La denuncia del premier palestinese Mustafa all’UE: “Nessun governo può sostenere riforme senza entrate”
Bruxelles – Secondo gli accordi di Oslo tra Israele e l’Autorità Palestinese, da trent’anni Tel Aviv ha la responsabilità di riscuotere le entrate fiscali nei territori palestinesi occupati e consegnarle a Ramallah. Un potere che Israele ha utilizzato diverse volte, trattenendo in parte o in tutto quei soldi. È quello che sta avvenendo da oltre un anno, come denunciato ieri a Bruxelles dal primo ministro palestinese, Mohammad Mustafa: “Nessun governo può sostenere le riforme se gli vengono negate le proprie entrate”, ha affermato a margine di una conferenza incentrata proprio sul percorso di riforme richiesto a Ramallah nell’ambito del piano di pace per Gaza.Al primo incontro del Gruppo di donatori per la Palestina, nella capitale UE, erano presenti una sessantina di delegazioni nazionali. A margine dei lavori, Mustafa ha tenuto una conferenza stampa congiunta con la commissaria europea per il Mediterraneo, Dubravka Šuica. Nonostante l’iniziativa fosse stata costruita da Bruxelles come “una piattaforma” per l’Autorità palestinese per fare il punto sul suo programma di riforme, Šuica ha annunciato che – insieme a Germania, Lussemburgo, Slovenia e Spagna -, la Commissione europea ha firmato “oltre 82 milioni di euro di nuovi accordi di contributo a sostegno finanziario aggiuntivo da parte dei nostri Stati membri”. In totale, l’importo “promesso quest’anno è di oltre 88 milioni di euro, inclusi i contributi precedenti di Finlandia, Irlanda, Italia e Spagna”, ha aggiunto.La Commissione europea, nell’aprile scorso, ha messo sul tavolo un pacchetto da 1,6 miliardi di euro in tre anni per sostenere Ramallah, vincolato ad una serie di modifiche istituzionali e amministrative da lungo tempo richieste all’Autorità palestinese per poter avanzare nella chimerica soluzione dei due Stati. Mustafa ha assicurato che la riforma della governance sta procedendo e il programma di modernizzazione dell’istruzione “è già in fase di attuazione”. Ma d’altra parte, “questi progressi si stanno realizzando parallelamente alla quotidiana pressione fiscale e alle politiche israeliane dirette a indebolire l’Autorità Nazionale Palestinese e la sua capacità di funzionare e fornire al nostro popolo i servizi necessari”.Mohammad Mustafa e Dubravka Šuica in conferenza stampa, a margine dell’incontro del Gruppo dei donatori per la Palestina (20/11/25)La denuncia di Mustafa è inequivocabile: “L’attuale crisi fiscale è motivata politicamente. Il blocco da parte di Israele delle entrate dell’Autorità palestinese minaccia gli stipendi, la continuità dei servizi e la stabilità sia a Gaza che in Cisgiordania”. Si parla di diversi miliardi, di fronte ai quali i contributi raccolti a Bruxelles impallidiscono. “Apprezziamo la solida partnership con l’Unione europea e gli Stati membri contributori, ma abbiamo bisogno di finanziamenti e azioni prevedibili e anticipati per proteggere le relative linee di credito e i limiti di liquidità instabili per quanto riguarda Gaza”, ha aggiunto il primo ministro.Šuica ha indicato che Tel Aviv avrebbe accumulato, da quando nella primavera dello scorso ha interrotto il trasferimento dei fondi palestinesi a Ramallah, “dai tre ai quattro miliardi di euro, una cifra enorme, indispensabile per un’Autorità palestinese solida e stabile”. La commissaria ha assicurato che “tutta la nostra energia diplomatica, tutto il nostro capitale politico, viene investito nel tentativo di spingere Israele a rilasciare queste entrate”.Le sanzioni economiche e politiche a Israele proposte dalla Commissione europea a settembre sono già state infilate in un cassetto dagli Stati membri, incapaci di trovare un accordo e restii sull’alzare la voce con il principale partner mediorientale. Proprio qui sta il paradosso: l’UE “sta investendo molto” nell’Autorità palestinese, “per renderla più forte e farla diventare interlocutore al tavolo non appena la situazione lo consentirà“, ha sottolineato Šuica. Ma nel frattempo, continua a mantenere saldissime relazioni con lo Stato ebraico, colpevole dell’occupazione e dell’oppressione dei territori palestinesi e dei suoi abitanti da decenni.Ora però, tagliata fuori dal piano di pace trumpiano e in secondo piano rispetto al sodalizio incondizionato tra Washington e Tel Aviv, l’UE rivendica un ruolo da “protagonista” perché “stiamo davvero mantenendo in vita l’Autorità nazionale palestinese”. LEGGI TUTTO

