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    Navalny condannato ad altri 9 anni di carcere in Russia. L’UE: “Repressione interna parallela ad aggressione militare”

    Bruxelles – Sono altri nove anni di carcere per l’oppositore politico russo, Alexei Navalny, secondo quanto stabilito dalla sentenza del tribunale distrettuale di Lefortovo di Mosca. Si tratta di un prolungamento della pena rispetto ai tre anni e mezzo già comminati nel febbraio dello scorso anno, stabilito dopo una serie di udienze a porte chiuse e “inaccessibili agli osservatori internazionali”, è il duro commento dell’UE alla condanna di Navalny. “È la prova più evidente che il sistema giuridico russo continua a essere strumentalizzato contro Navalny”, ha accusato in una nota l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, sottolineando come sia stato dato spazio alla “fabbricazione di accuse e al mancato esercizio dei diritti di difesa da parte dell’imputato”.
    La cerimonia del Premio Sakharov 2021 assegnato ad Alexei Navalny
    Navalny, che ha ricevuto lo scorso anno il Premio Sakharov per la libertà di pensiero dell’UE (ritirato a dicembre dalla figlia, Daria Navalnaya) è detenuto in Russia dal gennaio 2021, arrestato appena dopo essere atterrato nel Paese dalla Germania. A Berlino era rimasto per mesi per ricevere le cure necessarie dopo aver subito un avvelenamento attribuibile, secondo varie inchieste, ai servizi di sicurezza russi. Un mese dopo il ritorno in Russia, l’oppositore di Vladimir Putin era stato condannato per aver violato – proprio perché si trovava in ospedale in Germania – la libertà vigilata decisa a seguito di una precedente condanna. Nella sentenza di ieri (martedì 22 marzo) è stato invece riconosciuto colpevole di frode e appropriazione indebita, per aver rubato 4,1 milioni di euro dalle casse della FBK, la sua fondazione contro la corruzione politica (illegale in Russia dal giugno dello scorso anno). Secondo l’opinione pubblica e gli osservatori internazionali, sono entrambe due sentenze politiche contro un diretto sfidante del potere assoluto dell’autocrate russo.
    “L’Unione Europea deplora la repressione sistematica della società civile, dei media indipendenti, dei singoli giornalisti e dei difensori dei diritti umani in Russia”, ha rincarato la dose Borrell, facendo un collegamento con quanto sta accadendo in Ucraina: “Questa repressione interna sta accelerando in mezzo alla continua aggressione militare contro un Paese sovrano“. In questo modo il governo russo “continua a ignorare palesemente” tutti gli obblighi e gli impegni internazionali per il rispetto sia dei diritti umani e delle libertà fondamentali in patria, sia della sovranità e dell’indipendenza dei suoi vicini. Nel caso di Navalny esiste un “rischio per la sua vita” e per questo motivo l’UE continua a chiedere il “rilascio immediato e incondizionato”, così come richiesto anche dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.
    Schierati contro la sentenza anche i presidenti della commissione per gli Affari esteri (AFET) del Parlamento UE, David McAllister, della sottocommissione per i Diritti umani (DROI), Maria Arena, della delegazione per i rapporti UE-Russia, Ryszard Czarnecki, e il relatore per la Russia, Andrius Kubilius. “La sentenza viola chiaramente il diritto internazionale e la Costituzione russa, è illegale, arbitraria e politicamente motivata” e “dimostra ancora una volta che il regime russo sta diffondendo la paura tra i leader dell’opposizione, gli attivisti e la società civile”. Per il Parlamento UE Navalny rappresenta “centinaia di altri cittadini russi detenuti senza motivo solo per aver avuto il coraggio di dimostrare a favore della pace o per essersi fatti avanti per i loro diritti”, hanno sottolineato gli eurodeputati. Dal momento in cui “il miglior sostegno per lui e per gli altri prigionieri politici non è la simpatia e le parole gentili, ma le azioni contro il regime di Putin”, come affermato dallo stesso oppositore russo, l’UE deve “adottare sanzioni immediate contro tutti i funzionari russi coinvolti in questo nuovo caso di ingiustizia“.

    L’oppositore di Putin e vincitore del Premio Sakharov per la libertà di pensiero 2021 è stato condannato per frode e appropriazione indebita, dopo i 3 anni e mezzo già comminati per violazione della libertà vigilata

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    Le sanzioni alla prova del nove. Task force UE e G7 al lavoro per sequestrare i beni degli oligarchi russi e bielorussi

    Bruxelles – Proseguono senza sosta i lavori delle due nuove task force per individuare, congelare e sequestrare i beni e le proprietà degli oligarchi russi e bielorussi colpiti dalle sanzioni in tutti i Paesi membri dell’UE e del G7 (Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito e Stati Uniti d’America) e in Australia. L’unità operativa Freeze and Seize della Commissione Europea ha iniziato a lavorare al fianco della Russian Elites, Proxies, and Oligarchs (REPO), per garantire l’efficacia dei quattro pacchetti di sanzioni adottati nelle ultime settimane e per coordinare a livello globale l’attuazione dei sequestri di yacht, ville, aziende e ogni tipo di bene posseduto all’estero dalla cerchia stretta di Vladimir Putin e di Alexander Lukashenko.
    “Questo coordinamento renderà il perseguimento degli oligarchi russi e bielorussi nell’UE una possibilità concreta”, ha spiegato il commissario per la giustizia, Didier Reynders. Questo tipo di iniziative è “vitale per ottenere il congelamento e la confisca rapida” di tutto ciò che può rientrare nella ricchezza dei soggetti che stanno finanziando la guerra russa in Ucraina: “La nostra azione congiunta può fare la differenza a livello globale, mostra veramente la solidarietà e l’unità di fronte alla guerra“. Lo ha confermato anche la commissaria per i Servizi finanziari, Mairead McGuinness: “Le nostre misure combinate stanno avendo un impatto significativo, l’economia russa è in caduta libera” e a questo punto è necessario intensificare il contrasto a “tutti i tentativi di fornire servizi finanziari e legali per facilitare l’evasione delle sanzioni”. L’UE “non offrirà alcun rifugio sicuro agli oligarchi che sostengono la macchina da guerra russa”, ha attaccato con forza la commissaria.

    A oggi sono 877 gli individui e 62 le entità a essere stati colpiti dal congelamento dei beni sotto le sanzioni dell’UE, come conseguenza dell’aggressione russa all’Ucraina. Tra questi anche Andrey Melnichenko, re del settore dei fertilizzanti e del carbone, a cui la polizia italiana ha sequestrato nel porto di Trieste uno yacht di 143 metri e dal valore di 530 milioni di euro: la settimana scorsa Melnichenko ha fatto un appello alla pace per scongiurare il rischio di una “crisi alimentare globale” (e per mettere in salvo i suoi affari d’oro in Europa e nel mondo). Oltre al congelamento e sequestro dei beni, agli oligarchi russi e bielorussi saranno vietati viaggi e transiti sul territorio UE e non sarà nemmeno possibile mettere a loro disposizione fondi o servizi.
    La task force Freeze and Seize è composta dalla Commissione Europea, da rappresentanti dei 27 governi nazionali, da Eurojust ed Europol e si riunirà ogni settimana. Nella prima riunione dell’11 marzo, presieduta dal commissario Reynders, è stato fatto il punto sulle misure già adottate, la situazione dei procedimenti giudiziari in corso e le possibilità di confisca dei beni secondo le basi giuridiche dell’Unione e dei Paesi membri. Da allora è in corso il lavoro di coordinamento operativo, per la condivisione delle informazioni all’interno dell’Unione e la messa in pratica dei sequestri dei beni degli oligarchi russi e bielorussi.

    Stabilito il coordinamento tra i Paesi membri con due unità operative per garantire l’efficacia delle sanzioni adottate contro Mosca e Minsk dopo l’aggressione dell’Ucraina e per continuare il lavoro di ricerca delle proprietà da congelare

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    Gli effetti delle sanzioni. Il leader russo dei fertilizzanti e del carbone chiede la pace in Ucraina, “o sarà crisi alimentare”

    Bruxelles – Al diciannovesimo giorno di guerra in Ucraina, si iniziano ad aprire le prime crepe nel cerchio magico di Vladimir Putin. In un’intervista rilasciata a Reuters, l’oligarca russo Andrey Melnichenko – re del settore dei fertilizzanti e del carbone e finito nella lista delle sanzioni UE – ha fatto un appello alla risoluzione pacifica del conflitto in Ucraina: “Ne abbiamo bisogno urgente, perché una delle vittime di questa crisi sarà l’agricoltura e il cibo in tutto il mondo“. In attesa del quarto pacchetto di misure restrittive (previsto per oggi), le decisioni prese da Bruxelles in coordinamento con i partner del G7 sembrano aver dato uno scossone non solo all’economia russa, ma anche al mondo imprenditoriale vicino al Cremlino. Che davanti alla chiusura dei mercati globali e alla perdita di fatturato potrebbe abbandonare la nave dell’autocrate russo.
    Fondatore di EuroChem (uno dei più grandi produttori di fertilizzanti) e di SUEK (il principale produttore di carbone della Russia), Melnichenko è l’ottavo oligarca russo per patrimonio stimato (17,9 miliardi) e compare tra gli 862 individui colpiti dalle sanzioni dell’UE, dopo l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina lo scorso 24 febbraio. “La guerra ha già portato all’impennata dei prezzi dei fertilizzanti che non sono più accessibili agli agricoltori”, ha sottolineato Melnichenko, avvertendo che “ora porterà a un’inflazione alimentare ancora più alta in Europa e a probabili carenze di cibo nei Paesi più poveri del mondo”. Senza fare diretto riferimento a Putin, l’oligarca russo ha definito “veramente tragici” gli eventi in Ucraina, giustificando così la propria presa di posizione a favore della pace.
    Ma è chiaro che la vera determinante è la componente economica. Il rischio di essere trascinati verso il basso dall’isolamento internazionale sta iniziando a diventare concreto per gli imprenditori miliardari russi. La Russia è uno dei principali produttori al mondo di potassio, fosfato e fertilizzanti contenenti azoto ed EuroChem, che è una delle prime cinque aziende di fertilizzanti al mondo, sarebbe messa in ginocchio da una crisi alimentare globale. Lo scorso 9 marzo Melnichenko si è dimesso da membro del Consiglio di amministrazione e dalla direzione dell’azienda, dopo che l’UE lo ha sanzionato per la sua partecipazione a un incontro al Cremlino con Putin e altri 36 uomini d’affari, identificandolo come uno dei principali uomini d’affari coinvolti nei settori economici-chiave per il il finanziamento della campagna militare russa. Sabato scorso (12 marzo) la polizia italiana ha sequestrato nel porto di Trieste lo yacht di Melnichenko, il Sailing Yacht A di 143 metri e dal valore di 530 milioni di euro.

    Si iniziano a intravedere le prime crepe nel cerchio magico di Putin dopo i tre pacchetti di misure restrittive UE e G7 (in attesa del quarto): l’oligarca Melnichenko fa un appello “urgente” alla fine del conflitto in Ucraina: “Una delle vittime di questa crisi sarà l’agricoltura e il cibo in tutto il mondo”

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    È pronto il quarto pacchetto di sanzioni UE contro la Russia: vietati investimenti nel settore energetico e importazioni siderurgiche

    Bruxelles – I leader dell’Unione Europea l’avevano promesso questa notte, al termine della prima discussione del Consiglio informale a Versailles, e in meno di una giornata il quarto pacchetto di sanzioni UE contro la Russia è arrivato. O meglio, è arrivato l’annuncio delle misure restrittive in linea con i partner del G7 che saranno adottate domani (sabato 12 marzo), dopo “le tre ampie ondate di sanzioni che hanno colpito duramente l’economia della Russia”, ha sottolineato nella sua comunicazione la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen.
    Finalmente si inizia a intravedere qualche misura restrittiva sul piano dell’energia: “Proporremo un grande divieto di nuovi investimenti europei nel settore energetico russo“. La motivazione è semplice (la realizzazione meno) ed è legata al fatto che “non dobbiamo alimentare la dipendenza energetica che vogliamo lasciarci alle spalle”, ha sottolineato con forza la leader dell’esecutivo comunitario. Il divieto coprirà tutti gli investimenti, i trasferimenti di tecnologia e i servizi finanziari per l’esplorazione e la produzione di energia. Per colpire ancora di più le fonti di liquidità del regime, sarà anche vietata l’importazione di beni-chiave nel settore siderurgico, privando il settore centrale dell’economia russa di “miliardi di entrate dalle esportazioni e assicurando che i nostri cittadini non sovvenzionino la guerra di Putin”.
    Si continua anche sulla strada della mano pesante contro l’economia e la finanza: “Il rublo è crollato, molte banche russe sono tagliate fuori dal sistema bancario internazionale, le aziende stanno lasciando la Russia” e con il quarto pacchetto di sanzioni UE si vuole “drenare le risorse che usa per finanziare questa guerra barbara“. Tutto questo fino a quando Mosca non mostrerà la “volontà di impegnarsi seriamente nei negoziati per una soluzione diplomatica”. Durissima la misura che nega alla Russia lo status di nazione favorita sui più importanti mercati globali, il che significa che non godrà più dei benefici derivanti dall’appartenenza all’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC): le aziende russe non riceveranno più trattamenti privilegiati e saranno sospesi finanziamenti e prestiti dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale. “La Russia non può violare grossolanamente il diritto internazionale e, allo stesso tempo, aspettarsi di beneficiare dei privilegi di far parte dell’ordine economico internazionale”, mette in chiaro la nota dei leader del G7.
    I ministri delle Finanze, della Giustizia e degli Affari interni del Gruppo dei 7 si incontreranno la settimana prossima per coordinare la task force per individuare nuovi membri dell’oligarchia russa vicina al regime Putin da colpire con le sanzioni e da escludere dal circuito delle criptovalute. Sempre in quest’ottica, il quarto pacchetto di sanzioni vieterà l’esportazione di qualsiasi bene di lusso dai Paesi UE e del G7 verso la Russia, “come un colpo diretto” all’élite russa: “Chi sostiene la macchina da guerra di Putin non sarà più in grado di godere del suo sontuoso stile di vita mentre le bombe cadono su persone innocenti in Ucraina”, ha attaccato von der Leyen.

    The three sweeping waves of sanctions and the extension of their scope this week have hit Russia’s economy very hard.
    The 4th package will be an additional blow to Putin’s regime.
    The invasion of Ukraine has to stop. pic.twitter.com/GFUisNpLWk
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) March 11, 2022

    Sarà presentato domani (12 marzo) il nuovo pacchetto di misure restrittive in coordinamento con il G7. “Non dobbiamo alimentare la dipendenza energetica che vogliamo lasciarci alle spalle”, ha attaccato Ursula von der Leyen

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    La guerra degli indirizzi: in Europa rinominate le strade delle ambasciate russe a memoria della resistenza ucraina

    Bruxelles – Se il Cremlino non vuole riconoscere la sovranità di Kiev e le sofferenze del popolo ucraino in una guerra che si trascina da 16 giorni, c’è un modo per farglielo ricordare a forza: costringere le ambasciate russe in Europa a scriverlo su ogni documento ufficiale, bigliettino da visita e sito Internet. Da Vilnius a Tirana, da Riga a Oslo, le capitali europee stanno rinominando le strade dove hanno sede le rappresentanze diplomatiche russe in memoria della resistenza ucraina.
    L’amministrazione di Vilnius ha già cambiato l’indirizzo di Latvių gatvé. Davanti al numero 53, dove ha sede l’ambasciata della Federazione Russa in Lituania, ora campeggia il cartello stradale con la scritta Ukrainos Didvyrių gatvé. Via degli Eroi Ucraini. “D’ora in poi chiunque scriva una lettera all’ambasciata russa dovrà pensare alle vittime dell’aggressione e agli eroi dell’Ucraina”, ha scritto il sindaco, Remigijus Šimašius, in un post su Facebook, in cui ha annunciato che è stato cancellato ogni gemellaggio con città russe e bielorusse e che è stato approvato il trasporto gratuito nella città per i rifugiati dall’Ucraina.

    Ukrainian Heroes str. #Vilnius pic.twitter.com/IXjUQpLpsE
    — Remigijus Šimašius (@RemiSimasius) March 9, 2022

    Sempre nella regione baltica, la strada dove ha sede la rappresentanza diplomatica russa nella capitale lettone Riga porta il nuovo nome di Ukrainas neatkarības iela, strada dell’Indipendenza Ucraina. Nel nord-Europa, a Oslo (Norvegia) l’incrocio di fronte all’ambasciata russa è stato battezzato dal Consiglio comunale Ukrainas Plass, piazza Ucraina.
    Nella capitale albanese Tirana è stato deciso invece di chiamare Rruga Ukraina e lirë, via Ucraina libera, solo il tratto di strada che ospita la missione diplomatica russa. Su Twitter il sindaco, Erion Veliaj, ha fatto notare che “per coincidenza, le ambasciate ucraina, russa, serba e kosovara sono tutte in quel tratto” e che “questa strada definirà la nostra città“, dal momento in cui le due guerre a distanza di poco più di vent’anni l’una dall’altra “hanno definito la nostra generazione”.

    The @CityOfTirana will name a street segment on embassy row “Free Ukraine”
    Coincidentally, the Ukranian, Russian, Serbian & Kosovar Embassies are on that row
    The Serbia war on Kosovo & the Russian war on Ukraine have defined our generation
    This street will define our city 🇦🇱🇺🇦 pic.twitter.com/mWjBwnoWg0
    — Erion Veliaj #EYC2022 🇪🇺🇦🇱 (@erionveliaj) March 5, 2022

    Sull’onda di queste decisioni, anche altre capitali in Europa stanno discutendo sul cambio di nome di strade simboliche in memoria della resistenza dell’Ucraina contro l’aggressione russa. A Londra, il partito liberaldemocratico sta sollecitando il distretto di Kensington e Chelsea a cambiare l’indirizzo dell’ambasciata russa a Londra in Zelensky Avenue, dal nome del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky. Altro Paese, altra coincidenza: la strada in questione ospita anche la casa del proprietario russo del Chelsea Football Club, Roman Abramovich, che ieri (giovedì 10 marzo) è stato incluso nella lista degli oligarchi sanzionati dal Regno Unito.
    A Dublino è invece il Consiglio della capitale irlandese a spingere per ribattezzare Orwell Road in Independent Ukraine Road. Nella capitale danese Copenaghen i funzionari discuteranno la prossima settimana di cambiare l’indirizzo in cui si trova l’ambasciata russa da Kristianiagade a Ukrainegade, strada dell’Ucraina. Il valore è doppiamente simbolico, considerato il fatto che la strada portava il vecchio nome della capitale della Norvegia, come riconoscimento dei legami storici e delle buone relazioni dei due Paesi scandinavi. La decisione di entrambe le città di ribattezzare le strade che ospitano le rappresentanze diplomatiche russe salda ancora di più il loro rapporto, questa volta a supporto della resistenza ucraina.

    Da Vilnius a Tirana, da Riga a Oslo, fino a Londra, Dublino e Copenaghen, le capitali europee cambiano gli indirizzi dove hanno sede le rappresentanze diplomatiche della Russia per costringerle a ricordare la guerra in Ucraina

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    I leader UE pronti a nuove sanzioni contro la Russia di Putin. L’Ucraina sempre più vicina “politicamente”

    Bruxelles – Via libera a nuove sanzioni, ma nella sostanza ancora non si scende. Per il leader UE riuniti al Consiglio informale di Versailles “aumentare ulteriormente la nostra pressione sulla Russia e sulla Bielorussia” è una prima intesa sufficiente, che verrà approfondito nella seconda giornata di riunioni di oggi (venerdì 11 marzo) e nei prossimi giorni dai ministri competenti: “Restiamo pronti a muoverci rapidamente con ulteriori sanzioni”, recitano le prime righe delle conclusioni del Consiglio.
    Come scrivevamo ieri, tutte le decisioni senza precedenti sono state prese e ora ogni capitale inizia a fare i propri calcoli in termini di ricadute economiche. Tuttavia, il primo round di discussioni tra i leader UE sull’aggressione militare dell’Ucraina da parte della Russia di Putin è stata un’occasione per tirare le fila, due settimane dopo il Consiglio straordinario che aveva portato a quell’unità mai vista prima nell’Unione. “I responsabili di questa guerra di aggressione saranno chiamati a rispondere dei loro crimini, anche per aver colpito indiscriminatamente i civili”, si legge nel testo che condanna “la Russia e la sua complice Bielorussia”, con un endorsement all’apertura dell’indagine della Corte penale internazionale dell’Aja. In particolare, preoccupa la questione nucleare: “Chiediamo che la sicurezza degli impianti nucleari dell’Ucraina sia garantita immediatamente con l’assistenza dell’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica”.
    Ma è il capitolo strettamente legato al rapporto con l’Ucraina a offrire maggiori spunti di riflessione sull’approccio che sarà sviluppato nelle prossime settimane e nei prossimi mesi con Kiev. Sul breve periodo, “continueremo a fornire un sostegno politico, finanziario, materiale, medico e umanitario coordinato”, si legge nelle conclusioni. Riprendendo le iniziative degli ultimi giorni della Commissione UE, i 27 leader dell’Unione hanno sottolineato l’impegno per offrire protezione temporanea a tutti i rifugiati di guerra in fuga dall’Ucraina e hanno chiesto che “i fondi siano resi disponibili senza indugio”, attraverso una “rapida” adozione della proposta sull’azione di coesione per i rifugiati in Europa (CARE).
    Sul lungo periodo l’UE e gli Stati membri si impegnano a “fornire sostegno per la ricostruzione di un’Ucraina democratica, una volta che l’assalto russo sarà cessato“. Di che tipo e di quale entità ancora non è dato sapere, ma saranno discussioni che verranno portate avanti direttamente con la controparte ucraina. Uscendo dalla prima riunione sul conflitto Russia-Ucraina a Versailles, il presidente del Consiglio UE, Charles Michel, ha annunciato che “lavoreremo per rafforzare politicamente i legami con l’Ucraina, per esempio invitando regolarmente il presidente, Volodymyr Zelensky, a partecipare ai Consigli europei“. Nonostante il non perfetto allineamento dei Ventisette sulle modalità con cui il processo dovrà essere portato avanti, il Consiglio “ha riconosciuto le aspirazioni e la scelta europea dell’Ucraina” e, in attesa del parere della Commissione UE sulla richiesta presentata da Kiev, saranno “rafforzati ulteriormente i nostri legami e approfondito il nostro partenariato per sostenere l’Ucraina nel perseguire il suo cammino”. Significative le ultime righe delle conclusioni: “L’Ucraina appartiene alla nostra famiglia europea“, mentre è stato invitato l’esecutivo UE a “presentare i pareri sulle domande della Repubblica di Moldova e della Georgia“. Il nuovo processo di allargamento UE si è messo in moto a Versailles.

    Le conclusioni del Consiglio informale di Versailles sottolineano che gli Stati membri sono pronti ad “aumentare ulteriormente la pressione” su Mosca e Kiev. Il presidente ucraino Zelensky sarà invitato a “regolarmente” alle prossime riunioni

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    Da Coca-Cola a Pirelli, Nestlé e Ferragamo: i colossi globali che ancora non si sono ritirati dalla Russia

    Bruxelles – Una sorta di boycott Russia, ma questa volta organizzato dalle multinazionali, non dai consumatori. Quella scatenata da  Mosca contro Kiev (che ha il sostegno dell’Occidente) è una guerra che si combatte ormai su tutti i fronti: militare, politico, finanziario ed economico. Oltre all’unità e alla velocità delle sanzioni delle potenze occidentali, ciò che Vladimir Putin difficilmente si poteva aspettare era il boicottaggio su larga scala da parte delle aziende di tutto il mondo contro il mercato e la produzione in Russia. Una ricerca della Yale School of Management ha individuato 250 colossi globali che hanno annunciato il proprio ritiro dalla Russia in segno di protesta contro l’invasione dell’Ucraina e come conseguenza delle misure restrittive messe in campo dall’Unione Europea.
    L’argomento rimane delicato, soprattutto quando c’entrano i soldi: “Altre aziende hanno continuato a operare in Russia imperterrite“, si legge nello studio, complice anche la percentuale di fatturato o produzione che viene realizzata sul territorio russo. Giorno dopo giorno si allunga la lista delle imprese multinazionali che boicottano il Cremlino, ma a oggi (martedì 8 marzo) è possibile identificarne 35 che hanno “un’esposizione particolarmente significativa ai mercati russi”. Non è da escludere che nei prossimi giorni, sull’onda del contraccolpo dell’opinione pubblica, diverse di queste aziende ancora reticenti decidano di seguire l’esempio di chi ha già ritirato o sospeso i propri affari in Russia.

    È soprattutto il settore dell’alimentazione che sta cercando di non esporsi eccessivamente contro Mosca. Coca-Cola, come la principale concorrente Pepsi (che fattura 3,4 miliardi di dollari l’anno in Russia), rischiano di accusare pesantemente il colpo da un eventuale ritiro da questo mercato. Così come Nestlé (1,7 miliardi annuali), Starbucks (130 punti vendita) e McDonald’s (tra Russia e Ucraina balla quasi un 10 per cento del fatturato globale). Ne risentirebbero pesantemente anche i colossi del settore alberghiero, su tutti Marriott (10 strutture in Russia), Hilton (29) e Accor (55). Rimane in attesa anche la casa di moda italiana Salvatore Ferragamo, che vede arrivare dalla Russia l’uno per cento dei propri ricavi (circa 10 milioni di dollari), così come i maggiori operatori nel settore degli pneumatici (Pirelli e Bridgeston, a differenza di quanto deciso da Michelin) e dell’industria del tabacco.
    Ma la questione della perdita di fatturato o di produzione è una scusante fino a un certo punto, considerato il fatto che le 250 aziende che si sono già ritirate dalla Russia hanno dovuto rinunciare a una fetta di mercato difficilmente sostituibile nel breve periodo. L’elenco comprende ogni settore economico e vede una serie di misure che vanno dallo stop delle vendite, delle operazioni commerciali, dei voli sul territorio russo al taglio delle connessioni, delle prenotazioni e delle spedizioni, fino alla chiusura dei punti vendita e degli uffici. Nell’ambito tecnologico ci sono Apple (chiusi i negozi), Alphabet, Microsoft, Netflix, Nintendo, Panasonic e TikTok (operazioni sospese), Meta e Amazon (inserzionisti e venditori russi disattivati), eBay, Ericsson, Nokia e Samsung (stop alle spedizioni), Intel e Sandvik (sospesa la vendita di tecnologie sensibili), Spotify, Twitter e YouTube (che eliminano la propaganda di regime sulle piattaforme).
    Di primo piano, per la questione energetica, sono le decisioni prese da compagnie attive in questo settore. Eni ha deciso di cedere la propria quota del gasdotto Blue Stream con Gazprom, ExxonMobil uscirà dalle joint venture con la russa Rosneft, così come BP (che cederà le sue quote), e Shell ha annunciato oggi che si ritirerà da ogni coinvolgimento in idrocarburi russi e chiuderà tutte le stazioni di rifornimento nel Paese. Sul fronte bancario/finanziario vanno ricordati il taglio dei servizi e dell’accesso ai mercati di capitali da parte di American Express, Asian Infrastructure Investment Bank, Bank of China, BlackRock, Credit Suisse, HSBC, London Stock Exchange, JP Morgan, Mastercard, Nasdaq, PayPal, mentre, su quello della consulenza e assicurazioni, hanno abbandonato la Russia Accenture, Allianz, Generali Assicurazioni, Deloitte, KPMG, McKinsey.
    Nella moda hanno fatto un passo indietro Chanel, H&M, Hermes, Levi Strauss, Mango, Moncler, Nike, Prada e Puma, ed è stata intensa anche la reazione del settore dei motori: hanno fermato le spedizioni e le vendite Stellantis, Aston Martin, Bentley, Ford, General Motors, Harley Davidson, Honda, Jaguar, Mazda, Mercedes-Benz, Nissan, Renault, Rolls Royce, Subaru, Toyota, Volkswagen e Volvo. A mettere sotto pressione il mercato russo saranno soprattutto i colossi della logistica a livello globale, FedEx e Maersk su tutti, ma anche grandi aziende come Ikea, Lego, Danone e Swatch. Tra le prime ad attivarsi già a poche ore dall’invasione dell’Ucraina erano state le federazioni sportive: a oggi sono stati annullati eventi in territorio russo o sono state sospese le squadre russe da Formula 1, calcio a livello UEFA e FIFA, tennis maschile e femminile, rugby, ciclismo, pattinaggio su ghiaccio, hockey, pugilato, atletica e sollevamento pesi, mentre il Comitato Olimpico Internazionale ha impedito a tutti gli atleti russi la partecipazione alle competizioni. A livello di spettacoli ed entertainment, Live Nation ha sospeso tutti i concerti in Russia, Disney, Paramount, Sony e Warner Media hanno messo in pausa ogni nuova uscita di film, e la Federazione Internazionale Felina ha messo al bando i gatti russi da tutte le competizioni internazionali.

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    Gli eurodeputati allineati su prospettiva UE dell’Ucraina (tranne l’estrema destra): “È il nostro Whatever It Takes”

    Bruxelles – Tutt’altro contesto, tutt’altra emergenza. Ma, a dieci anni dalla celebre frase dell’allora presidente della BCE, Mario Draghi, l’Unione Europea si ritrova ancora forte dietro a un whatever it takes che sa di esortazione a non mollare e a prendere decisioni coraggiose. Questa volta “whatever it takes” l’ha pronunciato la presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola, e il contesto è l’impegno che i Ventisette dovranno dimostrare per spingere la prospettiva UE dell’Ucraina. Come ricordato nel toccante intervento del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, da remoto alla sessione plenaria del Parlamento Europeo, Kiev ha fatto richiesta formale per l’adesione immediata all’UE. E tutti i gruppi politici all’Eurocamera – fatta eccezione per l’estrema destra di Identità e Democrazia – hanno risposto con forza all’appello.
    La manifestazione a sostegno dell’Ucraina davanti alla sede del Parlamento UE a Bruxelles (1 marzo 2022)
    La risoluzione votata oggi (martedì primo marzo) con 637 voti a favore, 13 contrari e 26 astenuti invita le istituzioni dell’UE a “concedere all’Ucraina lo status di candidato all’Unione“, ma specificando che questo deve essere “basato sul merito” e in linea con l’articolo 49 del Trattato sull’Unione Europea (TUE). Cioè quello che definisce il processo di allargamento dell’Unione Europea, secondo condizioni ben determinate sui criteri da rispettare e sulla procedura da seguire. Come ha evidenziato durante il dibattito in plenaria il presidente del gruppo di Renew Europe, Stéphane Séjourné, “sarà un processo che richiederà anni, ma è importante che i cittadini ucraini eroici facciano già parte della comunità di destini dell’Unione Europea”. Nel frattempo, sarà necessario “continuare a lavorare per l’integrazione dell’Ucraina nel Mercato unico dell’UE, secondo le linee dell’Accordo di associazione”, precisa il testo approvato dal Parlamento Europeo.
    La presidente del Parlamento UE, Roberta Metsola, alla manifestazione in sostegno all’Ucraina (1 marzo 2022)
    “Il 24 febbraio è una data spartiacque per l’Europa”, ha dichiarato il presidente del gruppo del PPE, Manfred Weber, ricordando l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Un giorno che “ci fa dare risposte chiare”, ha aggiunto: “Sì, siete i benvenuti e appartenete all’Unione Europea”. Gli ha fatto eco la presidente del gruppo di S&D, Iratxe García Pérez: “Servono decisioni storiche, come abbiamo fatto nell’ultima settimana”, perché “non c’è in gioco solo l’integrità dell’Ucraina, ma anche in che mondo vivremo”. Il capo-delegazione del Partito Democratico, Brando Benifei, ha messo in chiaro che “dopo l’aggressione, tutto è aperto” e che “non è un processo che si concluderà domani, ma bisogna supportare la domanda dell’Ucraina”
    Secondo l’eurodeputato del Movimento 5 Stelle, Fabio Massimo Castaldo, “gli ucraini fanno già parte della famiglia europea, ora serve un segnale forte”. Anche il co-leader del gruppo dei Verdi/ALE, Philippe Lamberts, ha confermato che “dovremo avere la saggezza di affrontare la situazione assieme all’Ucraina, rimanendo uniti”.
    Dalle fila di Renew, Sandro Gozi ha affermato che “siamo entrati nell’era dell’Europa, che si assume le sue responsabilità, anche militari, per proteggere e stare dalla parte di chi si batte e muore per i nostri valori, per la democrazia, per lo Stato di diritto, per le libertà e la stabilità”. Il co-presidente del gruppo di ECR al Parlamento Europeo, Ryszard Legutko, ha chiesto a Bruxelles di “cambiare rotta e permettere all’Ucraina di entrare nell’UE”, mentre la collega di partito Anna Fotyga si è detta “onorata della vostra richiesta, lo faremo appena possibile”, perché “noi abbiamo bisogno di voi e voi di noi”.
    Se il gruppo della Sinistra non parla esplicitamente di adesione UE e punta più sulla “necessità di riportare in Europa la pace che la la mia generazione, post-Guerra Fredda, ha sempre conosciuto” – come dichiarato dalla co-leader, Manon Aubry – l’estrema destra di ID ha ballato tra l’ambiguità e la contrarietà. Nessuna presa di posizione da parte del presidente del gruppo, il leghista Marco Zanni, mentre il francese Jordan Bardella ha affermato a chiare lettere che “l’allargamento a est dell’UE e della NATO sono ulteriori provocazioni alla Russia di Putin”.

    Nella risoluzione dell’Eurocamera sull’aggressione russa dell’Ucraina viene ribadita la necessità di riconoscere a Kiev lo status di Paese candidato, ma in linea con criteri e procedure delineate nel Trattato sull’Unione Europea (TUE)