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    Le istituzioni Ue contro Minsk per la condanna a 10 anni di carcere per Bialiatski, Premio Nobel bielorusso per la Pace

    Bruxelles – Una condanna già scritta, ma che comunque fa un rumore assordante. Il Premio Nobel per la Pace 2022, vincitore del Premio Sakharov per la libertà di pensiero, attivista e fondatore dell’organizzazione per i diritti umani Viasna, Ales Bialiatski, è stato condannato oggi (3 marzo) a 10 anni di carcere dal regime dell’autoproclamato presidente bielorusso, Alexander Lukashenko, con l’accusa di contrabbando di denaro e di finanziamento di “attività che violano gravemente l’ordine pubblico”. Insieme a Bialiatski sono stati condannati anche il vicepresidente di Viasna Valiantsin Stefanovic, l’attivista Zmitser Salauyou e l’avvocato Uladzimir Labkovich, rispettivamente a nove, otto e sette anni di carcere
    Il fondatore dell’organizzazione per i diritti umani Viasna, Ales Bialiatski, al Parlamento Europeo (16 aprile 2015)
    Un “insulto alla giustizia”, è il durissimo attacco della presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola, leader dell’istituzione comunitaria da sempre più vicina e a supporto dell’opposizione a Lukashenko. L’ennesima sentenza politicamente motivata, contro uno degli esponenti più rilevanti della società civile in Bielorussia che si oppone all’elezione truccata del 9 agosto 2020. Parole di condanna anche da parte dai presidenti delle altre due istituzioni comunitarie. “La loro lotta per i diritti umani e la giustizia in Bielorussia continuerà”, ha messo in chiaro la leader della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, promettendo che “i tentativi di metterli a tacere falliranno, saremo portatori delle loro voci”. Per il numero uno del Consiglio Ue, Charles Michel, le sentenze di Minsk “sono una vergogna, le accuse sono inventate e montante” e per questo motivo il diktat di Bruxelles al regime di Lukashenko è di “rilasciare tutti gli altri attivisti democratici ingiustamente imprigionati”.
    “L’Unione Europea condanna con la massima fermezza questi processi farsa, che rappresentano un altro terribile esempio del tentativo del regime di Lukashenko di mettere a tacere coloro che si battono in difesa dei diritti umani e delle libertà fondamentali del popolo bielorusso”, è l’altrettanto netta presa di posizione dell’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, anticipando una “reazione alla brutale repressione” di coloro che “hanno osato opporsi alle violazioni dei diritti umani nel Paese e che hanno rifiutato il ruolo della Bielorussia nella guerra della Russia contro l’Ucraina”.
    Ales Bialiatski alla cerimonia di conferimento del Premio Sakharov per la libertà di pensiero, alla sede del Parlamento Europeo a Bruxelles (16 dicembre 2020)
    Nel dicembre del 2020 Bialiatski era tra i leader dell’opposizione in Bielorussia a cui il Parlamento Ue aveva conferito il Premio Sakharov per la libertà di pensiero, mentre lo scorso anno alla sua organizzazione Viasna è stato assegnato il Nobel per la Pace insieme all’ong russa per la difesa dei diritti umani Memorial e all’organizzazione ucraina Centro per le Libertà Civili. Ma dal luglio 2021 si trova in carcere a Minsk e il processo a suo carico era iniziato lo scorso gennaio: da subito si sapeva che avrebbe rischiato tra i 7 e i 12 anni di carcere. In tutti questi mesi è rimasta alta l’attenzione dell’Eurocamera e delle altre istituzioni comunitarie sulla situazione di Bialiatski, grazie anche ai numerosi inviti alla presidente ad interim riconosciuta dall’Ue e leader delle forze democratiche in Bielorussia, Sviatlana Tsikhanouskaya. “Invito la comunità internazionale a unirsi alla campagna di solidarietà con il difensore dei diritti umani Ales Bialiatski”, ha twittato la leader bielorussa, lanciando l’hashtag #freeales: “Sosteneteci organizzando eventi e rilasciando dichiarazioni, se il regime vuole mettere a tacere Ales, dobbiamo fare in modo che il suo nome si senta ancora più forte“.

    I call on the international community to join the campaign of solidarity with human rights defender Ales Bialiatski — #freeales. Please support us by organizing events & making statements. The regime wants to silence Ales, so we have to make sure his name is heard even louder! pic.twitter.com/bBbHMWQM8D
    — Sviatlana Tsikhanouskaya (@Tsihanouskaya) March 3, 2023

    Bialiatski e gli altri prigionieri politici in Bielorussia
    Il numero dei prigionieri politici continua a crescere di giorno in giorno, e ora ha toccato quota 1461, come riportano i corrispondenti della BBC. Lo scorso 27 febbraio il marito della leader dell’opposizione, Siarhei Tsikhanouski – già condannato a 18 anni di reclusione dopo essere stato imprigionato il 29 maggio del 2020 con l’obiettivo di impedirgli di partecipare alle elezioni presidenziali – ha ricevuto un’ulteriore inasprimento della condanna di un anno e mezzo. Da tre mesi non si hanno invece notizie da Maria Kolesnikova, una delle tre leader dell’opposizione nel 2020 che ha scontato il primo anno di carcere degli 11 a cui è stata condannata: a inizio dicembre è stata ricoverata in ospedale in gravi condizioni di salute.
    La presidente ad interim riconosciuta dall’Ue e leader delle forze democratiche in Bielorussia, Sviatlana Tsikhanouskaya (credits: John Thys / Afp)
    Intanto il Parlamento nazionale e l’autoproclamato presidente Lukashenko hanno approvato gli emendamenti alla legislazione sulla cittadinanza del 2002, introducendo la possibilità di privare della cittadinanza i bielorussi all’estero condannati per reati di “partecipazione a un’organizzazione estremista” o “grave danno agli interessi della Bielorussia”, anche in assenza dell’imputato a processo. Una legge tagliata su misura della leader delle forze democratiche Tsikhanouskaya, il cui processo in contumacia è iniziato lo scorso 17 gennaio: l’ennesima “farsa che non ha niente a che fare con la giustizia”, è stato l’attacco della presidente ad interim riconosciuta dall’Ue nel corso della sessione plenaria del Comitato Economico e Sociale Europeo (Cese) della scorsa settimana.

    “È un insulto alla giustizia”, è l’attacco della presidente dell’Eurocamera, Roberta Metsola. Il fondatore dell’organizzazione per i diritti umani Viasna accusato di contrabbando di denaro e di finanziamento delle proteste dal regime dell’autoproclamato presidente Lukashenko

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    Per il Parlamento Ue “non c’è più differenza tra Russia e Bielorussia”, dai prigionieri politici alla guerra in Ucraina

    Bruxelles – A un giorno dall’annuncio del decimo pacchetto di sanzioni Ue contro la Russia, dall’emiciclo del Parlamento Europeo di Strasburgo si alzano voci che mettono in guardia su una falla nelle misure restrittive: “Ormai non c’è più differenza tra Russia e Bielorussia, ma il regime di Lukashenko non è stato nemmeno citato”. In un dibattito sulla situazione dei prigionieri politici a Minsk, gli eurodeputati hanno ribadito la richiesta alla Commissione di adeguare il regime di sanzioni contro la Bielorussia di Lukashenko a quello applicato alla Russia di Putin, non solo per il trattamento della dissidenza interna, ma soprattutto per la partecipazione ormai attiva all’aggressione armata dell’Ucraina.
    “Stiamo facendo abbastanza?”, si è chiesto il socialdemocratico olandese Thijs Reuten, incalzando l’esecutivo comunitario a “sottoporre il burattino di Putin alle stesse sanzioni” previste dalla nuova tornata presentata ieri (15 febbraio) dalla presidente Ursula von der Leyen proprio in sessione plenaria dell’Eurocamera. “L’isolamento deve riguardare entrambi i Paesi”, gli ha fatto eco l’eurodeputata lettone del Ppe Sandra Kalinete, ribandendo una richiesta che i membri del Parlamento Ue rivolgono alla Commissione dal maggio dello scorso anno. A nome dell’esecutivo comunitario, il titolare per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič, ha confermato agli eurodeputati che il gabinetto von der Leyen è impegno in questo obiettivo e che “presto saranno imposte altre sanzioni nel contesto della guerra“. È da almeno un mese che i servizi della Commissione stanno lavorando su una nuova tornata di misure restrittive contro il regime di Lukasehnko, considerate le anticipazioni della stessa presidente von der Leyen durante la conferenza stampa di presentazione della terza dichiarazione congiunta Ue-Nato dello scorso 10 gennaio.
    Sin dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina le istituzioni comunitarie hanno riconosciuto il ruolo della Bielorussia come supporto al Cremlino per gli attacchi da nord e, proprio per questa ragione, hanno incluso decine di esponenti del regime di Lukasehnko e hanno rinvigorito l’embargo supotassio, acciaio, combustibili e trasporti bielorussi. L’azione di Minsk ha permesso alle truppe e alle armi russe di muoversi attraverso il suo territorio, di utilizzare il suo spazio aereo, di rifornirsi di carburante e di immagazzinare munizioni militari, e da mesi ci si aspetta che le truppe bielorusse partecipino attivamente alla guerra. Ma è stata cruciale anche la decisione di abbandonare lo status di Paese non-nucleare, attraverso un referendum-farsa a quattro giorni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Al momento un totale di 195 persone e 35 entità è interessato dalle misure restrittive dell’Ue – compreso lo stesso Lukasehnko e il figlio Viktor, consigliere per la Sicurezza Nazionale – anche per la repressione delle manifestazioni pacifiche dopo l’esito truccato delle elezioni presidenziali dell’agosto 2020.
    I prigionieri politici in Bielorussia
    È proprio per questo secondo aspetto – quello delle violazioni dei diritti umani e la repressione della dissidenza interna – che gli eurodeputati vogliono dalla Commissione ancora più decisione nel sanzionare la Bielorussia di Lukashenko. “I bielorussi sono diversi dal regime, credono in un altro Stato“, ha sottolineato l’eurodeputata tedesca del gruppo dei Verdi/Ale Viola von Cramon-Taubadel: “Ogni dittatore raccoglie quello che ha seminato, sia Putin sia Lukasehnko devono rispondere delle loro azioni”. Sono ormai “oltre 1.450 i prigionieri politici” che sono finiti in carcere per la partecipazione alle manifestazioni pacifiche e per le richieste di democrazia nel Paese, ha ricordato il commissario Lenarčič, avvertendo che “il numero aumenta ogni giorno“.
    (credits: John Thys / Afp)
    A proposito della situazione degli oppositori nelle carceri bielorusse, nel mese di gennaio sono state presentate nuove accuse penali contro Siarhei Tsikhanouski, marito della presidente ad interim riconosciuta dall’Ue e leader delle forze democratiche nel Paese, Sviatlana Tsikhanouskaya, imprigionato il 29 maggio del 2020 con l’obiettivo di impedirgli di partecipare alle elezioni presidenziali e condannato a 18 anni di reclusione poco più di un anno fa. Sempre a gennaio è iniziato anche il processo per Ales Bialiatski, fondatore dell’organizzazione per i diritti umani Viasna e vincitore del Premio Nobel per la Pace nel 2022, con l’accusa di contrabbando di denaro e di finanziamento delle proteste: rischia dai 7 ai 12 anni di carcere, “la sentenza è imminente”, ha avvertito Lenarčič. Preoccupano anche le condizioni di salute di Maria Kolesnikova, una delle tre leader dell’opposizione nel 2020 che ha scontato il primo anno di carcere degli 11 a cui è stata condannata: a inizio dicembre è stata ricoverata in ospedale in gravi condizioni e da allora non sono più arrivate notizie.
    Intanto il Parlamento nazionale e l’autoproclamato presidente hanno dato il via libera agli emendamenti alla legislazione sulla cittadinanza del 2002, introducendo la possibilità di privare della cittadinanza i bielorussi all’estero condannati per reati di “partecipazione a un’organizzazione estremista” o “grave danno agli interessi della Bielorussia”, anche in assenza dell’imputato a processo. Una legge che sembra tagliata su misura della leader delle forze democratiche Tsikhanouskaya, il cui processo in contumacia è iniziato lo scorso 17 gennaio. “Vogliamo un meccanismo di responsabilità presso l’alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani” sulle violazioni dei diritti umani in Bielorussia, è quanto spiegato con forza dal commissario Lenarčič alla plenaria del Parlamento Ue, ricordando anche che Bruxelles sta “sostenendo sul piano finanziario una piattaforma di responsabilità che raccoglie prove per perseguire i responsabili” nella cerchia del regime di Lukasehnko.

    Di fronte al trattamento della dissidenza e alla partecipazione nella guerra contro Kiev, gli eurodeputati hanno rinnovato la richiesta alla Commissione di allineare le sanzioni contro Kiev a quelle adottate contro Mosca: “Ogni dittatore raccoglie quello che ha seminato”

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    Sono in arrivo nuove sanzioni Ue contro la Bielorussia per il supporto alla guerra russa in Ucraina

    Bruxelles – L’annuncio è arrivato direttamente dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. “Presenteremo una nuova tornata di sanzioni contro la Bielorussia per rispondere al suo ruolo nella guerra russa in Ucraina”, è la secca anticipazione nell’intervento della leader dell’esecutivo comunitario durante la conferenza stampa di presentazione della terza dichiarazione congiunta Ue-Nato di oggi (10 gennaio).
    Da sinistra: Alexander Lukashenko e Vladimir Putin
    Parlando di “tutto ciò che è in nostro potere per supportare il coraggioso popolo ucraino”, per la numero uno della Commissione è cruciale non solo “mantenere la pressione sul Cremlino per tutto il tempo necessario con un duro regime di sanzioni”, ma anche “estendere queste sanzioni contro chi sostiene militarmente la guerra russa“, ha promesso von der Leyen.
    Nei fatti è una risposta a distanza di (molti) mesi alle richieste degli eurodeputati per un adeguamento delle misure restrittive contro il regime di Alexander Lukashenko a quelle già applicate contro Mosca, che sono già arrivate a nove pacchetti di sanzioni. Oltre alla Bielorussia, tra i Paesi terzi che sostegno attivamente la Russia nella sua invasione dell’Ucraina c’è anche l’Iran, ha precisato la stessa von der Leyen. Non è esplicito l’arrivo di nuove sanzioni per Teheran – come lo è stato invece per Minsk – ma il riferimento lascia comunque intendere che nel prossimo futuro a Bruxelles si potrebbe andare nella stessa direzione anche per contro l’Iran.

    “The EU will keep supporting the Ukrainian people and pressing against Russia’s imperial war.
    We will extend sanctions to those who militarily support Russia’s war, such as Belarus and Iran.”
    — President @vonderleyen #StandWithUkraine pic.twitter.com/uxWiHjkNfD
    — European Commission 🇪🇺 (@EU_Commission) January 10, 2023

    Le sanzioni a Bielorussia e Iran
    Le istituzioni comunitarie hanno riconosciuto sin dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina il ruolo della Bielorussia come supporto per gli attacchi russi da nord e, proprio per questa ragione, hanno incluso decine di esponenti del regime di Lukasehnko e hanno rinvigorito l’embargo supotassio, acciaio, combustibili e trasporti bielorussi. L’azione della Bielorussia ha permesso alle truppe e alle armi russe di muoversi attraverso il suo territorio, di utilizzare il suo spazio aereo, di rifornirsi di carburante e di immagazzinare munizioni militari, ma è stata cruciale anche la decisione di abbandonare lo status di Paese non-nucleare, attraverso un referendum-farsa. Al momento un totale di 195 persone e 35 entità è interessato dalle misure restrittive dell’Ue – compreso lo stesso Lukasehnko e il figlio Viktor, consigliere per la Sicurezza Nazionale – anche per la repressione delle manifestazioni pacifiche dopo l’esito truccato delle elezioni presidenziali dell’agosto 2020.
    Da sinistra: l’ayatollah Ali Khamenei e Vladimir Putin (credits: Alexandr Demyanchuk / SPUTNIK / AFP)
    Rimane alta l’attenzione delle istituzioni comunitarie anche sul supporto dell’Iran all’aggressione armata russa dell’Ucraina. Da ottobre la Repubblica Islamica invia droni kamikaze, armi e addestratori in Crimea, per rendere più efficaci i bombardamenti del Cremlino sulle città e le infrastrutture civili ucraine, macchiandosi di corresponsabilità negli attacchi con droni Shahed 136 a guida Gps che possono volare per oltre duemila chilometri. Tra il 20 ottobre e il 12 dicembre dello scorso anno sette individui e cinque entità sono stati inseriti per questo motivo nella lista delle misure restrittive dell’Unione, tra cui il capo di Stato maggiore delle forze armate e il capo del comando Uav della forza aerospaziale del Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche. A questo si aggiungono 60 individui e 8 entità tra il 17 ottobre e il 15 dicembre per la repressione delle proteste interne e le sentenze di pena di morte pronunciate ed eseguite contro i manifestanti pacifici che chiedono un rinnovamento del regime teocratico.

    Lo ha anticipato la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, parlando di “tutto ciò che è in nostro potere per supportare il coraggioso popolo ucraino”. Bruxelles punta il dito anche contro l’Iran: “Estenderemo queste sanzioni contro chi sostiene militarmente” il Cremlino

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    I leader UE pronti a nuove sanzioni contro la Russia di Putin. L’Ucraina sempre più vicina “politicamente”

    Bruxelles – Via libera a nuove sanzioni, ma nella sostanza ancora non si scende. Per il leader UE riuniti al Consiglio informale di Versailles “aumentare ulteriormente la nostra pressione sulla Russia e sulla Bielorussia” è una prima intesa sufficiente, che verrà approfondito nella seconda giornata di riunioni di oggi (venerdì 11 marzo) e nei prossimi giorni dai ministri competenti: “Restiamo pronti a muoverci rapidamente con ulteriori sanzioni”, recitano le prime righe delle conclusioni del Consiglio.
    Come scrivevamo ieri, tutte le decisioni senza precedenti sono state prese e ora ogni capitale inizia a fare i propri calcoli in termini di ricadute economiche. Tuttavia, il primo round di discussioni tra i leader UE sull’aggressione militare dell’Ucraina da parte della Russia di Putin è stata un’occasione per tirare le fila, due settimane dopo il Consiglio straordinario che aveva portato a quell’unità mai vista prima nell’Unione. “I responsabili di questa guerra di aggressione saranno chiamati a rispondere dei loro crimini, anche per aver colpito indiscriminatamente i civili”, si legge nel testo che condanna “la Russia e la sua complice Bielorussia”, con un endorsement all’apertura dell’indagine della Corte penale internazionale dell’Aja. In particolare, preoccupa la questione nucleare: “Chiediamo che la sicurezza degli impianti nucleari dell’Ucraina sia garantita immediatamente con l’assistenza dell’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica”.
    Ma è il capitolo strettamente legato al rapporto con l’Ucraina a offrire maggiori spunti di riflessione sull’approccio che sarà sviluppato nelle prossime settimane e nei prossimi mesi con Kiev. Sul breve periodo, “continueremo a fornire un sostegno politico, finanziario, materiale, medico e umanitario coordinato”, si legge nelle conclusioni. Riprendendo le iniziative degli ultimi giorni della Commissione UE, i 27 leader dell’Unione hanno sottolineato l’impegno per offrire protezione temporanea a tutti i rifugiati di guerra in fuga dall’Ucraina e hanno chiesto che “i fondi siano resi disponibili senza indugio”, attraverso una “rapida” adozione della proposta sull’azione di coesione per i rifugiati in Europa (CARE).
    Sul lungo periodo l’UE e gli Stati membri si impegnano a “fornire sostegno per la ricostruzione di un’Ucraina democratica, una volta che l’assalto russo sarà cessato“. Di che tipo e di quale entità ancora non è dato sapere, ma saranno discussioni che verranno portate avanti direttamente con la controparte ucraina. Uscendo dalla prima riunione sul conflitto Russia-Ucraina a Versailles, il presidente del Consiglio UE, Charles Michel, ha annunciato che “lavoreremo per rafforzare politicamente i legami con l’Ucraina, per esempio invitando regolarmente il presidente, Volodymyr Zelensky, a partecipare ai Consigli europei“. Nonostante il non perfetto allineamento dei Ventisette sulle modalità con cui il processo dovrà essere portato avanti, il Consiglio “ha riconosciuto le aspirazioni e la scelta europea dell’Ucraina” e, in attesa del parere della Commissione UE sulla richiesta presentata da Kiev, saranno “rafforzati ulteriormente i nostri legami e approfondito il nostro partenariato per sostenere l’Ucraina nel perseguire il suo cammino”. Significative le ultime righe delle conclusioni: “L’Ucraina appartiene alla nostra famiglia europea“, mentre è stato invitato l’esecutivo UE a “presentare i pareri sulle domande della Repubblica di Moldova e della Georgia“. Il nuovo processo di allargamento UE si è messo in moto a Versailles.

    Le conclusioni del Consiglio informale di Versailles sottolineano che gli Stati membri sono pronti ad “aumentare ulteriormente la pressione” su Mosca e Kiev. Il presidente ucraino Zelensky sarà invitato a “regolarmente” alle prossime riunioni

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    Stretta su potassio, acciaio e combustibili: nuove sanzioni UE contro la Bielorussia per la guerra russa in Ucraina

    Bruxelles – Di fronte a una Bielorussia sempre più ostile e allineata alla Russia di Vladimir Putin, l’UE appesantisce le sanzioni economiche contro il regime di Alexander Lukashenko. La nuova stretta è stata approvata dal Consiglio dell’UE all’interno del terzo pacchetto di misure restrittive, che comprende il blocco della propaganda e della disinformazione russa e la disconessione di sette banche dal circuito di pagamenti internazionale Swift.
    A scatenare le sanzioni UE sono state le azioni di supporto, favoreggiamento e poi di partecipazione militare della Bielorussia di Lukashenko nell’invasione russa dell’Ucraina, a scapito anche del tradizionale status di Paese non-nucleare. Il sostegno bielorusso permette al Cremlino di sparare missili balistici sul territorio ucraino dal fronte nord, oltre al trasporto di soldati, armi pesanti, carri armati e convogli militari, e a fornire punti di rifornimento e di equipaggiamento per l’areonautica russa. “Il coinvolgimento della Bielorussia avrà un prezzo elevato“, ha tuonato l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell: “Con queste misure stiamo prendendo di mira coloro che collaborano in questi attacchi contro l’Ucraina, limitando il commercio in una serie di settori-chiave”.
    La base di partenza delle sanzioni UE è il pacchetto approvato nel maggio dello scorso anno – per motivi diversi, ma in qualche modo ancora attuali, cioè la violazione del diritto internazionale – che avevano già colpito il settore dei prodotti petroliferi, del cloruro di potassio, del tabacco e delle tecnologie civili e militari. Oltre a questi, a cui è stata data un’ulteriore stretta, il Consiglio dell’UE ha messo nel mirino anche il commercio di beni utilizzati per la produzione di sostanze bituminose e prodotti di idrocarburi gassosi, di legno, di cemento, di ferro e acciaio e di gomma. La nota del Consiglio precisa che “sono state inoltre imposte ulteriori restrizioni alle esportazioni di tecnologie avanzate che potrebbero contribuire allo sviluppo militare, tecnologico, della difesa e della sicurezza della Bielorussia”.
    A 22 membri “di alto rango del personale militare bielorusso” sono state imposte misure restrittive, “in considerazione del loro ruolo nei processi decisionali e di pianificazione strategica”. Questo significa che saranno congelati i loro beni nell’UE, sarà vietato mettere a loro disposizione fondi e subiranno un divieto di viaggio e di transito sul territorio comunitario. Tra Russia e Bielorussia, la lista dei sanzionati per l’aggressione dell’Ucraina conta ora 702 individui e 53 entità, Putin e Lukashenko compresi.
    Non bisogna però dimenticare che “Lukashenko non è la Bielorussia”, come Putin non è la Russia. Lo scrive in un appello indirizzato ai giornalisti italiani la presidente legittima secondo l’UE, Sviatlana Tsikhanouskaya. “I bielorussi sono contrari alla guerra, non dovrebbero assumersi la responsabilità dei crimini di Lukashenko”, si legge nella lettera, che chiede ai suoi cittadini di protestare e ai soldati di “non andare in Ucraina”. In un momento “drammatico”, l’Italia è invece invitata a mostrarsi solidale con il popolo bielorusso, oltre a quello ucraino: “So che alcuni potrebbero provare pregiudizi, ma per favore non fatevi ingannare“. Giornalisti, difensori dei diritti umani, medici e atleti che vivono nel nostro Paese “stanno con l’Ucraina” e anche questo va ricordato quando si condannano i regimi dittatoriali.

    Il Consiglio dell’UE ha incluso nel pacchetto di misure restrittive 22 responsabili del supporto bielorusso all’esercito russo e del coinvolgimento militare: colpiti nuovamente i settori-chiave dell’economia nazionale

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    Le sanzioni UE non fermano il commercio della Bielorussia: nel 2021 aumentate le importazioni dei Paesi baltici

    Bruxelles – Sono stati tra i Paesi UE che hanno fatto avanzare la linea più dura nei confronti della Bielorussia di Alexander Lukashenko, ma alla prova del nove i Baltici hanno dimostrato di avere non poche difficoltà a rispettare nei fatti le proprie politiche aggressive. Nei primi dieci mesi del 2021 in Estonia, Lettonia e Lituania le importazioni dalla Bielorussia hanno toccato livelli record, nonostante le dure sanzioni economiche imposte da Bruxelles contro Minsk a giugno.
    Analizzando le statistiche degli Istituti nazionali di ricerca dei tre Paesi baltici, è facile osservare come le relazioni commerciali con la Bielorussia si siano cementate, anziché essere scoraggiate dai rapporti lacerati tra l’Unione Europea e il regime di Lukashenko. Con 522 milioni di euro complessivi, le importazioni dell’Estonia sono più che raddoppiate rispetto all’anno precedente (221 milioni) e anche nei mesi di crisi più acuta – tra maggio e ottobre – la media mensile non è mai scesa sotto i 50 milioni di euro. Discorso simile può essere fatto per la Lettonia, che ha registrato importazioni per 406,5 milioni di euro, il livello più alto negli ultimi 10 anni (nel 2020 si era fermato a 298,5). Ancora più esemplificativo il caso della Lituania, il Paese che per primo ha adottato dure misure per opporsi alla “guerra ibrida” di Lukashenko: nel 2021 le importazioni commerciali hanno toccato il miliardo di euro (erano 830 milioni nel 2020).
    Questi forti aumenti rivelano la complessità in termini economici per i Paesi baltici nel trovare un equilibrio con la retorica aggressiva adottata in politica estera. La Bielorussia è e rimane un importante partner commerciale per questa regione, anche considerato il flusso di merci in arrivo dall’Asia e che vi transita prima di arrivare in Europa Occidentale. Le importazioni da Minsk includono prodotti dell’industria del legno, dei fertilizzanti e del settore del petrolio, quest’ultimo nella lista delle misure restrittive UE e statunitensi.
    Dopo aver negato a dicembre qualsiasi violazione delle sanzioni, il governo estone rischia ora di farsi travolgere dalle polemiche per la crescita di un commercio che evidentemente non riguarda solo “merci di transito” attraverso il Paese. Anche il ministero degli Esteri lettone ha assicurato che gli affari commerciali stanno avvenendo nel rispetto del regime di sanzioni. Ma il rischio è quello di dover affrontare la stessa bufera che si è scatenata poche settimane fa a Vilnius, quando sia il ministro lituano degli Esteri, Gabrielius Landsbergis, sia quello dei Trasporti, Marius Skuodis, hanno presentato le dimissioni (poi respinte) a causa delle rivelazioni sul trasporto mai cessato del potassio bielorusso sottoposto alle sanzioni di Bruxelles sulla rete ferroviaria nazionale.

    Nonostante le posizioni aggressive in politica estera contro il regime di Alexander Lukashenko, nel 2021 si è registrato un forte aumento delle esportazioni da Minsk in direzione Lituania, Estonia e Lettonia

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    L’UE approva quinto pacchetto di sanzioni contro Bielorussia in concerto con Stati Uniti: colpita anche la compagnia aerea Belavia

    Bruxelles – È arrivato il via libera del Consiglio dell’UE al quinto pacchetto di sanzioni contro la Bielorussia e da oggi (giovedì 2 dicembre) altre 17 persone e 11 entità vicine al regime di Alexander Lukashenko saranno colpite dalle misure restrittive dell’Unione Europea. La decisione è stata presa in concerto con i partner degli Stati Uniti, come annunciato dalla portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki.
    Membri della Corte Suprema della Bielorussia, canali di propaganda del regime, funzionari politici, compagnie aeree, tour operator e hotel sono stati inseriti nel nuovo pacchetto di sanzioni, che ha messo al centro la strumentalizzazione delle persone migranti alla frontiera con l’UE. L’intesa politica a Bruxelles era stata raggiunta lo scorso 15 novembre e dopo due settimane e mezzo di lavori sono stati individuati i soggetti da sottoporre al regime restrittivo. Tra questi anche la compagnia aerea di bandiera Belavia, finita nella lista nera dell’UE per essersi resa complice della tratta di esseri umani dai Paesi di origine delle persone migranti verso Minsk (poi trasportate dalle autorità bielorusse ai confini con Polonia e Lituania).
    La decisione di oggi porta a 183 gli individui e 26 le entità colpite dalle sanzione UE, tutti ritenuti responsabili della repressione della società civile, dell’opposizione democratica, dei media indipendenti e dei giornalisti e del contributo all’organizzazione di attraversamenti illegali delle frontiere UE. Le persone fisiche sono soggette a congelamento dei beni e divieto di viaggio, mentre a cittadini e imprese dell’Unione è vietato mettere fondi a loro disposizione.
    “Questa cinica strategia di sfruttamento delle persone vulnerabili è un tentativo ripugnante di sviare l’attenzione dal continuo disprezzo del regime per il diritto internazionale, le libertà fondamentali e i diritti umani in Bielorussia“, ha dichiarato l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. “L’UE è unita nell’affrontare questa sfida e sta usando tutti gli strumenti a sua disposizione”, ha aggiunto Borrell, sottolineando che “questo quinto round di sanzioni è un altro esempio della nostra determinazione ad agire quando i diritti umani vengono violati”.
    Da Washington, la portavoce della Casa Bianca ha ribadito che le sanzioni statunitensi sono “anche in risposta allo spietato sfruttamento da parte del regime di Lukashenko dei migranti vulnerabili” da Paesi terzi. L’obiettivo sarebbe quello di “orchestrare il loro traffico lungo i confini con gli Stati europei”, ha aggiunto Psaki.

    Nel nuovo aggiornamento delle misure restrittive approvato dal Consiglio dell’UE contro il regime di Lukashenko compare anche la compagnia di bandiera per “strumentalizzazione delle persone migranti”

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    Nella lista nera delle sanzioni UE contro la Bielorussia anche gli operatori di trasporto complici della tratta di migranti

    Bruxelles – Una lista nera di compagnie aeree e operatori di trasporto che facilitano la tratta di persone verso l’Unione Europea. La Commissione Ue alza l’asticella della sua battaglia diplomatica contro il regime del presidente della Bielorussia, Alexander Lukashenko, e oggi (martedì 23 novembre) propone un nuovo strumento per cercare di fermare alla radice il flusso migratorio che sta provocando una crisi al confine con la Polonia.
    Secondo la proposta di sanzioni presentata dall’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, dal vicepresidente della Commissione UE, Margaritis Schinas, e dalla commissaria per i trasporti, Adina Vălean, nel momento in cui un operatore di trasporto “mette a rischio la vita di persone vulnerabili e la sicurezza delle frontiere esterne dell’Unione”, l’esecutivo comunitario può prendere una serie di misure che vanno dal congelamento delle operazioni nel Mercato dell’UE alla sospensione delle licenze e del diritto di operare verso, da e dentro l’Unione Europea, fino al divieto di transitare, sorvolare o fare scalo nei porti dei Paesi membri. “La cooperazione forte e immediata a cui abbiamo assistito dalla comunità globale dell’aviazione nelle ultime settimane dimostra che è essenziale coinvolgere da vicino gli operatori dei trasporti nella prevenzione e nella lotta contro questa nuova forma di minaccia ibrida”, ha spiegato la commissaria Vălean.
    L’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell (23 novembre 2021)
    Analizzando gli eventi lungo il confine tra Polonia e Bielorussia, la Commissione UE ha sottolineato che “i recenti eventi alla frontiera non si sarebbero potuti verificare senza il contributo degli operatori di volo, consapevole o involontario”. L’alto rappresentante Borrell ha indicato nella proposta di nuovo quadro giuridico “uno strumento adeguato per combattere la strumentalizzazione delle persone per scopi politici“, che sia “proporzionato e determinato caso per caso”. Una prima misura che potrebbe essere adottata a stretto giro riguarda la sospensione del noleggio di aerei della compagnia di bandiera bielorussa Belavia da parte delle aziende europee: “È una decisione imminente”, ha sottolineato il presidente del Consiglio UE, Charles Michel, nel corso del suo intervento alla plenaria del Parlamento Europeo. Dal 24 maggio scorso a Belavia è stato chiuso lo spazio aereo dell’UE come risposta al dirottamento del volo Ryanair su Minsk per arrestare il giornalista e oppositore politico, Roman Protasevich.
    Anche la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, ha aggiornato gli eurodeputati sulla nuova proposta del suo gabinetto per contrastare la Bielorussia di Lukashenko: “Non accetteremo mai lo sfruttamento di esseri umani per scopi politici”, ha ribadito con forza. “I tentativi di destabilizzarci strumentalizzando le persone non funzioneranno, perché siamo uniti”, ha aggiunto von der Leyen, che ha ricordato l’impegno della Commissione a “risolvere la situazione alle frontiere esterne dell’UE con diverse azioni“.
    La presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen (23 novembre 2021)
    Tra queste azioni c’è anche la proposta di misure provvisorie di emergenza ad hoc in materia di asilo e rimpatrio. “L’obiettivo è sostenere gli Stati membri e definire le procedure adeguate per gestire gli arrivi irregolari in maniera ordinata nel rispetto dei diritti fondamentali”, ha anticipato la presidente della Commissione UE. Sulla base dell’articolo 78, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), la proposta prevede che, nel caso in cui uno o più Stati membri debbano affrontare una situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di Paesi terzi, “il Consiglio, su proposta della Commissione e previa consultazione con il Parlamento, può adottare misure provvisorie a favore degli Stati membri interessati“.
    C’è poi il capitolo del sostegno per la gestione delle frontiere e del flusso migratorio dalla Bielorussia, il tema più spinoso per le istituzioni UE. La presidente della Commissione ha ribadito la posizione dell’esecutivo comunitario (“Non saranno finanziate barriere fisiche con fondi UE”), ma sono stati messi a disposizione di Polonia, Lituania e Lettonia 200 milioni di euro “per la gestione delle frontiere e per sostenere l’attuazione delle procedure di asilo e le condizioni di accoglienza”, ha specificato il vicepresidente Schinas. Un ulteriore sostegno potrebbe includere l’intervento rapido alle frontiere e le operazioni di rimpatrio da parte dell’Agenzia europea della guardia di frontiera (Frontex) e l’assistenza dell’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (EASO) nella gestione della crisi migratoria e nell’accoglienza delle persone.
    Sul piano dei fondi da stanziare, la Commissione fornirà “fino a 3,5 milioni di euro” per sostenere i rimpatri volontari dalla Bielorussia ai Paesi di origine, sostenendo iniziative come quelle messe in piedi dal governo dell’Iraq da giovedì scorso (18 novembre). E infine l’assistenza umanitaria verso le persone migranti bloccate alla frontiera dell’UE con la Bielorussia: un pacchetto da 700 mila euro messo a disposizione delle organizzazioni internazionali partner, così come annunciato mercoledì scorso (17 novembre) dall’esecutivo comunitario. “Qualora l’accesso delle organizzazioni umanitarie partner in Bielorussia dovesse migliorare ulteriormente, la Commissione è pronta a fornire ulteriori finanziamenti“, ha specificato la presidente von der Leyen davanti alla plenaria del Parlamento UE.
    A margine del Consiglio Affari Generali, il ministro per gli Affari europei, Vincenzo Amendola, ha dichiarato alla stampa che l’Italia ha chiesto che “al Consiglio Europeo di dicembre si continui a discutere di immigrazione“. Nei confronti della “dittatura bielorussa” c’è “la massima attenzione e unità tra Paesi membri sia nel difendere la vita delle persone migranti, sia nel condannare l’operato del regime di Lukashenko”, ha specificato il ministro.

    È la proposta della Commissione Europea per contrastare la tratta di esseri umani verso le frontiere esterne dell’UE. Previste anche misure provvisorie di emergenza ad hoc in materia di asilo e rimpatrio