate nel regime di sanzioni e possibili attività criminali” – come affermato dal commissario Reynders – interverrà la task force Freeze and Seize istituita a marzo dalla Commissione Europea: “L’unità operativa sta sostenendo gli Stati membri sulla necessità di garantire l’applicazione delle sanzioni dell’Unione contro gli individui e le società russe”, ha ricordato il commissario europeo per la Giustizia. Ora per Bruxelles è arrivato il momento di fare di più.

    Lo ha affermato il responsabile per la Giustizia, Didier Reynders, durante un evento organizzato in collaborazione con Eunews: “Dopo il congelamento, se si arriva alla confisca chiediamo ai Paesi membri di destinare i soldi ricavati a un fondo fiduciario per le vittime ucraine”

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    La timida fuga dei colossi aziendali italiani dalla Russia: la metà prende tempo o non rinuncia ancora agli affari

    Bruxelles – Una ritirata scoordinata, con tanti che restano, alcuni che temporeggiano e altri ancora che – ognuno a proprio modo – fanno le valigie. Le grandi aziende italiane (ma anche globali) stanno mettendo in luce diverse strategie di approccio alla risposta dura dell’Unione Europea e dei 40 partner in tutto il mondo all’aggressione della Russia ai danni dell’Ucraina. È quanto emerge dallo studio della Yale School of Management, che ha affinato la ricerca su oltre mille aziende internazionali e la loro risposta all’aggressione militare russa e al regime di misure restrittive messo in atto dall’Occidente.
    Come già era emerso un mese fa, quando lo studio era stato pubblicato nella sua prima versione, non esiste un approccio coordinato da parte delle aziende, anche perché la decisione di abbandonare il Paese avviene per motivi morali, economici o politici, ma non strettamente legali. È per questo motivo che oltre 600 multinazionali hanno già preso la decisione di fare un passo indietro – ritirandosi, sospendendo o riducendo le attività – ma ancora molte non rinunciano a fare affari in Russia, in particolare quelle cinesi (in tre casi su quattro), o cercano di prendere tempo per capire in che direzione proseguirà la guerra e come indirizzare gli investimenti futuri.

    In questo discorso rientrano in pieno anche le aziende italiane, che dimostrano un tasso limitato di disimpegno dalle operazioni industriali e commerciali in Russia. Su 27 gruppi industriali, quasi un terzo ha deciso di rimanere nel Paese, a causa di “un’esposizione significativa” al mercato russo e al rischio sia di andare incontro a ingenti perdite di fatturato, sia di esporsi a grosse incognite di approvvigionamento di materie prime. In questa categoria rientrano soprattutto i gruppi industriali dell’abbigliamento e calzaturieri come Calzedonia, Zegna Group e Geox, ma anche quelli del settore alimentare, come Cremonini Group e De Cecco. Spiccano anche l’istituto bancario UniCredit, oltre alla casa farmaceutica Menarini Group e all’impresa multinazionale attiva nella produzione di cemento e calcestruzzo Buzzi Unichem.
    Cinque gruppi aziendali cercano di prendere tempo, rimandando i futuri investimenti pianificati e contemporaneamente continuando a fare affari “sostanziali”. Non è un caso se in questa categoria compare anche il colosso alimentare Barilla (per la stessa questione dell’approvvigionamento di grano dalla Russia, che insieme all’Ucraina rappresenta il 30 per cento del commercio mondiale), oltre a Campari. A trovarsi in una posizione scomoda anche i giganti del settore energetico, come Saipem e Maire Tecnimont, così come dei piccoli elettrodomestici, come Delonghi, e Intesa Sanpaolo.
    Sulle 27 grandi aziende italiane individuate dallo studio della Yale School of Management, meno della metà (13) ha deciso di intraprendere un’azione di smarcamento dal mercato della Russia, a diversi livelli. Assicurazioni Generali, ENI, Ferragamo e YOOX (moda) hanno interrotto gli impegni commerciali o industriali e si sono ritirati definitamente dal Paese. Altri gruppi, come CNH Industrial (macchine per agricoltura e costruzioni), Ferrari, Leonardo, Moncler e Prada, hanno invece deciso di sospendere temporaneamente la maggior parte delle operazioni, mantenendo aperte le opzioni di ritorno. Infine, un’altra categoria di imprese ha ridotto le operazioni, ridimensionando alcuni ambiti in modo “significativo” e proseguendone altri: sono Enel, Ferrero, Iveco e Pirelli.

    Da Calzedonia a De Cecco, Geox, Intesa e UniCredit: uno studio della Yale School of Management ha individuato 8 aziende italiane (su 27) che sono rimaste nel Paese nonostante le sanzioni UE. Altre 6 posticipano a data da destinarsi i nuovi investimenti (anche Barilla, Campari e Delonghi)

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    EUROPOL: al via Operazione Oscar a sostegno delle indagini finanziarie contro sanzionati russi

    Bruxelles – L’Ufficio europeo di polizia (EUROPOL) ha lanciato Operazione Oscar, un piano che sosterrà le indagini finanziarie condotte dagli Stati dell’UE sui “beni criminali” di persone fisiche e giuridiche colpite dalle sanzioni, dopo l’aggressione russa in Ucraina. L’Operazione, volta a sostenere il congelamento dei beni criminali di proprietà di persone ed entità sanzionate dall’UE, è stata avviata insieme agli Stati membri, all’Agenzia dell’Unione Europea per la cooperazione giudiziaria penale (EUROJUST), che si occupa della collaborazione giudiziaria tra più Paesi contro terrorismo e criminalità organizzata, e all’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (FRONTEX).
    L’Operazione mira a facilitare lo scambio di informazioni tra i vari attori e le forze di intelligence. EUROPOL coordinerà le singole operazioni, garantendo un sostegno tecnico e finanziario. Inoltre centralizzerà e incrocerà tutti i dati a disposizione per identificare reati, gruppi criminali o anche solo sospettati, interconnessi a livello internazionale. Tra gli obiettivi, anche tutte quelle operazioni che puntano a eludere le sanzioni economiche e commerciali imposte dall’UE.
    EUROJUST garantirà assistenza legale e una maggior cooperazione con le autorità nazionali, mentre FRONTEX si occuperà del controllo delle persone che attraversano, via terra, mare e aria, le frontiere esterne dell’Unione e sono in qualche modo legate alle sanzioni. L’Operazione è simile a Sentinel, programma lanciato a ottobre 2022, che però si occupa di frodi contro i fondi di risanamento dell’UE per il COVID-19, e resterà operativa per almeno un anno.

    Faciliterà le attività dell’Ue contro “beni criminali” attraverso la collaborazione con EUROJUST e FRONTEX

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    Divieto d’import di carbone e ipotesi stop a petrolio dalla Russia: l’energia è nel quinto pacchetto di sanzioni

    Bruxelles – Sei pilastri per il quinto pacchetto di sanzioni UE contro la Russia, in cui l’energia inizia a ritagliarsi il ruolo di protagonista. Dopo quattro pacchetti che “hanno colpito duramente e limitato le opzioni politiche ed economiche del Cremlino, con risultati tangibili”, la Commissione Europea ha deciso di reagire alle “immagini raccapriccianti di Bucha” proponendo ai governi una nuova tornata di misure restrittive, per “sostenere la massima pressione su Putin e sul governo russo in questo momento critico”. Lo hanno annunciato la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, e l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, sottolineando la necessità di rendere le sanzioni contro la Russia “ancora più ampie e dure”.
    Il primo pilastro della quinta tornata di misure restrittive è il divieto di importazione di carbone dalla Russia, “un mercato che ha un valore di 4 miliardi di euro all’anno”. Sempre sul piano energetico – anche se per il momento non rientra in questo pacchetto – si inizia a considerare anche lo stop alle importazioni di petrolio, su cui “siamo al lavoro”, ha precisato la presidente von der Leyen. Previsto poi il taglio delle transazioni verso quattro banche che rappresentano il 23 per cento della quota di mercato nel settore bancario russo, “tra cui la VTB, la seconda più grande banca russa”.
    La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, e l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell (5 aprile 2022)
    A livello commerciale, alle navi russe sarà vietato di accedere ai porti dell’Unione, con alcune eccezioni previste per il trasporto di beni essenziali, “come i prodotti agricoli e alimentari, gli aiuti umanitari e l’energia”, e lo stesso si applicherà a operatori del trasporto stradale russi e bielorussi. Presi di mira anche settori vulnerabili per Mosca, con un divieto di esportazione di computer quantistici e semiconduttori avanzati “che vale 10 miliardi di euro”, mentre 5,5 miliardi sono quelli che saranno tagliati dalle importazioni di prodotti specifici: legno, cemento, frutti di mare e liquori: “Chiudiamo anche le scappatoie tra la Russia e la Bielorussia”, ha precisato von der Leyen.
    Infine, entrerà in vigore un divieto generale di partecipazione delle imprese russe agli appalti pubblici negli Stati membri e l’esclusione di ogni sostegno finanziario, europeo o nazionale, agli enti pubblici russi, “perché il denaro delle tasse dei nostri cittadini non deve arrivare a Mosca in nessuna forma”. L’alto rappresentante UE Borrell ha anche anticipato che tra le sanzioni contro la Russia “ci sarà anche un aggiornamento della lista degli individui e delle entità” colpiti dalle misure restrittive dell’Unione. In fase di studio anche “alcune idee presentate dagli Stati membri, come tasse o canali di pagamento specifici come un conto di garanzia”, hanno concluso i due leader UE.

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    Metsola vuole una risposta dura dall’UE ai crimini di guerra russi in Ucraina: “Embargo energetico e sanzioni forti”

    Strasburgo, dall’inviato – Di tolleranza verso il Cremlino ne era rimasta poca, ma i fatti di Bucha e Irpin’ l’hanno spezzata via completamente. “Le atrocità commesse dall’esercito della Russia sono orribili, disonorevoli e vergognose, ma la realtà è che queste immagini sono le stesse di altre città dell’Ucraina”, ha denunciato con forza la presidente del Parlamento UE, Roberta Metsola, aprendo la sessione plenaria dell’Eurocamera di ritorno dal viaggio a Kiev. “Questi sono crimini di guerra perpetrati da criminali di guerra e non possono rimanere senza risposta”, ha aggiunto Metsola, invitando i Ventisette ad “accelerare una politica di dipendenza zero dal Cremlino“.
    La presidente del Parlamento UE, Roberta Metsola, e il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, a Kiev (primo aprile 2022)
    In sostanza, la presidente Metsola ha chiesto di “sganciare l’Europa dalle forniture energetiche russe” e nello specifico di “attuare embarghi vincolanti” al gas e al petrolio che arriva dal territorio della Russia, smettendo così di finanziare “indirettamente” le bombe sull’Ucraina. Si spiega così l’invito agli eurodeputati di tutti gli schieramenti politici di stimolare i rispettivi governi nazionali ad allinearsi a una politica di sanzioni che coinvolga anche il settore energetico: “Dobbiamo intensificare la nostra strategia per rendere questa invasione illegale l’errore più costoso che il Cremlino abbia mai fatto”, ha incalzato Metsola, mettendo in chiaro che “il colpo all’economia della Russia deve essere proporzionato alle atrocità senza precedenti a cui stiamo assistendo”. Con un messaggio rivolto a tutte le imprese UE: “Devono cercare altrove la crescita, e noi le sosterremo nel farlo“.
    Spiegando la sua decisione di recarsi in visita di persona a Kiev lo scorso fine settimana, la presidente del Parlamento UE ha riconosciuto la “difficoltà” del viaggio, ma ha anche sottolineato che “portare il nostro messaggio e mostrare che siamo al loro fianco in questi tempi bui” è stato “significativo per coloro che combattono”. Metsola ha ricordato che “gli ucraini stanno combattendo per i nostri valori, nelle condizioni più impossibili” e il dovere dell’Unione è “sostenerli concretamente”. Questo significa, in primis, l’adozione “immediata” di un nuovo pacchetto di sanzioni forti, che chiudano “tutte le scappatoie ancora esistenti”. In secondo luogo, “offrire più sostegno all’Ucraina a livello logistico, umanitario e di attrezzature militari di cui hanno disperatamente bisogno”, ha aggiunto la presidente Metsola, prima di chiedere a tutta la plenaria un minuto di silenzio in memoria dei civili uccisi a Bucha e Irpin’ e per “tutte le vittime della guerra, del terrore e della violenza” causata dall’esercito russo nei territori occupati.

    Di ritorno dal suo viaggio a Kiev, la numero uno del Parlamento Europeo ha aperto la sessione plenaria con l’invito a rispondere alle atrocità compiute dal Cremlino a Bucha e nei territori occupati: “Serve una politica di zero dipendenza da Mosca, per non finanziare le bombe russe”

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    L’Unione Europea vuole che tutti i suoi Paesi membri mettano al bando i passaporti d’oro (e controllino meglio i visti)

    Bruxelles – Risolvere un problema di lunga data per “chiudere le maglie larghe” delle sanzioni contro gli oligarchi russi. La promessa della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, di “perfezionare un regime di sanzioni ancora non perfetto” – come aveva affermato al vertice dei leader UE della settimana scorsa – si è concretizzata in un primo passo concreto che va in questa direzione. In una raccomandazione (fonte del diritto comunitario, non vincolante), l’esecutivo UE ha esortato tutti gli Stati membri ad abrogare “immediatamente” i passaporti d’oro, ovvero i programmi rivolti ai Paesi extra-UE per ottenere la cittadinanza in cambio di denaro.
    Come già denunciato in una relazione del Parlamento Europeo, i passaporti d’oro costituiscono uno degli strumenti più utilizzati per raggirare le misure restrittive (congelamento dei beni e divieto di viaggio sul territorio UE) e sono ancora consentiti a Malta, Bulgaria e Cipro. Ma il problema è più vasto e riguarda anche i cosiddetti visti d’oro, vale a dire la possibilità di ottenere il permesso di soggiorno sotto pagamento in un Paese membro (tra cui l’Italia): la Commissione ha chiesto “forti controlli”, dopo aver sollevato “serie preoccupazioni riguardo ai regimi di cittadinanza e residenza degli investitori e ai rischi intrinseci che essi comportano”. Rischi messi ancora più in evidenza dall’aggressione russa in Ucraina, dal momento in cui “alcuni cittadini russi o bielorussi soggetti a sanzioni potrebbero aver acquisito la cittadinanza UE, o potrebbero avere accesso a viaggiare liberamente nello spazio Schengen”, sottolinea l’esecutivo comunitario.

    “Chiediamo agli Stati membri di controllare chi sono i beneficiari di questi programmi e di incrociarli con la lista dei sanzionati“, ha specificato il portavoce della Commissione Europea, Eric Mamer, nel corso del punto quotidiano con la stampa di Bruxelles. La raccomandazione è quella di valutare se i passaporti o i visti d’oro concessi da un Paese membro UE a cittadini russi o bielorussi debbano essere ritirati, “a seguito di una valutazione individuale e nel rispetto del principio di proporzionalità, dei diritti fondamentali e del diritto nazionale degli Stati membri”. Tra le misure raccomandate, c’è anche il rifiuto del rinnovo o la sospensione dei programmi di permessi di soggiorno concessi nell’ambito del regime di residenza a tutti i cittadini russi e bielorussi. Entro la fine di maggio i Paesi membri interessati dovranno riferire sull’attuazione della raccomandazione, tenendo poi l’esecutivo comunitario costantemente informato.
    Nel caso dei passaporti d’oro, è stato messo in chiaro che “non sono compatibili a livello generale con il principio di “cooperazione sincera e di cittadinanza dell’UE” sancito dai Trattati. Nel 2020 la Commissione ha aperto due procedure d’infrazione contro Malta e Cipro, mentre la Bulgaria ha annunciato di essere pronta ad abolirlo. “I valori europei non sono in vendita”, ha attaccato il commissario per la Giustizia, Didier Reynders, sottolineando che la vendita della cittadinanza attraverso i passaporti d’oro è “illegale secondo il diritto dell’UE e pone seri rischi alla nostra sicurezza”, dal momento in cui “apre la porta alla corruzione, al riciclaggio di denaro e all’evasione fiscale“. A fargli eco la commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson: “Di fronte alla guerra, dobbiamo assicurare che i russi e i bielorussi sotto sanzioni e quelli che sostengono la guerra di aggressione di Putin non possano comprarsi l’ingresso nell’UE”, senza dimenticare che “il diritto di viaggiare liberamente all’interno dell’area Schengen è uno dei nostri più grandi beni e abbiamo bisogno di controlli forti perché questo diritto non venga abusato”.

    In una raccomandazione, la Commissione UE ha esortato i Ventisette ad abolire i programmi di cittadinanza in cambio di denaro, per non indebolire le sanzioni contro gli oligarchi russi: “Aprono le porte a corruzione, riciclaggio di denaro ed evasione fiscale”

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    Navalny condannato ad altri 9 anni di carcere in Russia. L’UE: “Repressione interna parallela ad aggressione militare”

    Bruxelles – Sono altri nove anni di carcere per l’oppositore politico russo, Alexei Navalny, secondo quanto stabilito dalla sentenza del tribunale distrettuale di Lefortovo di Mosca. Si tratta di un prolungamento della pena rispetto ai tre anni e mezzo già comminati nel febbraio dello scorso anno, stabilito dopo una serie di udienze a porte chiuse e “inaccessibili agli osservatori internazionali”, è il duro commento dell’UE alla condanna di Navalny. “È la prova più evidente che il sistema giuridico russo continua a essere strumentalizzato contro Navalny”, ha accusato in una nota l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, sottolineando come sia stato dato spazio alla “fabbricazione di accuse e al mancato esercizio dei diritti di difesa da parte dell’imputato”.
    La cerimonia del Premio Sakharov 2021 assegnato ad Alexei Navalny
    Navalny, che ha ricevuto lo scorso anno il Premio Sakharov per la libertà di pensiero dell’UE (ritirato a dicembre dalla figlia, Daria Navalnaya) è detenuto in Russia dal gennaio 2021, arrestato appena dopo essere atterrato nel Paese dalla Germania. A Berlino era rimasto per mesi per ricevere le cure necessarie dopo aver subito un avvelenamento attribuibile, secondo varie inchieste, ai servizi di sicurezza russi. Un mese dopo il ritorno in Russia, l’oppositore di Vladimir Putin era stato condannato per aver violato – proprio perché si trovava in ospedale in Germania – la libertà vigilata decisa a seguito di una precedente condanna. Nella sentenza di ieri (martedì 22 marzo) è stato invece riconosciuto colpevole di frode e appropriazione indebita, per aver rubato 4,1 milioni di euro dalle casse della FBK, la sua fondazione contro la corruzione politica (illegale in Russia dal giugno dello scorso anno). Secondo l’opinione pubblica e gli osservatori internazionali, sono entrambe due sentenze politiche contro un diretto sfidante del potere assoluto dell’autocrate russo.
    “L’Unione Europea deplora la repressione sistematica della società civile, dei media indipendenti, dei singoli giornalisti e dei difensori dei diritti umani in Russia”, ha rincarato la dose Borrell, facendo un collegamento con quanto sta accadendo in Ucraina: “Questa repressione interna sta accelerando in mezzo alla continua aggressione militare contro un Paese sovrano“. In questo modo il governo russo “continua a ignorare palesemente” tutti gli obblighi e gli impegni internazionali per il rispetto sia dei diritti umani e delle libertà fondamentali in patria, sia della sovranità e dell’indipendenza dei suoi vicini. Nel caso di Navalny esiste un “rischio per la sua vita” e per questo motivo l’UE continua a chiedere il “rilascio immediato e incondizionato”, così come richiesto anche dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.
    Schierati contro la sentenza anche i presidenti della commissione per gli Affari esteri (AFET) del Parlamento UE, David McAllister, della sottocommissione per i Diritti umani (DROI), Maria Arena, della delegazione per i rapporti UE-Russia, Ryszard Czarnecki, e il relatore per la Russia, Andrius Kubilius. “La sentenza viola chiaramente il diritto internazionale e la Costituzione russa, è illegale, arbitraria e politicamente motivata” e “dimostra ancora una volta che il regime russo sta diffondendo la paura tra i leader dell’opposizione, gli attivisti e la società civile”. Per il Parlamento UE Navalny rappresenta “centinaia di altri cittadini russi detenuti senza motivo solo per aver avuto il coraggio di dimostrare a favore della pace o per essersi fatti avanti per i loro diritti”, hanno sottolineato gli eurodeputati. Dal momento in cui “il miglior sostegno per lui e per gli altri prigionieri politici non è la simpatia e le parole gentili, ma le azioni contro il regime di Putin”, come affermato dallo stesso oppositore russo, l’UE deve “adottare sanzioni immediate contro tutti i funzionari russi coinvolti in questo nuovo caso di ingiustizia“.

    L’oppositore di Putin e vincitore del Premio Sakharov per la libertà di pensiero 2021 è stato condannato per frode e appropriazione indebita, dopo i 3 anni e mezzo già comminati per violazione della libertà vigilata

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    Le sanzioni alla prova del nove. Task force UE e G7 al lavoro per sequestrare i beni degli oligarchi russi e bielorussi

    Bruxelles – Proseguono senza sosta i lavori delle due nuove task force per individuare, congelare e sequestrare i beni e le proprietà degli oligarchi russi e bielorussi colpiti dalle sanzioni in tutti i Paesi membri dell’UE e del G7 (Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito e Stati Uniti d’America) e in Australia. L’unità operativa Freeze and Seize della Commissione Europea ha iniziato a lavorare al fianco della Russian Elites, Proxies, and Oligarchs (REPO), per garantire l’efficacia dei quattro pacchetti di sanzioni adottati nelle ultime settimane e per coordinare a livello globale l’attuazione dei sequestri di yacht, ville, aziende e ogni tipo di bene posseduto all’estero dalla cerchia stretta di Vladimir Putin e di Alexander Lukashenko.
    “Questo coordinamento renderà il perseguimento degli oligarchi russi e bielorussi nell’UE una possibilità concreta”, ha spiegato il commissario per la giustizia, Didier Reynders. Questo tipo di iniziative è “vitale per ottenere il congelamento e la confisca rapida” di tutto ciò che può rientrare nella ricchezza dei soggetti che stanno finanziando la guerra russa in Ucraina: “La nostra azione congiunta può fare la differenza a livello globale, mostra veramente la solidarietà e l’unità di fronte alla guerra“. Lo ha confermato anche la commissaria per i Servizi finanziari, Mairead McGuinness: “Le nostre misure combinate stanno avendo un impatto significativo, l’economia russa è in caduta libera” e a questo punto è necessario intensificare il contrasto a “tutti i tentativi di fornire servizi finanziari e legali per facilitare l’evasione delle sanzioni”. L’UE “non offrirà alcun rifugio sicuro agli oligarchi che sostengono la macchina da guerra russa”, ha attaccato con forza la commissaria.

    A oggi sono 877 gli individui e 62 le entità a essere stati colpiti dal congelamento dei beni sotto le sanzioni dell’UE, come conseguenza dell’aggressione russa all’Ucraina. Tra questi anche Andrey Melnichenko, re del settore dei fertilizzanti e del carbone, a cui la polizia italiana ha sequestrato nel porto di Trieste uno yacht di 143 metri e dal valore di 530 milioni di euro: la settimana scorsa Melnichenko ha fatto un appello alla pace per scongiurare il rischio di una “crisi alimentare globale” (e per mettere in salvo i suoi affari d’oro in Europa e nel mondo). Oltre al congelamento e sequestro dei beni, agli oligarchi russi e bielorussi saranno vietati viaggi e transiti sul territorio UE e non sarà nemmeno possibile mettere a loro disposizione fondi o servizi.
    La task force Freeze and Seize è composta dalla Commissione Europea, da rappresentanti dei 27 governi nazionali, da Eurojust ed Europol e si riunirà ogni settimana. Nella prima riunione dell’11 marzo, presieduta dal commissario Reynders, è stato fatto il punto sulle misure già adottate, la situazione dei procedimenti giudiziari in corso e le possibilità di confisca dei beni secondo le basi giuridiche dell’Unione e dei Paesi membri. Da allora è in corso il lavoro di coordinamento operativo, per la condivisione delle informazioni all’interno dell’Unione e la messa in pratica dei sequestri dei beni degli oligarchi russi e bielorussi.

    Stabilito il coordinamento tra i Paesi membri con due unità operative per garantire l’efficacia delle sanzioni adottate contro Mosca e Minsk dopo l’aggressione dell’Ucraina e per continuare il lavoro di ricerca delle proprietà da congelare