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    Ue e Sudafrica firmeranno un partenariato su materie prime ed energia pulita

    Bruxelles – Complice forse il via alla guerra commerciale con Washington – oltre al taglio netto dei rapporti con la Russia maturato negli ultimi tre anni -, l’Unione europea continua a puntellare nuovi accordi con i suoi partner in giro per il mondo. Oggi (13 marzo), in occasione dell’ottavo summit Ue-Sudafrica a Città del Capo, i vertici delle istituzioni europee e il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa hanno avviato i colloqui per un accordo tutto nuovo: il primo “Partenariato per il commercio e gli investimenti puliti”.Bruxelles e Johannesburg scambiano già merci per circa 50 miliardi di euro all’anno, e “il 98 per cento è già senza dazi”, ha sottolineato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Per accompagnare questo “nuovo capitolo” delle relazioni con il Sudafrica, la leader Ue ha annunciato inoltre che l‘Ue mobiliterà attraverso Global Gateway un pacchetto di investimenti del valore di 4,7 miliardi di euro, di cui la maggior parte – circa 4,4 miliardi – sarà investita in progetti a sostegno di una “transizione energetica pulita e giusta” nel Paese dell’estremo sud. Altri 700 milioni di euro finanzieranno il potenziamento della produzione di vaccini in Sudafrica nell’ottica di raggiungere l’obiettivo, ribadito nella dichiarazione congiunta a margine del vertice, che l’Unione Africana produca in Africa oltre il 60 per cento dei vaccini necessari per la popolazione.António Costa, Cyril Ramaphosa, Ursula von der Leyen al summit Ue-Sudafrica a Città del Capo, 13/03/2025L’accordo sulle ‘clean tech’ invece è ancora tutto da scrivere, ma si concentrerà su investimenti, transizione verso l’energia pulita, competenze e tecnologia, nonché sullo sviluppo di industrie strategiche lungo l’intera catena di approvvigionamento. Senza dimenticare la cooperazione sulle materie prime critiche. “Siamo qui per investire lungo l’intera catena del valore, dall’esplorazione al riciclaggio. E vogliamo lavorare insieme sull’industria chiave del futuro. Ho menzionato l’idrogeno verde, ma anche, naturalmente, i veicoli elettrici e la produzione di batterie”, ha elencato la leader Ue.“La motivazione è semplice – ha spiegato von der Leyen intervenendo al summit -, l’economia sudafricana sta crescendo in dimensioni e complessità e voi avete l’ambizione di creare più valore aggiunto qui nel Paese”. Un accordo reciprocamente vantaggioso, con l’Unione europea che vuole spingere e sfruttare il potenziale del Sudafrica per “diventare un leader globale” nella produzione di energia pulita, “dal vento al sole”, ma anche di “materie prime fondamentali per gli elettrolizzatori, tra cui il 91 per cento delle riserve mondiali di metalli del gruppo del platino”, ha evidenziato von der Leyen.Il piano sarebbe firmare un memorandum d’Intesa in vista dell’accordo già a margine del G20 sudafricano, nel prossimo novembre. Dal G20 al G20: come sottolineato dalla Commissione europea, l’accordo va letto nel contesto della campagna Scaling up Renewables in Africa, lanciata da von der Leyen e Ramaphosa a margine del vertice del G20 di Rio pochi mesi fa.A Città del Capo è presente anche Antonio Costa, presidente del Consiglio europeo, che ha insistito sulla cooperazione regionale e sulla difesa del multilateralismo: “In questi tempi turbolenti partnership fidate sono più importanti che mai”, ha dichiarato Costa, assicurando che “l’Unione europea è e rimarrà un partner forte e fidato per il Sud Africa”. Secondo il leader Ue, Bruxelles e Johannesburg condividono l’impegno per “istituzioni multilaterali forti e un ordine globale basato sulle regole”. Nella dichiarazione finale del vertice, i due partner hanno “convenuto che, guidati da questi principi, sosteniamo una pace giusta, globale e duratura in Ucraina, nei Territori palestinesi occupati, in Sudan, Sud Sudan, Repubblica Democratica del Congo (RDC) e in altre grandi guerre e conflitti in tutto il mondo”.

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    Moldova: Costa a Chișinău parla di allargamento, la presidente Sandu: “Solo nell’Ue saremo protetti”

    Bruxelles – In vista del Consiglio europeo straordinario del 6 marzo per la sicurezza dell’Ucraina, l’Ue torna a riaffermare il suo sostegno alla Repubblica di Moldova. Fortemente minacciata dal taglio delle forniture di gas russo e dalla presenza di truppe russe nell’autoproclamata repubblica di Transnistria, la Moldova è stata la meta della visita ufficiale di questa mattina (3 marzo) del presidente del Consiglio europeo Antonio Costa alla presidente della Repubblica di Moldavia Maia Sandu, a tre anni esatti dalla firma, da parte della seconda, della domanda di adesione all’Ue.Ingresso del Paese nell’Ue, indipendenza energetica dalla Russia, sostegno allo sviluppo economico, pace e sicurezza sono stati i temi principali del vertice. In conferenza stampa Sandu ha ricordato come nonostante le minacce di Mosca, la Moldova abbia scelto di rimanere sul percorso verso l’adesione e di come abbia riaffermato questa volontà attraverso il referendum del 20 ottobre 2024: “Abbiamo scelto libertà e democrazia” ha sottolineato la presidente. Maia Sandu ha espresso gratitudine per i 250 milioni di euro stanziati dall’Unione per sostenere l’economia moldava nel 2025 e riguardo al tema della sicurezza del Paese, ha dichiarato solennemente che: “Solo nell’Ue saremo protetti, solo nell’Ue avremo la pace“.Antonio Costa ha lodato i progressi fatti dalla Moldova in direzione dell’adesione negli ultimi tre anni e, riferendosi agli attacchi ibridi, alle fake news e ai ricatti energetici di Mosca, ha sottolineato che l’Ue è un partner affidabile e che “continueremo a lavorare fianco a fianco per modellare il nostro futuro comune secondo i nostri termini, senza interferenze e nessuno che possa decidere per noi“. Costa è tornato sul tema della sicurezza europea sottolineando l’importanza delle decisioni concrete che verranno prese dai leaders europei il 6 marzo e la necessità di una pace giusta per l’Ucraina, necessaria anche per la sicurezza della Moldova, secondo maggior beneficiario della European peace facility con 37 milioni di euro già erogati per l’aumento delle sue capacità di difesa ed altri 60 milioni in arrivo per il 2025. “Stiamo investendo nella difesa per la pace, non per la guerra” ha tenuto a precisare il presidente.Il Consiglio e il Parlamento Ue, lo scorso 20 febbraio, hanno raggiunto un accordo politico sul pilastro fiscale del Piano di crescita della Moldova che, una volta adottato, fornirà al Paese 1,9 miliardi di euro per dare spinta all’economia, attrarre investimenti e promuovere la crescita. I fondi saranno essenziali per una rapida transizione energetica per la Moldova, che per raggiungere l’autonomia necessita di accrescere le sue capacità di stoccaggio e generazione di elettricità pulita. Di questi 1,9 miliardi di euro, 300 milioni saranno resi disponibili già entro la fine di aprile. In merito alla Transnistria, Antonio Costa ha ricordato come l’offerta di 60 milioni di euro, fatta alla regione in cambio di misure concrete in materia di libertà fondamentali e diritti umani, è ancora sul tavolo.Come la commissaria Ue per l’Allargamento Marta Kos prima di lui (4 febbraio 2025), Costa a Chisinau ha enfatizzato la sua fiducia in una rapida conclusione del processo di adesione della Moldova nell’Ue.

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    Banche, Tir, energia, alluminio: l’Ue adotta il 16esimo pacchetto di sanzioni alla Russia

    Bruxelles – Petroliere ombra, banche, importazioni di alluminio: l’Ue vara il nuovo pacchetto di sanzioni contro la Russia quale risposta per l’aggressione dell’Ucraina. Una pacchetto annunciato e che il Consiglio dell’Ue approva, come da programma, in occasione del terzo anno dallo scoppio della guerra. Soddisfatta l’Alta rappresentante per la Politica estera e di sicurezza dell’Ue, Kaja Kallas: “Con i colloqui in corso per porre fine all’aggressione russa, dobbiamo mettere l’Ucraina nella posizione più forte possibile. Le sanzioni forniscono una leva.”Tra le principali restrizioni, il pacchetto prevede un divieto graduale sull’importazione di alcuni prodotti in alluminio e il blocco di 73 petroliere della cosiddetta “flotta ombra”, utilizzate dalla Russia per esportare petrolio sanzionato eludendo le restrizioni europee. Colpite anche 53 imprese, che finiscono nella lista nera dei soggetti che aiutano il Cremlino nell’agenda di aggressione. Si interviene contro chi esporta beni e tecnologie a duplice uso, nonché beni e tecnologie che potrebbero contribuire al miglioramento tecnologico del settore della difesa e della sicurezza della Russia. Un terzo di queste entità sono russe mentre le altre si trovano in paesi terzi (Cina, tra cui Hong Kong, India, Kazakistan, Singapore, Emirati Arabi Uniti e Uzbekistan) e sono stati coinvolti nell’elusione delle restrizioni commerciali o si sono impegnati nell’approvvigionamento di oggetti sensibili necessari.Il presidente russo Vladimir Putin (foto: Gavriil Grigorov/Afp via Sputnik)La stretta sulle banche e mezzi di informazioneMa soprattutto per la prima volta l’Unione europea impone un divieto di transazione a istituti di credito o finanziari istituiti al di fuori della Russia che utilizzano il ‘sistema per il trasferimento di messaggi finanziari’ (Spfs) della Banca centrale della Russia. Spfs è un servizio di messaggistica finanziaria specializzato sviluppato dalla Banca centrale della Russia per neutralizzare l’effetto delle misure restrittive. il Consiglio ha deciso di estendere il divieto di fornire servizi di messaggistica finanziaria specializzati a 13 banche regionali ritenute importanti per i sistemi finanziari e bancari russi.Oscurate poi otto testate accusate di promuovere la propaganda del Cremlino. Si tratta di EADaily / Eurasia Daily, Fondsk, Lenta, NewsFront, RuBaltic, SouthFront, Strategic Culture Foundation, e Krasnaya Zvezda / Tvzvezda.Colpita anche l’energiaIl pacchetto concordato oggi impone ulteriori restrizioni alle esportazioni di beni e tecnologie, in particolare ai software legati all’esplorazione di petrolio e gas, al fine di limitare ulteriormente le capacità di esplorazione e produzione della Russia. Inoltre, estende il divieto di fornire beni, tecnologie e servizi per il completamento di progetti di petrolio greggio in Russia, come quello del petrolio Vostok, in modo simile al completamento dei progetti di GNL attualmente in vigore.Il Consiglio sta inoltre vietando la fornitura di stoccaggio temporaneo per il petrolio greggio russo e i prodotti petroliferi all’interno dell’UE, indipendentemente dal prezzo di acquisto del petrolio e dalla destinazione finale di tali prodotti.Stop ai TIR al 25 per cento russiNon finisce qui: sempre per colpire l’economia russa restringere il transito ai camion, rafforzando l’attuale divieto di trasporto di merci su strada nel territorio dell’Unione europea, anche in transito, da parte di operatori dell’Ue di proprietà almeno per il 25 per cento di un’azienda russa. La nuova disposizione vieta inoltre le modifiche alla struttura del capitale delle imprese di trasporto su strada che aumenterebbero la quota percentuale posseduta da una persona fisica o giuridica russa oltre il 25 per cento.Soddisfazione arriva anche dai presidenti di Commissione, Parlamento e Consiglio europeo, Ursula von der Leyen, Roberta Metsola e Antonio Costa: “Oggi abbiamo adottato un sedicesimo pacchetto di sanzioni per aumentare ulteriormente la pressione collettiva sulla Russia affinché ponga fine alla sua guerra di aggressione”.

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    Commercio, intesa Ue-Paesi del golfo per lavorare a un accordo di libero scambio

    Bruxelles – Ue-Paesi del golfo arabico, avanti con il commercio. I leader dei Ventisette e i rappresentanti dei Paesi del consiglio di cooperazione della regione (Bahrein, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi) lasciano il primo summit bilaterale con l’intenzione di lavorare per un accordo di libero scambio regionale. E’ questo il risultato tangibile più di rilievo di un incontro scandito comunque da tensioni su dossier di politica estera e divergenze su temi caldi attualità, in particolare guerra russo-ucraina e conflitto israelo-palestinese.C’è la volontà, sancita nelle conclusioni di fine summit, di “far avanzare le discussioni” tra le parti per raggiungere un nuovo modello di scambi commerciali. I numeri, aggiornati al 2022, fanno capire l’importanza della posta in gioco. I flussi commerciali bilaterali hanno superato i 204 miliardi di dollari in valore, con l’Ue che da sola rappresenta il 13 per cento del totale degli scambi dei Paesi arabi del golfo. Numeri che potrebbero crescere, se si considera il potenziale abbattimento dei dazi attualmente in vigore.Per l’Ue, ovviamente un’opportunità ma pure un rischio. Perché la bilancia commerciale Ue-Paesi del golfo pende a favore di questi ultimi. Nel 2022 le esportazioni verso il mercato unico europeo hanno raggiunto un valore di 106,3 miliardi di dollari, a fronte di importazioni di prodotti ‘made in EU’ per un valore di circa 98 miliardi di dollari.I leader riuniti attorno al tavolo vedono nella convergenza per l’integrazione economico-commerciale il principale risultato di un incontro considerato storico perché il primo di sempre a Bruxelles. Si vogliono rilanciare anche gli investimenti, anche sulla scia di una realtà già solida. A oggi le due parti hanno investimenti diretti per oltre 100 miliardi di euro in settori quali energia, trasporti, ambiente, turismo, farmaceutica. E si vuole andare proseguire. “Continueremo a valutare accordi su misura a sostegno del commercio e degli investimenti“, l’accordo di principio trovato. Un punto di partenza per una nuova stagione di relazioni bilaterali.Nella rinnovata intenzione di nuovi regimi commerciali c’è anche una specifica: “L’importanza della  cooperazione nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio” (Omc, o Wto secondo l’acronimo in lingua inglese). La centralità del Wto, sottolineano i leader europei e arabi del golfo persico, rimane “essenziale per contribuire al pieno funzionamento del meccanismo di risoluzione delle controversie, al fine di rafforzare il sistema commerciale multilaterale”. Un messaggio in salsa anti-Cina e, in prospettiva, anche in chiave anti-Donald Trump qualora alle elezioni del 5 novembre dovesse trionfare il candidato repubblicano critico sull’organizzazione mondiale per il commercio.

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    Accordo sul 14esimo pacchetto di sanzioni alla Russia, l’Ue prende di mira le importazioni di gas da Mosca

    Bruxelles – L’Ue spezza il tabù sul gas russo. Dopo settimane di trattative, gli ambasciatori dei Paesi membri hanno raggiunto oggi (20 giugno) l’accordo sul 14esimo pacchetto di sanzioni alla Russia dall’inizio della guerra di aggressione in Ucraina. Un pacchetto “potente e sostanziale”, lo definisce la presidenza di turno belga del Consiglio dell’Ue nel dare l’annuncio. Per la prima volta, Bruxelles prende di mira le importazioni di Gnl da Mosca, che nel 2023 hanno generato circa 8 miliardi di euro di profitti per il Cremlino.Per l’approvazione ufficiale e la pubblicazione del pacchetto bisognerà aspettare il Consiglio Ue Affari Esteri di lunedì 24 giugno. Ma fonti Ue rivelano già che le sanzioni colpiranno “più di 100 nuove persone ed entità, per un totale di oltre 2200″ e che includono misure per dare un taglio alle “importazioni, investimenti e trasbordi di Gnl”.Perché, anche se dall’inizio del conflitto in Ucraina l’Ue ha ridotto di circa due terzi la sua dipendenza dal gas russo, ha continuato a importarlo e rivenderlo. E così, nonostante il Gnl da Mosca rappresenti solo il 5 per cento del consumo di gas dell’Ue nel 2023, i 20 miliardi di metri cubi di Gnl russo acquistati dai 27 – Belgio, Francia e Spagna i punti di ingresso principali – hanno portato nelle casse del Cremlino profitti per circa 8 miliardi di euro.L’accordo raggiunto oggi dagli ambasciatori Ue non prevede un divieto assoluto di importazione: le aziende europee potranno ancora acquistare il Gnl russo, ma sarà vietata la sua riesportazione (o trasbordo) in altri Paesi. Secondo l’IEEFA (Institute for Energy Economics and Financial Analysis), circa il 21 per cento del Gnl che arriva da Mosca viene poi trasbordato a livello globale. Oltre 4 miliardi di metri cubi.“Questo pacchetto incisivo negherà ulteriormente alla Russia l’accesso alle tecnologie chiave” e “spoglierà la Russia di ulteriori entrate energetiche”, ha esultato con un post su X la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. L’accordo è stato sbloccato dopo la strenua opposizione di Germania e Ungheria: Budapest non voleva ulteriori sanzioni nel settore energetico, Berlino aveva espresso riserve sugli oneri previsti per le aziende europee per evitare che le misure restrittive in essere vengano aggirate.Come spiegano fonti Ue, il 14esimo pacchetto di sanzioni fornisce anche “ulteriori strumenti per evitare l’elusione, soprattutto nel caso di filiali di Paesi terzi di società madri dell’Ue”. A quanto si apprende, a tutela delle imprese Ue sono stati previsti due tipi di rimedi, “in modo che possano agire dinanzi alle corti nazionali per chiedere di essere risarcite”. Da un lato potranno ottenere il risarcimento di danni subiti “a fronte di cause avviate in Paesi terzi da soggetti russi o controllati da russi per contratti o transazioni la cui esecuzione è stata colpita dalle sanzioni europee”. Dall’altro, le imprese europee “saranno tutelate per i danni causati da soggetti russi che hanno beneficiato dei provvedimenti russi di assegnazione in amministrazione temporanea”.

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    Le industrie della Spagna di Sanchez arricchiscono Putin: acquisti massicci di Gnl russo

    Bruxelles – Anche la Spagna di Pedro Sanchez finanzia il presidente russo Vladimir Putin e la sua macchina da guerra. Strano, eppur vero. Le aziende iberiche stanno acquistando il gas naturale liquefatto (Gnl) russo, e in modo massiccio. Accordi commerciali e politiche di approvvigionamento energetico che fanno storcere il naso Juan Ignacio Zoido Álvarez, europarlamentare spagnolo del Ppe che chiede conto alla Commissione europea e domanda anche eventuali provvedimenti. Provvedimenti però che non ci saranno. Perché, ricorda, la commissaria per l’Energia Kadri Simson, nella risposta fornita all’interrogazione parlamentare, “finora il Gnl russo non è stato soggetto a sanzioni, il che significa che alle società non è vietato acquistarlo“.Le imprese spagnole dunque non stanno violando alcuna norma Ue né aggirando le sanzioni decretate dall’Unione europea nei confronti della Russia e del suo presidente. Il governo di Madrid, a sua volta, non può impedire alle imprese spagnole di fare affari con i russi. E’ vero, ricorda Simson, che l’ultima proposta della Commissione per il 14esimo pacchetto di sanzioni comprende, tra le altre cose, restrizioni al trasbordo di Gnl russo nei porti europei”. Tuttavia il pacchetto proposto “richiede ancora l’adozione all’unanimità del Consiglio”.L’unica cosa che l’esecutivo può fare, e Simson assicura che il team von der Leyen “continuerà” a farlo, è  “invitare gli Stati membri e le imprese” a smettere di acquistare gas naturale liquefatto russo e a non firmare nuovi contratti per Gnl con società russe una volta scaduti quelli esistenti. La Commissione può fare pressione sul governo Sanchez affinché faccia pressione sulle imprese spagnole, ma in assenza di divieti e sanzioni è tutto rimesso alla singola compagnia.Con l’Unione europea impegnata a indebolire l’economia russa e minare le capacità di finanziare l’esercito russo per la guerra in Ucraina, il risultato, denuncia l’europarlamentare spagnolo, è che la Spagna “ora importa più gas naturale liquefatto dalla Russia di qualsiasi altro paese europeo”. Fornisce anche i dati, che sono quelli dell’Istituto di economia energetica e analisi finanziaria (Ieefa). Emerge che la quantità di gas russo in arrivo nei porti spagnoli “ha registrato nuovi massimi, aumentando del 30 per cento nel 2023 ed è aumentata per due anni consecutivi”.Zoido Álvarez critica e accusa il governo del proprio Paese di “chiudere un occhio”, ma esaminando il rapporto citato dall’europarlamentare emerge che fin qui non c’è solo la Spagna ad aver continuato a fare affari con il regime di Putin. L’Ieefa certifica sì che tra gennaio e settembre 2023 la Spagna risulta il principale importatore di Gnl russo tra i paesi dell’UE, con 5,21 miliardi di metri cubi importati. Ma ci sono anche altri che stanno continuando ad alimentare la macchina da guerra russa: la Francia di Emmanuel Macron (3,19 miliardi di metri cubi acquistati) e il Belgio (commesse per 3,14 miliardi di metri cubi).Sulla Spagna pesa anche la rivendita all’interno dell’Ue. L’Ieefa rileva nero su bianco come la Spagna acquisti il Gnl russo per poi rivenderlo a un terzo degli Stati membri dell’Ue, nello specifico a Italia, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Lituania, Paesi Bassi e Svezia.

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    L’ingresso dell’Ucraina nell’Ue non sarebbe un vantaggio solo per Kiev

    Bruxelles – Costi, certo. Ma anche benefici. E non di poco conto. La scelta politica dell’Unione europea di far entrare i Paesi dell’est nel club a dodici stelle è decisa, dettata anche, certamente, da ragioni geopolitiche e da un conflitto russo in Ucraina che ha inevitabilmente ridisegnato logiche e strategie. E avviato ragionamenti su cosa e come cambierà l’Unione europea. A fare primi calcoli è il think tank Bruegel, in uno studio d’impatto sull’ingresso in particolare dell’Ucraina nel club. Viene messo in risalto innanzitutto che “complessivamente il costo netto dell’ingresso dell’Ucraina nell’Ue per gli attuali Paesi membri ammonterebbe a 136 miliardi di euro a prezzi correnti nel periodo dal 2021 al 2027, ovvero allo 0,13 per cento del Prodotto interno lordo dell’Ue”.Può sembrare una cifra elevata, ma i calcoli condotti da Bruegel mostrano che a livello di bilancio comune, la dimensione complessiva dell’impatto dell’adesione dell’Ucraina all’Ue sul Mff 2021-2027sarebbe un aumento dall’1,12 per cento all’1,20 per Pil nello scenario di base, che presuppone che l’Ucraina riacquisti la sua integrità territoriale e che la guerra non ha alcun impatto a lungo termine sulla popolazione o sul PIL del Paese. Inoltre la maggior parte dei contribuenti netti dovrebbe contribuire con circa lo 0,1 per cento in più del proprio Pil al bilancio dell’Ue. Cifre non certo esorbitanti.Attenzione, però: si tratta di una stima, peraltro preliminare. Perché, si precisa, quello prodotto è “lo scenario di base”. Avere un’idea di cosa può significare in termini economici la piena adesione dell’Ucraina non è al momento semplice, perché sono tante le incognite, prima fra tutte i confini del Paese. Ucraina pre-conflitto o Ucraina senza Donbass?Il cambiamento nella politica di coesioneQuel che è certo è che gli Stati oggi membri perderebbero un po’ di finanziamenti in uno scenario allargato all’Ucraina. Bruegel stima che i Ventisette Paesi “riceverebbero 24 miliardi di euro in meno in finanziamenti per la coesione” rispetto alla situazione attuale, senza l’Ucraina. Il motivo di questa perdita multi-miliardaria è che l’ingresso di Kiev ridurrebbe il Reddito nazionale lordo medio pro-capite dell’Ue, che è un indicatore dell’allocazione dei fondi. Il problema non è nuovo, tanto che il gruppo di esperti della Commissione Ue ha già avvertito la Commissione stessa che in prospettiva serviranno più fondi.  Per l’Italia c’è in ballo tutta la partita del Mezzogiorno e i fondi a sostegno del Sud. Non certo una cosa da poco.Cosa può ottenere l’UcrainaAl netto dell’ingresso nell’Unione europea, l’Ucraina da questa membership può avere ritorni certamente economici. In particolare, secondo i calcoli preliminari, Kiev otterrebbe 32 miliardi di euro in pagamenti per la politica di coesione, 85 miliardi di euro in pagamenti per la Politica agricola comune (Pac) e 7 miliardi di euro in pagamenti da altri programmi dell’Ue (tutti i numeri sono a prezzi correnti e si riferiscono all’intero Mff 2021-2027). La spesa per la pubblica amministrazione europea potrebbe aumentare di 4 miliardi di euro, mentre l’Unione europea risparmierebbe circa 2 miliardi di euro sui fondi attualmente destinati ai suoi vicini. I vantaggi per l’UeUn’Unione europea più grande, con l’Ucraina al proprio interno farebbe certamente il bene di Kiev. Ma cosa guadagna l’Ue da questo allargamento? Bruegel risponde anche a questo. In primo luogo l’integrazione dei lavoratori ucraini nei mercati del lavoro dell’UE ridurrebbe la drammatica carenza di manodopera nell’Unione. E Inoltre l’adesione migliorerebbe la sicurezza energetica dell’Ue e potrebbe ridurre i costi energetici. Guardando le cose in ottica regionale, La presenza dell’Ucraina nell’Unione potrebbe stabilizzare il vicinato orientale dell’Ue e aumentare le capacità militari e di sicurezza dell’Ue.

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    Gli aiuti allo sviluppo dell’Ue sono un problema per l’Africa

    Bruxelles – Gli aiuti dell’UE all’Africa non aiutano il continente e i suoi Stati. Al contrario, per come sono concepiti, accrescono i problemi, soprattutto economici, dei Paesi in cui l’azione concepita per portare contributi utili allo sviluppo. La strategie dell’Unione europea per i Paesi più poveri, soprattutto africani, dovrebbero essere dunque riviste. Il Parlamento europeo accende i riflettori su partenariati che, così, come sono, finiscono per produrre effetti contrari a quelli desiderati.La nota di accompagnamento alla relazione per la cooperazione allo sviluppo dell’Ue a sostegno dell’accesso all’energia nei paesi in via di sviluppo, che l’Aula del Parlamento europeo, da calendario, discuterà il 17 gennaio in occasione della prima sessione plenaria del nuovo anno, evidenzia le carenze dell’azione a dodici stelle.Tra il 2014 e il 2020, recita il passaggio allegato al testo legislativo, l’insieme dei Ventisette ha fornito 13,8 miliardi di euro complessivi di assistenza all’Africa per lo sviluppo sostenibile. Innanzitutto l’importo “non è ancora sufficiente e occorre compiere maggiori sforzi” se si vuole permettere una crescita sostenibile da un punto di vista climatico-ambientale. Ma, soprattutto, “il 53 per cento degli esborsi è avvenuto sotto forma di prestiti”, il che si traduce in “debito aggiuntivo che riduce la capacità di questi paesi di investire negli obiettivi di sviluppo sostenibile”.Aumenta in sostanza il debito dei Paesi africani, che si trovano in una situazione di difficoltà. Tanto che, viene messo in risalto, risulta che  “21 paesi africani a basso reddito si trovano o sono a rischio di sofferenza debitoria nel 2023“.C’è un’ulteriore considerazione da fare, e che viene fatta. La cooperazione allo sviluppo dell’UE, per com’è concepita, non è a misura di Green Deal europeo. “La maggior parte dei progetti finanziati dall’UE mirano a promuovere grandi infrastrutture di generazione elettrica e l’interconnessione delle reti di trasmissione per creare mercati elettrici integrati, che hanno un impatto minimo sulla promozione dell’accesso all’elettricità per coloro che non ce l’hanno”. C’è da ripensare l’intera architettura della politica per lo sviluppo. La relazione che sta per approdare in Aula chiede perciò agli Stati membri dell’UE di aumentare l’importo dell’aiuto pubblico allo sviluppo destinato al settore energetico in Africa, “dando priorità alle sovvenzioni rispetto ai prestiti nei paesi a rischio di indebitamento“. C’è di più. Perché si suggerisce di cambiare il modello di business condotto fin qui. “Per superare la povertà energetica in Africa, i finanziamenti dell’UE dovrebbero essere ri-orientati verso i paesi con tassi di accesso all’elettricità più bassi”.Un altro, poi, riguarda l‘idrogeno verde, quello prodotto attraverso le energie rinnovabili. L’Africa non appare una regione ottimale per spingere per questo particolare tipo di investimenti. “Sebbene possa potenzialmente svolgere un ruolo significativo” nel raggiungimento degli obiettivi internazionali di sostenibilità incardinati negli accordi di Parigi , allo stesso tempo “potrebbe innescare conflitti sull’uso del territorio e aggravare la povertà“. Questo perché produrre idrogeno verde implica estrazione mineraria e uso di materie prime e terre rare, che richiedono grandi quantità di acqua dolce e generano inquinamento idrico. Per il sud del mondo, povero di acqua e sistemi di raccolta, l’idrogeno verde “può avere impatti sociali e ambientali negativi”. L’UE, insomma, sta sbagliando calcoli e strategie, e dovrebbe correggere il tiro.