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    Il G7 spinge sul price cap al petrolio russo via mare, mentre von der Leyen apre al tetto ai prezzi del gas del Cremlino

    Bruxelles – Si spinge per il price cap sul petrolio russo via mare, ora serve solo l’unanimità dei 27 membri dell’Unione europea. Il vertice ministeriale del G7 delle Finanze ha approvato il piano per stabilire un tetto al prezzo dei prodotti petroliferi in arrivo da Mosca via mare e la palla ora passa a Bruxelles, dove dovrà essere aggiornato il sesto pacchetto di sanzioni, quello che per un mese (durante tutto il mese di maggio) era rimasto ostaggio per alcuni giorni del veto dell’Ungheria di Viktor Orbán. E intanto dalla Germania la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha aperto senza mezzi termini alla possibile introduzione di un tetto dei prezzi al gas russo tra le misure d’urgenza per contrastare il caro-prezzi dell’energia.
    “Confermiamo la nostra intenzione politica comune di finalizzare e attuare un divieto globale di servizi che consentano il trasporto marittimo di greggio e prodotti petroliferi di origine russa“, si legge nel comunicato del G7 ministeriale, che riprende l’impegno del vertice dei leader a Elmau di impedire alla Russia di trarre profitto dalla guerra di aggressione in Ucraina e di sostenere la stabilità dei mercati energetici globali. “La fornitura di tali servizi sarà consentita solo se il petrolio e i prodotti petroliferi saranno acquistati a un prezzo pari o inferiore rispetto a quello determinato dall’ampia coalizione di Paesi che aderiscono al price cap e lo attuano”, specificano i ministri di Canada, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Italia e Stati Uniti.
    Il price cap sul petrolio è “specificamente concepito” per ridurre le entrate del Cremlino, ma allo stesso tempo anche per “limitare l’impatto della guerra russa sui prezzi globali dell’energia”, permettendo ai fornitori di servizi del settore di operare con prodotti petroliferi russi via mare venduti solo a un prezzo pari o inferiore al tetto fissato: “Questa misura si baserebbe e amplificherebbe la portata delle sanzioni esistenti, in particolare del sesto pacchetto dell’Ue, garantendo la coerenza attraverso un solido quadro globale”. Come confermato anche dal commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni, adesso bisogna “allargare il sostegno europeo e globale al price cap, contro gli extra profitti destinati alla guerra e per ridurre i prezzi dell’energia”. L’accordo del G7 “si basa e rafforza ulteriormente” il sesto pacchetto dell’Unione, in linea con le tempistiche concordate del 5 dicembre per il greggio e del 5 febbraio 2023 per i prodotti petroliferi.

    Accordo al #G7Finance per un tetto al prezzo del #petrolio russo. Sopra quel prezzo, non potrà entrare nell’intera area G7. Ora allargare il sostegno europeo e globale al price cap. Contro gli extra profitti destinati alla guerra e per ridurre i prezzi dell’energia.
    — Paolo Gentiloni (@PaoloGentiloni) September 2, 2022

    Il tetto iniziale dei prezzi sarà basato su “una serie di dati tecnici” e sarà deciso “dall’intera coalizione prima dell’attuazione in ogni giurisdizione”, precisano i sette ministri, che sottolineano con forza che la comunicazione sarà fatta in modo “pubblico, chiaro e trasparente”. Inoltre, “il prezzo, l’efficacia e l’impatto saranno monitorati attentamente e il livello dei prezzi sarà rivisto se necessario“. Secondo le previsioni del G7, l’attuazione pratica del price cap sul petrolio russo importato via mare “si baserà su un modello di registrazione e attestazione che coprirà tutti i tipi di contratti pertinenti”, limitando le possibilità di aggirare il regime e riducendo al minimo l’onere amministrativo per gli operatori di mercato. Nel frattempo continuerà il confronto con Paesi e parti interessate “in vista della progettazione e dell’implementazione definitiva”.
    L’obiettivo è proprio quello di creare “un’ampia coalizione per massimizzare l’efficacia” della misura: “Esortiamo tutti i Paesi che vogliono ancora importare petrolio e prodotti petroliferi russi a impegnarsi a farlo solo a prezzi pari o inferiori al massimale di prezzo”, ribadiscono i ministri del Gruppo dei Sette. Il punto di forza della misura è non solo l’ambizione di affrancarsi dal petrolio in arrivo da Mosca per chi ne ha la forza e la volontà, ma soprattutto l’essere “particolarmente vantaggiosa per i Paesi, in particolare quelli vulnerabili a basso e medio reddito, che soffrono per gli alti prezzi dell’energia e dei prodotti alimentari”. È proprio in quest’ottica che saranno sviluppati anche “meccanismi di mitigazione mirati accanto alle nostre misure restrittive“, in modo da garantire che i partner più svantaggiati possano mantenere la sicurezza dell’accesso ai mercati dell’energia, “anche dalla Russia”.

    Today the @G7 finance ministers issued a joint statement on the extension to the #G7 of the services ban related to the export of Russian oil and petroleum products in combination with a price cap. ➡️ https://t.co/GuqoUea8hb #Sanctions
    — Bundesministerium der Finanzen (@BMF_Bund) September 2, 2022

    A proposito di price cap, in vista del Consiglio straordinario Energia di venerdì prossimo (9 settembre), la presidente della Commissione von der Leyen ha messo in chiaro che è sempre più concreta l’idea di introdurlo anche per il gas: “Credo fermamente che sia giunto il momento di fissare un tetto massimo di prezzo per il gas proveniente dal gasdotto russo verso l’Europa“, ha dichiarato a margine di un incontro dei legislatori conservatori tedeschi nella città di Murnau (in Germania). Nonostante le minacce del vice-capo del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev, di un conseguente taglio totale del gas da parte del Cremlino, il premier ceco e presidente di turno del Consiglio dell’Unione Ue, Petr Fiala, ha appoggiato entusiasta la proposta della numero uno dell’esecutivo comunitario: “La presidente della Commissione ha sostenuto la limitazione del prezzo del gas russo, è chiaro che i nostri sforzi per contrastare i prezzi elevati dell’energia a livello europeo hanno un senso“.

    Al vertice ministeriale G7 delle Finanze è stato approvato il piano che prevede il “divieto globale di servizi che consentono il trasporto marittimo” di greggio e prodotti raffinati. Saranno consentiti solo se acquistati a un prezzo pari o inferiore a quello stabilito dalla coalizione

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    Estonia e Finlandia vogliono un coordinamento a livello Ue contro il rilascio di visti turistici ai cittadini russi

    Bruxelles – Una stretta su tutta la popolazione della Federazione Russa, non solo sugli oligarchi della cerchia di Putin. Estonia e Finlandia chiedono un ulteriore passo in avanti da parte dell’Unione Europea nel far pagare le conseguenze della guerra in Ucraina ai cittadini russi, tagliando anche il canale dei visti turistici rilasciati dai Paesi membri dell’area Schengen (con un allineamento anche di Bulgaria, Cipro, Croazia, Irlanda e Romania). La proposta è stata suggerita dalle prime ministre dei rispettivi Paesi, l’estone Kaja Kallas e la finlandese Sanna Marin, dopo alcuni episodi di propaganda del Cremlino attraverso cittadini russi in vacanza nell’Unione e l’attacco del presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky: “I russi dovrebbero vivere nel loro mondo finché non cambiano filosofia”, ha dichiarato in un’intervista per il Washington Post.
    “Visitare l’Europa è un privilegio, non un diritto umano“, è stato l’affondo della premier estone Kallas, spiegando le conseguenze dell’interruzione dei viaggi aerei dalla Russia: “Mentre i Paesi Schengen rilasciano visti, i vicini [Finlandia, Estonia, Lettonia, ndr] ne portano l’onere“. Di qui la necessità di “porre fine ora al turismo dalla Russia”. Un invito già arrivato lunedì (8 agosto) dall’omologa finlandese Marin, che in un’intervista per il programma televisivo Yle Uutiset ha definito “ingiusta” la possibilità per i cittadini russi di “vivere una vita normale, viaggiare in Europa, essere turisti” e ottenere visti dai Paesi membri dell’Ue, mentre Mosca “sta conducendo una guerra di aggressione aggressiva e brutale in Europa”.

    Stop issuing tourist visas to Russians. Visiting #Europe is a privilege, not a human right. Air travel from RU is shut down. It means while Schengen countries issue visas, neighbours to Russia carry the burden (FI, EE, LV – sole access points). Time to end tourism from Russia now
    — Kaja Kallas (@kajakallas) August 9, 2022

    Per i tre Paesi di confine la questione è vissuta in modo diretto, dal momento in cui ogni cittadino russo – non colpito dalle sanzioni internazionali – può attraversare la frontiera se in possesso di un visto da un qualsiasi Paese dell’area Schengen. Il visto Schengen consente a un visitatore di soggiornare per un massimo di 90 giorni per turismo o affari, con la possibilità di viaggiare liberamente all’interno di una zona che comprende 22 Stati membri Ue, oltre a Islanda, Norvegia, Svizzera e Liechtenstein: è in questo modo che i cittadini russi, anche in assenza di collegamenti aerei diretti, possono ancora visitare per turismo la maggior parte dei Paesi dell’Ue. Estonia e Lettonia non rilasciano più visti Schengen a chi ne fa richiesta da Mosca e lo stesso ha deciso di fare la Bulgaria (con i propri visti nazionali) dopo il duro scontro diplomatico con la Russia a fine giugno.
    Ecco perché le due prime ministre stanno spingendo per portare a Bruxelles la questione dei visti turistici ai cittadini russi, alzando l’asticella ben oltre la raccomandazione della Commissione Ue di limitare i visti d’oro. Secondo quanto affermato dalla premier finlandese, il tema della libertà di movimento è già stato discusso in tutti i Consigli Ue dallo scoppio della guerra in Ucraina, ma è oggetto di non poche perplessità, in particolare per la discriminazione a priori di un’intera popolazione (che non necessariamente è allineata alle scelte del suo presidente) e per i rischi di chiudere le porte ai dissidenti ancora sul suolo russo e in cerca di una via d’uscita in futuro. “Ritengo che nelle future riunioni del Consiglio la questione si presenterà con ancora maggiore forza”, ha precisato Marin, anticipando una possibile discussione al Consiglio Affari Esteri informale di fine agosto.
    A Bruxelles intanto si temporeggia, con la Commissione Ue poco intenzionata a sbilanciarsi sul comunicare ulteriori sanzioni contro la Russia. “È importante sapere che i Paesi membri rilasciano i propri visti sulla base di norme nazionali e ci sono sempre casi in cui possono essere rilasciati, come a dissidenti politici, giornalisti e per questioni umanitarie”, ha spiegato la portavoce per gli Affari interni, Anitta Hipper, nel corso del punto quotidiano con la stampa europea, precisando che “è competenza degli Stati membri decidere cosa fare”. A questo proposito, Estonia e Finlandia stanno già studiando misure da poter attuare autonomamente: per esempio, inasprire le condizioni per l’ottenimento dei visti turistici, dando priorità a quelli lavorativi e per motivi familiari o di studio, e introdurre sanzioni nazionali ad hoc da affiancare a quelle già in vigore a livello Ue.

    Se in possesso di un visto da un qualsiasi Paese Schengen, per un cittadino russo è possibile attraversare la frontiera e viaggiare per 90 giorni nell’Unione. Le prime ministre Kallas e Marin vogliono portare la questione al Consiglio: “Visitare l’Europa è un privilegio, non un diritto umano”

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    Embargo all’oro russo (anche nei gioielli) e specifiche sulla sicurezza alimentare. L’Ue rafforza le sanzioni contro Mosca

    Bruxelles – Embargo all’oro e ai gioielli russi, Sberbank nella lista nera e precisazioni sulle deroghe per non interferire sulla sicurezza alimentare. È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il nuovo pacchetto di sanzioni contro la Russia, che ha assunto i contorni di un aggiornamento e allineamento con i partner internazionali, considerando i buchi e gli effetti indesiderati di quanto finora adottato nei quasi cinque mesi di guerra russa in Ucraina.
    Le linee-guida erano già note da giorni, ma il Consiglio ha dato il via libera oggi (giovedì 21 luglio) anche ad alcune novità che dovrebbero rendere più coerente l’azione dell’Unione Europea nel suo contrasto economico alla Russia di Putin. Insieme al nuovo divieto di acquistare, importare o trasferire l’oro russo (anche se esportato in un Paese terzo), si è deciso di includere anche i gioielli: funzionari Ue fanno sapere che ci sono state lunghe discussioni a riguardo, ma alla fine è passata la linea dura. Non rientra invece il commercio di diamanti, dal momento in cui nella richiesta di allineamento dei leader G7 questa azione non era inclusa e per ora nemmeno Bruxelles se ne è discusso.

    Tra le novità del pacchetto maintenance and alignement rientra invece l’inserimento di Sberbank, una delle più grandi banche russe, nella lista nera dell’Ue (anche se è prevista una fase di adattamento di circa sei mesi per l’Austria e “probabilmente un anno” per l’Ungheria, a causa dei tempi più lunghi per la liquidazione dei sussidi). Nell’ultimo pacchetto di sanzioni approvato a inizio giugno Sberbank era stata inclusa tra gli istituti bancari scollegati dal sistema internazionale di pagamenti Swift, ma da oggi sarà vietata la quasi totalità di transazioni e il congelamento degli asset sul territorio comunitario. Il ‘quasi’ è d’obbligo, perché per Bruxelles è prioritaria la questione del non interferire con il commercio internazionale di beni alimentari, messo in crisi dal blocco russo delle esportazioni di cereali nei porti ucraini del Mar Nero. L’Ue ha ribadito infinite volte che le sanzioni contro la Russia non prendono di mira né il grano né i fertilizzanti commerciati da Mosca, ma quello di cui ci si è accorti in questi mesi – in particolare dopo un confronto con l’Unione Africana sull’impatto del divieto di transazioni, come riferiscono le stesse fonti Ue – è che gli effetti indiretti possono avere ripercussioni pesanti anche sulla sicurezza alimentare.
    Ecco perché le nuove misure prevedono una deroga per permettere agli Stati membri di sbloccare fondi congelati di banche ed entità russe, “dopo aver accertato che tali fondi o risorse economiche sono necessari per l’acquisto, l’importazione o il trasporto di prodotti agricoli e alimentari, compresi il frumento e i fertilizzanti”, si legge nel testo pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea. “L’Ue sta facendo la sua parte per garantire di poter superare l’incombente crisi alimentare globale”, ha commentato l’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ribandendo che “spetta alla Russia smettere di bombardare i campi e i silos dell’Ucraina e di bloccare i porti del Mar Nero”. Come sottolineano le fonti europee, ciò che ha guidato l’azione di Bruxelles è l’ascolto dei problemi potenziali comunicati dai partner terzi, come per esempio la questione dell’interruzione dei pagamenti attraverso il sistema Swift, che ha complicato l’acquisto da parte dei Paesi africani di prodotti agricoli anche quando erano presenti. In altre parole, la volontà è quella di procedere con misure sì punitive nei confronti del Cremlino, ma che non abbiano alcuna conseguenza “nemmeno indiretta” sulla situazione alimentare globale, che sta andando incontro al rischio di carestia per milioni di persone.

    Tra le altre misure previste va rilevata la cosiddetta self-reporting obligation, ovvero l’imposizione a persone ed entità sanzionate dell’obbligo di dichiarare i beni posseduti negli Stati membri Ue e di collaborare con le autorità competenti: “Il non rispetto di tale obbligo costituirebbe un’elusione del congelamento dei beni e sarebbe soggetto a sanzioni se, in base alle norme e procedure nazionali applicabili, sono soddisfatte le condizioni per imporre tali sanzioni”, si legge nel documento. Questa decisione cerca non solo di stringere le maglie larghe dell’elusione delle misure restrittive da parte degli oligarchi, ma anche di arrivare con più facilità alla confisca dei beni congelati dopo un’investigazione per crimine penale (ovvero di violazione delle sanzioni Ue), come sta cercando di spingere la Commissione da mesi.
    Infine, il pacchetto di sanzioni Ue estende l’elenco dei prodotti il cui commercio con la Russia è vietato, in quanto potrebbe contribuire al potenziamento militare e tecnologico di Mosca o allo sviluppo del settore della difesa e della sicurezza russo. Sono stati così rafforzati i controlli sulle esportazioni di tecnologie avanzate, viene esteso anche alle chiuse dei porti l’attuale divieto di accesso per le navi russe e viene estesa la portata del divieto di accettare depositi per includere quelli provenienti da Paesi terzi e posseduti in maggioranza da cittadini russi.

    Nel pacchetto di aggiornamento delle misure restrittive sono previste eccezioni sulle transazioni di Paesi terzi con banche ed entità russe sanzionate per impedire effetti indiretti sul commercio di generi alimentari. Nella lista nera dell’Ue entra Sberbank, vietato anche il commercio di gioielli

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    Nell’aggiornamento delle sanzioni Ue contro Mosca ci sarà il bando dell’oro russo e l’aggiunta di Sberbank nella lista nera

    Bruxelles – Non un settimo pacchetto di sanzioni vero e proprio, ma un rafforzamento delle misure restrittive finora adottare nei quasi cinque mesi di guerra russa in Ucraina. Secondo quanto trapela da fonti diplomatiche, entro domani (mercoledì 20 luglio) dovrebbe essere approvata la proposta definitiva sulle nuove sanzioni contro Mosca, anche detta “sesto pacchetto e mezzo”, che includeranno la messa al bando delle importazioni di oro russo e l’inserimento di Sberbank, una delle più grandi banche del Paese, nella lista nera dell’Ue.
    Il pacchetto di sanzioni denominato maintenance and alignement (aggiornamento e allineamento) è stato discusso ieri (lunedì 18 luglio) al Coreper (il Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio) e, come sottolineano le stesse fonti, ha fatto registrare un “sostanziale” consenso tra i Ventisette. A questo punto la proposta definitiva della Commissione dovrebbe arrivare nel pomeriggio, per ricevere il via libera del Coreper di domani. Se il calendario sarà rispettato, la presidenza di turno ceca del Consiglio dell’Ue farà scattare “immediatamente” una procedura scritta con scadenza giovedì (21 luglio), con l’obiettivo di pubblicare l’aggiornamento delle misure restrittive nella Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea “a stretto giro”.
    A un mese e mezzo dall’approvazione del sesto pacchetto di sanzioni, l’Unione è pronta dunque a prendere una serie di nuove misure per implementare il regime già in vigore contro Mosca dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina: tra queste, oltre al divieto di importazione dell’oro russo (con eccezione per quello contenuto negli articoli di gioielleria) un’altra cinquantina di individui ed entità russe nella lista nera dell’Ue, compresa Sberbank. In questo modo sarà previsto il divieto della quasi totalità di transazioni e il congelamento degli asset sul territorio comunitario per una delle maggiori banche russe. Nel corso della riunione del Coreper di ieri Ungheria, Austria e Croazia hanno chiesto una fase di adattamento prima dell’ingresso di Sberbank – presente nei tre Paesi membri – nella lista nera dell’Ue, richiesta di aggiustamento definita “non particolarmente rilevante” dalle fonti diplomatiche.

    Entro il 20 luglio dovrebbe essere approvato dal Comitato dei rappresentanti permanenti del Consiglio (Coreper) l’aggiornamento delle misure restrittive. A una delle più grandi banche del Paese sarà vietata la quasi totalità delle transazioni e congelati gli asset

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    Borrell contro i critici delle sanzioni Ue (Orbán in testa): “Nessun legame con i prezzi del petrolio”

    Bruxelles – I dati contro le interpretazioni distorte della realtà. “Alcuni leader Ue hanno detto che le sanzioni sono state un errore e che l’embargo sul petrolio ne ha aumentato il prezzo, invece è agli stessi livelli di febbraio, prima della guerra”, ha commentato seccamente l’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, parlando oggi (lunedì 18 maggio) alla stampa dopo il Consiglio Affari Esteri e mostrando un grafico con l’andamento dei prezzi dall’inizio dell’anno. “Dietro ogni discorso ci devono essere dati e cifre, non si può dire tutto ciò che si vuole“, ha incalzato Borrell: “Come si può affermare che sono stati l’embargo e le sanzioni alla Russia ad aumentare il prezzo del petrolio, quando invece è diminuito?”
    L’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell (18 luglio 2022)
    Il duro commento dell’alto rappresentante Borrell è arrivato in seguito alle parole del primo ministro ungherese, Viktor Orbán, sulle conseguenze delle sanzioni adottate dall’Ue: “Inizialmente pensavo che ci fossimo solo sparati a un piede, ma ora è chiaro che l’economia europea si è sparata nei polmoni e ora fatica a respirare“. Il primo ministro ungherese è stato un oppositore dell’embargo al petrolio della Russia sin dalla presentazione del sesto pacchetto di sanzioni, per la cui approvazione è servito un intenso lavoro di mediazione al Consiglio Europeo di maggio. “Il momento della verità deve arrivare a Bruxelles, quando i leader ammetteranno di aver fatto un errore di calcolo”, ha rincarato la dose Orbán: “La politica delle sanzioni alla Russia era basata su presupposti sbagliati e non ha soddisfatto le aspettative riposte“, in particolare per l’aumento dei prezzi dei beni di consumo, dei generi alimentari e delle risorse energetiche come il petrolio.
    “Nella narrativa di guerra, molte persone dicono cose senza considerare la realtà: senza cifre, tutti possono dire quello che vogliono sull’effetto delle sanzioni dell’Ue, e non è possibile”, è stata la risposta dell’alto rappresentante Borrell in conferenza stampa. Nel caso del petrolio, “non sono state le sanzioni ad aumentarne i prezzi, come dicono alcuni in modo completamente errato“, dal momento in cui è evidente – analizzando il grafico presentato e illustrato – che dall’adozione delle sanzioni e dell’embargo contro la Russia, il prezzo è sceso: “Non dico che sono la causa della diminuzione, ma al contrario che le sanzioni non hanno creato un aumento”. In ogni caso l’alto rappresentante Ue ha riconosciuto che “la società europea deve essere consapevole che questa guerra è una prova di resistenza e noi dobbiamo essere resistenti a sufficienza per sostenere l’Ucraina, altre soluzioni non ce ne sono”, a partire proprio dall’aumento dei prezzi dell’energia e dei prodotti alimentari.

    Mostrando i grafici dell’andamento dei prezzi dall’inizio del 2022, il titolare della Politica estera e di sicurezza del gabinetto von der Leyen ha attaccato “chi critica gli effetti dell’embargo senza considerare la realtà dei fatti, perché senza cifre tutti possono dire quello che vogliono”

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    Da Belgrado un altro schiaffo a Bruxelles e alle sanzioni Ue. Dopo Sputnik, anche Russia Today aprirà una sede in Serbia

    Bruxelles – Se l’Unione Europea ancora continua ad appellarsi alla Serbia di Aleksandar Vučić per un allineamento alle sanzioni internazionali contro la Russia, la realtà dei fatti rimane ben distante. Non solo da un punto di vista di politica estera ed energetica, ma anche di informazione e disinformazione. L’ultima dimostrazione di questa assenza di volontà da parte di Belgrado nel chiudere la porta a Mosca per stringere i legami con Bruxelles è la notizia che “sono in corso i preparativi” per l’apertura in Serbia di una sede di Russia Today, organo di propaganda del Cremlino entrato nella lista delle sanzioni dell’UE a pochi giorni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina.
    La caporedattrice di Sputnik Serbia, Ljubinka Milinčić
    A confermarlo in un’intervista per la rete televisiva serba Nova.rs è Ljubinka Milinčić, caporedattrice di Sputnik Serbia, l’altro media statale russo la cui distribuzione sul territorio comunitario è stata sospesa a inizio marzo per arginare la diffusione della disinformazione di Mosca sulla guerra in corso in Ucraina (dal 3 giugno sono state aggiunte altre tre grandi emittenti del Cremlino, Rossiya RTR/RTR Planeta, Rossiya 24/Russia 24 e TV Centre International). Ad assumere la guida di Russia Today in Serbia potrebbe essere la figlia della stessa caporedattrice di Sputnik Serbia, anche se Milinčić non ha voluto commentare l’indiscrezione di Nova.rs.
    Questa decisione allontana ancora di più le speranze di Bruxelles di una – ormai quasi irrealizzabile – adozione da parte di Belgrado delle sanzioni internazionali contro la Russia, considerato il fatto che la Serbia è un Paese candidato all’adesione Ue e che tra i capitoli negoziali compare anche l’allineamento alla politica estera dell’Unione. Sul piano della disinformazione, per Bruxelles Russia Today e Sputnik sono considerati “essenziali e strumentali” nel sostenere l’aggressione della Russia contro l’Ucraina, specifica una nota del Consiglio sulla sospensione della distribuzione via cavo, satellite, Iptv (sistema di trasmissione di segnali televisivi su reti informatiche), piattaforme, siti web e app. Come documentato dalla task force East StratCom del Servizio europeo di azione esterna (Seae) contro la disinformazione, i due media statali russi rappresentano una minaccia “significativa e diretta” per la sicurezza dell’Unione Europea e per i partner già stretti – tra cui sarebbe inclusa anche la Serbia – dal momento in cui “fanno parte di uno sforzo coordinato di manipolazione delle informazioni”.
    La questione del non-allineamento della Serbia alle sanzioni UE non riguarda solo l’ambito della disinformazione, ma anche – e soprattutto – quello energetico. A fine maggio il presidente Vučić ha stretto un accordo con Vladimir Putin per la fornitura di 2,2 miliardi di metri cubi di gas (il 73 per cento del fabbisogno annuale nazionale) a condizioni economiche particolarmente favorevoli, proprio mentre i Paesi membri dell’Ue si stanno vedendo tagliare le forniture di gas dal colosso energetico russo Gazprom e Bruxelles sta cercando di spingere l’indipendenza energetica dalle fonti fossili di Mosca entro il prossimo autunno. A inizio giugno il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, si sarebbe dovuto recare in visita a Belgrado per definire i dettagli dell’accordo informale sull’energia tra i due Paesi. Ma sono state proprio le sanzioni Ue in vigore in Bulgaria (uno dei Ventisette), in Macedonia del Nord e in Montenegro (partner balcanici dell’Unione) a impedire il viaggio di Lavrov in Serbia con la chiusura dei rispettivi spazi aerei, come previsto dalle misure restrittive che includono il divieto di ingresso e transito sul territorio dei Paesi membri e dei partner allineati per gli individui sanzionati.

    La caporedattrice di Sputnik Serbia, Ljubinka Milinčić, ha confermato che anche l’altro organo di propaganda del Cremlino aprirà un ufficio di rappresentanza nella capitale. La distribuzione dei due media statali russi è stata sospesa sul territorio Ue dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina

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    Da oggi la Lituania farà transitare le merci russe sanzionate dall’UE in direzione Kaliningrad. L’ok dalla Commissione

    Bruxelles – Dopo quasi un mese di tensioni commerciali e diplomatiche tra Russia e Lituania, è stata messa nero su bianco dalla Commissione Ue la gestione del trasporto di merci russe sottoposte a sanzioni internazionali in direzione dell’exclave di Kaliningrad: Vilnius consentirà il transito, solo su rotaia, anche di questo tipo di merci sul suo territorio nazionale, ma allo stesso tempo monitorerà i flussi commerciali tra Mosca e il territorio situato all’esterno della Russia (a cui politicamente appartiene) “per garantire che le merci sanzionate non possano entrare nel territorio doganale dell’Unione”.
    Come si legge nell’aggiornamento delle linee-guida della Commissione sulla messa a terra dei sei pacchetti di sanzioni contro la Russia, “alle imprese di trasporto stabilite in Russia è vietato trasportare merci su strada nel territorio dell’Unione, anche in transito”. Tuttavia, “questo divieto non si applica al trasporto di merci in transito nell’Unione tra l’Oblast di Kaliningrad e la Russia“, con la specifica che anche per questo caso specifico “il transito di merci sanzionate su strada non è consentito”. Questo perché il trasporto su rotaia (senza fermate intermedie sul territorio lituano) può garantire che le merci russe sottoposte a sanzioni – in particolare carbone, metalli, legno, cementi e tecnologie avanzate – non entrino nel Mercato unico dell’UE, senza violare la continuità territoriale tra la Russia e Kaliningrad.
    Le linee-guida che vengono applicate da Vilnius a partire da oggi (giovedì 14 luglio) risolvono una questione particolarmente tesa venutasi a creare dopo l’entrata in vigore lo scorso 18 giugno del divieto di transito dei beni commerciali sottoposti a sanzioni internazionali sul territorio dei Paesi membri dell’Unione. Da allora è stato bloccato alla frontiera lituana (con la Bielorussia, alleata di Mosca) questo tipo di merci in direzione Kaliningrad, territorio che ospita il quartier generale della marina russa nel Baltico. Lo stop all’export russo ha rappresentato un problema di natura logistica per l’exclave russa, considerato il fatto che riceve le forniture critiche da Mosca via ferrovia attraverso la Lituania. Il caso è finito sul tavolo dei 27 leader UE nel corso del Consiglio Europeo di giugno, con la richiesta alla Commissione di fornire un aggiornamento delle linee-guida per risolvere la questione ed evitare un’escalation di tensione ulteriore – e questa volta diretta – tra Bruxelles e Mosca.

    Dopo la pubblicazione da parte del gabinetto von der Leyen dell’aggiornamento delle linee-guida sulle sanzioni contro la Russia, Vilnius garantirà il passaggio su rotaia e il monitoraggio del flussi commerciali tra Mosca e l’exclave russa

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    L’Unione Europea ha congelato quasi 14 miliardi di euro agli oligarchi russi nei quattro mesi di guerra in Ucraina

    Bruxelles – Si stringe il cerchio attorno agli oligarchi russi della cerchia di Vladimir Putin, con il congelamento degli asset delle persone e delle entità sanzionate dall’UE dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina decisa dal Cremlino il 24 febbraio scorso. In poco più di quattro mesi di guerra oltre i confini orientali dell’Unione, è salito a 13,8 miliardi di euro il valore degli asset sequestrati agli oligarchi russi (erano 9,89 a fine maggio), grazie agli sforzi della Commissione UE di rafforzare il rintracciamento, il congelamento, la gestione e la confisca dei beni dei soggetti sottoposti ai sei pacchetti di misure restrittive.
    A riportare la cifra “piuttosto enorme” dei beni sequestrati è stato il commissario europeo per la Giustizia, Didier Reynders, in un punto con la stampa a margine del Consiglio Affari Interni informale a Praga. “Dei 13,8 miliardi di euro sequestrati, oltre 12 miliardi vengono da cinque Paesi membri“, ha puntualizzato il commissario. Per questo motivo la Commissione vuole “continuare a convincere” tutti i membri dell’Unione “a fare lo stesso”: a questo proposito, è stata inviata una lettera alle 27 capitali “per chiedere informazioni e per illustrare le migliori pratiche” per il sequestro e il congelamento di beni e proprietà. Il commissario per la Giustizia è sembrato sicuro del fatto che “nelle prossime settimane vedremo progressi in tutti i Paesi membri” anche grazie al coordinamento della task force Freeze and Seize istituita a marzo: “Più dettagli sui singoli Stati membri arriveranno dopo l’estate“, ha aggiunto Reynders.

    Sul tema del sequestro dei beni agli oligarchi russi si ricollega la questione non solo del congelamento, ma anche della confisca e riutilizzo, per chiunque violi le misure restrittive imposte dall’UE. Lo scorso 25 maggio la Commissione ha proposto un rafforzamento e un’estensione dei crimini dell’Unione Europea, includendo la violazione delle sanzioni tra i reati penali in tutti i 27 Paesi membri. “Abbiamo l’approvazione del Parlamento Europeo e il consenso al Consiglio, che approverà la proposta dopo la pausa estiva”, ha assicurato ai giornalisti Reynders: “In ottobre avremo una direttiva aggiornata e sarà possibile in tutti Paesi membri avviare procedure giudiziarie per la confisca se c’è stata una violazione”. Quanto recuperato sarà destinato a sostenere la ricostruzione dell’Ucraina, come confermato dal commissario per la Giustizia: “Dopo la confisca i soldi andranno direttamente al popolo ucraino“.
    La revisione della direttiva andrebbe a risolvere il problema della gestione dei beni congelati per i Ventisette, a causa delle spese per il loro mantenimento. Lo strumento di tipo economico al momento applicato non prevede che i beni congelati possano essere messi all’asta o assegnati ad associazioni, rimanendo proprietà degli oligarchi sanzionati: non possono essere utilizzati, ma rappresentano un costo per le finanze dello Stato. In Italia, secondo quanto stabilito dal decreto legislativo 109, la custodia, amministrazione e gestione delle risorse economiche “oggetto di congelamento” spettano all’Agenzia del demanio, che deve pagare tutte le spese legate a un bene sottoposto a questo strumento economico. L’Agenzia può utilizzare eventuali utili prodotti dal bene, ma in caso contrario attinge a un fondo apposito del bilancio statale. Quando il bene viene ‘scongelato’ e restituito, il proprietario deve risarcire lo Stato italiano per tutte le spese sostenute.

    La cifra è stata resa nota dal commissario per la Giustizia, Didier Reynders, a margine del Consiglio Affari interni informale a Praga: “Più di 12 miliardi provengono da cinque Paesi membri UE”, ma a ottobre arriverà la direttiva aggiornata sulla confisca e riutilizzo dei beni sequestrati