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    Il Partito Popolare Europeo sotto attacco a Bruxelles dopo le parole di Berlusconi su Putin e l’invasione dell’Ucraina

    Bruxelles – Dagli studi di Porta a Porta su Rai1 ai corridoi del Parlamento Europeo, le dichiarazioni del presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi, sulla guerra di Vladimir Putin in Ucraina stanno mettendo sotto scacco l’intera famiglia politica del Ppe (Partito Popolare Europeo). E dopo gli attacchi della scorsa settimana a Strasburgo sul rischio di favorire l’avanzata dell’estrema destra a livello nazionale e comunitario, il risveglio di questa mattina del presidente del Ppe, Manfred Weber, non è stato dei più tranquilli. “È scioccante sentire queste parole. Manfred Weber, niente da dire su questo?”, è l’attacco della presidente del gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e Democratici (S&D) al Parlamento Ue, Iratxe García Pérez.
    Probabilmente il leader dei popolari europei avrebbe qualcosa da dire al presidente di Forza Italia – dopo essersi fatto scudo in plenaria dietro ad Adenauer e Schumann “fondatori dell’Unione” – ma per il momento non trapela nessun commento pubblico. La posizione è impossibile da difendere e non è nemmeno pensabile andare allo scontro a soli due giorni dalle elezioni decisive per il futuro dell’Italia. Eppure quanto dichiarato da Berlusconi mette l’intera famiglia dei popolari europei sotto una luce ancora più tetra per il futuro dei rapporti con Kiev: “Putin è caduto in una situazione veramente difficile e drammatica“, in cui “una missione delle due Repubbliche filorusse del Donbass è andata a Mosca da lui in delegazione, dicendogli che Zelensky ha aumentato gli attacchi contro le loro forze sui confini”. E, secondo il numero uno forzista, l’autocrate russo “è stato spinto dalla popolazione russa, dal suo partito, dai suoi ministri a inventarsi questa operazione speciale“, con riferimento proprio al modo in cui la propaganda russa impone di definire l’invasione dell’Ucraina in patria.
    Ma non è finita qui. “Le truppe russe dovevano raggiungere Kiev in una settimana, sostituire con un governo di persone per bene il governo di Zelensky e in un’altra settimana ritornare indietro”, ricorda Berlusconi, in uno dei passaggi più controversi del suo intervento. “Invece hanno trovato una resistenza imprevista e imprevedibile da parte delle truppe ucraine, che poi sono state anche foraggiate con armi di tutti i tipi da parte dell’Occidente“, con la conclusione che è quasi un’analisi ex-post del fallimento della guerra di Putin: “La situazione in Ucraina è diventata molto difficile da tenere sotto controllo, non ho capito nemmeno perché le truppe russe si sono sparse in giro per l’Ucraina, mentre secondo me dovevano soltanto fermarsi intorno a Kiev“. No comment per ora dalle fila del Partito Popolare Europeo.

    It’s shocking to hear these words. @ManfredWeber , anything to say about this ? pic.twitter.com/SdBmvxZ2zY
    — Iratxe Garcia Perez/♥️ (@IratxeGarper) September 23, 2022

    “Con l’amichevole appoggio del Partito Popolare Europeo e di Manfred Weber”, commenta con sarcasmo l’eurodeputata tedesca dei Verdi (che correrà per la co-presidenza del gruppo all’Eurocamera), Terry Reintke: “Non ho più parole, come possono i conservatori non capire che stanno commettendo un errore storico. Di nuovo”. Anche dalle fila dei liberali di Renew Europe si alzano voci scandalizzate all’indirizzo di Berlusconi: “Si comporta come un apologeta di Putin e un cattivo consigliere militare, impeditegli di mettere le mani sulle redini del potere a Roma”, attacca l’ex-capogruppo dell’Alde al Parlamento Ue ed ex-premier del Belgio, Guy Verhofstadt. Mentre il collega italiano Nicola Danti (Italia Viva) si rivolge al gruppo del Ppe – “Come può una posizione politica del genere trovare casa fra le vostre fila?” – con un affondo diretto al presidente Weber: “Con quale coraggio potete sostenere un personaggio che rilascia simili dichiarazioni? Tradisce la vostra storia e il vostro presente!”

    Cari amici del @EPP, sine ira et studio, come può una posizione politica del genere trovare casa fra le vostre fila? @ManfredWeber con quale coraggio potete sostenere un personaggio che rilascia simili dichiarazioni? Tradisce la vostra storia e il vostro presente! pic.twitter.com/4RrSuR676m
    — Nicola Danti 🇪🇺🇮🇹 (@DantiNicola) September 23, 2022

    Pioggia di critiche al presidente del Ppe, Manfred Weber, per l’intervento “scioccante” del presidente di Forza Italia (della famiglia politica europea dei popolari) sulle motivazioni che hanno spinto l’autocrate russo ad attaccare il Paese e sullo sviluppo dell’offensiva militare

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    L’UE dà l’addio al “regno” di Boris Johnson: “Il suo populismo non ci mancherà, finalmente si dovrà fare da parte”

    Bruxelles – “Il regno di Boris Johnson finisce in disgrazia, proprio come il suo amico Donald Trump“. È un commento caustico quello di Guy Verhofstadt, membro del Parlamento UE ed ex-premier belga, a proposito della notizia di giornata: il premier britannico Johnson è pronto a rassegnare le dimissioni da leader del Partito Conservatore dopo l’ondata di dimissioni dei suoi ministri a causa di una serie di scandali che hanno travolto il suo governo. Un preambolo per il passo indietro anche da primo ministro del Regno Unito, atteso al più tardi entro l’autunno.
    Il tweet dell’eurodeputato liberale è un po’ la sintesi degli umori a Bruxelles rispetto al destino del premier che ha guidato il Regno Unito durante la separazione di Londra dall’Unione. Facendo un parallelismo con la sconfitta elettorale di Trump negli Stati Uniti nell’autunno 2019, Verhofstadt si è augurato “la fine di un’era di populismo transatlantico“. Le responsabilità dell’ormai quasi ex-primo ministro britannico riguardano anche i rapporti tra Londra e Bruxelles, che “hanno sofferto enormemente con la scelta della Brexit di Johnson”, ha attaccato Verhofstadt: “Le cose possono solo migliorare”. Anche il capogruppo del Partito Democratico al Parlamento UE, Brando Benifei, ha commentato in modo laconico le attese dimissioni di Johnson: “Il suo populismo non ci mancherà“, ha sottolineato in un tweet l’eurodeputato S&D, precisando che “dopo il Partygate, i gravi scandali che hanno colpito i conservatori, il tentativo di sfiducia da parte dei suoi deputati e le sconfitte elettorali nelle suppletive, finalmente dovrà farsi da parte“.

    #BorisJohnson si dimetterà. Dopo il “party gate”, i gravi scandali che hanno colpito i Conservatori, il tentativo di sfiducia da parte dei suoi deputati e le sconfitte elettorali nelle suppletive, finalmente dovrà farsi da parte. Il suo populismo non ci mancherà.
    — Brando Benifei (@brandobenifei) July 7, 2022

    Buona parte dei membri del Parlamento UE guardano con speranza alle dimissioni del premier britannico Johnson proprio per una distensione dei rapporti tra l’Unione e il Regno Unito. “Solo il popolo britannico può chiedere conto a Johnson”, ha ricordato il presidente del gruppo del PPE all’Eurocamera, Manfred Weber, mettendo però in chiaro che “qualunque sia la prossima mossa, l’UE deve insistere sulla piena attuazione del Protocollo sull’Irlanda del Nord“. Dal momento in cui “non ci sono opportunità per la Brexit, ma solo costi”, il rispetto del Protocollo – messo in discussione proprio dal governo Johnson – “esiste per minimizzare i danni”, ha avvertito Weber.
    “Il mandato di Johnson ha portato le relazioni tra UE e Regno Unito ai minimi storici”, ha attaccato la presidente del gruppo degli S&D al Parlamento UE, Iratxe García Pérez, ribadendo che “le sue dimissioni, attese da tempo, devono segnare una svolta”. L’appello a chi verrà dopo di BoJo è di “smettere di bruciare i ponti con noi e iniziare a costruirli“. Sulla stessa linea è anche Nathalie Loiseau (Renew Europe), presidente della delegazione all’Assemblea parlamentare di partenariato UE-Regno Unito: “Oggi è un giorno di speranza per il miglioramento delle relazioni” tra Bruxelles e Londra, “costruite sulla fiducia e sulla piena attuazione, in buona fede e buona volontà, degli accordi negoziati, firmati e ratificati congiuntamente”. L’eurodeputata francese ha invitato la controparte a “unirci, invece di essere divisi” e di “ricordare il significato dell’amicizia”.

    Today is a day of hope for improved EU-UK relations built on trust and on the full implementation, in good faith and good will, of agreements negotiated, signed and ratified jointly. We are ready. Let’s unite instead of being divided. Let’s remember the meaning of friendship.🇪🇺🇬🇧
    — Nathalie Loiseau (@NathalieLoiseau) July 7, 2022

    Più cauta la Commissione Europea, che, per voce del suo portavoce Johannes Bahrke, non si è smossa dal “no comment sui processi democratici nei Paesi terzi“. Incalzato dalle domande della stampa europea durante il punto quotidiano, il portavoce dell’esecutivo comunitario per l’accordo UE-Regno Unito, Daniel Ferrie, ha spiegato che “gli sviluppi politici a Londra non cambiano la nostra posizione” in merito al “lavoro con le autorità britanniche per l’attuazione del Protocollo sull’Irlanda del Nord”. Un altro “no comment” è arrivato sulla possibilità che le dimissioni di Johnson possano cambiare l’atteggiamento della Commissione UE rispetto alla procedura d’infrazione riattivata contro Londra lo scorso 15 giugno: “Al momento non abbiamo novità, rimane in corso”, ha precisato il portavoce.

    Al centro della questione tra Londra e Bruxelles c’è la decisione del governo Johnson di non ritirare il progetto di legge che andrebbe a riscrivere – solo da parte britannica – le condizioni del commercio tra Gran Bretagna e Irlanda del Nord, violando il protocollo che è parte dell’accordo di recesso tra UE e Regno Unito. Dopo la decisione della Commissione di riattivare la procedura d’infrazione, dall’altra sponda della Manica è arrivata una risposta di totale chiusura: non solo la proposta non è stata ritirata, ma martedì scorso (28 giugno) la Camera dei Comuni l’ha approvata, dando il primo via libera al progetto di modifica del Protocollo sull’Irlanda del Nord.

    Si tratta in particolare della questione del periodo di grazia per il commercio nel Mare d’Irlanda, ovvero la durata della concessione temporanea ai controlli UE sui certificati sanitari per il commercio dalla Gran Bretagna all’Irlanda del Nord (che nel contesto post-Brexit sono necessari per mantenere integro il Mercato Unico sull’isola d’Irlanda). Il problema maggiore riguarda le carni refrigerate e per questa ragione si è spesso parlato di ‘guerra delle salsicce’ con Bruxelles. Il tentativo di prorogare unilateralmente il periodo di grazia da parte del governo Johnson aveva scatenato lo scontro diplomatico tra le due sponde della Manica, apparentemente risolto tra luglio e ottobre dello scorso anno: l’esecutivo comunitario aveva prima sospeso la procedura d’infrazione contro Londra, per cercare poi delle soluzioni di compromesso su tutti i settori più delicati, ma senza mai mettere in discussione l’integrità della parte dell’accordo di recesso tra UE e Regno Unito siglato per garantire l’unità sull’isola irlandese.

    I membri del Parlamento UE sperano in una distensione dei rapporti con Londra dopo le dimissioni di BoJo da leader dei conservatori (e presto da primo ministro britannico). Più cauta la Commissione: “No comment sui processi democratici nei Paesi terzi”