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    A Gaza 10 mila morti in un mese. L’Ue mobilita altri 25 milioni per gli aiuti umanitari: Israele “si sforzi di evitare vittime civili”

    Bruxelles – Trenta giorni dopo il risveglio più terribile della storia dello Stato d’Israele, quel 7 ottobre in cui Hamas ha ucciso 1.400 cittadini israeliani e ne ha presi oltre 200 in ostaggio, la risposta senza precedenti della forze di difesa di Tel Aviv è andata al di là delle più drammatiche previsioni: 10.022 morti in un mese nei bombardamenti sulla Striscia di Gaza, tra cui 4.104 minori e 2.641 donne.I bollettini diffusi dal Ministero della Sanità di Gaza (controllato da Hamas), sono rilanciati anche dall’Ufficio dell’Onu per gli Affari Umanitari (Ocha-Opt) e non fanno alcuna distinzione tra popolazione civile e combattenti. Ma sono sicuramente civili la maggior parte delle vittime dei raid su aree densamente popolate della Striscia, così come lo sono i 25.408 feriti e gli oltre un milione e mezzo di sfollati dal nord dell’enclave palestinese. Così come, d’altronde, le almeno 140 vittime nei territori occupati della Cisgiordania. E gli 88 lavoratori dell’agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi (Unrwa), il numero più alto di vittime delle Nazioni Unite mai registrato in un singolo conflitto. Il Times of Israel ha dato la notizia della morte di una poliziotta israeliana a Gerusalemme, accoltellata questa mattina da un sedicenne palestinese, poi ucciso da un secondo agente. Sono 59 gli agenti di polizia rimasti uccisi dal 7 ottobre.Numeri che raccontano la realtà di quella che in molti hanno definito una “risposta sproporzionata” da parte di Israele. In primo luogo le Nazioni Unite e diverse sue agenzie, e poi naturalmente gli Stati arabi e la maggior parte della comunità internazionale. Ma non l’Unione europea, che nella sua posizione unitaria affermata con non poca difficoltà dal Consiglio europeo, ha garantito il sostegno a Israele e al suo diritto di difendersi in linea con la legge internazionale umanitaria, e ha chiesto che vengano concesse delle “pause umanitarie” per permettere la distribuzione degli aiuti alla popolazione di Gaza stremata da un mese di bombardamenti e di assedio totale. Ma sull’evidente inottemperanza del diritto umanitario non si è ancora espressa, e nemmeno sull’altrettanto evidente, nei fatti, rifiuto di Tel Aviv – così come di Hamas – di interrompere le ostilità quanto meno per l’accesso di aiuti umanitari.I leader Ue alla Conferenza degli Ambasciatori. Von der Leyen indica quattro principi per una “pace duratura” a GazaUrsula Von der Leyen alla Conferenza degli Ambasciatori 2023, 06/11/23Oggi (6 novembre) la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, alla Conferenza annuale degli ambasciatori Ue ha parlato di “terribile dilemma” nel dover contemporaneamente supportare Israele e aiutare i civili a Gaza. Perché il paradosso è che, mentre non condanna quella che il segretario generale dell’Onu ha chiamato “punizione collettiva contro i palestinesi”, l’Ue si adopera per consegnare aiuti umanitari alla popolazione di Gaza. I fondi comunitari per l’emergenza umanitaria nella Striscia sono stati quadruplicati: prima dell’inizio del conflitto ne erano previsti 25 milioni per il 2023, ora sono stati portati a 100 milioni di euro. Dal 16 ottobre, 6 voli che trasportavano oltre 263 tonnellate di aiuti hanno raggiunto l’Egitto. Acqua e servizi igienico-sanitari, cibo e altri beni essenziali, che a poco a poco e con grande difficoltà stanno entrando dal varco di Rafah nel sud di Gaza. Giovedì 9 novembre, a Parigi, Emmanuel Macron ha organizzato una conferenza internazionale per discutere degli aiuti umanitari nella Striscia.Priva di peso specifico nell’evitare la tragedia che si sta consumando a Gaza, l’Ue prova a ridare slancio a un processo politico che possa prima o poi mettere fine ad un conflitto vecchio come lo Stato di Israele. Per “immaginare come potrebbe essere una pace duratura” e “ridare speranza a palestinesi e israeliani”, l’unica prospettiva è la soluzione dei due Stati. La presidente della Commissione europea ha proposto “alcuni principi fondamentali che potrebbero aiutare a trovare un terreno comune”: innanzitutto Gaza “non può essere un rifugio sicuro per i terroristi”, e per garantirlo von der Leyen ha suggerito l’istituzione di una missione di pace internazionale sotto mandato delle Nazioni Unite. Dopo di ché, va legittimata ancora di più l’Autorità Nazionale Palestinese come unica entità, che controlli sia la Cisgiordania che Gaza. I punti successivi sono tutti indirizzati all’alleato israeliano: “non può esserci una presenza di sicurezza israeliana a lungo termine a Gaza” e non può esserci “nessuno spostamento forzato dei palestinesi da Gaza“. Infine, Israele dovrà porre fine al “blocco prolungato di Gaza”, perché “qualsiasi futuro Stato palestinese deve essere vitale, anche dal punto di vista economico”.Josep Borrell FontellesInsieme a von der Leyen, sono intervenuti sul tema anche gli altri tre tenori delle istituzioni europee: il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, la presidente dell’Eurocamera, Roberta Metsola, e l’Alto rappresentante per gli Affari Esteri, Josep Borrell. Nelle loro dichiarazioni alternate va ricostruito il puzzle della posizione europea sulla crisi in Medio Oriente, anche se Michel ha ribadito che “è responsabilità del Consiglio europeo e degli Stati membri decidere la politica estera in linea con i trattati e con i valori fondamentali dell’Unione”. Metsola ha avvertito che “dobbiamo mettere fine al terrore (di Hamas, ndr), ma come Israele lo farà importa all’Ue e a tutto il mondo”, mentre Borrell ha voluto sottolineare un’altra volta che Israele “non dovrebbe farsi accecare dalla rabbia”. È il capo della diplomazia europea la voce più fuori dal coro tra i leader Ue, quella maggiormente critica nei confronti di Tel Aviv e che si avvicina di più alle posizioni espresse dal segretario Onu Antonio Guterres. Borrell non ha paura a dire che, a dispetto di quanto fu stabilito negli accordi di Oslo del 1993, “in Israele la colonizzazione della Westa Bank è continuata con impunità e sempre maggiore violenza contro i palestinesi“. Gli insediamenti illegali israeliani in Cisgiordania, che erano 270 mila 30 anni fa, ora sono più di 700 mila.È sempre Borrell ad ammettere che “la tragedia in corso è il risultato di un fallimento politico e morale collettivo”, di una “mancanza di volontà nel risolvere la questione” israelo-palestinese. L’Unione europea, “paladina della situazione a due Stati”- come dichiarato da von der Leyen – non ha mai proposto percorsi realistici e efficaci per arrivarci. Ma il problema, sostiene Borrell, “non è né etnico, né religioso, è nazionale”. È il problema di “due popolazioni che hanno lo stesso diritto di vivere nella stessa terra“. E che quindi, per forza di cose, dovranno condividerla.
    31 giorni di bombardamenti a tappeto in risposta all’attacco di Hamas dello scorso 7 ottobre: nessun cessate il fuoco, inascoltato anche l’appello dell’Ue a “pause umanitarie” per distribuire gli aiuti internazionali nella Striscia di Gaza. Von der Leyen: “Missione di pace Onu dopo il conflitto”

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    Macron insiste per una coalizione internazionale contro Hamas: “Azioni militari mirate che non colpiscano i civili”

    Bruxelles – Il giorno dopo il compromesso a 27 al ribasso sulla necessità di “corridoi e pause per bisogni umanitari” a Gaza, il presidente della Repubblica francese esce dal coro e chiarisce la posizione di Parigi sul conflitto tra Israele e Hamas. Ed è una linea di supporto critico a Tel Aviv: “Per combattere i gruppi terroristici servono operazioni mirate, non un azione massiccia che mette in pericolo i civili“.L’appello a una “tregua umanitaria” fatto da Emmanuel Macron nella conferenza stampa a margine del Consiglio europeo va letto anche in questo senso. Non solo permettere l’ingresso e la distribuzione rapida e in sicurezza di aiuti umanitari, ma “organizzare veramente la protezione della popolazione civile, finalizzare la liberazione degli ostaggi e mirare meglio le operazioni contro i terroristi”. Se non fosse abbastanza esplicito, Macron spiega che – pur “riconoscendo totalmente il diritto di Israele e la sua volontà legittima di lottare contro il terrorismo”- per l’Eliseo “il blocco completo di Gaza, il bombardamento indifferenziato e ancora di più la prospettiva di un’operazione massiccia di terra non possano per natura proteggere la popolazione civile come si dovrebbe”, e così i funzionari dell’Onu, i medici, i volontari dell’assistenza ai civili.Palazzi sventrati dai bombardamenti israeliani a Gaza (Photo by Yahya HASSOUNA / AFP)Distinguere chiaramente tra “terroristi, autorità politica e popolazione” per Macron è indispensabile anche per la sicurezza stessa di Israele. Perché “se milioni di persone realizzano che i loro fratelli e sorelle sono stati uccisi nel nome della guerra contro Hamas, finiranno per aderire a quella causa”. Parigi chiede a Tel Aviv di “prendersi il tempo per preparare operazioni mirate”, e di farlo attraverso uno “scambio di informazioni tra i migliori eserciti”.E le forze militari francesi sono pronte a dare il proprio contributo, legittimate dal fatto di “aver perso 30 concittadini nell’attacco di Hamas” del 7 ottobre. Macron ha rilanciato ai 27 la sua proposta di replicare contro Hamas lo schieramento internazionale che ha combattuto Daesh in Siria: “Abbiamo sempre preso le nostre responsabilità contro i movimenti terroristici nella regione perché sono minacce per noi stessi – ha dichiarato in conferenza stampa -, nelle prossime settimane proporremo ai nostri partner di riunirci per strutturare questa iniziativa. E condivideremo l’approccio con tutti i partner della regione che lo desiderano”.Un invito che dovrà chiaramente essere accolto anche dalle autorità israeliane, a cui Macron ha chiesto inoltre di adoperarsi per “far cessare le violenze di alcuni coloni sui civili in Cisgiordania“. Il focus rimane chiaramente sul disastro umanitario di Gaza, e su una tregua necessaria per “coordinare bene le cose e evitare che ci siano vittime totalmente ingiustificate di una lotta legittima contro il terrorismo”, una lotta “che durerà”. Nell’approccio del presidente francese, oltre alla lotta alla lotta al terrorismo  “con azioni mirate” e l’aiuto umanitario che “protegga la popolazione di Gaza”, non si può prescindere da un terzo punto: la prospettiva politica, con “un rilancio deciso della soluzione dei due Stati“.
    Il presidente francese ha criticato “il blocco completo di Gaza e il bombardamento indifferenziato” attuato dalle forze di difesa israeliane, che rischia di ripercuotersi sulla sicurezza stessa di Israele: “Milioni di persone finiranno per aderire alla causa di Hamas”

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    Il politologo Morillas (Cidob): “L’Ue deve tenere conto della natura e della portata della risposta di Israele”

    Bruxelles – “L’Ue non può sostenere l’uso inappropriato della forza, deve tenere conto della natura e della portata della risposta di Israele”. La posizione di Pol Morillas, direttore del Barcelona Centre for International Affairs (Cidob), è chiara: sul conflitto che si è riacceso il 7 ottobre nella striscia di Gaza tra Hamas e Israele, l’Unione europea, nella sua ambiguità, ha sbagliato la risposta.Secondo Morillas, la risposta alla guerra in Medio Oriente non ha rispecchiato la posizione tradizionale dell’Ue. Il politologo si riferisce alla dichiarazione della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, affidata a un tweet pubblicato il giorno dopo l’attacco di Hamas, secondo la quale “Israele ha il diritto di difendersi – oggi e nei giorni a venire”. “La sua posizione non è in linea con il linguaggio concordato nelle storiche conclusioni del Consiglio europeo sul processo di pace in Medio Oriente“, afferma Morillas in uno commento pubblicato da Carnegie Europe. Il conflitto riapre un vecchio fronte di guerra, in un momento in cui l’Europa e il mondo sono già provati da due anni di guerra condotta dalla Russia in Ucraina, confine dell’Ue. “Le prospettive di una concentrazione globale per la pace e la sicurezza, sia attraverso la collaborazione tra grandi potenze sia attraverso istituzioni multilaterali, sono nulle. Questa non può essere una buona notizia per nessuno”, aggiunge Morillas.Nessuno può trarre vantaggio da una guerra che – si legge nel commento del direttore del Cidob – potrebbe potenzialmente portare a ulteriore instabilità locale, regionale e globale. Di certo non l’Unione europea, la quale “ha molto da perdere dal riaccendersi di un vecchio conflitto” in cui ha poco da dire e da fare in confronto ad altri attori, come gli Stati Uniti. Per questo, ricorda Morillas, l’ex capo della politica estera dell’Ue Javier Solana pensava che la cosa migliore che l’Unione potesse fare fosse costruire dei depositi per la pace: “In altre parole, avere azioni che l’Ue potrebbe proporre per sostenere la pace e il dialogo, pur mantenendo una posizione chiara basata sulla soluzione dei due Stati”, aggiunge il politologo.Dichiarazioni come quelle di von der Leyen portano Morillas a vedere delle ambiguità nella posizione dell’Ue, che dovrebbe stare attenta a non inviare segnali contraddittori sulla necessità di lavorare per la pace da un lato e sull’escalation dall’altro: “È necessario condannare con la massima fermezza gli attacchi terroristici“. Non solo: quello a cui bisogna stare ancora più attenti, secondo Morillas, è la posizione sugli aiuti umanitari: “L’Unione non dovrebbe inviare segnali contraddittori sulla cancellazione degli aiuti alla Palestina, perché è proprio su questo fronte che spesso si basa la sua credibilità come attore di politica estera”.
    Secondo lo studioso, le posizioni prese da von der Leyen allo scoppio della guerra “non sono in linea con le storiche conclusioni del Consiglio europeo sul processo di pace”

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    L’unità dell’Ue alla prova della crisi in Medio Oriente. Meloni: “Per sconfiggere Hamas va risolta la questione palestinese”

    Bruxelles – Doveva essere il tema cruciale del vertice dei capi di stato e di governo dell’Ue, il più urgente e potenzialmente il più divisivo. E dalle dichiarazioni dei leader all’ingresso al Consiglio europeo, nel primo pomeriggio di oggi (26 ottobre), la crisi in Medio Oriente è a tutti gli effetti in cima all’agenda. L’imperativo è trovare un linguaggio comune per condannare le violenze contro i civili da entrambe le parti – obiettivo più facile -, ma soprattutto per chiedere l’ingresso e la distribuzione in sicurezza di aiuti umanitari a Gaza.Nel corso di questa settimana le diplomazie Ue hanno limato più volte il paragrafo delle conclusioni del vertice relativo alla richiesta di una pausa umanitaria nell’enclave palestinese. Nell’ultima versione della bozza, quella finita oggi sul tavolo dei leader, si è scelta la formula del “continuo, rapido e sicuro accesso umanitario attraverso tutte le misure necessarie, inclusi corridoi e pause umanitarie“. Ed è stato aggiunto una significativa “condanna nei termini più forti di tutte le violenze e le ostilità contro tutti i civili”. Come spiegato da fonti diplomatiche, tutto sta nel “trovare un linguaggio che non abbia impatti al diritto di Israele a difendersi”. Se sul principio di garantire gli aiuti umanitari alla popolazione civile c’è un consenso generale, i leader hanno mostrato ancora una volta sensibilità differenti sulla questione. A conferma di ciò, la discussione sul primo tema in agenda, è ancora in corso dopo tre ore dall’inizio del vertice.Il primo ministro spagnolo Pedro SanchezDa un lato il primo ministro spagnolo, Pedro Sanchez – che detiene anche la presidenza di turno del Consiglio dell’Ue -, ha dichiarato chiaramente di volere “un cessate il fuoco”, ma “se non ci sono le condizioni almeno una pausa umanitaria per consegnare gli aiuti”. Il suo omologo belga, Alexander De Croo, ha definito “inaccettabile” l’assedio israeliano a Gaza, perché il diritto di Israele a difendersi “non può mai essere una scusa per privare le persone del necessario per sopravvivere“. D’altra parte il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, seppur assicurando che i 27 “lavoreranno per dare sostegno umanitario ai cittadini di Gaza”, si è concentrato sull’importanza di “chiarire ancora una volta il sostegno a Israele contro il brutale attacco di Hamas”, che ha violato “tutti i principi dell’umanità”. Emblematica la posizione del primo ministro ungherese, Viktor Orban, sulla discussione intorno al cessate il fuoco: alla domanda di un giornalista, Orban ha risposto “Cessate il fuoco? Si, tra Ucraina e Russia si”.Una volta trovato un compromesso sulla richiesta a Israele di concedere delle interruzioni umanitarie per permettere la distribuzione di aiuti a Gaza, su cui il presidente del Consiglio europeo Charles Michel si è detto “fiducioso di arrivare a una buona decisione“, i 27 sono chiamati a ridare vigore all’impegno verso una futura convivenza pacifica nella regione. La presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni, ha commentato con lucidità che “uno degli strumenti più efficaci per sconfiggere Hamas sia dare una concretezza e una tempistica alla soluzione della questione palestinese“, dando “maggiore peso all’Autorità nazionale palestinese”. Il vice-premier Antonio Tajani, dal pre-summit del Partito Popolare Europeo a Bruxelles, rilancia ancora più in là la linea del governo: “Bisogna avviare un percorso che porti alla creazione di uno Stato palestinese, che dia una prospettiva alla popolazione palestinese e che tagli l’erba sotto i piedi ad Hamas, che deve essere delegittimata sia da un punto di vista militare, attraverso una sconfitta, sia da un punto di vista politico”, ha dichiarato il ministro degli Esteri.La volontà di ridare vigore al dialogo con l’Autorità Nazionale Palestinese è espressa anche nella bozza delle conclusioni del vertice, oltre all’impegno a “contribuire al processo politico sulla base della soluzione a due Stati”. Un impegno chiarito già nella dichiarazione congiunta dei 27 Paesi Ue del 15 ottobre scorso. Quell’orizzonte, messo nero su bianco trent’anni fa negli accordi di Oslo, non è però mai stato seriamente puntato. Ma, come evidenziato da Meloni, è un “medio termine che non deve più essere considerato come un ‘ne parliamo dopo’”.
    Nell’ultima bozza delle conclusioni l’appello per un “continuo, rapido e sicuro accesso umanitario attraverso tutte le misure necessarie, inclusi corridoi e pause umanitarie”. Per il vicepremier Tajani “Bisogna avviare un percorso che porti alla creazione di uno Stato palestinese”

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    Pausa, pause o cessate il fuoco umanitario. I leader Ue devono trovare la formula per chiedere l’accesso degli aiuti internazionali a Gaza

    Bruxelles – La crisi in Medio Oriente ha ridisegnato l’agenda del vertice dei leader Ue: domani (25 ottobre) e venerdì, i capi di Stato e di governo dei 27 dovranno trovare le parole giuste per chiedere l’accesso e la distribuzione degli aiuti umanitari in sicurezza nella Striscia di Gaza. È questo il punto cruciale, perché – ribadiscono fonti europee – la posizione dell’Unione europea sul conflitto non è cambiata dalla dichiarazione congiunta emessa lo scorso 15 ottobre.Una posizione ribadita nell’ultima bozza delle conclusioni del Consiglio europeo, visionata da Eunews, che prende le mosse dalla “condanna nei termini più forti possibili nei confronti di Hamas per i suoi attacchi terroristici brutali e indiscriminati in tutto Israele”. Il secondo punto fermo è il supporto al diritto di Israele a difendersi in linea con il diritto internazionale e con il diritto internazionale umanitario, il terzo è l’appello ad Hamas per il “rilascio immediato di tutti gli ostaggi senza condizioni”. Una volta riaffermati questi principi, i leader si concentreranno su “come migliorare la situazione umanitaria a Gaza”.È qui che si tocca “il tema sensibile”, ammette un alto funzionario dell’Ue. I Paesi membri sono d’accordo sul richiedere un “accesso umanitario continuo, rapido, sicuro per raggiungere le persone bisognose attraverso tutte le misure necessarie“, e nel documento finito sul tavolo degli ambasciatori Ue questa mattina veniva inclusa la possibilità di “una pausa umanitaria”. Ma la discussione ruota attorno alle lettere, alle virgole, perché l’imperativo a Bruxelles è trovare un linguaggio “che non abbia impatti sul diritto di Israele a difendersi“. Non può esserci un appello al cessate il fuoco, perché questo significherebbe equiparare l’esercito regolare israeliano ad Hamas, organizzazione riconosciuta come terroristica dall’Ue. Rispetto alla bozza precedente – circolata nei giorni scorsi – è scomparso anche il “supporto alla all’appello del segretario generale dell’Onu per una pausa umanitaria”.Perché su uno dei conflitti più divisivi di sempre da ieri sera è divisivo anche Antonio Guterres, dopo che ha dichiarato che “Hamas non è nata dal nulla” e Israele ne ha chiesto le dimissioni. L’importante, ribadiscono ancora fonti europee, è l’ingresso degli aiuti umanitari. Che comprendono “cibo, acqua, assistenza medica, materiale da campo e carburante“. Su questo, l’Ue fa uno sgarro ad Israele, che non vuole permettere l’ingresso nella Striscia di carburante che potrebbe essere utilizzato per il lancio di missili. Ma che viene sicuramente utilizzato per far funzionare gli ospedali. 
    Al Consiglio europeo di domani e venerdì (26-27 ottobre) irrompe la crisi in Medio Oriente. Dai 27 la “ferma condanna di tutte le violenze e le ostilità contro i civili”, ma dalla bozza delle conclusioni sparisce il sostegno all’appello del segretario generale dell’Onu per una pausa umanitaria

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    Dai leader Ue probabile appello per una “pausa umanitaria” a Gaza. Borrell: “Obiettivo meno ambizioso di un cessate il fuoco”

    Bruxelles – La richiesta di un cessate il fuoco tra Israele e Hamas è troppo divisiva. Ma i 27 sono d’accordo “con l’idea di una pausa umanitaria, come qualcosa che permetta agli aiuti internazionali di entrare” a Gaza e di essere distribuiti alla popolazione ormai allo stremo. L’ha dichiarato l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, al termine del vertice a Lussemburgo con i ministri degli Esteri dei Paesi membri. La palla passa ai capi di stato e di governo, che si incontreranno a Bruxelles tra pochi giorni, giovedì 26 ottobre.Le parole di Borrell trovano conferma nella bozza delle conclusioni del vertice dei leader, visionata da Eunews: “Il Consiglio europeo sostiene l’appello del segretario generale delle Nazioni Unite Guterres per una pausa umanitaria al fine di consentire un accesso umanitario sicuro e l’arrivo degli aiuti a chi ne ha bisogno”. Il documento sarà nuovamente discusso dai rappresentanti permanenti dei 27 al Coreper prima del Consiglio europeo, ma il capo della diplomazia europea non prevede intoppi su un punto che è già un compromesso. Perché qualche Paese, in prima linea la Spagna, in mattinata aveva invocato un obiettivo più ambizioso. “Questo è il momento di un cessate il fuoco. Questo è il momento di fermare la violenza a Gaza e in Israele e di guardare avanti”, ha dichiarato il ministro di Madrid, José Manuel Albares, prima di incontrare i suoi omologhi.Ma per la maggior parte dei 27 vale un’altra linea, sintetizzata dal ministro degli esteri italiano, Antonio Tajani. Una linea per cui il cessate il fuoco equivale a negare il diritto di Israele a difendersi, ma “non possiamo dire a Israele di non difendersi mentre Hamas continua a lanciare missili contro le città”. Quello che si può fare, è insistere per una pausa umanitaria. Anche se per il ministro degli Esteri dell’Irlanda, Micheal Martin, “Pausa umanitaria o cessate il fuoco sono intercambiabili”, in realtà il loro significato politico e i risvolti pratici sono differenti. “Al vertice de il Cairo il segretario dell’Onu ha parlato di cessate il fuoco, che è certamente molto di più di una pausa. Una pausa è una pausa: un’interruzione che più avanti riprenderà, è un obiettivo meno ambizioso“, ha ammesso Borrell.Il capo della diplomazia europea ha però messo in chiaro che gli aiuti umanitari che Israele ha lasciato entrare finora a Gaza dal varco di Rafah non sono sufficienti. “Prima della guerra entravano cento camion al giorno, ora si parla di venti – ha commentato -, e i bisogni sono molto maggiori”. Ma non è solo una questione di “velocità e quantità”: i ministri dei 27 sono d’accordo sul fatto che “gli aiuti debbano includere il combustibile necessario per far funzionare gli impianti di desalinizzazione dell’acqua e la produzione di energia elettrica”. Cosa che Israele sta vietando. Duro anche il commissario Ue per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič, secondo cui “la quantità non deve essere decisa in modo arbitrario, ma dai bisogni” e “deve poter andare in tutti i posti in cui c’è gente che ha bisogno”. Perché Tel Aviv sta cercando di limitare la distribuzione degli aiuti al sud della Striscia, in modo da forzare chi ancora non si è spostato dal nord a mettersi in marcia. “Non c’è necessità solo di cibo, acqua e medicine, ma particolarmente di carburante, perché senza gli ospedali non possono funzionare”, ha sottolineato Lenarčič.Nelle conclusioni del Consiglio europeo su cui stanno lavorando i diplomatici dei 27, nel capitolo relativo al Medio Oriente si dice anche che l’Ue “ribadisce il bisogno di evitare un escalation regionale impegnandosi con i partner, inclusa l’Autorità Palestinese”, per “ridare vigore ad un processo politico sulla base della soluzione a due stati“. Un obiettivo indicato anche da Borrell, che ha fatto mea culpa: “Sono trent’anni che ne parliamo e ogni volta sembra che ci si allontani, nella misura in cui il numero dei coloni israeliani nei territori della Cisgiordania si è triplicato dalla firma degli accordi di Oslo”. È ora di rilanciare il processo politico e le aspirazioni legittime del popolo palestinese. A due settimane dai terribili attacchi di Hamas a Israele, anche la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha ritenuto opportuno riallacciare i contatti con l’Autorità Nazionale palestinese: in una telefonata al presidente Mahmoud Abbas ha espresso le proprie condoglianze per i civili vittime dei raid israeliani e gli ha assicurato il supporto per una soluzione che preveda la creazione di uno stato legittimo palestinese.
    Nella bozza del Consiglio europeo il “sostegno all’appello del segretario generale delle Nazioni Unite Guterres” per l’accesso sicuro e la distribuzione degli aiuti umanitari. Von der Leyen chiama il presidente palestinese Abbas per rilanciare il processo politico verso la soluzione a due stati

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    Von der Leyen chiama Washington contro Putin e Hamas: “L’Europa e gli Stati Uniti insieme per plasmare il futuro”

    Bruxelles – “È nostro dovere che l’Europa e gli Stati Uniti contribuiscano a plasmare la storia del futuro“: nel think-tank fortino dei conservatori americani, quell’Hudson Institute che fu presieduto tra gli altri da Ronald Reagan, l’invettiva della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, è un ritorno a quella retorica atlantista di opposizione tra il bene e il male, tra l’Occidente democratico e le forze autocratiche.A Washington per il vertice Ue-Usa con il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, e Joe Biden, von der Leyen è stata invitata da John Walters, presidente dell’Hudson Institute, a tenere un discorso sugli stravolgimenti geopolitici degli ultimi tempi, dalla guerra in Ucraina al riaccendersi della questione israelo-palestinese. “Gli eventi delle ultime settimane in Medio Oriente e degli ultimi anni nell’Europa dell’Est dimostrano che la lotta che l’Europa e gli Stati Uniti hanno combattuto negli ultimi settant’anni non è mai scomparsa”, ha esordito la leader Ue, citando Reagan e il suo impegno per la riunificazione della Germania alla fine degli anni ’80:  “Credeva che la comunità atlantica fosse la casa della democrazia”, l’ha omaggiato von der Leyen.Le crisi in Ucraina e in Israele, “per quanto diverse, chiedono all’Europa e all’America di prendere posizione e di restare unite”, ha proseguito. Perché così come Putin “vuole cancellare l’Ucraina dalla carta geografica”, Hamas, “sostenuto dall’Iran”, vuole cancellare Israele. Per von der Leyen “la Russia e Hamas sono simili”, perché entrambi hanno “deliberatamente cercato civili innocenti, compresi neonati e bambini, per ucciderli e prenderli in ostaggio”. Una barbarie che rischia di “diffondersi dall’Europa, al Medio Oriente e all’Indo Pacifico”, vola a “sovvertire l’ordine esistente”. L’ordine per il cui “mantenimento e creazione sono state sacrificate tante vite nei nostri continenti”.Per questo “tocca” ancora una volta “a noi occidentali” contribuire alla vittoria dell’Ucraina e alla de-escalation nella polveriera medio orientale. A Kiev le due sponde dell’Atlantico hanno già assicurato 90 miliardi di dollari, di cui 27 miliardi in assistenza militare. In Medio Oriente “l’instabilità può essere contenuta” facilitando il dialogo tra Israele e i suoi vicini: “Questo periodo di guerra deve essere anche un momento di diplomazia implacabile”, ha dichiarato von der Leyen. Sull’Ucraina la leader Ue è convinta che debba essere rispolverata la strategia della “deterrenza”, l’idea di “fornire l’equipaggiamento militare necessario per scoraggiare futuri attacchi russi”. Per farlo, è necessario aumentare la spesa per la difesa e alimentare l’industria bellica. In sinergia con gli Stati Uniti, “il nostro più antico e forte alleato”.La retorica è dura, con toni militaristi: Ue e Usa devono difendere oggi più che mai quell’ordine di pace conquistato insieme nella seconda guerra mondiale, quando “la democrazia vinse sul fascismo e sull’autocrazia”. Ecco perché Washington non deve tentennare sul rinnovo al sostegno militare e finanziario a Kiev, così come non lo farà Bruxelles. Perché è qui che viene fuori “il meglio del partenariato transatlantico, una partnership per la libertà, la pace e la prosperità”.
    Nel suo discorso all’Hudson Institute, la presidente della Commissione europea lancia l’appello all’alleato a stelle e strisce: “Gli Stati Uniti rinnovino il sostegno finanziario e militare a Kiev”. E accusa il Cremlino: “Russia e Hamas sono simili”

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    Israele, l’Eurocamera chiede una “pausa umanitaria” delle ostilità per permettere l’arrivo di aiuti internazionali a Gaza

    Bruxelles – Serve una tregua umanitaria per permettere agli aiuti internazionali di arrivare alla popolazione. Dopo l’acceso dibattito in aula, con una risoluzione non legislativa il Parlamento europeo di Strasburgo ha condannato “gli spregevoli attacchi terroristici di Hamas contro Israele” e espresso “seria preoccupazione” per la situazione nella Striscia di Gaza.Approvato oggi (19 ottobre) con 500 voti a favore, 21 contrari e 24 astensioni, il testo ribadisce il sostegno a Israele e sottolinea che “l’organizzazione terroristica Hamas deve essere eliminata”. Tel Aviv ha cioè il diritto all’autodifesa, ma la sua azione militare deve rientrare nei paletti del diritto internazionale. Per gli eurodeputati “attaccare i civili e le infrastrutture civili, compresi gli operatori delle Nazioni Unite, gli operatori sanitari e i giornalisti, è una grave violazione del diritto internazionale”.Non c’è margine per lanciare l’appello per la fine delle ostilità: la richiesta è stata modificata in “pausa umanitaria” con un emendamento orale in aula e approvata così. “Il Parlamento ha giustamente respinto l’appello per un cessate il fuoco. Non può esserci un cessate il fuoco con i terroristi di Hamas“, ha commentato su X il leader del Partito Popolare Europeo, Manfred Weber. Ma per l’Eurocamera è fondamentale distinguere tra “il popolo palestinese e le sue aspirazioni legittime e l’organizzazione terroristica Hamas e i suoi atti terroristici”. La popolazione della Striscia di Gaza è sotto assedio: secondo il ministero della Sanità controllato da Hamas, dall’inizio del conflitto sono state uccise 3.478 a Gaza e più di 12 mila sono state ferite. E all’incirca un milione di palestinesi sono fuggiti dalle loro case per spostarsi nel sud dell’enclave, ammassandosi nelle scuole delle Nazioni Unite e nei campi profughi.Per far fronte all’emergenza, i deputati “esortano la comunità internazionale a proseguire e a incrementare l’assistenza umanitaria alla popolazione civile dell’area” e “sollecitano l’Egitto e Israele a cooperare con la comunità internazionale per istituire corridoi umanitari verso la Striscia di Gaza“.  Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, avrebbe strappato un accordo per l’apertura, da domani, del valico di Rafah: tra i container che si stanno accumulando al confine tra Israele ed Egitto, anche le tende da campo, medicinali e kit igienici che la Commissione europea ha inviato con due ponti aerei già questa settimana. L’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi (Unrwa), che sta dando accoglienza nelle proprie strutture a circa 513 mila sfollati interni, ha fatto sapere che i propri rifugi sono “sovraffollati e dispongono di scorte molto limitate di cibo, prodotti per l’igiene e acqua potabile“.“Vogliamo una pausa del conflitto a fini umanitari e una de-escalation, in linea con quanto richiesto dal Segretario Generale delle Nazioni Unite”, ha dichiarato il capodelegazione del Partito democratico all’Eurocamera, Brando Benifei. Sul rischio di allargamento regionale degli scontri, il Parlamento ha condannato con “la massima fermezza” il sostegno dell’Iran ad Hamas e ad altri gruppi terroristici nella Striscia di Gaza, e ha reiterato la richiesta di includere il Corpo delle guardie della Rivoluzione islamica e l’Hezbollah libanese nell’elenco Ue delle organizzazioni terroristiche.Sul controverso bombardamento contro l’ospedale episcopale di Al Ahli, che avrebbe causato almeno duecento vittime, i deputati chiedono un’indagine indipendente per “stabilire se si sia trattato di un attacco deliberato e di un crimine di guerra e, in caso affermativo, chiede che i responsabili siano chiamati a risponderne”.
    Nella risoluzione approvata a larghissima maggioranza l’emiciclo di Strasburgo sottolinea che “l’organizzazione terroristica Hamas deve essere eliminata”. Nonostante la “profonda preoccupazione per il rapido deterioramento della situazione umanitaria nella Striscia di Gaza”, nessuna richiesta di cessate il fuoco