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    Sefcovic: “Accordo sui dazi non è in conflitto con obiettivi di sostenibilità”

    Bruxelles – L’accordo sui dazi raggiunto tra Unione europea e Stati Uniti non sconfessa l’impegno dell’UE in termini di sostenibilità e green economy. Lo assicura il commissario per il Commercio, Maros Sefcovic, rispondendo a un’interrogazione parlamentare in cui si accusa l’esecutivo comunitario di aver agito in contraddizione alla transizione ecologica. Si critica nello specifico l’impegno ad acquistare energia negli USA in quantitativi massicci, puntando sulle fonti fossili più clima-alteranti.“I parametri concordati il ​​27 luglio 2025 non sono in conflitto con i piani di transizione energetica e decarbonizzazione dell’UE“, sostiene Sefcovic, in riferimento agli impegni per 750 miliardi di dollari di acquisti in gas, combustibile nucleare e anche petrolio. Non è in conflitto con il Green Deal e i suoi obiettivi, ricorda, il passaggio verso un modello economico-produttivo sostenibile non sarà immediato. “L‘economia dell’UE continuerà a necessitare di gas, petrolio e combustibili nucleari nel percorso verso la neutralità climatica entro il 2050″.Inoltre, continua ancora il commissario per il Commercio, “sebbene l’accordo preveda un aumento delle importazioni di energia dagli Stati Uniti nei prossimi tre anni, esso verrà attuato nel contesto di REPowerEU per aiutare l’UE a eliminare gradualmente le restanti importazioni di energia dalla Russia”.

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    UE e Indonesia chiudono l’accordo di libero scambio ‘anti-Trump’

    Bruxelles – Riduzione dei dazi sull’export, accesso a materie prime fondamentali per la doppia transizione verde e digitale, sviluppo dell’auto elettrica, accesso al mercato delle telecomunicazioni, più export agro-alimentare con protezione dei ‘made in’ proprie delle eccellenze europee. Unione europea e Indonesia trovano l’accordo di libero scambio – inyesa di partenariato economico globale – che e apre una nuova pagina non solo commerciale, quanto geo-strategica. E’ questa una risposta alle tensioni e alle pulsioni degli Stati Uniti di Donald Trump, e una prima vera risposta concreta al nuovo regime di dazi e guerre tariffarie innescate dalla Casa Bianca.Proprio l’abolizione dei dazi è, in questo senso, la principale – anche se normale – novità prodotta dell’intesa raggiunta tra le parti. L’intesa determina una riduzione del 50 per cento dei dazi doganali attuali sulle automobili europee vendute in Indonesia, un taglio delle tariffe del fino al 15 per cento sui macchinari e i prodotti farmaceutici esportati, e un ribasso del 25 per cento delle tariffe sui prodotti chimici.Più in generale il 98,5 per cento dei dazi doganali indonesiani sui prodotti dell’UE sarà rimosso. Inoltre la suddetta riduzione delle tariffe settoriali e dei dazi individuali fino al 150 per cento consentirà agli esportatori dell’UE di risparmiare oltre 600 milioni di euro in dazi doganali pagati sulle loro merci che entrano nel mercato indonesiano.Dall’accordo Ue-Mercosur una strada per l’accesso alle materie prime utili al Green Deal“Eliminando gradualmente i dazi doganali del 50 per cento dell’Indonesia sulle importazioni di automobili, l’accordo crea nuove opportunità per le esportazioni automobilistiche dell’UE e per gli investimenti nei veicoli elettrici”, in linea con gli impegni annunciati dall’esecutivo comunitario, sottolinea Maros Sefcovic, commissario per il Commercio e negoziatore capo dell’UE. “Sono convinto che la conclusione odierna dei negoziati sia solo l’inizio di un nuovo entusiasmante capitolo”, aggiunge, per poi lanciare un frecciata a chi di dovere: “Nell’imprevedibile economia globale di oggi, le relazioni commerciali non sono solo strumenti economici, ma risorse strategiche“. Un messaggio per il Parlamento che contesta l’operato della Commissione in materia di commercio, soprattutto sul Mercosur, e un un pro-memoria per l’amministrazione Trump, in risposta alla quale si spiega questo accordo.Auto elettrica e materie prime, l’UE ‘salva’ il Green DealL’intesa raggiunta prevede l’eliminazione dei dazi sui beni ecologici, oltre a nuove regole per consentire più investimenti europei in settori come le energie rinnovabili e i veicoli elettrici. Per quanto riguarda l’auto elettrica, fondamentale l’accesso dell’UE alle materie prime, in particolare nichel e cobalto di cui è ricca l’Indonesia e che sono necessari per la batterie. Non solo, perché il cobalto viene impiegato in soluzioni utili per lo stoccaggio dell’energia da fonti rinnovabili (eolico e solare).Non finisce qui, però. In ambito industriale il nichel può essere impiegato nella produzione di leghe metalliche e componenti in acciaio inossidabile. L’accordo tra le parti permette accesso a una materia prima utile anche per la siderurgia europea.Esulta, e non potrebbe essere diversamente, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen: “Il nostro accordo con l’Indonesia ci garantisce anche un approvvigionamento stabile e prevedibile di materie prime essenziali, essenziali per l’industria europea delle tecnologie pulite e dell’acciaio”.Un’automobile elettrica [foto: imagoeconomica]Telecomunicazioni e e-commerce, tutti i vantaggi dell’intesaL’Accordo di partenariato economico globale include un pacchetto completo di facilitazione del commercio digitale, che semplifica le transazioni elettroniche (ad esempio, firme e autenticazione elettroniche), promuove un ambiente online sicuro per i consumatori e migliora la prevedibilità e la certezza del diritto (ad esempio, la protezione del codice sorgente del computer), e prevede il divieto di dazi doganali sulle trasmissioni elettroniche (come software, messaggi, media digitali),  una novità assoluta per l’Indonesia. Inoltre, per la prima volta, l’Indonesia consentirà la proprietà straniera al 100 per cento nei settori delle telecomunicazioni e dei servizi informatici.Novità per l’agrifoodL’accordo di cooperazione commerciale UE-Indonesia eliminerà i dazi sui principali prodotti di esportazione dell’Unione europea tra cui latticini, carni, frutta e verdura e alimenti trasformati. Previsto il divieto di imitazione dei 221 prodotti tipici riconosciuti come Indicazioni Geografiche, con l’UE che riesce a mantenere chiuso il mercato unico all’Indonesia per prodotti agroalimentari sensibili come riso, zucchero, uova, banane fresche o etanolo, e quote limitate per aglio, funghi, mais dolce, amido di manioca e prodotti ad alto contenuto di zucchero.

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    Non si placa lo scontro tra Ungheria e Ucraina sul petrolio russo

    Bruxelles – Mentre l’Europa cerca di tradurre in risultati concreti il super-summit alla Casa Bianca, l’Ungheria procede nella sua rotta di collisione con l’Ucraina. Non solo ostruendo il cammino di Kiev verso l’adesione al club a dodici stelle (sul quale lo stesso Donald Trump ha chiesto spiegazioni a Viktor Orbán), ma anche minacciando il Paese aggredito di sospendere le forniture di elettricità, come ritorsione per il bombardamento dell’oleodotto Druzhba – da cui Budapest importa il petrolio russo – ad opera degli ucraini.Non sembra destinata a finire tanto presto la pantomima tra Ungheria e Ucraina sulle forniture energetiche. L’ultimo scambio al vetriolo l’ha cominciato il ministro magiaro degli Esteri, Péter Szijjártó, scagliatosi contro il governo di Kiev per aver colpito, nelle operazioni militari contro la Russia, un paio di stazioni di pompaggio lungo l’oleodotto Druzhba, il serpente di metallo lungo 4mila chilometri che irrora l’Europa centro-orientale col petrolio di Mosca passando per Bielorussia e Ucraina.L’oleodotto Druzhba e la rete di distribuzione del petrolio (foto: Wikimedia Commons)Dal cosiddetto “oleodotto dell’amicizia” si è recentemente staccata la Cechia, ma ora Ungheria e Serbia vogliono prolungarlo per farlo arrivare nel Paese balcanico, contro i piani di Bruxelles sul phase-out dei combustibili fossili russi. Anche la Slovacchia (che ha a lungo strumentalizzato la questione della propria sicurezza energetica puntando i piedi sulle sanzioni contro il Cremlino) ha visto interrompersi l’afflusso di petrolio come conseguenza degli attacchi ucraini.“L’Ucraina ha nuovamente attaccato l’oleodotto che porta in Ungheria, interrompendo le forniture. Questo ultimo attacco alla nostra sicurezza energetica è scandaloso e inaccettabile!”, ha lamentato in un post su X il capo della diplomazia di Budapest, accusando Kiev e Bruxelles di voler “trascinare l’Ungheria in guerra“.“Questa non è la nostra guerra“, ha ribadito Szijjártó, condendo il tutto con una minaccia tutt’altro che velata: “Un promemoria per i decisori ucraini: l’elettricità proveniente dall’Ungheria svolge un ruolo fondamentale nell’alimentare il vostro Paese…”, ha aggiunto. Stando ai dati del governo ungherese, nel 2024 Kiev ha importato da Budapest circa 2,14 terawattora di elettricità, pari a circa il 40 per cento del fabbisogno totale ucraino.Peter, it is Russia, not Ukraine, who began this war and refuses to end it. Hungary has been told for years that Moscow is an unreliable partner. Despite this, Hungary has made every effort to maintain its reliance on Russia. Even after the full-scale war began. You can now send… https://t.co/yvMq8slTG0— Andrii Sybiha (@andrii_sybiha) August 18, 2025Accuse rispedite al mittente dall’omologo ucraino Andrij Sybiha: “Da anni si ripete all’Ungheria che Mosca è un partner inaffidabile”, ha risposto il titolare degli Esteri, eppure “l’Ungheria ha fatto di tutto per mantenere la sua dipendenza dalla Russia“. “Ora puoi inviare le tue lamentele – e le tue minacce – ai tuoi amici a Mosca“, ha concluso.Del resto, l’Ungheria è in cima alle cronache politiche di questi giorni anche per altri due episodi, entrambi legati a Donald Trump e al processo di pace che il tycoon sta cercando di avviare per concludere la guerra d’Ucraina. Durante l’incontro fiume svoltosi lunedì (18 agosto) alla Casa Bianca, il presidente statunitense ha alzato la cornetta per sentire Viktor Orbán, tra i suoi più fedeli sostenitori nel Vecchio continente, non prima di aver chiamato Vladimir Putin.Nello scambio con l’autoritario premier ungherese, su presunta pressione dei leader Ue presenti Trump avrebbe chiesto conto del sistematico ostruzionismo praticato da Orbán sul dossier dell’ingresso di Kiev nell’Unione. Il primo ministro magiaro giustifica la propria opposizione sulla base della sicurezza continentale, rovesciando la narrazione prevalente a Bruxelles. Se per il resto dei Ventisette integrare Kiev in Ue significa aumentare la sicurezza di tutti, per lui “l’adesione dell’Ucraina all’Ue non fornisce alcuna garanzia di sicurezza“: né per gli ucraini né per gli europei che, sostiene, si porterebbero la guerra in casa.Il presidente statunitense Donald Trump (foto via Imagoeconomica)In quella stessa telefonata, Orbán avrebbe proposto a Trump di ospitare a Budapest un vertice trilaterale con Putin e Volodymyr Zelensky, fortemente caldeggiato dal presidente Usa. Tuttavia, il simbolismo per l’Ucraina sarebbe infausto. Proprio lì, nel 1994, Kiev e Mosca siglarono il memorandum con cui l’ex repubblica sovietica consegnò alla Russia le proprie testate nucleari in cambio della promessa che la Federazione avrebbe rispettato la sua integrità territoriale. Vent’anni dopo – senza che Londra e Washington fornissero le garanzie di sicurezza previste dal trattato – il Cremlino annesse la Crimea e sostenne l’insurrezione dei separatisti filorussi in Donbass.Ovunque si terrà, comunque, l’incontro Trump-Putin-Zelensky dovrebbe dare seguito ad un faccia a faccia tra i leader dei due Paesi belligeranti, al quale stanno lavorando le diplomazie di mezzo mondo. Uno dei luoghi papabili per il bilaterale potrebbe essere Ginevra, in Svizzera, come suggerito da Francia e Italia. Il governo elvetico ha già annunciato che fornirebbe allo zar l’immunità dal mandato di cattura spiccato nel marzo 2023 dalla Corte penale internazionale, se decidesse di recarsi nello Stato alpino per i colloqui di pace.

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    Dal petrolio russo che l’Ue compra ancora rischi per l’accordo sui dazi con gli Usa

    Bruxelles – Commercio Unione europea-Stati Uniti, nella questione dazi ora rischia di pesare il petrolio russo. L’accordo politico annunciato dalle parti a fine luglio ancora non è entrato a regime e già tutto potrebbe essere rimesso in discussione, visto che il presidente Usa, Donald Trump, è deciso a ‘punire’ quanti acquistano energia da Mosca e dai suoi fornitori, Gazprom e Lukoil. Una decisione in tal senso è già stata presa nei confronti dell’India e adesso la ‘scure anti-Putin’ di Washington potrebbe abbattersi sull’Europa a dodici stelle e i suoi Stati membri.La linea della Casa Bianca è stata già espressa, ma è il minaccioso messaggio del senatore repubblicano Lindsey Graham a gettare ombre sull’immediato futuro. “La decisione del presidente Trump di attaccare i paesi che sostengono la macchina da guerra di Putin acquistando petrolio russo a basso costo è una svolta”, premette. Quindi l’avvertimento per l’Ue: “Ai miei amici europei che hanno aiutato l’Ucraina, dico che lo apprezzo molto. Tuttavia, né a me né ad altri sfugge che state acquistando petrolio dall’India, che l’India originariamente acquistava dalla Russia. Stiamo osservando. Tutto questo deve finire subito”.President Trump’s decision to go after countries that prop up Putin’s war machine by buying cheap Russian oil is a gamechanger. These countries are about to pay a long overdue and heavy price.To my European friends who have been helping Ukraine, it is much appreciated.…— Lindsey Graham (@LindseyGrahamSC) August 6, 2025Ue sotto osservazione, dunque. Un messaggio che si inserisce nel delicato quanto sempre più complicato accordo sui dazi rimesso subito in discussione. Trump ha già avvertito che l’Ue deve mantenere l’impegno di fare acquisti di energia dagli Usa per 750 miliardi di dollari, o le tariffe del 15 per cento verranno aumentate al 35 per cento. Il richiamo sul petrolio russo si inserisce inevitabilmente nel contesto e nelle condizioni dell’intesa raggiunta con la Commissione europea.E’ un dato di fatto che gli Stati membri dell’Ue continuino ad acquistare ancora gas e petrolio russi. In maniera minima e residuale, certo, ma comunque si garantiscono ancora introiti al Cremlino. Secondo la tabella di marcia europea il conto sarà estinto a zero non prima della fine del 2027. Un elemento noto, ma che ora l’amministrazione americana potrebbe utilizzare a proprio vantaggio per non applicare un accordo sui dazi che fatica a decollare e che produce nervosismo a Bruxelles.I dazi per le auto ancora non sono scesi dal 27,5 per cento al 15 per cento, e ancora non è chiaro se i semiconduttori saranno parte dell’accordo. “Abbiamo un accordo politico e lavoriamo per stabilizzarlo”, si limita a commentare Olof Gill, portavoce dell’esecutivo comunitario per il Commercio. Per quanto riguarda il momento in cui entreranno in vigore i termini dell’accordo e cosa riguarderanno “non possiamo dare una risposta”, ammette. “Le domanda vanno rivolte agli Stati Uniti, adesso tutto dipende da loro”. L’accordo annunciato è sempre più un grande punto interrogativo.

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    L’accordo Ue-Usa sui dazi è “irrealizzabile” sull’energia, avverte l’Ieefa

    Bruxelles – L’accordo commerciale tra Unione europea e Stati Uniti, così com’è, non si può fare. E’ “irrealizzabile”, almeno per quanto riguarda il capitolo energetico. Lo afferma l’Istituto di economia energetica e analisi finanziaria (IEEFA), organizzazione statunitense con sede in Ohio, nell’analisi dell’intesa politica raggiunta tra Ue e Usa. Perché l’Ue possa tenere fede agli impegni assunti l’unica alternativa è dare un calcio al Green Deal e ad ogni ambizione di sostenibilità, poiché “aumentare drasticamente le importazioni di gas naturale liquefatto (Gnl) per soddisfare l’accordo è irrealizzabile“. Ciò perché “la domanda di gas in Europa è in calo e il mercato difficilmente riuscirà ad assorbire i volumi in eccesso”, denuncia l’istituto americano.Anche ammettendo che l’Ue possa sviluppare in così poco tempo una capacità di assorbimento di una risorsa energetica per cui non c’è mercato, il club a dodici stelle dovrebbe comunque investire massicciamente sui combustibili fossili, principali responsabili dei gas a effetto serra alla base del surriscaldamento planetario. Sulla base dei prezzi del 2024 e mantenendo la stessa proporzione di prodotti energetici acquistati dagli Stati Uniti rispetto alle importazioni totali di energia, l’IEEFA stima che l‘Ue “dovrà triplicare le sue importazioni di petrolio, carbone e GNL dagli Stati Uniti nel 2025 per rispettare l’impegno”. Petrolio e carbone, esattamente la ricetta opposta a quella contenuta nel Green Deal europeo.C’è anche una questione geo-strategica che rende l’accordo Ue-Usa insostenibile per gli europei. “Il progetto dell’Ue di acquistare 250 miliardi di dollari di energia americana all’anno rischia di creare un’eccessiva dipendenza da un unico fornitore”, viene messo in risalto. La versione della Commissione europea secondo cui questo accordo aiuta a svincolarsi del tutto dal fornitore russo di energia, tace sul fatto che l’Europa si sta consegnando agli Stati Uniti.  L’Istituto di economia energetica e analisi finanziaria ha fatto il calcoli: per rispettare l’accordo per la parte energetica “costringerebbe l’Ue a dipendere dagli Stati Uniti per il 70 per cento delle sue importazioni energetiche“.

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    L’Ue si dà una strategia per il Mar Nero, dopo tre anni di guerra in Ucraina

    Bruxelles – Dopo più di tre anni dall’inizio della guerra neo-imperialista della Russia in Ucraina, l’Ue prova a darsi una prospettiva strategica nella regione del Mar Nero, per controbilanciare l’influenza di Mosca e consolidare la propria. Parole d’ordine: sicurezza, connettività e investimenti. Nelle speranze di Bruxelles, si potrà fare tutto questo senza impiegare nuove risorse di bilancio, ma semplicemente “razionalizzando” quelle già esistenti.La Commissione europea ha presentato oggi (28 maggio) la sua nuova strategia per la regione del Mar Nero, con la quale cercherà di proiettarsi nella zona che fa da cerniera naturale tra Europa orientale, Caucaso meridionale e Asia centrale. Nell’idea dell’esecutivo comunitario, servirà per “rafforzare il ruolo geopolitico dell’Ue” attraverso l’approfondimento della cooperazione con tutti i Paesi della regione: Ucraina, Moldova, Georgia, Armenia, Azerbaigian e Turchia.Secondo il Berlaymont, l’iniziativa dovrà imperniarsi su tre pilastri principali. Il primo, neanche a dirlo, riguarda la sicurezza regionale: la cui responsabilità, ha sottolineato l’Alta rappresentante Kaja Kallas, “non può ricadere solamente sulle spalle degli Stati membri”. A tal scopo, Bruxelles prevede di istituire un “hub per la sicurezza marittima” aperto alla partecipazione di tutti i Paesi dell’area.L’Alta rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas (foto: Lukasz Kobus/Commissione europea)Come spiegato dal capo della diplomazia a dodici stelle, si tratterà di “un sistema europeo di allerta precoce per aumentare la consapevolezza situazionale e proteggere le infrastrutture critiche” di Stati membri e Paesi terzi dalle minacce ibride – ivi comprese campagne di disinformazione e interferenze elettorali varie (vedi alle voci Moldova e Romania) – poste da attori stranieri malevoli, in primis la Russia.Tale hub, di cui andranno concordati in un secondo momento l’ubicazione e il “modello operativo” e che collaborerà con le strutture della Nato e della coalizione dei volenterosi, dovrà inoltre contribuire a “monitorare qualunque accordo di pace stipulato tra Russia e Ucraina” e ad assicurare la sicurezza di navigazione nel Mar Nero, prendendo parte tanto al contrasto della flotta ombra di Mosca quanto alle operazioni di sminamento del fondale una volta terminato il conflitto.Infine, fungerà anche da centro di coordinamento per la mobilità militare regionale, partecipando con modalità non meglio definite agli interventi di ammodernamento di porti, ferrovie, strade e quant’altro possa servire a “muovere truppe ed equipaggiamenti”.Il secondo pilastro è quello della connettività. Il Mar Nero, nelle parole della commissaria all’Allargamento Marta Kos, è “un ponte verso il Caucaso meridionale e l’Asia centrale, un’arteria vitale per il commercio, i flussi energetici e le esportazioni alimentari” e dunque l’Ue avverte “la necessità di diversificare i legami” coi partner dell’area per ridurre ulteriormente le proprie dipendenze da Mosca.When dependencies are weaponised, we must diversify.The Black Sea is the bridge to the South Caucasus & Central Asia – vital for trade, energy flows, & food exports.Our new strategy offers partnerships & better connectivity stepping up our collective security & prosperity. pic.twitter.com/HJNzkKHl6b— Marta Kos (@MartaKosEU) May 28, 2025Andranno quindi sviluppati nuovi corridoi energetici, reti di trasporto e infrastrutture digitali che connettano la regione coi bacini del Baltico e del Mediterraneo da un lato e del Caspio dall’altro. Secondo le previsioni di Kos, Kiev e Chisinau potrebbero essere “completamente disaccoppiate dalle fonti energetiche russe entro la fine del 2027“. Parallelamente, Bruxelles punta a “migliorare la cooperazione nel settore energetico con l’Armenia e l’Azerbaigian“.L’ultimo cardine della strategia riguarda la preparazione e la resilienza, soprattutto per quanto riguarda il cambiamento climatico e gli impatti ambientali della guerra d’Ucraina. Un occhio di riguardo sarà riservato alle comunità costiere, puntando in particolare all’economia blu e alle opportunità di crescita sostenibile.Ma non si diventa una potenza geopolitica coi proclami trionfalistici. Da dove si prenderanno i soldi? “Non faremo ricorso a nuovi strumenti finanziari“, hanno chiarito Kallas e Kos. Le risorse arriveranno da fondi già esistenti, come la Ukraine facility o i piani di crescita stipulati da Bruxelles, ad esempio, con Armenia e Moldova. Un altro contributo dovrebbe arrivare dalla revisione del funzionamento della Garanzia per l’azione esterna, la spina dorsale di quel Global gateway con cui Bruxelles ha provato a rispondere alla Nuova via della seta di Pechino.La commissaria all’Allargamento, Marta Kos (foto: Lukasz Kobus/Commissione europea)Come illustrato dal commissario per i Partenariati internazionali, Jozef Síkela, si tratta di stimolare la crescita sostenibile dei partner ma anche di migliorare l’efficacia degli aiuti allo sviluppo. “Il successo della strategia dipenderà dal potere di fuoco finanziario che saremo in grado di mettere in campo”, ha dichiarato. La verità, tuttavia, è che la coperta è corta, e la partita entrerà nel vivo in autunno quando inizieranno i negoziati tra Consiglio e Parlamento sul nuovo Quadro finanziario pluriennale (Qfp).L’obiettivo, dice Síkela, è fare “un uso più dinamico delle risorse dell’Ue senza bisogno di nuove risorse di bilancio“. Nei suoi calcoli, si potrebbe arrivare a mobilitare fino a 10 miliardi di investimenti aggiuntivi senza mettere un centesimo in più nel budget comunitario. Per riuscirci, andranno riviste le norme sugli investimenti nei Paesi terzi, verrà ridotta la copertura del rischio da parte della Banca europea degli investimenti (Bei) e si procederà all’ennesima sburocratizzazione del settore. Basterà?

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    La rincorsa dell’Ue a nuovi partner: von der Leyen scommette sull’Asia centrale e annuncia investimenti per 12 miliardi

    Bruxelles – Tre anni a cercare in tutti i modi di tagliare i ponti con la Russia, per poi ritrovarsi pugnalata alle spalle dall’alleato storico americano. Stretta tra nuove e vecchie grandi potenze che fanno la voce grossa, l’Ue si dimena e cerca di costruirsi nuove relazioni e commerci. La priorità non è più l’esportazione della democrazia, ma piuttosto la ricerca di partner commerciali e fornitori di energia e materie prime critiche di cui potersi fidare. Così, il primo vertice con i Paesi dell’Asia Centrale a Samarcanda all’indomani dei dazi trumpiani si tinge di significati geopolitici ed economici.“Nuove barriere globali insorgono, le potenze di tutto il mondo stanno ritagliandosi nuove sfere di influenza. Ma qui a Samarcanda, dimostriamo che c’è un altro modo”, ha affermato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nel suo discorso ai leader delle ex repubbliche sovietiche di Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan. Bruxelles e i cinque dell’Asia centrale hanno lanciato un nuovo partenariato strategico, e von der Leyen ha annunciato che la Commissione europea investirà 12 miliardi di euro nella regione.Dal consolidamento del corridoio di trasporto transcaspico al sostegno a nuovi progetti di estrazione mineraria, il pacchetto prevede investimenti per 3 miliardi nel settore dei trasporti, 2,5 miliardi per le materie prime critiche, 6,4 miliardi per l’energia pulita e 100 milioni per la connettività digitale. “I vostri paesi sono dotati di immense risorse – si è sfregata le mani von der Leyen -, il 40 per cento delle riserve mondiale di manganese, oltre a litio, grafite e altro ancora”. Materie su cui mettono gli occhi tutte le grandi potenze, perché “linfa vitale della futura economia globale”.Ursula von der Leyen, Antonio Costa e i leader di Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan al vertice Ue-Asia CentraleNel lungo intervento, von der Leyen ha cercato di smarcare l’Ue da quei Paesi “interessati solo allo sfruttamento e all’estrazione”, mettendo sul piatto “un’offerta diversa“. Fatta di sviluppo delle industrie locali, di creazione di posti di lavoro e valore aggiunto locale. La leader Ue ha fatto l’esempio della miniera di rame di Almalyk, in Uzbekistan, dove aziende europee hanno contribuito all’estrazione e alla lavorazione in loco con investimenti per 1,6 miliardi di euro. “Insieme, potremmo costruire industrie locali lungo tutta la catena del valore delle materie prime. Dall’estrazione alla raffinazione. Dall’apertura di nuovi laboratori di ricerca alla formazione dei lavoratori locali”, ha proseguito von der Leyen. Tutto messo nero su bianco nella dichiarazione d’intenti congiunta sulle materie prime critiche approvata al vertice.C’è poi il capitolo relativo all’approvvigionamento energetico. La visione di von der Leyen è quella di un’Asia centrale “hub per l’energia pulita: eolica in Kazakistan, solare in Uzbekistan e Turkmenistan, idroelettrica in Tagikistan e Kirghizistan”. Metà degli investimenti totali previsti dal pacchetto Ue sono dedicati allo sviluppo di massicci progetti come come la diga di Rogun in Tagikistan, la “più alta del mondo”, e la diga di Kambarata in Kirghizistan.Con quest’approccio, l’Ue cerca di recuperare terreno sull’influenza storica della Russia ma soprattutto sulla Cina, che – come d’altronde già in Africa e in America Latina – ha silenziosamente imposto la sua supremazia commerciale. “La Russia ha da tempo dimostrato di non poter più essere un partner affidabile”, ha dichiarato von der Leyen in una breve conferenza stampa, ribadendo che “in passato, Cina e Russia estraevano qui materie prime che poi lavoravano nel loro Paese, senza alcun valore aggiunto a livello locale”.L’Unione europea è il secondo partner commerciale dei cinque dell’Asia Centrale, dietro solo a Pechino, ma il maggiore investitore (oltre il 40 per cento degli investimenti nella regione proviene dall’Ue). La penetrazione della Cina nei mercati di tutto il mondo non è solo poco mirata alla creazione di valore aggiunto locale, ma è anche svincolata dai posizionamenti strategici dei partner sullo scacchiere internazionale e dal rispetto di principi democratici e dei diritti umani nei loro Paesi.António Costa, il presidente dell’Uzbekistan Shavkat Mirziyoyev e Ursula von der LeyenIl rischio è che, in particolare quest’ultimo aspetto, venga meno anche nella strategia europea, ora che Bruxelles si sente improvvisamente sola e in pericolo. “I principi stabiliti nella Carta delle Nazioni Unite non sono solo parole sulla carta, ma rappresentano l’impegno condiviso delle nazioni per prevenire i conflitti, promuovere la pace e salvaguardare il benessere dei nostri cittadini”, ha ricordato nel suo discorso il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa. Nella dichiarazione congiunta approvata al termine del vertice, Ue e Asia Centrale hanno sottolineato “l’importanza di raggiungere al più presto una pace globale, giusta e duratura in Ucraina” e hanno concordato di “continuare a cooperare per prevenire l’elusione delle sanzioni” alla Russia.“Al centro delle relazioni” tra l’Ue e le cinque repubbliche ex-sovietiche rimangono anche “il rispetto della libertà di espressione e di associazione, un ambiente favorevole alla società civile e ai media indipendenti, la protezione dei difensori dei diritti umani, nonché il rispetto dei diritti delle donne, dei diritti dei bambini e dei diritti dei lavoratori”, si legge nel documento. Difficile non notare che in realtà in tutti e cinque i Paesi dell’Asia centrale le criticità da questi punti di vista rimangono molte, e pesanti. Criticità portate alla luce negli ultimi anni anche dal Parlamento europeo, in diverse occasioni.Nel gennaio 2022, l’Eurocamera approvò una risoluzione sulle proteste e le violenze in Kazakistan, ribadendo la forte preoccupazione per le violazioni dei diritti umani e “il diffuso ricorso alla tortura“. A più riprese si è espressa sul Kirghizistan, il cui governo ha imposto di recente una legge di stampo russo sui “rappresentati stranieri” ed una sulle “false informazioni”: lo scorso dicembre gli eurodeputati hanno sottolineato che il Paese dovrebbe attenersi agli standard democratici concordati nell’ambito dell’accordo di partenariato e cooperazione rafforzata con l’Ue. Stesso discorso per Turkmenistan e Tagikistan: nei confronti del primo, il Parlamento europeo ha finora bloccato l’accordo di partenariato a causa della situazione precaria dei diritti umani, mentre per il secondo ha adottato nel gennaio 2024 una risoluzione sulla repressione dello Stato contro i media indipendenti.Infine, nonostante decisi progressi sul fronte democratico, anche in Uzbekistan non è tutto rose e fiori: il presidente Shavkat Mirziyoyev, padrone di casa del vertice, ha rafforzato le relazioni con la Russia e ha firmato un accordo con Mosca sull’estensione della collaborazione tecnico-militare con l’impegno di procurarsi congiuntamente beni militari, equipaggiamento militare, ricerca e assistenza. L’Uzbekistan si è astenuto dal condannare l’invasione russa dell’Ucraina in sede Onu, adottando ufficialmente una posizione neutrale.

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    Difesa, sicurezza, energia: i Parlamenti di Ue e Regno Unito intensificano la cooperazione

    Bruxelles – Di fronte alla minaccia comune alla sicurezza del continente, ma anche alla guerra dei dazi e al cambiamento climatico, Londra e Bruxelles si stanno ormai avvicinando come non accadeva da tempo. Dopo i sempre più numerosi colloqui tra il primo ministro britannico Keir Starmer e i presidenti della Commissione e del Consiglio europeo Ursula Von Der Leyen e Antonio Costa, ad intensificare il dialogo e la collaborazione sono stavolta il Parlamento Europeo e Westminster. Nella giornata di oggi (18 marzo) si è concluso l’incontro dell’Assemblea Ue-Uk per la partnership parlamentare (Ppa). Il forum, composto dalle delegazioni dei due Parlamenti, si riunisce periodicamente, ed è volto a discutere lo sviluppo e l’implementazione dell’Accordo per il commercio e la cooperazione, che dal 2021 costituisce la bussola dei rapporti politici e commerciali tra le due sponde della Manica.Le due delegazioni, che si sono incontrate per la prima volta dopo le elezioni parlamentari della scorsa estate in Ue e Regno Unito, si sono dette pronte ad “approfondire pienamente rapporti costruttivi basati su valori comuni, fiducia reciproca” e soprattutto “una gamma di questioni di interesse comune”. I parlamentari hanno riconosciuto e accolto gli sforzi dei due esecutivi per lo sviluppo di legami in un periodo di grande sfida geopolitica, e hanno adottato una serie di raccomandazioni “prendendo nota di dove stiamo lavorando bene insieme, attenzionando l’impegno delle parti al supporto dell’Ucraina nel suo sforzo contro la guerra di aggressione della Russia, e sottolineando le aree dove devono essere fatti maggiori sforzi”.Sono state svariate le aree di cooperazione discusse dall’assemblea. Al centro i temi della sicurezza e della difesa, inclusa la lotta alla disinformazione in aree come i Balcani occidentali, la Moldavia e l’Ucraina, ma anche la questione del futuro della collaborazione anglo-europea in politica estera. La Ppa ha discusso la possibilità di offrire nuove opportunità ai giovani, collaborare ulteriormente per il raggiungimento dell’autonomia energetica (con programmi congiunti per l’energia rinnovabile nel Mare del Nord, ad esempio) ma anche aumentare il supporto allo sviluppo internazionale- essenziale dopo la sospensione degli aiuti americani. Immigrazione, sanzioni e mobilità saranno discusse nei prossimi incontri, mentre si sono tenute discussioni informali su intelligenza artificiale, regolamentazione dei servizi finanziari e lotta ai cambiamenti climatici. L’incontro ha prodotto una serie di raccomandazioni che le delegazioni presenteranno ai reciproci esecutivi in occasione del prossimo Summit Uk-Ue previsto per il 19 maggio.I capidelegazione hanno espresso grande soddisfazione e gratitudine per gli sforzi intrapresi, sottolineando il clima di distensione ed intesa che ha caratterizzato il forum. “E’ stato molto costruttivo” ha detto Sandro Gozi, deputato francese e copresidente per conto dell’Ue: “l’atmosfera è certamente migliorata, dobbiamo sfruttare il potenziale dei trattati esistenti e creare basi per una fiducia comune, essenziale per approfondire e sviluppare il nostro partenariato in nuovi campi”. “E’ come girare pagina su un dialogo, più positivo e robusto, tra le nostre due nazioni. C’è forte consenso sul supporto al presidente Zelensky e abbiamo riconosciuto alcune delle sfide che riguardano la sicurezza energetica e il clima, oltre che altre questioni” ha dichiarato la capodelegazione britannica Marsha de Cordova. La parlamentare laburista ha poi concluso il suo intervento con una battuta rivolta a Gozi, del Mouvement démocrate: “Ho apprezzato l’ospitalità del mio copresidente o, come lo chiamo io, il mio nuovo amico centrista”.