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    Su clima e natura il nuovo Brasile di Lula rischia di deludere le aspettative Ue

    Bruxelles – Il ritorno di Lula alla guida del Brasile per il ritorno a politiche di protezione della natura, foresta amazzonica in testa, e di contrasto ai cambiamenti climatici. L’Unione europea guarda al governo del Paese sudamericano con rinnovate aspettative che rischiano però, se non di essere disattese, di essere soddisfatte solo in parte. Perché ci sono idee vecchie in un contesto cambiato, e una situazione politica che non conferisce un mandato veramente forte e tale da imprimere quella svolta verde e sostenibile che potrebbe rappresentare un prezioso alleato per il Green Deal europeo.
    Da una parte c’è l’eredità lasciata a Lula dal suo predecessore, il conservatore Jair Bolsonaro. Quando si parla di clima e impegni contro la deforestazione, anche al netto degli impegni della nuova amministrazione, “i progressi tangibili richiederanno del tempo, dati i danni causati negli ultimi quattro anni”, rileva un documento del Parlamento europeo. Luiz Inacio da Silva Lula è entrato in carica l’1 gennaio 2023. In un solo anno, tra agosto 2021 e luglio 2022, sono stati abbattuti 11.594 chilometri di alberi nell’Amazzonia legale, una regione di nove stati federali nel bacino amazzonico. “Un’area simile al territorio del Montenegro”. Certo, il tasso di deforestazione registrato rappresenta “un calo dell’11 per cento rispetto ai livelli del 2021”, ma si continua a minare la capacità del polmone verde del mondo di catturare e trattenere CO2.
    C’è poi un mutato contesto istituzionale, che incide sull’attività politica. Il Congresso “ha ridimensionato i poteri dei ministeri dell’Ambiente e del cambiamento climatico e delle Popolazioni indigene”, con ciò ne consegue per l’azione di governo, chiamato a dover far ripartire un’economia in sofferenza. Le ultime previsioni dell’Ocse prevedono la crescita del Pil nazionale dell’1,7 per cento alla fine di quest’anno e all’1,2 per cento nel 2024, livello occupazionali più bassi, elevata inflazione e condizioni di credito più severe. C’è dunque sullo sfondo la possibilità di un’azione meno decisa in tema di sostenibilità, rileva ancora il documento del Parlamento Ue.
    “Le contraddizioni nelle politiche di Lula possono derivare dalla difficoltà di conciliare la protezione dell’Amazzonia e dei diritti dei popoli indigeni con il rilancio dell’economia lenta e la riduzione della povertà”. Rispondere a questa secondo necessità potrebbe essere fatto “stimolando lo sviluppo economico in Amazzonia, che comporta grandi progetti infrastrutturali che alimentano la deforestazione”.
    Del resto questa natura ambivalente del nuovo corso di Lula è già riscontrabile nella dichiarazione congiunta Brasile-Cina dell’aprile 2023 sulla lotta al cambiamento climatico. Nonostante questo impegno formale “le importazioni non vengono vagliate per il loro potenziale collegamento con la deforestazione”, viene rilevato in Parlamento Ue. Un problema di non poco conto se si considera l’accordo commerciale che l’Unione europea vorrebbe chiudere con i Paesi Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay), e per cui ‘il fattore Lula’ agli occhio degli europei potrebbe giocare a favore dei Ventisette.
    Argentina e Brasile, però, “sono preoccupati per l’impatto del nuovo regolamento dell’Ue sui prodotti da deforestazione e loro accesso al mercato dell’Unione europea”, e qui l’Ue si aspetta garanzie da un presidente, Lula, considerato come la leva del possibile cambiamento sostenibile del Paese e del modello economico-produttivo internazionale.
    Quel che è certo, a Bruxelles, è che al momento “è troppo presto per valutare se le politiche anti-deforestazione di Lula saranno in grado di ottenere un risultato positivo simile a quello che hanno avuto in passato”. Il Brasile di Lula rischia di essere dunque molto diverso dalle aspettative a dodici stelle.

    Un’analisi del Parlamento europeo mette in luce le difficoltà per il leader sudamericano di imprimere una vera svolta dopo l’amministrazione Bolsonaro

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    Approvato dal Consiglio dell’Ue l’accordo di libero scambio con la Nuova Zelanda. Entrata in vigore attesa entro il 2024

    Bruxelles – Fa passi in avanti l’accordo di libero scambio Ue-Nuova Zelanda e ora si attende solo il via libera del Parlamento Europeo per l’entrata in vigore. A dare la spinta decisiva è stata l’approvazione di oggi (27 giugno) da parte del Consiglio dell’Ue, che ha adottato la decisione di firmare l’accordo stretto nel giugno dello scorso anno dal gabinetto von der Leyen con Wellington. “L’accordo Ue-Nuova Zelanda rafforzerà il rapporto tra partner stretti e giocherà un ruolo importante nel nostro impegno nella regione dell’Indo-Pacifico“, si è congratulato il vicepresidente esecutivo della Commissione Ue responsabile per l’Economia, Valdis Dombrovskis: “È un accordo moderno e dinamico, che promuove forti azioni a protezione del clima e dei diritti del lavoro”.
    Il vicepresidente esecutivo della Commissione Ue per l’Economia, Valdis Dombrovskis (27 giugno 2023)
    Il via libera del Consiglio è necessario – insieme a quello ancora mancate dell’Eurocamera – per sancire la fine del processo iniziato esattamente cinque anni fa. Una volta entrato in vigore – “ci aspettiamo che questo accada all’inizio del 2024“, ha precisato Dombrovskis nel corso della conferenza stampa – l’accordo di libero scambio Ue-Nuova Zelanda porterà all’eliminazione dei dazi su tutte le esportazioni di merci e prodotti industriali e alimentari dai Paesi membri Ue verso la Nuova Zelanda, mentre l’Unione eliminerà “o ridurrà sostanzialmente” i dazi sulla maggior parte delle merci neozelandesi, si legge testo dell’intesa firmata il 30 giugno 2022 dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e dall’allora premier neozelandese, Jacinda Ardern, volata a Bruxelles appositamente per presenziare all’appuntamento storico. L’entrata in vigore avverrà “il primo giorno del secondo mese successivo alla conferma” di entrambe le parti sul completamento dei requisiti e delle procedure legali.
    Cosa prevede l’accordo Ue-Nuova Zelanda
    Al centro dell’accordo di libero scambio Ue-Nuova Zelanda c’è la collaborazione per spingere una crescita stimata dell’80 per cento degli investimenti e del commercio bilaterale fino al 30 per cento: in altri termini, un potenziale aumento delle esportazioni annuali dell’Ue fino a 4,5 miliardi di euro. Di fondamentale importanza per Bruxelles è la tutela di 163 indicazioni geografiche protette (come il formaggio Asiago) e quasi duemila tra vini e alcolici (tra cui il Prosecco). Sarà illegale la vendita di imitazioni – divieto dell’uso di un termine Ig “per prodotti non genuini”, o espressioni come ‘genere’, ‘tipo’, ‘stile’, ‘imitazione’ – e l’uso “ingannevole” di simboli, bandiere o immagini che suggeriscono una falsa origine geografica. Stop anche a tutti i dazi sulle principali esportazioni alimentari dell’Ue in Nuova Zelanda, come carni suine, vino e spumante, cioccolato, dolciumi e biscotti
    Da sinistra: l’ex-prima ministra della Nuova Zelanda, Jacinda Ardern, e la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen (30 giugno 2022)
    L’accordo di libero scambio Ue-Nuova Zelanda rappresenta un primo caso nel suo genere, considerato che nel capitolo sul commercio e lo sviluppo sostenibile sono state incluse questioni ambientali e climatiche con una clausola inedita: nella collaborazione per la determinazione del prezzo del carbonio e la transizione verso un’economia a basse emissioni, sono previste sanzioni in caso di “violazione sostanziale” dell’Accordo di Parigi sul clima. L’obiettivo è quello di prevenire e limitare i danni ad acqua, aria e suolo, facilitando il commercio e gli investimenti in beni, servizi e tecnologie a basse emissioni di carbonio. In questo quadro rientra anche il capitolo su energia e materie prime, con l’eliminazione delle restrizioni all’esportazione di beni energetici, rinnovabili incluse: in particolare saranno promossi il commercio e gli investimenti per le energie rinnovabili e i prodotti ad alta efficienza energetica.
    Di rilievo infine il capitolo sul digitale e la proprietà intellettuale. Saranno facilitati i flussi di dati transfrontalieri, vietando i requisiti “ingiustificati” di localizzazione dei dati e mantenendo il livello di protezione dei dati personali secondo il Regolamento generale sulla protezione dei dati (Gdpr) dell’UE, “che contribuisce in modo significativo alla fiducia nell’ambiente digitale”. In questo modo le imprese potranno contare sulla “prevedibilità e certezza del diritto” e i cittadini comunitari e neozelandesi su “un ambiente online sicuro” nel momento in cui effettuano transazioni commerciali digitali a livello transfrontaliero. Per quanto riguarda le disposizioni in materia di proprietà intellettuale, saranno protetti il diritto d’autore, i marchi, i disegni e i modelli industriali, con un aumento degli standard accettati da Wellington: 20 anni per i diritti di autori, esecutori e produttori di registrazioni sonore e 15 anni per disegni e modelli registrati.

    A fissare la data è stato il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, accogliendo il passo in avanti verso l’eliminazioni dei dazi alle esportazioni reciproche e la tutela dei prodotti agricoli europei. Intesa storica su sanzioni in caso di violazione dell’Accordo sul clima di Parigi

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    Unione Europea e Corea del Sud hanno siglato un nuovo Partenariato verde su ambiente e transizione energetica

    Bruxelles – Si riparte dalla transizione verde, dopo quella digitale. A sei mesi dall’intesa siglata per stringere i rapporti bilaterali nel campo delle nuove tecnologie, Unione Europea e Corea del Sud hanno dato il via libera oggi (22 maggio) a un nuovo Partenariato verde, per mettere insieme gli sforzi nei campi della lotta ai cambiamenti climatici, della protezione dell’ambiente e della transizione verso energie pulite.
    Da sinistra: il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, il presidente della Corea del Sud, Yoon Suk Yeol, e la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen (Seul, 22 maggio 2023)
    A siglare l’intesa Ue-Corea del Sud sono stati i presidenti di Consiglio, Charles Michel, e Commissione Ue, Ursula von der Leyen, nel corso del viaggio che li ha portati a Seul per un confronto con il presidente coreano, Yoon Suk Yeol. “La Corea del Sud è uno dei partner più stretti dell’Ue nella regione, oggi compiamo un passo ulteriore nel rafforzamento del nostro partenariato strategico sulle maggiori sfide globali, come clima, salute e sicurezza”, ha sottolineato in conferenza stampa il leader del Consiglio, facendo riferimento non solo al nuovo Partenariato verde siglato oggi, ma anche alle discussioni sull’implementazione di quello digitale “su semiconduttori, quantum computing e intelligenza artificiale” concordato il 28 novembre 2022. A confermare il legame tra le due intese è stata la numero uno della Commissione: “Spingeremo la partnership digitale per permettere ai nostri team di lavoro di concentrarsi su intelligenza artificiale, computer ad alte prestazioni e soprattutto sui semiconduttori“.
    L’intesa messa a terra questa mattina per il Partenariato verde Ue-Corea del Sud prevede una “convergenza in aree-chiave come il prezzo del carbonio, la deforestazione e i prodotti in plastica”, ha aggiunto von der Leyen in conferenza stampa, precisando che “esploreremo progetti comuni nei settori delle energie rinnovabili, dell’efficienza energetica e dell’economia dell’idrogeno“. La base di partenza del confronto coinvolge la necessità di riduzioni “rapide, più profonde e sostenute” delle emissioni di gas a effetto serra per limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi centigradi, ma anche la necessità di una “rapida transizione energetica pulita che sia equa e giusta e non lasci indietro nessuno” e sforzi “senza precedenti” per “proteggere, ripristinare e gestire in modo sostenibile la biodiversità per invertire la perdita di biodiversità entro il 2030”. Al centro dell’impegno congiunto c’è lo “sviluppo di modelli circolari in tutti i settori dell’economia“, dal momento in cui “i modelli lineari di produzione e consumo determinano un uso insostenibile delle risorse”. In questo contesto, la cooperazione nell’ambito del Partenariato digitale “contribuirà a raggiungere gli obiettivi del loro Partenariato verde”, si legge nel testo della dichiarazione.
    Il Partenariato verde Ue-Corea del Sud
    Il nuovo Partenariato verde Ue-Corea del Sud si concentra su tre campi d’interesse principali: azione per il clima, protezione dell’ambiente e transizione energetica. Per quanto riguarda il primo capitolo, “entrambe le parti mirano allo scambio e all’apprendimento reciproco sulle modalità di misurazione, rendicontazione e verifica delle emissioni” e alla “definizione di modelli di politiche future alla luce dei rispettivi obiettivi 2030 e 2050 a zero emissioni”. Uno dei focus prevalenti nell’azione per il clima è il sistema di scambio di emissioni e la tariffazione del carbonio, “per contribuire alla crescita economica e per creare incentivi alla riduzione delle emissioni”, anche grazie allo scambio di informazioni e consultazioni tecniche. Si rafforzerà “lo slancio globale per affrontare le emissioni di metano, anche attraverso il Global Methane Pledge” e “l’allineamento dei flussi finanziari con gli obiettivi a lungo termine dell’Accordo di Parigi e con il Quadro globale per la biodiversità”.
    Da sinistra: il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, il presidente della Corea del Sud, Yoon Suk Yeol, e la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen (Seul, 22 maggio 2023)
    La sezione più corposa della nuova intesa tra Bruxelles e Seul riguarda la protezione dell’ambiente. Ue e Corea del Sud hanno ribadito formalmente l’intenzione di “promuovere la cooperazione nei forum bilaterali e multilaterali” su conservazione della biodiversità, economia circolare, efficienza delle risorse, protezione delle foreste, catene di approvvigionamento agricole sostenibili e inquinamento “in tutti gli ambienti”, dove l’impegno maggiore riguarda il lavoro per “un ambizioso accordo internazionale giuridicamente vincolante per porre fine all’inquinamento da plastica“. Da evidenziare l’impegno congiunto per promuovere “una maggiore sostenibilità delle catene di approvvigionamento”, a partire dalla questione dei prodotti derivanti da deforestazione. Gli sforzi a protezione dell’ambiente si intersecano con quelli dell’azione per il clima per quanto riguarda la visione di inquinamento zero al 2050 – “a livelli che non siano più considerati dannosi per la salute e gli ecosistemi naturali e che rispettino i limiti che il nostro pianeta può sopportare” – che si traduce in “obiettivi forti per il 2030”, hanno messo in chiaro i leader dell’Unione e della Corea del Sud.
    Ultimo, ma non per importanza, il capitolo sulla transizione energetica pulita e giusta. “Entrambe le parti intendono intensificare la cooperazione sulle energie rinnovabili – in particolare quelle offshore – sull’idrogeno, con particolare attenzione all’idrogeno rinnovabile e a basse emissioni di carbonio, e sull’efficienza energetica come futuro motore di crescita e strumento chiave per la de-carbonizzazione”, è quanto si legge nel testo del Partenariato verde Ue-Corea del Sud. Il lavoro si concentrerà sullo sviluppo di tecnologie e politiche “in linea con i rispettivi obiettivi e impegni internazionali”, anche per lo stop al rilascio di nuove autorizzazioni per progetti di produzione di energia elettrica a carbone non smaltita e al finanziamento pubblico di impianti a carbone all’estero. Si rafforzerà la cooperazione sulla cattura, l’utilizzo e lo stoccaggio del carbonio, le batterie e anche sul “funzionamento sicuro dell’energia nucleare“, a cui è dedicato un punto a sé stante nel testo della dichiarazione: ricerca e lo sviluppo di tecnologie avanzate, smaltimento sicuro delle scorie radioattive e smantellamento delle centrali nucleari.

    Dopo l’accordo raggiunto in materia digitale nel novembre 2022, a Seul i presidenti Michel e von der Leyen hanno dato il via libera all’intesa che stringe i rapporti bilaterali con l’alleato orientale nella lotta ai cambiamenti climatici e per la spinta alla decarbonizzazione delle economie

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    Il Global Gateway dell’Ue implementato con 4 miliardi di euro mobilitati da Commissione e Banca Europea per Investimenti

    Bruxelles – Un’intesa decisiva per iniziare a sbloccare tutto il potenziale del Global Gateway, la strategia dell’Ue per le infrastrutture sostenibili a livello globale. La Commissione Europea e la Banca Europea per gli Investimenti (Bei) hanno firmato oggi (28 febbraio) una serie di accordi da 4 miliardi di euro complessivi per sostenere le imprese dei Paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico fino al 2027. “L’accordo di oggi è un’altra pietra miliare nel progresso della priorità strategica del Global Gateway”, ha confermato la commissaria per i Partenariati internazionali, Jutta Urpilainen, presentando la mobilitazione di finanziamenti pubblici e privati “in settori chiave come la digitalizzazione, il clima e l’energia, i trasporti e la salute” nei Paesi partner in tutto il mondo.
    “La mobilitazione del settore privato è fondamentale per lo sviluppo sostenibile dei Paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico”, ha aggiunto la commissaria parlando degli accordi siglati dall’esecutivo comunitario e dalla Bei. Nello specifico i 4 miliardi si compongono di un accordo di garanzia fino a 3,5 miliardi di euro in prestiti e di un contributo del Fondo fiduciario da 500 milioni di euro. Un esempio delle possibilità di investimento attraverso l’accordo di garanzia è il Green African Agricultural Value Chain Facility, che fornisce finanziamenti agli intermediari dell’Africa subsahariana per la concessione di prestiti alle piccole e medie imprese nelle catene del valore agroalimentari. Il Fondo fiduciario, invece, andrà a sostenere la costruzione di piccole centrali elettriche a energia rinnovabile, per consentire l’approvvigionamento autonomo di elettricità in aree remote non collegate alla rete.

    A che punto siamo con il Global Gateway
    Le intese da 4 miliardi di euro vanno ad aggiungersi all’accordo di garanzia da 26,7 miliardi di euro firmato da Ue e Bei nel maggio del 2022. Primi mattoni posti nell’Ue per dare concretezza alla strategia da 300 miliardi di euro che risale al dicembre 2021, in risposta alla Belt and Road Initiative della Cina e per rispondere alle sfide globali della transizione verde, della connettività digitale e dell’accesso alla salute pubblica. L’obiettivo del Global Gateway è proprio quello di veicolare un aumento degli investimenti in progetti locali, per “promuovere valori democratici, buona governance, trasparenza e partenariati equi”, mettendo in contatto istituzioni finanziarie e di sviluppo degli Stati membri, la Bei e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers).
    Metà degli sforzi d’investimento del Global Gateway hanno come punto focale i progetti di sviluppo che riguardano il continente africano. Circa 150 miliardi di euro che, come confermato al vertice Ue-Unione Africana di un anno fa dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, saranno indirizzati a potenziare le transizioni verde e digitale. Sul piano energetico, nello specifico, la volontà è quella di dare una spinta decisiva al potenziale verde del continente africano tra sole, vento e idroelettrico, attraverso la piena decarbonizzazione e il traguardo del cento per cento rinnovabile. In questo senso va letto anche il progetto della Grande Muraglia Verde contro desertificazione, effetti dei cambiamenti climatici e crisi alimentare in Africa, aspetti imprescindibili del Global Gateway. La stessa presidente von der Leyen ha definito la Grande Muraglia Verde un “baluardo contro l’insicurezza alimentare e il cambiamento climatico”, per cui la Banca Europea per gli Investimenti potrebbe presto svolgere un ruolo decisivo per la sua implementazione con il sostegno a progetti imprenditoriali concreti.

    Gli accordi di investimento consistono di un accordo di garanzia fino a 3,5 miliardi in prestiti e di un contributo del Fondo fiduciario di 500 milioni, a sostegno delle imprese dei Paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico fino al 2027: “Il settore privato è fondamentale per lo sviluppo sostenibile”

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    Per l’Ue la ricostruzione dell’Ucraina deve passare da energie rinnovabili e transizione verde

    Bruxelles – Un viaggio a Kiev per ribadire l’impegno dell’Unione Europea per la ricostruzione dell’Ucraina. Anche sul piano dell’energia e della transizione verde. Con questo obiettivo il vicepresidente della Commissione Europea per il Green Deal, Frans Timmermans, ha incontrato oggi (9 gennaio) il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, e il primo ministro, Denys Shmyhal, per un confronto in prima persona sullo “stato di avanzamento nel Paese e sui bisogni immediati sul campo alla luce degli attacchi intensificati della Russia contro le infrastrutture critiche”, spiega l’esecutivo comunitario. “L’Ucraina ha tutte le carte in regola per diventare un leader nella moderna energia verde, ha un enorme potenziale di energia solare, eolica, idrogeno e biometano”, ha assicurato Timmermans.
    L’incontro tra il vicepresidente della Commissione Europea per il Green Deal, Frans Timmermans, e il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, a Kiev (9 gennaio 2023)
    In una giornata ricca di incontri anche con i ministri dell’Energia, Herman Galushchenko, e della Protezione ambientale e delle risorse naturali, Ruslan Strilets, il vicepresidente della Commissione Ue si è focalizzato principalmente sul “sostegno concreto al settore all’approvvigionamento energetico, ma anche sul piano del governo per la ricostruzione dell’Ucraina”. Per Bruxelles il supporto al Paese sotto attacco da quasi un anno sarà fondato sugli obiettivi del Green Deal europeo: “Lo sviluppo delle energie rinnovabili e una giusta transizione saranno al centro dei piani di ricostruzione“.
    Una spinta che arriva anche da Kiev, come dimostrano le parole del premier Shmyhal al termine dell’incontro con Timmermans: “L’Ucraina ha un potenziale significativo per lo sviluppo dell’energia verde ed è pronta a diventare un partner dell’Ue nello sviluppo del mercato del biometano e dell’idrogeno“. Un ringraziamento a Bruxelles è arrivato anche per le “iniziative di cooperazione in questa direzione”, che nei fatti dovrebbe impostarsi sul “recupero energetico dell’Ucraina basato su un percorso verde”, ha precisato lo stesso primo ministro. Tutto questo non può prescindere però da “azioni congiunte coordinate per ridurre l’influenza della Russia nel settore energetico dell’Unione Europea“, ma soprattutto – di fronte al continuo bombardamento delle infrastrutture civili da parte dell’esercito russo – da una “punizione per gli attacchi all’energia ucraina e per i crimini contro l’ambiente” e da “sanzioni contro il settore nucleare russo”, è la richiesta di Shmyhal.

    Very good to discuss Ukraine’s #GreenReconstruction plans and European future with President @ZelenskyyUA in Kyiv today.
    Ukraine has what it takes to become a leader in modern green energy. It has huge potential for solar, wind, hydrogen, and biomethane. pic.twitter.com/QnvKAXCEJ7
    — Frans Timmermans (@TimmermansEU) January 9, 2023

    Il supporto energetico Ue all’Ucraina
    La necessità di supportare l’Ucraina anche sul piano energetico è stato evidenziato anche nel corso della conversazione telefonica tra il presidente Zelensky e la numero uno della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, di lunedì scorso (2 gennaio), in cui sono state delineate le priorità del vertice Ue-Ucraina in programma il 3 febbraio a Kiev. Sul piano del sostegno immediato le due parti hanno concordato che entro la fine di gennaio sarà consegnato il primo lotto di 15 milioni di lampade a Led finanziate dall’Ue, a cui si aggiungono “generatori, tende e scuolabus”. Un primo passo per quanto riguarda l’impegno di Bruxelles a sborsare 30 milioni di euro per l’acquisto di 30 milioni di lampade al led, “che sono oggi vitali per portare luce all’Ucraina”, aveva spiegato la stessa presidente von der Leyen alla conferenza internazionale di solidarietà di Parigi lo scorso 13 dicembre: “Garantiscono un risparmio dell’88 per cento rispetto alle vecchie lampadine, si potrà così risparmiare un gigawatt di elettricità, che è equivalente alla produzione annuale di una centrale nucleare”.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, a Kiev (15 settembre 2022)
    A questo si aggiunge il nuovo hub energetico e umanitario in Polonia, per un trasferimento “veloce e sostenibile” degli aiuti verso l’Ucraina, “anche per le donazioni di Paesi terzi e privati”. Mentre si attende per questo mese l’inizio dei lavori della piattaforma di ricostruzione dell’Ucraina, il sostegno di Bruxelles è già una realtà, con oltre 800 generatori per l’energia sono arrivati in tutto il Paese dall’inizio dell’invasione russa e gli ultimi 40 convogliati dalla riserva rescEu a 30 ospedali nelle regioni di Donetsk, Zaporizhzhia, Mykolaiv e Kherson. Attraverso il Meccanismo di protezione civile dell’Ue sono stati inviati anche 100 generatori di piccola e media potenza dalla Francia, 19 dalla Slovacchia, 23 dalla Germania, 52 trasformatori dalla Lituania e 4 sistemi di alimentazione di emergenza dalla Polonia.

    Il vicepresidente della Commissione Ue Timmermans ha incontrato a Kiev il presidente Zelensky e il premier Shmyhal per discutere del futuro del Paese, mentre continuano i bombardamenti russi: “Ha un enorme potenziale di energia solare, eolica, idrogeno e biometano”

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    Unione europea e Giappone rafforzano la cooperazione sull’idrogeno

    Bruxelles – L’Unione europea rafforza la cooperazione energetica con il Giappone. In viaggio fino a domani a Tokyo, la commissaria europea per l’Energia, Kadri Simson, ha siglato con il ministro dell’Economia, del Commercio e dell’Industria, Yasutoshi Nishimura, un memorandum di cooperazione per stimolare l’innovazione e sviluppare un mercato internazionale dell’idrogeno, riconoscendo che l’idrogeno “può dare un contributo fondamentale sia alla transizione verde sia alla sicurezza energetica”.
    Il memorandum individua una serie di aree in cui i governi, gli attori industriali, gli istituti di ricerca e le autorità locali dell’UE e del Giappone saranno incoraggiati a cooperare come sul piano normativo per standard e certificazioni comuni; progetti di ricerca e sviluppo di progetti anche nell’ambito di iniziative di cooperazione multilaterale, nell’ottica di supporto ad altri Paesi del mondo; istruzione, miglioramento delle competenze, riqualificazione e istruzione e formazione professionale, anche tramite scambi. L’accordo “conferma l’impegno dell’UE e del Giappone a lavorare insieme sull’idrogeno, che è fondamentale sia per i nostri obiettivi climatici sia per la sicurezza energetica”, ha commentato Simson, auspicando di “vedere i primi risultati concreti di questa cooperazione nei mesi e negli anni a venire”. Il memorandum, in quanto tale, definisce solo un rafforzamento della partnership energetica, senza indicare con precisione se aumenteranno le cifre negli scambi commerciali energetici delle due parti.

    In addition to signing the MoC on #hydrogen, Minister Nishimura & I discussed the #energy crisis, scaling up renewables, the situation on the LNG market & Japan’s 🇯🇵 priorities for the #G7 Presidency next year.
    We also confirmed our commitment to continue helping #Ukraine🇺🇦. pic.twitter.com/Rk11bNJRgU
    — Kadri Simson (@KadriSimson) December 2, 2022

    Per l’Unione europea, si tratta del quarto partnenariato rafforzato in materia di idrogeno siglato nel giro di pochi mesi. “Il Giappone è un partner energetico su cui possiamo contare”, ha sottolineato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in un tweet dopo la firma dell’accordo. A margine della Cop27 di Sharm el-Sheikh, nelle scorse settimane l’Ue ha siglato un memorandum con l’Egitto, con il Kazakistan e poi con la Namibia su materie prime, idrogeno rinnovabile e batterie. Bruxelles ha indicato nel piano ‘REPowerEu’ presentato a maggio scorso per affrancarsi dai combustibili fossili russi, l’obiettivo di raggiungere 20 milioni di tonnellate di consumo di idrogeno rinnovabile nel 2030, di cui dieci provenienti dall’Ue e dieci dalle importazioni. Si tratta anche del terzo accordo di alto livello a cui l’Ue ha lavorato con i partner africani e asiatici a margine della Cop27, per accaparrarsi materie prime e altri materiali raffinati indispensabili per attuare la transizione verde del Green Deal.
    Non solo idrogeno. Secondo un tweet della commissaria per l’energia, con l’omologo Nishimura si è discusso anche della crisi energetica in atto, dell’aumento delle energie rinnovabili, della situazione del mercato del GNL e delle priorità del Giappone per la presidenza G7 del prossimo anno. L’Ue si è rivolta al Giappone non solo per riaffermare l’importanza della transizione verso l’energia verde e l’ambizione comune di essere climaticamente neutrali entro il 2050, ma anche per rafforzare la cooperazione con il governo giapponese per la diversificazione dei propri fornitori di risorse energetiche per affrancarsi dalla dipendenza da Mosca. Su richiesta di Washington e Bruxelles, il Giappone ha deciso nei primi mesi dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina di dirottare alcuni carichi di gas naturale liquefatto (GNL), con spedizioni extra verso il Continente europeo alla ricerca di gas da fornitori alternativi alla Russia.

    Per l’Unione europea, si tratta del quarto partnenariato rafforzato in materia di idrogeno siglato nel giro di pochi mesi, dopo gli accordi con l’Egitto, con il Kazakistan e poi con la Namibia siglati a margine della Cop27

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    Von der Leyen sigla l’intesa con il Kazakistan su materie prime e idrogeno. I primi impegni Ue alla Cop27 di Sharm el-Sheikh

    Bruxelles – Materie prime, idrogeno e batterie. E’ nella prima giornata (7 novembre) del Summit dei leader della Cop27 di Sharm El-Sheikh che Ursula von der Leyen ha siglato con il primo ministro del Kazakistan, Alikhan Smailov, un memorandum d’intesa per dar vita a un partenariato tra l’Ue e il Paese asiatico per lo sviluppo di un approvvigionamento sicuro e sostenibile di materie prime, batterie e catene del valore dell’idrogeno rinnovabile che sono fondamentali per le transizioni verde e digitale.
    Le materie prime critiche servono a costruire, ad esempio, le turbine eoliche (con magneti in terre rare); batterie (litio e cobalto) e semiconduttori (polisilicio), e la Commissione ha in programma per l’anno prossimo di mettere in piedi una strategia dedicata solo alle materie prime. Mentre le batterie sono fondamentali per la mobilità a emissioni zero, e la tecnologia dell’idrogeno rinnovabile sostiene la decarbonizzazione dei settori in cui le emissioni sono difficili da abbattere, come le industrie energivore. Von der Leyen e Smailov si sono impegnati a sviluppare una tabella di marcia per il periodo 2023-2024, con azioni congiunte concrete concordate entro sei mesi dalla firma del partenariato.

    Glad to sign the 🇪🇺🇰🇿 agreement on raw materials, batteries and renewable hydrogen with @PrimeMinisterEn Smailov.
    We will better integrate value chains that are key to the green and digital transition.
    It’s a new chapter in our already deep relationship. https://t.co/Pl4HfQQ9Em
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) November 7, 2022

    Nello specifico, la partnership è concentrata su tre aree di collaborazione. In primo luogo, l’integrazione economica e industriale nelle catene del valore strategico delle materie prime, delle batterie e dell’idrogeno rinnovabile progetti comuni le lungo rispettive catene del valore, allineamento di elevati standard ambientali, sociali e di governance (ESG) e modernizzazione dei processi e delle tecnologie di estrazione e raffinazione attraverso l’introduzione di nuove tecnologie e pratiche sostenibili. In secondo, su come aumentare la resilienza delle catene di approvvigionamento migliorando “trasparenza e le informazioni sugli investimenti, alle operazioni e alle esportazioni rilevanti per l’ambito di questa partnership”.
    In ultimo, la cooperazione si concentrerà su come rafforzare capacità, competenze e ricerca e innovazione sulla decarbonizzazione della catena del valore delle materie prime critiche. In conferenza stampa a margine dei lavori della Cop27, la Conferenza sul clima delle Nazioni Unite ospitata quest’anno dall’Egitto e che ha preso il via ieri fino al 18 novembre, la presidente ha ricordato che l’Unione Europea è il “più grande investitore straniero in Kazakistan, con il 60 per cento dello stock di investimenti diretti esteri”. Il Memorandum d’intesa servirà ad ampliare “ulteriormente questo rapporto” allineandolo alle priorità condivise da entrambe le parti.
    Il Summit dei leader alla Cop27
    Von der Leyen interverrà domani al Summit dei leader a nome dell’Ue, insieme al presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. Quindi oggi ha preso parte a una serie di eventi collaterali alla Cop27, come il vertice di partenariato dei leader forestali e climatici, confermandovi l’adesione dell’Unione europea. “A Glasgow ci siamo impegnati a proteggere la salute dei polmoni del nostro pianeta: le nostre foreste. La Commissione europea si è impegnata a stanziare un miliardo di euro”, ha ricordato. Ma “ora stiamo aumentando i finanziamenti, le nuove regole per un commercio rispettoso delle foreste e i partenariati per la conservazione”.

    La prima giornata di Summit si è aperta con le parole del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, che ospita il vertice, che ha messo in guardia del fatto che “non c’è più tempo per esitare, ogni governo deve agire, deve sfruttare tutte le sue capacità per trovare una soluzione”. Al Sisi ha avuto incontri bilaterali con von der Leyen e con la premier Giorgia Meloni, al suo debutto nel dialogo climatico su scala internazionale.  E’ seguito un monito molto duro da parte del segretario generale Onu, Antonio Guterres, che ha parlato di umanità di fronte a un bivio: o si coopera contro il cambiamento climatico o si perisce.
    “Siamo sull’autostrada per l’inferno climatico, con il piede ancora sull’acceleratore”, ha avvertito Guterres. E poi, Emmanuel Macron, Pedro Sanchez e Olaf Scholz: i leader di Francia, Spagna e Germania sono intervenuti per sottolineare che la guerra di Russia in Ucraina non dovrà mettere a repentaglio le ambizioni globali sui cambiamenti climatici, non dovrà significare un passo indietro da parte della comunità internazionale degli Stati. “Questa guerra deve portarci a rafforzare la transizione energetica, dobbiamo dare un nuovo slancio anche alla protezione del clima con misure all’altezza. Abbiamo il dovere morale di agire con determinazione”, ha chiarito Sanchez. Dei quasi 100 leader presenti, la metà ha preso parola mentre l’altra metà (compresi von der Leyen e Michel) lo faranno domani. Grandi assenti la Cina e l’India, i più grandi emettitori al mondo, a cui si rivolge senza mezzi termini Guterres chiedendo di assumersi le responsabilità.

    La prima giornata del summit dei leader sul clima della Cop27 tra gli interventi del segretario generale Onu Antonio Guterres e della premier Giorgia Meloni. Bruxelles si impegna a rafforzare la partnership con Astana per la catena del valore di materie prime, batterie e idrogeno che servono alla transizione

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    L’inverno morde. I vescovi ai leader Ue: Energia accessibile e a prezzi ragionevoli

    Roma – Garantire un’energia accessibile e a prezzi ragionevoli alle persone più colpite dalla crisi; dare priorità all’efficienza e ridurre responsabilmente i consumi; perseguire partenariati energetici bilaterali e multilaterali per gettare le basi di un nuovo sistema energetico globale governato da giustizia, solidarietà, partecipazione inclusiva e sviluppo sostenibile. Lo chiede la Comece, la Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea, che, con l’inverno alle porte, lancia un appello a chi nell’Unione ha responsabilità di governo.
    “L’eccessiva dipendenza dalle importazioni di petrolio e gas da un unico fornitore ha permesso alla Russia di utilizzare le proprie forniture energetiche come un’arma”, tuonano i prelati, che lamentano una rafforzata insicurezza energetica in tutta Europa e una impennata dei prezzi che si ripercuote sulla società, “colpendo in particolare i più vulnerabili”.
    Non abbandonare le famiglie e le persone vulnerabili o vittime di discriminazioni socio-economiche, incapaci di far fronte all’aumento dell’inflazione e di pagare il riscaldamento o l’elettricità è la preghiera. Una situazione che, insiste la commissione, “rafforza le disuguaglianze sociali e il divario energetico“: “La crisi energetica è un ulteriore fardello dal punto di vista economico e mentale“. Mentre molte aziende falliscono, altre licenziano i propri lavoratori e molti, constatano i vescovi, “non sono più in grado di far fronte all’aumento del costo della vita”.
    Un appello alla solidarietà, ma anche alla lungimiranza: “Riconosciamo che la situazione attuale è complessa e rende necessarie considerazioni equilibrate che tengano conto degli aspetti sociali, economici, ecologici e geopolitici nell’ottica di un approccio eticamente responsabile” si legge. Nonostante la pressante emergenza, però, i prelati invitano a non perdere di vista gli obiettivi di lungo termine di una “transizione energetica giusta e sostenibile“.
    E anche se trovare un equilibrio corretto spetta alla politica, ci sono degli insegnamenti della Chiesa cattolica dai quali poter trarre esempio. Il primo: secondo la destinazione universale dei beni (il diritto naturale all’uso comune di tutti i beni del Creato a beneficio delle generazioni), lo Stato deve garantire una fornitura di energia sicura e sufficiente per tutti. Inoltre, sottolineano, è necessario “migliorare la responsabilità pubblica del settore attraverso un’equa distribuzione delle risorse energetiche, evitando la monopolizzazione da parte di uno Stato, di un gruppo d’interesse o di un’impresa, a scapito delle popolazioni e dei Paesi poveri che spesso pagano il prezzo di una cattiva gestione politica e della speculazione”. Il secondo: l‘opzione preferenziale per i poveri, che non è solo una priorità nella vita di carità di ogni cristiano, ma anche una responsabilità sociale. Il terzo: Giustizia e pace, una giustizia che “consenta uno sviluppo umano integrale” è requisito indispensabile per la pace. Una corretta gestione dell’energia diventa quindi un fattore chiave sia per la giustizia che per la pace. L’uso improprio dell’energia come strumento di coercizione geopolitica, “a cui stiamo assistendo”, sottolineano i vescovi, dovrebbe “spingere la comunità internazionale a trovare mezzi istituzionali per una ridistribuzione planetaria delle risorse energetiche efficace, inclusiva ed equa”.

    L’appello dei prelati: dare priorità all’efficienza e partenariati per un nuovo sistema globale governato giusto, solidale, inclusivo e sostenibile