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    L’Ue sgomita per non rimanere tagliata fuori dal piano di pace per Gaza

    Bruxelles – La grande esclusa dai negoziati, fin dall’inizio. Da un lato gli Stati Uniti, dall’altro Turchia, Qatar, Egitto. L’Unione europea ha assistito inerme per due anni all’atroce conflitto tra Israele e Hamas a Gaza, limitandosi a lanciare vani appelli al rispetto del diritto internazionale e cercando di facilitare l’ingresso di aiuti umanitari nella Striscia. Ora che prende piede il piano in 20 punti stilato da Donald Trump, Bruxelles sgomita per poter fare la sua parte.L’Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, Kaja Kallas, non ha dubbi: “Siamo i maggiori donatori alla Palestina in termini di aiuti umanitari, ma anche all’Autorità palestinese. Pertanto, ritengo che, dato il nostro contributo, dovremmo essere presenti al tavolo delle trattative per discutere”, ha affermato ieri (9 ottobre) a Parigi, dove il presidente Emmanuel Macron ha riunito i ministri degli Esteri di alcuni Paesi europei e arabi per discutere dell’implementazione del piano di Trump. Al tavolo, oltre alla Commissione europea rappresentata da Kallas, c’erano gli ‘E4’ (Francia, Germania, Regno Unito, Italia) e 5 della Lega Araba (Arabia Saudita, Emirati Arabi, Qatar, Giordania, Egitto). E poi Spagna, Canada, Turchia e Indonesia.Il vertice, pianificato dopo la presentazione del piano da parte di Trump e Netanyahu, ha assunto un nuovo senso d’urgenza dopo l’ok di Hamas e del gabinetto di sicurezza israeliano al cessate il fuoco, la liberazione degli ostaggi e il ritiro delle truppe israeliane a una linea concordata. “La prima fase dell’accordo di Gaza rappresenta un passo importante verso la pace. Ovviamente, dobbiamo pianificare il futuro e questo è il motivo per cui siamo qui. Qualsiasi piano, per funzionare, necessita anche del sostegno internazionale”, ha dichiarato il capo della diplomazia europea.Il primo messaggio, è di unità nel sostenere il piano trumpiano. Ma sulla sua implementazione, i dubbi rimangono. Così come i timori di rimanerne tagliati fuori. “L’UE ha un ruolo importante da svolgere in termini di attuazione”, è la linea ribadita oggi dalla Commissione europea.L’Eliseo insiste perché il futuro della Striscia non sia lasciato nelle sole mani di Donald Trump: “Abbiamo tutti un ruolo da svolgere nella Forza di stabilizzazione” che avrà il compito di garantire la pace e nella governance dell’autorità di transizione, ha rivendicato Macron. Secondo l’Eliseo, il processo va inquadrato nell’ambito delle Nazioni Unite. Francia e Regno Unito spingono perché sia l’Onu a garantire i tempi e le regole di ingaggio di una presenza militare internazionale a Gaza. Dopodiché, bisognerà dipanare i dubbi sul ‘Consiglio di Pace’  immaginato da Trump e da Tony Blair, che amministrerà temporaneamente la Striscia e includerebbe altri capi di stato “da annunciare”.Anche dal punto di vista militare, l’Unione europea “è pronta a fare la sua parte”, dispiegando nuovamente la missione EUBAM Rafah al valico di frontiera di Rafah e rinnovando il mandato della missione EUPOL COPPS, che ha l’obiettivo di formare e supportare le forze di polizia palestinesi, perché possa “aiutare anche la forza di stabilizzazione”.

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    Israele e Hamas hanno raggiunto l’accordo per un cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi a Gaza

    Bruxelles – Per la prima volta da gennaio 2025, la popolazione di Gaza si risveglia per festeggiare tra le macerie. Israele e Hamas hanno concordato la fase iniziale del piano proposto da Donald Trump. È proprio il presidente americano a darne l’annuncio, nella notte tra l’8 e il 9 ottobre: tutti gli ostaggi detenuti da Hamas saranno rilasciati “molto presto” e Israele ritirerà le truppe a una “linea concordata“.Hamas ha confermato di aver accettato i termini del piano negoziati negli ultimi tre giorni a Sharm el-Sheikh, sottolineando che l’accordo prevede il ritiro israeliano dalla Striscia e lo scambio di ostaggi e prigionieri. Il gabinetto di sicurezza di Tel Aviv si riunirà oggi per dare il proprio via libera: i suoi ministri più estremisti si oppongono, il ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, ha scritto su X che “subito dopo il ritorno a casa degli ostaggi” lo Stato ebraico dovrebbe “continuare a impegnarsi con tutte le sue forza per la vera eradicazione di Hamas”. Ma sembra comunque improbabile che, con le famiglie degli ostaggi che festeggiano l’annuncio, il gabinetto respinga l’accordo.Cessate il fuoco, rilascio degli ostaggi israeliani e di prigionieri palestinesi, ritiro parziale dell’esercito israeliano da Gaza. Si tratta della prima fase del piano in 20 punti messo a punto da Trump e dall’ex primo ministro britannico Tony Blair. Sulle questione più spinose – il disarmo di Hamas, la governance della Striscia e le tempistiche per il passaggio di consegne con l’Autorità palestinese -, non è chiaro se siano stati fatti progressi.Intanto, i 20 ostaggi israeliani che si ritiene siano ancora vivi potrebbero essere riconsegnati già questo fine settimana, in cambio del rilascio di circa 1.700 prigionieri palestinesi. Trump ha indicato lunedì 13 ottobre come possibile giorno del ritorno in Israele degli ostaggi. Il premier Benjamin Netanyahu ha salutato l’accordo come “un grande giorno per Israele”. Hamas ha invitato Trump e gli Stati garanti dell’accordo – Egitto, Qatar e Turchia – ad assicurarsi che Israele attui pienamente il cessate il fuoco.Con i quattro Paesi che hanno mediato i negoziati, si è immediatamente congratulata l’Unione europea, esclusa dal tavolo delle trattative per la pace fin dall’inizio del conflitto. “Mi congratulo con gli Stati Uniti, il Qatar, l’Egitto e la Turchia per gli sforzi diplomatici compiuti al fine di raggiungere questo importante risultato”, ha dichiarato Ursula von der Leyen in una nota, a cui ha fatto eco il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa. Nemmeno una parola, ancora una volta, sul nuovo abbordaggio da parte di Israele alle imbarcazioni civili della Thousands Madleen to Gaza in acque internazionali.La leader Ue ha garantito che “l’UE continuerà a sostenere la consegna rapida e sicura degli aiuti umanitari a Gaza” e sottolineato che “quando sarà il momento, saremo pronti ad aiutare nella ripresa e nella ricostruzione“. Un altro punto del piano decisamente ambiguo, che prevede l’ingente intervento di investitori stranieri per ricostruire la Striscia sull’impronta delle “più fiorenti città moderne del Medio Oriente”. L’Alta rappresentante per gli Affari esteri, Kaja Kallas, ha ribadito che “l’UE farà tutto il possibile per sostenere l’attuazione” del piano di Trump. Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha esortato entrambe le parti a “rispettare pienamente” i termini dell’accordo.“I am very proud to announce that Israel and Hamas have both signed off on the first Phase of our Peace Plan… BLESSED ARE THE PEACEMAKERS!” – President Donald J. Trump pic.twitter.com/lAUxi1UPYh— The White House (@WhiteHouse) October 8, 2025

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    A due anni dal 7 ottobre l’Europa ricorda le vittime israeliane. Ma non tutti condannano il genocidio dei palestinesi

    Bruxelles – Col resto del mondo, l’Europa ricorda oggi (7 ottobre) il secondo anniversario degli attacchi di Hamas contro Israele. “Non dimenticheremo mai l’orrore” di quel giorno, scrivono in un post congiunto su X la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e quello del Consiglio europeo, António Costa, né “il dolore causato alle vittime innocenti, alle loro famiglie e all’intero popolo israeliano”. “Onoriamo la loro memoria lavorando instancabilmente per la pace“, aggiungono riferendosi ai negoziati in corso in Egitto tra gli emissari dello Stato ebraico e dell’organizzazione palestinese.Al ricordo degli attacchi di Hamas si aggiungono il ricordo delle 1.195 vittime (più 251 ostaggi), condanna degli attentati, e sostegno agli sforzi per pervenire ad una soluzione politica al conflitto che infuria da due anni nella martoriata Striscia di Gaza, mediati dagli Stati Uniti sulla base del piano in 20 punti proposto da Donald Trump.Da Strasburgo, dov’è iniziata ieri la plenaria dell’Eurocamera, la presidente dell’emiciclo Roberta Metsola ha definito il 7 ottobre 2023 “un giorno che rimarrà per sempre impresso nella storia del nostro tempo come un giorno d’infamia“. La popolare maltese deplora il “ciclo di guerra e violenza che ha causato la morte di decine di migliaia di persone” – le stime aggiornate parlano di oltre 67mila vittime tra la popolazione gazawi, in larghissima parte civili – ma non arriva a condannare fermamente la risposta militare sproporzionata di Tel Aviv, che ha avviato nell’exclave costiera, descritta dalle Nazioni Unite e dalle stesse ong israeliane come un genocidio in piena regola.La commissaria Ue al Mediterraneo, Dubravka Šuica (foto: Philippe Stirnweiss/Parlamento europeo)Intervenendo al dibattito in Aula sul tema, la commissaria al Mediterraneo Dubravka Šuica ha concesso che “la situazione a Gaza è diventata intollerabile” e che il massacro condotto da Israele nella Striscia ha “scosso le coscienze del mondo”, come evidenziato plasticamente dal moltiplicarsi delle manifestazioni oceaniche esplose a tutte le latitudini e longitudini nelle ultime settimane, anche e soprattutto in Italia.Bruxelles, continua, considera il piano di Trump “un quadro credibile per la pace” e ne condivide i punti cardine: “Nessun ruolo per Hamas (nel dopoguerra, ndr), nessuno spostamento forzato della popolazione, nessuna annessione, incluso in Cisgiordania, nessuna minaccia da Gaza verso i vicini e nessuna operazione militare” nella Striscia. L’obiettivo, conclude Šuica, è garantire “la sicurezza reale di Israele e un futuro sicuro per tutti i palestinesi“.Di “attacco terroristico brutale” ha parlato anche la capogruppo socialista in Aula, Iratxe García Pérez, che però non si nasconde e condanna anche “la reazione di Israele col genocidio a Gaza“. In merito alle partecipatissime proteste di piazza, l’eurodeputata spagnola osserva che “il nostro compito è ascoltare la voce dei milioni di cittadini” che sono scesi in strada poiché “il nostro silenzio è complice“. “Dobbiamo chiedere alla Commissione di agire per fermare la strage“, conclude.Dai Socialisti e democratici (S&D), il capodelegazione Pd Nicola Zingaretti ricorda che “la sicurezza non si costruisce con la forza ma con la pace” e che “violenza infinita chiama terrorismo infinito“. Il suo compagno di partito Sandro Ruotolo ribadisce che oggi “è il popolo palestinese a pagare il prezzo più alto“, sottolineando che per avvicinarsi alla pace è necessario interrompere le ostilità e “riprendere un processo politico vero, che riconosca finalmente ai palestinesi il diritto a uno Stato libero e sovrano accanto a Israele“. Un ragionamento che, planisfero alla mano, parrebbe condiviso da un numero sempre maggiore di governi nel mondo.La manifestazione nazionale per la Palestina a Roma, il 4 ottobre 2025 (foto: Alessandro Amoruso via Imagoeconomica)Più incisivi gli interventi di due eurodeputate italiane che si erano imbarcate con la Global Sumud Flotilla. La dem Annalisa Corrado rimarca che il “genocidio in corso” nella Striscia è “il frutto di scelte politiche criminali” prese dal gabinetto di Benjamin Netanyahu (sul cui capo, del resto, pende un mandato di cattura per crimini di guerra e contro l’umanità spiccato dalla Corte penale internazionale) e che “le responsabilità del governo israeliano non possono essere coperte da un silenzio complice” come quello che, sempre più assordante, si leva dalle cancellerie dei Ventisette.Ma, ammonisce Corrado, bisogna approcciare anche le trattative in corso con realismo ed evitare i diktat tra le parti belligeranti (e i rispettivi alleati): “La pace non si costruisce imponendo condizioni dall’alto, negando la voce e la dignità del popolo palestinese”, ragiona. E rimarca che “senza il riconoscimento della Palestina, senza un processo politico che ponga fine alle occupazioni illegali, ogni accordo resterà fragile e non si estirperanno le radici dell’odio”. “L’Europa deve smettere di oscillare tra ipocrisie e connivenze“, conclude.Dai banchi dei Verdi, anche Benedetta Scuderi (Avs) si chiede “perché dopo due anni di genocidio palestinese e pulizia etnica ancora non facciamo niente per fermare Israele“, e interroga i colleghi sul loro rifiuto di “parlare della Flotilla“, riferendosi alla bocciatura da parte dell’emiciclo di due mozioni sul tema proposte dal suo gruppo e dalla Sinistra all’inizio dei lavori dell’intera sessione plenaria. “Se non avete a cuore nemmeno i diritti degli europei che rappresentate, delle nostre colleghe, mai quest’Aula potrà supportare il popolo palestinese“, il suo j’accuse.L’eurodeputata di Avs Benedetta Scuderi (foto: Philippe Stirnweiss/Parlamento europeo)Sulle imbarcazioni della missione di solidarietà transnazionale – intercettata con metodi pirateschi da Tel Aviv tra il 2 e il 3 ottobre – c’era anche l’eurodeputata franco-palestinese Rima Hassan, della Sinistra. Gli attivisti hanno raccontato di aver subìto aggressioni e violenze fisiche e psicologiche da parte delle autorità israeliane. Scuderi sostiene che “l’Europa sta morendo nel silenzio e nella complicità delle sue istituzioni” ma nota anche che “c’è un’altra Europa, viva nelle milioni di persone che riempiono le strade gridando ‘non nel nostro nome’, un’Europa che crede nella giustizia, nel diritto e nella pace, che non vuole ripetere gli errori del passato e che si oppone davvero al genocidio”.Gli aggiornamenti che arrivano da Sharm el Sheikh, dove sono in contatto indiretto le due squadre negoziali, sono solo parzialmente incoraggianti. Si tratta senza dubbio dello slancio diplomatico più solido mai messo in campo finora, ma le posizioni rimangono distanti su diversi punti cruciali nonostante la disponibilità dichiarata in linea di principio da entrambi i belligeranti. Soprattutto, Hamas chiede la cessazione completa della campagna israeliana e il ritiro totale dell’esercito di Tel Aviv dalla Striscia, mentre lo Stato ebraico pretende il disarmo del gruppo palestinese. Un’altra questione per il momento irrisolta è quella della ricostruzione post-bellica di Gaza. In mancanza di un accordo, intanto, le operazioni militari continuano.

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    11 imbarcazioni della Global Sumud Flotilla attaccate nella notte. Ruotolo (PD): “È il momento di boicottare i prodotti israeliani”

    Bruxelles – Il viaggio della Global Sumud Flotilla si fa sempre più complicato. Il gruppo d’imbarcazioni è stato colpito nella notte mentre si trovava al largo di Creta, in acque internazionali. L’obiettivo della spedizione è forzare il blocco navale israeliano davanti a Gaza e portare aiuti umanitari alla popolazione palestinese.Secondo le prime ricostruzioni, sarebbero undici le imbarcazioni danneggiate, sulle 51 totali. “A partire dall’una e fino alle quattro del mattino abbiamo ricevuto attacchi costanti: prima con materiale urticante, poi con bombe sonore (rilasciate da droni, ndr)”, ha affermato l’eurodeputata Benedetta Scuderi (AVS), presente sulla nave Morgana diretta a Gaza. Non ci sono stati feriti, ma lo spavento per Scuderi e per gli altri attivisti è stato molto: “Ci potevamo fare anche molto male se ci fossimo trovati fisicamente nel punto in cui questi dispositivi sono caduti”. Diretti verso Gaza, ci sono anche gli esponenti del PD, Arturo Scotto e Annalisa Corrado.L’utilizzo di velivoli comandati da remoto contro la Flotilla non è una novità. È la terza volta che le barche vengono colpite, e questa è stata finora l’azione più intensa. Un precedente si era verificato il 9 settembre, quando era stata colpita una barca al porto tunisino di Sidi Bou Said, un secondo attacco avvenne il 10 settembre, sempre in acque tunisine.A chiedere la mobilitazione delle istituzioni UE ci ha pensato il deputato europeo Sandro Ruotolo (PD): “Chiediamo alla Presidente del Parlamento europeo e alla Presidente della Commissione di intervenire subito nei confronti di Israele per garantire la sicurezza di chi è a bordo. Nessuno tocchi la flotilla! È il momento di una condanna internazionale chiara del governo Netanyahu. È il momento di boicottare i prodotti israeliani”.La posizione aggressiva di Israele nei confronti della spedizione umanitaria è stata ribadita ieri. In un post su X, il Ministero degli Esteri di Tel Aviv ha sollecitato la “Hamas flotilla” a non provare a superare il blocco navale, proponendo invece un approdo sicuro nello scalo di Ashkelon, a 10 chilometri da Gaza. Gli organizzatori della spedizione hanno rifiutato.The Hamas flotilla refuses Israel’s proposal to unload aid peacefully at the nearby Ashkelon Marina. Instead, it chooses the illegal path — sailing into a combat zone and breaching the lawful naval blockade.This proves their true aim: serving Hamas rather than delivering aid to… pic.twitter.com/yD3mbYIrSS— Israel Foreign Ministry (@IsraelMFA) September 23, 2025Il possibile scontro con la Marina israeliana potrebbe avvenire nei prossimi giorni. Le imbarcazioni si trovano ora al largo di Creta e, al netto degli incidenti della notte, non dovrebbero mancare più di tre o quattro giorni di navigazione per raggiungere la Striscia.La preoccupazione per un confronto diretto con le navi da pattugliamento dell’esercito israeliano (IDF) è elevata. Davanti alla Striscia operano corvette missilistiche Sa’ar-6, oltre ad imbarcazioni più piccole incaricate di contrastare incursioni leggere.Nonostante questa notte non ci siano stati feriti, la Farnesina si è già espressa auspicando che “qualsiasi operazione che possa essere affidata alle forze armate di Gerusalemme sia condotta rispettando il diritto internazionale e un principio di assoluta cautela”. Il ministro Antonio Tajani ha chiesto all’ambasciata a Tel Aviv di assumere informazioni e di rinnovare la richiesta già fatta al Governo di Gerusalemme di garantire la tutela assoluta del personale imbarcato.

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    Israele, l’Ue propone sanzioni a due ministri e dazi su merci per 6 miliardi. Ora dipende dagli Stati membri

    Bruxelles – Mentre Israele cinge d’assedio Gaza City e “Gaza brucia” – così ha esultato il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz -, la Commissione europea rompe gli indugi e presenta le prime sanzioni politiche ed economiche a Tel Aviv dall’inizio del conflitto. Sono tre le linee direttive: Bruxelles potrà congelare immediatamente circa 20 milioni di fondi previsti per Israele, mentre dovrà passare dalle capitali per l’imposizione di dazi commerciali su circa 6 miliardi di merci e di misure restrittive su due dei ministri più estremisti del governo di Benjamin Netanyahu.A sbloccare un’impasse lunga due anni, l’indignazione e la mobilitazione crescenti dell’opinione pubblica, che hanno convinto Ursula von der Leyen ad annunciare le tardive misure la scorsa settimana, nel suo discorso sullo stato dell’Unione. “Voglio essere molto chiara: l’obiettivo non è punire Israele. L’obiettivo è migliorare la situazione umanitaria a Gaza”, ha affermato oggi l’Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, Kaja Kallas, presentando il pacchetto.Con il capo della diplomazia Ue, c’era il responsabile per il commercio, Maroš Šefčovič, che ha snocciolato cifre e volumi degli scambi tra i due partner e gli effetti della sospensione parziale dell’accordo di associazione Ue-Israele messa sul piatto dall’esecutivo comunitario. Tenendo presente che l’Ue rappresenta un terzo del commercio totale di Israele con il mondo, mentre Israele è solo il 31esimo partner commerciale del blocco.Kaja Kallas, Maroš Šefčovič e Dubravka Šuica presentano le misure restrittive contro IsraeleLa Commissione europea ha proposto la sospensione delle agevolazioni commerciali previste dall’accordo di associazione per lo scambio di merci, per la partecipazione agli appalti pubblici, per le norme sulle proprietà intellettuali. Mentre non verrebbero toccate le disposizioni sul flusso di capitali e doganali. Negando l’accesso preferenziale al mercato dell’Ue, alle merci israeliane sarebbero applicate gli stessi dazi doganali che l’Ue applica a Paesi terzi con cui non ha un accordo di libero scambio.Nel 2024, Israele ha esportato in Ue merci per 16 miliardi di euro, mentre in direzione di Tel Aviv sono partite merci per 26,7 miliardi di euro. In sostanza, le misure colpirebbero il 37 per cento delle esportazioni israeliane – soprattutto prodotti agricoli -, perché il restante 63 per cento – principalmente macchinari, mezzi di trasporto, prodotti chimici – rimarrebbe soggetto a tariffe zero o molto basse, secondo i termini del regime MFN (Most Favored Nation) dell’Organizzazione mondiale del commercio.L’effetto, sarebbe dunque l’imposizione di dazi aggiuntivi su merci israeliani per il valore di 5,8 miliardi di euro. Secondo i calcoli della Commissione europea, ciò si tradurrebbe – se il commercio rimarrà allo stesso livello del 2024 – in 227 milioni di euro di dazi doganali nell’arco di un anno. Viceversa, se Israele dovesse rispondere alzando barriere analoghe, i dazi colpirebbero merci europee per il valore di circa 8 miliardi. Bruxelles è rimasta sorda agli appelli – e alle decisioni unilaterali di alcuni Paesi membri – per imporre restrizioni specifiche al commercio di armi e materiale a doppio uso civile-militare. Anzi, secondo il regime MFN, rimarranno in gran parte esenti da dazi.La proposta, il cui limitato effetto economico è inversamente proporzionale all’alto valore politico, dovrà essere approvata dagli Stati membri a maggioranza qualificata. Il che significa che – al netto dell’opposizione di Paesi con un peso specifico minore, come Ungheria e Repubblica Ceca – a deciderne le sorti saranno in particolare Italia e Germania, i cui governi non hanno mai risolto del tutto l’ambiguità nei confronti della condotta dell’esercito israeliano a Gaza. Se dovessero farsi da parte, Bruxelles dovrà a quel punto informare della sospensione il Consiglio di associazione Ue-Israele, e attendere 30 giorni prima dell’entrata in vigore dei dazi.I ministri di estrema destra Itamar Ben-Gvir (L) e Bezalel Smotrich (Photo by AMIR COHEN / POOL / AFP)Ancora più complessa la strada per il sì alle misure restrittive contro i ministri della Sicurezza nazionale e delle Finanze, gli estremisti religiosi Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich. Per approvare le sanzioni è necessaria l’unanimità dei 27. Un anno fa, le capitali Ue respinsero la stessa proposta, messa sul tavolo dall’allora Alto rappresentante Josep Borrell. Nel frattempo, i due sono stati sanzionati da diversi partner dell’Ue, tra cui Regno Unito, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Norvegia. E così hanno fatto, in maniera autonoma, anche Paesi Bassi e Slovenia.“Conoscete molto bene la situazione in seno al Consiglio. Anche se vediamo che l’opinione pubblica sta davvero cambiando, a livello politico le posizioni sono molto simili a quelle che ci sono state finora“, ha ammesso Kallas, scura in volto. Oltre al divieto di ingresso nell’Ue e al congelamento di eventuali fondi sul territorio europeo per i due ministri, la proposta include sanzioni per 3 coloni israeliani e 6 organizzazioni responsabili di violenze nei territori palestinesi occupati e 10 membri del direttivo politico di Hamas.Del pacchetto presentato oggi, rischia di sopravvivere soltanto lo stop al sostegno bilaterale a Israele, su cui la Commissione procederà in autonomia. Si parla di 6 milioni di euro all’anno fino al 2027 attraverso lo strumento di vicinato, sviluppo e cooperazione internazionale (NDICI) e di 14 milioni in progetti di cooperazione istituzionale, compresi i gemellaggi e progetti di gemellaggio nell’ambito del meccanismo di cooperazione regionale Ue-Israele.

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    Israele entra a Gaza City, per l’Onu “è genocidio”. Ue, domani le prime sanzioni economiche

    Bruxelles – Dopo giorni di intensi bombardamenti aerei, con le prime luci dell’alba Israele ha dato il via all’operazione via terra a Gaza City. Un’invasione condannata da tutti, ma che Tel Aviv può portare avanti grazie al supporto incondizionato degli Stati Uniti. L’UE assiste, inerme, e prova a smarcarsi dalle accuse di complicità annunciando che è pronta a mettere sul tavolo le prime sanzioni politiche ed economiche all’alleato israeliano.A Gaza City, già prima del conflitto la città più popolosa della Striscia, avevano trovato rifugio quasi un milione di persone, dopo che Israele ha raso al suolo circa il 70 per cento degli edifici da nord a sud dell’enclave palestinese. Il 10 settembre, l’Ufficio di coordinamento dell’ONU per gli Affari umanitari (Ocha) denunciava la “pericolosa escalation nella città di Gaza” e avvertiva: “Quasi un milione di persone si trovano ora senza opzioni sicure o praticabili: né il nord né il sud offrono sicurezza”. Tel Aviv ha dichiarato che il 40 per cento degli abitanti ha lasciato la città in vista dell’operazione. Significa che circa mezzo milione sono rimasti.Per l’esercito israeliano, è a Gaza City che si nascondono “tra duemila e tremila” militanti di Hamas. E gli ostaggi israeliani ancora nelle mani del gruppo terroristico. Il ministro degli Esteri, Israel Katz, ha dichiarato che se Hamas non rilascerà gli ostaggi “la Striscia sarà distrutta”. Secondo quanto riportato da Al Jazeera, almeno 68 persone sono morte a Gaza City da questa mattina. Le stesse famiglie degli ostaggi israeliani avrebbero dichiarato lo “stato di emergenza” per l’offensiva israeliana e allestito un accampamento fuori dalla residenza di Netanyahu.“Mentre Israele intensifica le sue operazioni nella città di Gaza, la protezione dei civili e il rispetto del diritto internazionale umanitario devono rimanere la nostra bussola, a pochi giorni dai colloqui chiave con i partner all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York”, ha affermato con un post su X la commissaria UE per la Gestione delle crisi, Hadja Lahbib. L’emblema del fallimento della politica adottata finora dall’Unione europea è proprio quell’intesa sulla protezione dei civili e sull’ingresso di aiuti umanitari raggiunta solo due mesi fa con Israele. Un’intesa stipulata per salvare la faccia, ma che non ha sortito alcun effetto. Un’intesa che anche oggi, di fronte all’ingresso dei carri armati israeliani in un’area densamente popolata, Bruxelles non rinnega: “Continuiamo a valutarne gli effetti”, ha dichiarato Anouar El Anouni, portavoce della Commissione europea, ricordando che la sua implementazione resta complessa a causa “di un contesto di guerra”.Di fronte all’indignazione e alla mobilitazione crescenti dell’opinione pubblica europea, Ursula von der Leyen ha annunciato la scorsa settimana di essere al lavoro per aumentare la pressione sul governo israeliano. Il pacchetto di misure è pronto: la Commissione europea ha confermato che domani adotterà una proposta per sospendere il sostegno bilaterale a Israele (circa 30 milioni di euro), una proposta per la sospensione di alcune disposizioni commerciali dell’accordo di associazione Ue-Israele e infine una proposta per sanzionare alcuni ministri del governo di Netanyahu. Se nel primo caso l’esecutivo Ue può procedere autonomamente, nel secondo avrà bisogno dell’appoggio di due terzi degli Stati membri e nel terzo addirittura dell’unanimità dei 27.Finora, Israele è sorda a qualsiasi richiamo dell’Unione europea, così come delle Nazioni Unite e dell’intera comunità internazionale. Perfino gli Stati Uniti non riescono a contenere le fughe in avanti omicide di Netanyahu, come dimostrato dal raid israeliano su Doha del 9 settembre. “L’Ue ha ripetutamente esortato Israele a non intensificare la sua operazione nella città di Gaza”, ha affermato El Anouni, aggiungendo che “porterà a ulteriori distruzioni, morti e sfollamenti, aggravando la già catastrofica situazione umanitaria e mettendo in pericolo la vita degli ostaggi”. Londra ha definito l’offensiva “totalmente irresponsabile e spaventosa”, per Berlino è “completamente sbagliata”.Proprio oggi, una commissione d’indagine indipendente delle Nazioni Unite ha stabilito – confermando la tesi che la relatrice speciale delle Nazioni Unite, Francesca Albanese, sostiene da oltre un anno – che Israele sta commettendo un genocidio a Gaza, con “l’intento di distruggere i palestinesi”. Secondo l’equipe guidata da Navi Pillay, Netanyahu, il presidente Isaac Herzog l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant sono inoltre responsabili di  “incitamento al genocidio”. Israele ha respinto le conclusioni del rapporto e accusato gli esperti dell’Onu di essere “rappresentanti di Hamas”.

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    Netanyahu ammette: “Israele è isolata”. E accusa Cina e Qatar di propaganda in Occidente

    Bruxelles – A Benjamin Netanyahu rimane solo il fedele alleato a stelle e strisce. Durante una conferenza a Gerusalemme, a margine dell’incontro con il segretario di Stato americano, Marco Rubio, il premier israeliano ha ammesso che Israele “si trova in una sorta di isolamento” internazionale e che lo Stato ebraico dovrebbe “sviluppare le industrie belliche” e “la capacità di produrre ciò di cui ha bisogno” all’interno dei propri confini.Se due anni di bombardamenti a tappeto sulla popolazione civile a Gaza non sono bastati, il raid su Doha, capitale del Qatar mediatore nei negoziati di pace, ha definitivamente gettato Tel Aviv in un pesante isolamento diplomatico. Il giorno successivo, “l’amica di lunga data” di Israele, Ursula von der Leyen, ha annunciato che la Commissione europea proporrà di sospendere parzialmente l’accordo di associazione con lo Stato ebraico e di imporre sanzioni contro alcuni ministri del governo di Netanyahu. Oggi i leader di diversi Paesi arabi si sono riuniti a Doha per un vertice di emergenza, per decidere misure concrete in seguito all’attacco israeliano della scorsa settimana.Un attacco che ha indispettito perfino gli Stati Uniti, che insieme al Qatar stavano cercando di riprendere in mano i già fragilissimi negoziati tra Israele e Hamas per mettere fine al conflitto. Rubio ha dichiarato che Washington “continuerà a incoraggiare Doha a svolgere un ruolo costruttivo”, e ha criticato gli sforzi internazionali per riconoscere lo Stato di Palestina – solo due giorni fa all’Assemblea generale dell’Onu 142 Paesi hanno votato a favore del riconoscimento di uno Stato palestinese indipendente -, bollandoli come “un ostacolo alla pace”. Alla risoluzione Onu si sono opposti solo in 10, tra cui Stati Uniti, l’Ungheria di Viktor Orban e l’Argentina di Javier Milei.Benjamin Netanyahu e Donald Trump nello Studio Ovale della Casa Bianca, il 4 febbraio 2025 (Photo by ANDREW CABALLERO-REYNOLDS / AFP)Se diversi partner – compresi quelli europei – sostengono ancora Israele in virtù di accordi economici di lunga data, gli Stati Uniti sono rimasti ormai gli unici a non essersi smarcati pubblicamente dalla condotta criminale del governo di Netanyahu. A Gaza, ma anche in Cisgiordania e nell’intera regione. Il premier israeliano – su cui pende un mandato d’arresto della Corte Penale Internazionale, a cui aderiscono 125 Stati – ne è ora consapevole: “Avremo sempre più bisogno di adattarci a un’economia con caratteristiche autarchiche“, ha ammesso, focalizzandosi sulle ripercussioni questo potrebbe avere sulle incessanti attività militari israeliane.Netanyahu ha avvertito la platea: “Potremmo trovarci in una situazione in cui le nostre industrie belliche sono bloccate. Dovremo sviluppare le industrie belliche qui, non solo la ricerca e lo sviluppo, ma anche la capacità di produrre ciò di cui abbiamo bisogno”. Già a metà agosto, il Fondo sovrano norvegese da due trilioni di dollari aveva annunciato di aver venduto un quinto dei suoi asset del Paese. La Slovenia ha sospeso il commercio di armi con Israele, la Spagna ha annunciato che imporrà il divieto di “comprare e vendere armi, munizioni ed equipaggiamento militare” e di “transito nei porti spagnoli di navi con combustibili destinati all’esercito israeliano”. Pochi Paesi, che però rivelano una tendenza. Se l’Unione europea dovesse sospendere l’accordo di associazione in materia commerciale, sarebbe un duro colpo per Tel Aviv.Il premier respinge però qualsiasi responsabilità, e anzi – secondo quanto riportato dal Times of Israel – ha puntato il dito prima contro gli immigrati musulmani in Europa, che hanno “piegato i governi” in senso anti-israeliano, e poi contro “alcuni Stati” che avrebbero orchestrato una campagna d’odio contro lo Stato ebraico. “Uno è la Cina. L’altro è il Qatar“, ha attaccato frontalmente Netanyahu.Una “dichiarazione folle”, gli ha risposto il leader dell’opposizione israeliana, Yair Lapid, secondo cui l’isolamento è “il prodotto di una politica sbagliata e fallimentare di Netanyahu e del suo governo”, che sta “trasformando Israele in un paese del terzo mondo”.

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    L’Eurocamera trova un denominatore comune (minimo) su Gaza. Il Ppe si spacca, esultano i socialisti

    Bruxelles – Il Parlamento europeo, dopo due anni di dibattiti, ha approvato oggi (11 settembre) la sua prima risoluzione su Israele e Gaza. Un passo avanti e un’occasione persa: se è vero che gli eurodeputati invocano finalmente alcune misure per mettere fine al conflitto, riescono nell’impresa di farlo addirittura dopo la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e di non andare in alcun modo oltre le sue parole pronunciate ieri. E a ben vedere, il testo finale adottato dall’Aula scontenta quasi tutti.Condanna del blocco degli aiuti umanitari da parte di Israele, rispetto del diritto internazionale, cessate il fuoco immediato, rilascio degli ostaggi, sì alla sospensione parziale dell’accordo di associazione Ue-Israele in materia commerciale e alle sanzioni contro i ministri più estremisti del governo guidato da Benjamin Netanyahu, invito agli Stati membri a riconoscere lo Stato di Palestina. Questi i paletti messi nero su bianco dalla risoluzione presentata da socialisti, liberali e verdi e adottata con 305 voti favorevoli, 151 contrari e 122 astensioni. Si spacca il Partito Popolare, che già ieri si era sfilato rifiutando di firmare la risoluzione congiunta con gli altri gruppi della maggioranza: tra i cristiano democratici, 82 favorevoli, 56 contrari e 6 astenuti. Tra i sì, mancano quelli dei Conservatori e Riformisti (Ecr) e dell’estrema destra di Patrioti e Sovranisti. E di una parte del gruppo della Sinistra europea.Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il ministro delle finanze Bezalel Smotrich, già sanzionato da UK e diversi alleati dell’Ue (Photo by RONEN ZVULUN / POOL / AFP)I socialisti mettono in luce il bicchiere mezzo pieno: secondo Sandro Ruotolo, del Partito democratico, “oggi il Parlamento europeo ha scelto di stare dalla parte del diritto e della dignità dei popoli”. Per il dem l’invito a riconoscere lo Stato di Palestina è un “messaggio storico”, e la sospensione parziale dell’Accordo di associazione Ue-Israele “significa che le relazioni politiche ed economiche con Israele non possono proseguire come se nulla fosse, mentre a Gaza si continua a violare il diritto internazionale e a colpire la popolazione civile”. I liberali di Renew rivendicano di aver “compiuto ogni sforzo per ottenere una maggioranza a favore di un’azione urgente volta a porre fine alla crisi umanitaria e alla carestia causate dal governo israeliano e a raggiungere un cessate il fuoco permanente”.Dal testo finale però, ogni volta che si parla di carestia è sparito ogni riferimento al fatto che sia “causata dall’uomo”. Così come due paragrafi in cui si mettevano a nudo le responsabilità delle istituzioni europee per non aver “reagito con l’urgenza che la gravità della situazione catastrofica a Gaza richiede” e si invitava a riflettere sui gravi danni che questo ha comportato per “la credibilità dell’Ue non solo agli occhi del Sud del mondo, ma anche agli occhi dei nostri cittadini”.Sono alcuni degli “emendamenti migliorativi” di cui parla Carlo Fidanza, capodelegazione di Fratelli d’Italia all’Eurocamera. Ma non sufficienti per “raggiungere l’equilibrio che avremmo voluto e che il dramma di Gaza avrebbe richiesto”. La delegazione della premier Giorgia Meloni, la più numerosa in Ecr, si è chiamata fuori, insieme al resto del gruppo.Così come la delegazione del Movimento 5 Stelle, che evidenzia il bicchiere mezzo vuoto: per Danilo della Valle la risoluzione “è debolissima”, perché priva di qualsiasi riferimento all’intento genocidario del governo israeliano a Gaza. “Ritirare a pochi minuti dal voto l’emendamento sottoscritto dai Socialisti in cui si condanna il genocidio rappresenta un tradimento della memoria di oltre 60 mila civili uccisi negli attacchi e nei bombardamenti dell’esercito israeliano”, sottolinea il pentastellato, che bolla il messaggio scaturito dal testo come un “imbarazzato buffetto a Netanyahu che non servirà a niente per fermarlo”.A ben vedere, qualcosa manca davvero, e qualcuno ne è consapevole anche nella famiglia socialista: “Avremmo voluto ci fosse anche il riferimento al genocidio in corso e la sospensione dell’Accordo di Associazione Ue-Israele nella sua interezza, non solo per la parte commerciale”, ammette l’eurodeputata dem Cecilia Strada. E promette: “Sono battaglie su cui continueremo a impegnarci a partire da domani”.