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    L’UE “scioccata” per l’attentato all’ex-primo ministro giapponese Shinzo Abe: è in condizioni critiche

    Bruxelles – Il mondo travolto dallo shock per le condizioni disperate di Shinzo Abe. L’ex-premier del Giappone (in carica dal 2012 al 2020) è stato gravemente ferito in un attentato nella città di Nara, dove stava tenendo un discorso per la campagna elettorale in vista delle imminenti elezioni locali. A sparare sarebbe stato un uomo di circa 40 anni residente a Nara, come riporta la televisione nazionale giapponese NHK.
    “Sono scioccato e rattristato dal vile attacco a Shinzo Abe, mentre svolgeva le sue mansioni professionali”, ha commentato attraverso un tweet il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, definendo l’ex-premier giapponese “un vero amico, strenuo difensore dell’ordine multilaterale e dei valori democratici”. Dopo il viaggio di due mesi fa a Tokyo con la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, il leader del Consiglio ha voluto esprimere la vicinanza dell’Unione al popolo giapponese e all’attuale premier, Fumio Kishida, “in questi tempi difficili”. A stretto giro sono arrivate le “profonde condoglianze” da parte della presidente von der Leyen: “Caro Shinzo Abe, rimani forte“, ha scritto su Twitter, rivolgendo “i nostri pensieri e le nostre preghiere alla tua famiglia e al popolo giapponese”. Anche l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, si è detto “profondamente scioccato” dall’attacco e ha ribadito la “piena solidarietà dell’Unione Europea con il Giappone in questi momenti dolorosi”.

    Dear @AbeShinzo, stay strong!
    Our thoughts and prayers are with your family and the people of Japan. pic.twitter.com/WRQTTv7jX2
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) July 8, 2022

    Verso le ore 11.30 locali (le 4.30 italiane) l’ex-premier Shinzo Abe aveva iniziato da circa un minuto il suo intervento elettorale nella città vicina a Kyoto e Osaka, quando è stato colpito alla schiena a pochi metri di distanza da almeno due spari di arma da fuoco. Si è subito accasciato al suolo sanguinante, con i paramedici che lo hanno circondato per prestargli i primi soccorsi, mentre le forze dell’ordine hanno bloccato il tentativo di fuga dell’attentatore e hanno sequestrato l’arma che, come emerge dalle immagini diffuse sui social media, è una grossa pistola artigianale. All’emittente nazionale NHK l’Agenzia per la gestione degli incendi e dei disastri (FDMA) ha confermato che l’ex-premier ha una ferita da proiettile sulla parte destra del collo e un’emorragia sottocutanea sotto la parte sinistra del petto. L’ex-governatore di Tokyo, Yoichi Masuzoe, ha fatto sapere in un tweet che – dopo essere stato traportato in ospedale in stato “cosciente e reattivo” – Shinzo Abe si trova ora in uno “stato di arresto cardiopolmonare“, termine spesso utilizzato in Giappone prima di dare conferma ufficiale di morte.
    (in aggiornamento)

    Colpito da due spari di arma da fuoco mentre teneva un discorso nella città di Nara, Shinzo Abe è in uno stato di arresto cardiopolmonare. Il presidente del Consiglio UE, Charles Michel: “Vile attacco a un vero amico, strenuo difensore dell’ordine multilaterale e dei valori democratici”

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    L’Ucraina ha ratificato la Convenzione di Istanbul contro la violenza di genere. L’UE: “Passo sul cammino europeo”

    Bruxelles – L’Ucraina intraprende passi sempre più decisi per avvicinarsi all’Unione Europea, formali e sostanziali. Con la decisione presa dalla Verchovna Rada (il Parlamento nazionale), l’Ucraina è diventata il 36esimo Paese a ratificare la Convenzione di Istanbul contro la violenza di genere. Ne ha dato notizia il profilo ufficiale dell’Assemblea su Twitter: “È una decisione storica!”

    Historical decision! #IstanbulConvention ratified!The Verkhovna Rada of #Ukraine ratified The @coe Convention on preventing and combating violence against women and domestic violence (Reg. № 0157). pic.twitter.com/52BAtMqjbD
    — Verkhovna Rada of Ukraine – Ukrainian Parliament (@ua_parliament) June 20, 2022

    Quella ratificata oggi (lunedì 20 giugno) dall’Ucraina è la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, trattato internazionale aperto alla firma dei membri del Consiglio a Istanbul l’11 maggio del 2011. Proprio la Turchia – primo Paese a ratificarla – è stata l’unica che ha revocato la propria partecipazione alla Convenzione (con un decreto firmato dal presidente, Recep Tayyip Erdoğan, nel 2021), mentre dei 27 Stati membri dell’Unione Europea, sono sei quelli che l’hanno sottoscritta ma non ratificata: Bulgaria, Lettonia, Lituania, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria. Con 259 deputati a favore, 8 contrari, 47 astenuti e 28 schede bianche, la Verchovna Rada ha sancito che, a 11 anni dalla firma, per l’Ucraina è invece arrivato il momento di far entrare in vigore la Convenzione di Istanbul sul proprio territorio nazionale.
    (la mappa è aggiornata al 10 maggio 2022, prima della ratifica dell’Ucraina. Fonte: Consiglio d’Europa)
    “È un evento storico che ci porterà ancora più velocemente nell’Unione Europea, ringrazio i colleghi per essere rimasti fedeli ai valori europei, perché i diritti umani sono fondamentali”, ha commentato su Twitter il vicepresidente dell’Assemblea nazionale, Oleksandr Korniyenko. Parole confermate dall’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, che, felicitandosi per la ratifica della Convenzione di Istanbul, ha riconosciuto il “continuo rafforzamento in Ucraina dei diritti umani, dell’uguaglianza di genere e della lotta contro la violenza contro le donne e la violenza domestica, nonostante le continue aggressioni della Russia”. Uno sforzo che rappresenta “un altro passo fondamentale” per il percorso del Paese verso l’Unione. Venerdì scorso (17 giugno) la Commissione ha adottato il proprio parere formale in merito alla richiesta di adesione di Kiev all’UE, raccomandando al Consiglio di garantire lo status di Paese candidato.
    “Poiché le donne e le ragazze sono particolarmente vulnerabili durante il conflitto, accolgo con grande favore l’approvazione da parte del Parlamento ucraino della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica”, ha dichiarato la segretaria generale del Consiglio d’Europa, Marija Pejčinović Burić, in una nota. Congratulandosi con il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, e con i membri della Verchovna Rada per “aver dimostrato, ancora una volta, leadership e coraggio, e per aver dato seguito alle nostre precedenti discussioni su questo tema”, la segretaria generale Pejčinović Burić ha sottolineato che quello intrapreso da Kiev è “un enorme passo avanti nella protezione delle donne e delle ragazze da ogni forma di violenza, sia in Ucraina sia all’estero”.

    My statement @coe on Ukrainian Parliament’s approval of the Istanbul Convention ⁦@CoE_endVAW⁩ / Ma déclaration @coe_fr sur l’approbation par le Parlement ukrainien de la Convention d’Istanbul @CoE_endVAW ⁦@UKRinCoE⁩ https://t.co/P6FqztqGSr
    — Marija Pejčinović Burić (@MarijaPBuric) June 20, 2022

    Con la ratifica della Verchovna Rada (Parlamento nazionale), il Paese è diventato il 36esimo a ratificare la Convenzione del Consiglio d’Europa del 2011. Congratulazioni dall’alto rappresentante Borrell, mentre Kiev esulta per “un evento storico che ci porterà nell’Unione più velocemente”

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    L’UE cerca una risposta coordinata alla crisi alimentare globale: “Usare fame come arma è crimine contro umanità”

    Bruxelles – “Un crimine contro l’umanità”. Non usa giri di parole l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, parlando dell’utilizzo da parte del Cremlino della “fame globale come arma” politica e bellica per vincere la guerra in Ucraina. A margine di un Consiglio Affari Esteri che ha avuto come punto centrale in agenda la questione dell’insicurezza alimentare determinata dall’aggressione militare russa contro Kiev, l’alto rappresentante Borrell ha avvertito Mosca che “sarà ritenuta responsabile” di tale crimine: “Non è immaginabile che milioni di tonnellate di grano rimangano bloccate, mentre nel resto del mondo le persone muoiono di fame”.
    Ma i Ventisette non rimangono a guardare e durante il Consiglio Affari Esteri hanno delineato una strategia in quattro azioni per contrastare l’insicurezza alimentare globale, una sfida “senza precedenti” che rappresenta una delle molteplici conseguenze “disastrose” dell’invasione militare russa dell’Ucraina: una guerra che parte dal blocco del grano nei porti del Mar Nero e arriva in tutto il mondo, in particolare nelle regioni più a rischio di carestie e crisi alimentari. La risposta coordinata a livello Team Europe partirà dal fornire “solidarietà attraverso gli aiuti di emergenza e il sostegno all’accessibilità economica” per i Paesi più vulnerabili e sarà accompagnata dalla promozione della “produzione sostenibile, la resilienza e la trasformazione del sistema alimentare” in loco. Di cruciale importanza è anche la facilitazione degli scambi commerciali, “aiutando l’Ucraina a esportare prodotti agricoli attraverso diverse rotte e sostenendo il commercio globale”, oltre al “multilateralismo efficace” a sostegno del Gruppo di risposta alle crisi delle Nazioni Unite, “per coordinare gli sforzi globali”.
    A livello UE si tenta così di percorrere una strada “reattiva, responsabile e affidabile” a sostegno dei partner colpiti dalla drastica riduzione di esportazioni di grano e cereali dall’Ucraina. La risposta della squadra europea contrasta un’insicurezza alimentare la cui responsabilità è tutta del Cremlino: “Le truppe russe bombardano e occupano i terreni coltivabili dell’Ucraina, distruggendo aziende agricole, strutture di stoccaggio e di lavorazione degli alimenti, attrezzature e infrastrutture di trasporto”, si legge nelle conclusioni del Consiglio. I 27 ministri UE hanno ricordato che “non ci sono sanzioni sulle esportazioni russe di prodotti alimentari“, dal momento in cui le misure restrittive sono state “specificamente concepite” per non colpire i prodotti alimentari e agricoli: “Non vietano l’importazione, il trasporto, il pagamento o la fornitura di sementi” da parte di Paesi terzi, “ma si limitano a colpire le persone e le entità sanzionate”, è la precisazione contenuta nel documento.
    Al netto delle preoccupazioni e degli attacchi frontali contro il Cremlino, l’alto rappresentante UE Borrell si è detto “sicuro” che “alla fine le Nazioni Unite riusciranno a trovare un accordo per sbloccare il grano in Ucraina“. Mentre ai governi dell’Unione Africana è stata inviata “una lettera per spiegare nel dettaglio cosa è permesso fare e cosa no secondo il regime di sanzioni internazionali”, il rischio di “una grande carestia nel mondo, soprattutto nel continente africano” è stato sottolineato con preoccupazione anche dalla ministra degli Esteri francese e presidente di turno del Consiglio dell’UE, Catherine Colonna: “Esortiamo la Russia a smettere di giocare con la fame del mondo e a cessare il blocco dei porti ucraini”, ha affermato a margine del Consiglio.

    Al Consiglio Affari Esteri i Ventisette hanno delineato una strategia in quattro azioni per contrastare il rischio di carestie nei Paesi più vulnerabili. L’alto rappresentante Borrell attacca il Cremlino: “Milioni di tonnellate di grano non rimangano bloccate, mentre le persone muoiono”

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    La carta dei principi per pace e stabilità in Bosnia ed Erzegovina: i leader del Paese siglano l’accordo di Bruxelles

    Bruxelles – Non si ferma l’iniziativa dell’Unione Europea nei Balcani Occidentali, in particolare quella del presidente del Consiglio UE, Charles Michel. Dopo essere volato a Sarajevo, Tirana e Belgrado tre settimane fa per cercare di spingere la proposta di una comunità geopolitica europea e di una riforma del processo di adesione all’UE, il numero uno del Consiglio si è fatto artefice ieri (domenica 12 giugno) dell’accordo di Bruxelles tra i leader dei partiti e delle istituzioni della Bosnia ed Erzegovina, per far uscire il Paese dalla crisi politico-istituzionale che rischia di avere ripercussioni in tutta la regione balcanica.
    L’incontro tra il presidente del Consiglio UE, Charles Michel, e l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, con i leader dei partiti e delle istituzioni della Bosnia ed Erzegovina (12 giugno 2022)
    L’accordo politico patrocinato anche dall’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, è stato il frutto della riunione svoltasi nella sede del Consiglio con 11 leader della Bosnia ed Erzegovina, tra cui i membri della presidenza tripartita Željko Komšić (croato-bosniaco), Šefik Džaferović (bosniaco musulmano) e Milorad Dodik (servo-bosniaco). Proprio all’indirizzo di quest’ultimo sembra indirizzato il monito di “preservare e costruire uno Stato europeo funzionale pacifico, stabile, sovrano e indipendente“, che rispetti non solo gli Accordi di Dayton (siglati il 21 novembre del 1995 per mettere fine alla guerra in Bosnia e sancire la nascita di uno Stato composto dalle tre più consistenti componenti etniche del Paese), ma anche i principi fondanti dell’UE, come lo Stato di diritto, le elezioni libere e le istituzioni democratiche.
    In linea con le 14 priorità-chiave delineate dalla Commissione Europea per l’avvicinamento della Bosnia al conferimento dello status di Paese candidato all’adesione UE, l’accordo di Bruxelles ha definito 19 punti su cui è necessario un impegno da parte di tutti i leader partitici e politici in entrambe le entità territoriali (la Republika Srpska e la Federazione di Bosnia ed Erzegovina), per “rafforzare la fiducia, il dialogo, la costruzione di compromessi”. In questo senso va letto lo sforzo per organizzare in modo “efficiente e ordinato” le elezioni generali previste per l’autunno di quest’anno – il che significa anche una campagna elettorale “priva di retorica divisiva e di odio” – e per la successiva “rapida formazione” delle nuove autorità legislative ed esecutive a tutti i livelli di governo. Subito dopo dovrà essere intrapreso il “costruttivo” percorso di riforme, che in sei mesi dovrà adottare “con urgenza” la legge sul Consiglio superiore della magistratura, della procura e dei tribunali, la legge sulla prevenzione del conflitto di interessi e sugli appalti pubblici, oltre alle riforme elettorali e costituzionali necessarie per garantire la piena conformità con le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo e alle misure necessarie perché Sarajevo possa beneficiare dei fondi UE nell’ambito dello Strumento di assistenza preadesione (IPA III).
    A proposito di riforme, i leader bosniaci dovranno garantire il pieno funzionamento delle istituzioni statali, a partire dai settori in cui le competenze sono condivise (e per cui proprio il secessionismo di Dodik sta minacciando la tenuta del tessuto sociale e istituzionale dall’autunno dello scorso anno). Per il rafforzamento dello Stato, è necessario un rafforzamento della prevenzione e della lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata – anche garantendo che le forze dell’ordine e la magistratura possano operare in modo indipendente – e un miglioramento del funzionamento della pubblica amministrazione. Nell’accordo di Bruxelles compare anche il riferimento all’estensione del mandato esecutivo dell’EUFOR Althea “per mantenere un ambiente sicuro e protetto”, considerate soprattutto le minacce di destabilizzazione della Russia in Bosnia ed Erzegovina in particolare e nella penisola balcanica in generale. Un richiamo non solo interno al Paese, ma anche di allineamento alla politica estera e di sicurezza comune dell’UE, visto che la Bosnia ed Erzegovina è l’unico Paese balcanico, insieme alla Serbia, a non aver adottato le sanzioni internazionali contro Mosca dopo l’aggressione militare dell’Ucraina.

    L’intesa politica in 19 punti voluta da Charles Michel e Josep Borrell impegna tutti i partiti nazionali a preservare uno Stato “pacifico, stabile, sovrano e indipendente”, in linea con le 14 priorità-chiave dell’Unione Europea su Stato di diritto, elezioni libere e istituzioni democratiche

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    Più investimenti e complementarietà con la NATO. I leader UE confermano l’impegno nella difesa comune dell’Unione

    Bruxelles – Dalle parole alle dichiarazioni d’intenti, dalle dichiarazioni d’intenti allo studio delle soluzioni pratiche per un coordinamento sempre più stretto a livello UE in materia di difesa e sicurezza, una tra le materie di più esclusiva competenza dei Paesi membri. Secondo quanto emerge dalle conclusioni del Consiglio Europeo (30-31 maggio), i 27 leader dell’Unione hanno dato il via libera al rafforzamento della base industriale e tecnologica europea e soprattutto all’analisi della possibilità di investimenti, appalti, approvvigionamenti militari e infrastrutture comuni.
    Il 27 capi di Stato e di governo UE al Consiglio Europeo (31 maggio 2022)
    La base di partenza, che ha stravolto il modo di guardare a un’idea che circola da almeno nove mesi a Bruxelles (insieme a quella delle unità di dispiegamento rapido, dopo la presa di potere dei talebani in Afghanistan), è il “cambiamento nell’ambiente strategico dell’Unione Europea” determinato dalla guerra d’aggressione russa nei confronti dell’Ucraina. Dopo il riconoscimento della necessità di un’Unione europea più forte nel campo della sicurezza e della difesa già al vertice di Versailles di marzo, i Ventisette stanno intensificando gli sforzi per l’attuazione della Bussola strategica e per la messa a terra di investimenti “migliori” che si concentrino sulle carenze strategiche individuate dalla comunicazione della Commissione di due settimane fa.
    Più nello specifico, il testo apre la strada al Consiglio dell’UE per l’esame di diverse opzioni, “in linea con le rispettive competenze conferite dai Trattati”. Prima di tutto, risalta “l’urgenza” di un coordinamento sulle esigenze di approvvigionamento di difesa “a brevissimo termine”, determinato dalla ricostituzione delle scorte negli arsenali bellici dopo il sostegno fornito all’Ucraina. Di qui si potrà lavorare per uno strumento di corto raggio temporale per “rafforzare le capacità industriali” e per “acquisti congiunti volontari”. In secondo luogo si dovranno “mappare le attuali e necessarie capacità produttive aggiuntive”, oltre a considerare “l’accelerazione dell’attuazione dei progetti di infrastrutture per la mobilità militare” e “un ruolo rafforzato della Banca europea per gli investimenti a sostegno della sicurezza e della difesa europea”. I leader UE seguono anche “con interesse” la possibilità di un’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto per progetti “di elevato interesse comune” in questo settore.
    “La guerra in Ucraina era ed è un campanello di allarme per i Ventisette per rafforzare le capacità di difesa“, ha commentato in conferenza stampa la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen. Secondo la numero uno dell’esecutivo comunitario, le sfide da affrontare riguardano “la mancanza di investimenti e la frammentazione dell’industria”. Ecco perché entro fine giugno arriverà la proposta della Commissione per appalti pubblici comuni costituiti da almeno 3 Paesi membri, mentre entro fine anno sarà presentato il programma europeo per la difesa. Ma l’intero progetto mantiene la matrice della “complementarietà con la NATO“, come ha fatto notare il presidente del Consiglio UE, Charles Michel: “Il vertice di Madrid [in programma il 29 e 30 giugno, ndr] sarà un’occasione per ribadirlo”, anche a partire dalle richieste di adesione all’Alleanza Atlantica di Svezia e Finlandia, i due tradizionali Stati membri UE non-allineato militarmente. Per quanto riguarda l’Unione nel suo insieme, la “complementarietà” si dovrebbe realizzare in ambito di programmazione strategica, di approvvigionamento e di coordinamento: “Un’Unione Europea più forte e più capace nel campo della sicurezza e della difesa contribuirà positivamente alla sicurezza globale e transatlantica“, puntualizza il testo siglato dai 27 capi di Stato e di governo dell’UE.

    Nelle conclusioni del Consiglio Europeo è stata ribadita la necessità di rafforzare la base industriale e tecnologica per ricostituire le scorte militari, evitando le lacune e la frammentarietà del passato. Entro giugno la proposta della Commissione per appalti congiunti

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    Chernobyl, trentasei anni dopo. Bruxelles teme ancora per la sicurezza nucleare dell’Europa: “Mosca liberi la centrale di Zaporizhzhia”

    Bruxelles – Trentasei anni fa l’incidente nucleare nel reattore numero 4 della centrale di Chernobyl, in Ucraina, che portò alla morte immediata di 31 persone e alla dispersione nell’atmosfera di grandi quantità di particelle radioattive. Oggi, l’UE lo ricorda come il più importante incidente nucleare verificatosi in Europa, con un occhio di preoccupazione per gli impianti nucleari ancora attivi in Ucraina, dal 24 febbraio invasa dall’esercito russo che ne minaccia a più riprese sicurezza e integrità.
    “L’aggressione illegale e ingiustificata della Russia in Ucraina mette nuovamente a repentaglio la sicurezza nucleare nel nostro continente”, hanno avvertito in una nota congiunta l’alto rappresentante UE per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, e la commissaria per l’Energia, Kadri Simson. Da quando l’invasione è iniziata, la Russia ha “preso di mira e occupato siti nucleari ucraini, danneggiando incautamente gli impianti”.
    Nel giorno dell’anniversario dell’incidente avvenuto nel 1986, i due rappresentanti della Commissione hanno ribadito “la massima preoccupazione per la sicurezza nucleare e i rischi per la sicurezza causati dalle recenti azioni della Russia presso il sito di Chernobyl”, chiedendo a Mosca di restituire il controllo della centrale nucleare occupata di Zaporizhzhia alle autorità ucraine e di astenersi da qualsiasi ulteriore azione contro le installazioni nucleari presenti sul territorio invaso.
    Da quando l’invasione è iniziata a fine febbraio, l’UE si è messa a seguire da vicino la situazione della sicurezza nucleare insieme all’ENSREG, il gruppo europeo dei regolatori della sicurezza nucleare (European Nuclear Safety Regulators Group), preparando un piano di emergenza nel caso in cui la Russia dovesse attaccare gli impianti nucleari presenti sul territorio ucraino. All’inizio dell’invasione le truppe di Mosca hanno usato l’impianto (inattivo e luogo di raccolta di combustibile esausto e rifiuti radioattivi) di Chernobyl come scudo e rifugio, per poi occupare anche la nucleare di Zaporizhzhya, il più grande impianto nucleare attivo in Europa,
    “L’anniversario del disastro nucleare di Chernobyl, che ricorre oggi, ci ricorda quanto pericolosa sia questa fonte di energia. L’incidente che colpì la centrale nucleare ucraina è stata una ferita non si è più rimarginata. Quel disastro ha provocato morte, sofferenza, malattie e incalcolabili danni economici. Ricordare oggi Chernobyl con dignità equivale ad ammettere che l’energia nucleare non è purtroppo sicura al 100%. Per questa ragione, lavoreremo al Parlamento europeo per modificare le regole sulla tassonomia presentate dalla Commissione europea che considerano come investimenti verdi quelli per costruire nuove centrali nucleari. Non avremo mai più Chernobyl solo se saremo un Continente che produce e utilizza energie pulite. Investire nelle rinnovabili è un obbligo morale che dobbiamo onorare anche per tutti quelli che hanno sofferto a causa del disastro di Chernobyl”, così Laura Ferrara, europarlamentare del Movimento 5 Stelle, in una nota.

    Nel giorno dell’anniversario del disastro di Chernobyl la Commissione UE esprime “la massima preoccupazione per la sicurezza nucleare e i rischi per la sicurezza causati dalle recenti azioni della Russia presso” i siti nucleare in Ucraina

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    L’UE condanna i bombardamenti russi sui civili in Ucraina. Borrell: “Al lavoro per la consegna di equipaggiamento militare”

    Bruxelles – I crimini di guerra di Vladimir Putin in Ucraina non rimarranno impuniti, “siamo al lavoro per supportare la consegna di equipaggiamento militare” all’esercito di Kiev. E’ quanto assicura Josep Borrell in una dura nota pubblicata ieri (18 aprile) in cui l’alto rappresentante UE per la politica estera e di sicurezza condanna gli ultimi “bombardamenti indiscriminati e illegali di civili e infrastrutture civili da parte delle forze armate russe”.

    I condemn continued indiscriminate shelling of civilians & civilian infrastructure by Russian armed forces in #Ukraine.
    In touch w/ ⁦@IntlCrimCourt⁩ prosecutor Khan. #NoImpunity for war crimes.
    Working to support delivery of military equipment. https://t.co/L2KK9S6R6p
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) April 18, 2022

    Borrell spiega di essere in stretto dialogo con il procuratore della Corte penale internazionale, Karim Khan, sostenendo a nome dell’UE le indagini in corso per stabilire la responsabilità del Cremlino per le violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale in questa guerra, iniziata con l’invasione dell’Ucraina lo scorso 24 febbraio. “Non ci può essere impunità per i crimini di guerra”, afferma Borrell. Gli attacchi a cui il capo della diplomazia europea fa riferimento sono quelli negli ultimi giorni nell’est e nel sud dell’Ucraina, in particolare nella regione ucraina di Luhansk, a Severodonetsk, Lysychansk e Popasna. Le principali città, inclusa Kharkiv, “continuano ad essere attaccate indiscriminatamente, causando ulteriore distruzione di vite e infrastrutture civili”, prosegue la nota.
    Lunedì notte il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky ha fatto sapere che è iniziata la battaglia per il Donbass, la parte più orientale del Paese, in cui sono presenti le due autoproclamate Repubbliche filo-russe di Donetsk e Luhansk. Nel frattempo, domenica l’UE ha stanziato ulteriori 50 milioni di euro in finanziamenti umanitari per sostenere le persone colpite dalla guerra, di cui 45 milioni di euro per progetti umanitari in Ucraina e 5 milioni di euro per la Moldova. E’ di 143 milioni di euro in totale il finanziamento dell’aiuto umanitario dell’UE in risposta alla guerra mobilitato fino a questo momento, come parte del pacchetto di sostegno da un miliardo di euro promesso dalla Commissione europea in occasione dell’evento di donazione globale della scorsa settimana “Stand Up For Ukraine”.

    Bruxelles mobilita ulteriori 50 milioni di euro in finanziamenti umanitari per sostenere le persone colpite dalla guerra di Mosca, di cui 45 milioni di euro per progetti umanitari in Ucraina e 5 milioni di euro per la Moldova

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    La Russia espelle 18 membri della delegazione dell’UE. Borrell: “Pura ritorsione”

    Bruxelles – Continua il braccio di ferro tra Mosca e l’occidente. La Russia espelle 18 membri della delegazione dell’UE presso la Federazione, contribuendo ad accrescere le tensioni di scontro sempre più aperto con l’Europa, che a seguito dell’aggressione dell’Ucraina ha già varato cinque pacchetti di sanzioni senza precedenti e già lavora al sesto, con il petrolio russo nel mirino.
    Per l’Unione europea un fulmine a ciel sereno, una decisione completamente inattesa. “I diplomatici dell’UE in questione esercitano le loro funzioni nel quadro e nel pieno rispetto della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche“, commenta l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE, Josep Borrell, convinto com’è che “non ci sono motivi per la decisione delle autorità russe”. Per lo spagnolo quello messo in atto non è altro che “un puro atto di ritorsione” nei confronti dell’Unione per le sue politiche di risposta all’operato del Cremlino e delle sue forze armate.

    I strongly condemn the unjustified decision by the Russian authorities to expel 18 members of the Delegation of the European Union to the Russian Federation ⁦@EUinRussia.
    This decision only deepens Russia’s international isolation further. https://t.co/tJOArASkKM
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) April 15, 2022

    L’UE “condanna con fermezza”, ma intanto si consuma l’ultimo atto di relazioni sempre più complicate, in un’escalation continua che si fa fatica a stemperare e che rende sempre più difficile creare spiragli di dialogo, proprio quando il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, insisteva sulla necessità di tenere aperto aperto un canale diplomatico per cercare una soluzione non militare al conflitto. Invece la realtà dice che “la linea d’azione scelta dalla Russia rafforzerà ulteriormente il suo isolamento internazionale”, tuona Borrell.
    Difficile comunque immaginare un Putin spettatore, fermo e impassibile di fronte a sanzioni senza precedenti, una lista nera sempre più lunga di personalità a cui continuano a essere vietati ingresso e affari nell’UE e a cui vengono congelati tutti i beni. Se a questo si aggiunge anche l’espulsione di diplomatici russi dagli Stati membri dell’Unione, come quella decretata dallo stesso Di Maio, non sorprende che il leader russo voglia mostrare di tenere il punto. Con le istituzioni comunitarie chiuse in ragione delle festività pasquali e una Bruxelles svuotata di tutti i suoi attori, ecco il tiro mancino, l’ennesimo, contro l’Europa. La Russia espelle 18 membri della delegazione dell’UE nel Paese e fa capire che non è tempo di diplomazia.

    L’annuncio di Mosca a istituzioni comunitarie chiuse per le festività pasquali. L’Alto rappresentante: “L’azione rafforzerà ulteriormente il suo isolamento internazionale”