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    L’Ucraina entra nel consiglio dei governatori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (dove siede anche Mosca)

    Bruxelles – L’Ucraina entra a far parte del consiglio dei governatori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica per il periodo 2023-2025. “Ringrazio tutti i paesi che hanno sostenuto la nostra candidatura: l’Ucraina resta un partner affidabile nel settore dell’energia nucleare e faremo ogni sforzo per rafforzare l’importante ruolo dell’Aiea e per rafforzare la sicurezza nucleare globale”, ha confermato tramite X il presidente ucraino, Volodymyr Zelenskyy, incalzando a lavorare insieme per porre fine a “tutti i tipi di ricatto nucleare che la Russia tenta di normalizzare”.

    Kiev aveva presentato la domanda di adesione al Consiglio lo scorso febbraio, per il periodo 2023-2025, e l’elezione formale è arrivata oggi a margine della sessione plenaria della 67a Conferenza generale dell’Aiea. Oltre all’Ucraina, anche Algeria, Armenia, Bangladesh, Burkina Faso, Ecuador, Indonesia, Repubblica di Corea, Paesi Bassi, Paraguay, Spagna faranno parte del consiglio dei governatori (di cui fa parte con un rappresentante anche la Federazione russa). Il Consiglio dei governatori è uno dei due organi decisionali dell’AIEA, insieme alla Conferenza generale annuale degli Stati membri dell’AIEA.

    Da Bruxelles sono arrivate nel pomeriggio le congratulazioni della commissaria europea per l’energia, Kadri Simson, che ha ricordato tramite X che il seggio di Kiev al Consiglio è “un importante sviluppo che ci aiuta a salvaguardare l’energia nucleare in Ucraina e a rafforzare la sicurezza nucleare nella regione”.
    Da quando è iniziata la guerra di aggressione di Mosca verso l’Ucraina a febbraio 2022, il presidente russo Vladimir Putin ha minacciato a più riprese gravi ritorsioni e il ricorso alle armi atomiche, in caso di interventismo occidentale in una guerra che il capo del Cremlino considera legittima, facendo riferimento più o meno diretto alla bomba atomica. Nel corso dei mesi, il Cremlino ha occupato strategicamente impianti nucleari presenti sul territorio ucraino – come il più grande impianto nucleare attivo in Europa di Zaporizhzhya -, ricreando anche un clima di deterrenza nucleare tipico della Guerra fredda, in risposta alla raffica di sanzioni europee varate nei mesi ai danni dell’economia di Mosca.
    E’ improbabile un impiego di armi nucleari nella guerra in corso, ma chiaramente è impossibile escluderlo del tutto e per molti l’ingresso di Kiev nell’Agenzia internazionale per l’energia atomica è positivo in termini di sicurezza nucleare globale. Per il ministro ucraino dell’energia, German Galushchenko, il “futuro dell’energia nucleare si sta decidendo in Ucraina e dobbiamo unire i nostri sforzi per rafforzare la sicurezza nucleare e radioattiva in tutto il mondo”, ha scritto in un post su X.

    Kiev aveva presentato la domanda di adesione al Consiglio lo scorso febbraio, per il periodo 2023-2025, e l’elezione formale è arrivata oggi a margine della sessione plenaria della 67a Conferenza generale dell’Aiea

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    Von der Leyen e Michel da Biden il 20 ottobre. Il Vertice Ue-Usa tra Ucraina ed energia

    Bruxelles – Sostegno all’Ucraina, da un lato. Approvvigionamento energetico e digitale, dall’altro. I leader di Unione europea e Stati Uniti si incontreranno venerdì 20 ottobre a Washington per il secondo Vertice Ue-Usa da quando il presidente statunitense Joe Biden si è insediato alla Casa Bianca a gennaio 2021.
    La conferma è arrivata oggi (28 settembre) in una nota congiunta dei due lati dell’Atlantico in cui si legge che il presidente Biden insieme al presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, faranno il punto sulla cooperazione tra Stati Uniti e Unione Europea, soprattutto per confermare il “nostro impegno condiviso a sostenere l’Ucraina nella difesa della sua sovranità e a imporre costi alla Russia per la sua aggressione”.
    La difesa dell’Ucraina e il sostegno alla sua ricostruzione saranno i temi dominanti dell’incontro. Ma le discussioni si concentreranno anche sull’approvvigionamento di materie prime critiche, centrali per la produzione di tecnologie verdi e alla doppia transizione verde e digitale. “Promuoveranno gli sforzi degli Stati Uniti e dell’UE per accelerare l’economia globale dell’energia pulita basata su catene di approvvigionamento sicure e resilienti e continueranno la cooperazione nelle tecnologie critiche ed emergenti, comprese le infrastrutture digitali e l’intelligenza artificiale”, si legge nella dichiarazione comune, in cui i leader confermano che faranno un punto anche sulle attività congiunte per rafforzare la resilienza economica e affrontare le sfide correlate.
    Il riferimento alla Cina non è diretto, ma il rafforzamento della cooperazione transatlantica è in chiave anti-Pechino. Washington e Bruxelles lavorano ormai da mesi per finalizzare un accordo sui minerali critici, che entrambe le parti puntano a chiudere entro la fine dell’anno. L’obiettivo è quello di raggiungere uno status equivalente a un accordo di libero scambio per l’Ue per i minerali critici, essenziali per la produzione di tecnologie chiave per la doppia transizione, come il litio per le batterie – e distendere le tensioni create dall’Inflation Reduction Act (IRA), il vasto piano di sussidi verdi da quasi 370 miliardi di dollari varato dall’amministrazione Usa, che Bruxelles teme possa svantaggiare le imprese europee. Le discussioni “esplorative” con gli Stati Uniti tenute finora hanno mostrato un allineamento sui principi principali, mentre i dettagli verranno approfonditi durante i negoziati ancora in corso. E il Vertice di fine ottobre potrebbe essere la giusta occasione per velocizzare i negoziati.
    Il Vertice prenderà le mosse in un contesto completamente diverso rispetto a quello che a giugno 2021 ha accolto Biden a Bruxelles. I leader europei e statunitensi si trovavano a dover affrontare e gestire insieme la crisi economica derivata dall’urgenza sanitaria del Covid-19 e una guerra alle porte dell’Europa era impensabile.

    I tre leader a Washington faranno il punto sulla cooperazione tra Stati Uniti e Unione Europea, soprattutto per confermare l’impegno “condiviso a sostenere l’Ucraina nella difesa della sua sovranità e a imporre costi alla Russia per la sua aggressione”

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    Il Belgio alla fine cede sui diamanti nelle sanzioni contro la Russia. Per il premier De Croo sono “un simbolo della guerra”

    Bruxelles – L’apertura ora è ufficiale e può iniziare il lavoro con il principale hub del commercio internazionale di diamanti. Il primo ministro del Belgio, Alexander De Croo, ha esortato esplicitamente il settore della gioielleria a “innalzare gli standard di trasparenza” e allinearsi alla prossima iniziativa del G7 per limitare i ricavi del Cremlino dal commercio di diamanti. “In qualità di hub leader nel commercio dei diamanti, il Belgio ha la responsabilità di contribuire al suo successo“, ha messo in chiaro il premier durante un incontro ieri sera (20 settembre) con i responsabili dell’industria della gioielleria presso il Console Generale del Belgio a New York, dove si è recato per partecipare all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
    Il primo ministro del Belgio, Alexander De Croo (terzo da sinistra) con i responsabili dell’industria della gioielleria (20 settembre 2023)
    Per la prima volta De Croo ha sgomberato il campo dalle ambiguità che il suo Paese ha mantenuto nell’ultimo anno a causa della posizione di assoluta centralità della città di Anversa nel commercio globale di pietre preziose. “I diamanti russi sono diventati il simbolo della guerra e delle violazioni dei diritti umani” ed è per questo che l’intero settore in Europa e in Belgio deve fare “l’ultimo miglio” per garantire il successo dell’iniziativa del Gruppo dei Sette ormai pronta. Si tratta nello specifico di un sistema di tracciabilità su cui si sta lavorando da maggio per una collaborazione tra partner internazionali “al fine di garantire l’effettiva attuazione di future misure restrittive coordinate”, aveva anticipato la dichiarazione del G7 di Hiroshima. Secondo quanto riferito dal premier belga, il sistema di tracciamento per impedire che i diamanti russi entrino nei mercati che hanno imposto il divieto è quasi pronto, ma “renderlo completamente trasparente richiede molto lavoro, che dobbiamo fare insieme”, è l’esortazione ai responsabili del settore “per implementare il sistema dal primo gennaio 2024“. La base del meccanismo di verifica dovrebbe essere il Certificato di Kimberley istituito nel 2003 per frenare il flusso dei ‘diamanti insanguinati’ nel mercato globale, attraverso l’utilizzo della tecnologia blockchain: in caso di successo il sistema dovrebbe eliminare i diamanti russi e ridurne il valore sul mercato a favore di quelli provenienti dal continente africano.
    Il sistema di tracciabilità costituisce per Bruxelles – e per Anversa – un’alternativa credibile all’embargo sull’importazione di diamanti, escluso anche dall’ultima tornata di sanzioni Ue contro la Russia. A margine del vertice G7 di Hiroshima, il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, aveva precisato che la volontà dell’Unione è quella di limitare il commercio: “Faremo in modo che ci sia coerenza con quello che stiamo facendo a livello europeo“. Diverse fonti diplomatiche avevano fatto sapere a Eunews che, nonostante non si stia più discutendo di embargo tra le misure restrittive Ue perché “difficile da attuare”, il Belgio e la Commissione Europea stavano mettendo a punto un sistema di tracciabilità in linea con quanto in via di definizione in sede G7. Attualmente a Bruxelles è in fase di preparazione il dodicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia e l’attesa presentazione del sistema di tracciabilità del G7 sarebbe “l’innesco per il lancio” della prossima tornata di misure restrittive Ue, fanno sapere le stesse fonti, anche se non ci sono ancora tempistiche certe.
    Un anno di resistenze sui diamanti
    (credits: Punit Paranjpe / Afp)
    La questione dei diamanti era entrata per la prima volta nelle discussioni tra gli ambasciatori al Coreper (Comitato dei rappresentanti permanenti) in occasione del settimo pacchetto di sanzioni definito di maintenance and alignement (aggiornamento e allineamento). Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’Ue del 21 luglio era stato deciso di includere anche i gioielli nel divieto di acquistare, importare o trasferire l’oro russo (anche se esportato in un Paese terzo), ma era rimasto fuori il commercio di diamanti, dal momento in cui nella richiesta di allineamento dei leader del G7 in Germania questa azione non era prevista.
    Di fronte alla pressione crescente nei mesi successivi a causa dell’escalation della guerra in Ucraina, nelle trattative per l’ottavo pacchetto di sanzioni la proposta della Commissione Ue di un embargo totale ai diamanti grezzi dalla Russia è arrivata a un passo dal via libera da tutti i Paesi membri Ue, prima di essere bloccata da un colpo di coda in extremis. A spingere per l’esclusione del gigante russo dell’estrazione Alrosa dalla lista delle entità colpite era stata l’associazione di categoria Antwerp World Diamond Centre, che aveva denunciato il rischio di disoccupazione per oltre 10 mila lavoratori nella città fiamminga, centro dell’industria mondiale della lavorazione di diamanti: la città controlla l’86 per cento del commercio globale di quelli grezzi e la metà di quelli lavorati. Si è trattata di una vera e propria concessione alle lobby della lavorazione dei diamanti belghe, che nella città portuale di Anversa hanno sede e da dove hanno influenzato la posizione del governo belga per prendere a picconate la proposta del gabinetto von der Leyen.
    Nel corso delle trattative tra gli ambasciatori anche per l’approvazione dei due pacchetti successivi di misure restrittive è passata la linea morbida del Belgio per non sganciarsi dal gigante russo dell’estrazione di diamanti, facendo leva sul timore che una misura restrittiva contro Alrosa possa colpire più l’economia e l’occupazione europea rispetto a quelle di Mosca. La marcia indietro dell’ottobre 2022 aveva segnato una sconfitta per Baltici e Polonia, che hanno sempre appoggiato un embargo totale sui diamanti (non-industriali). Ma, come avevano riferito al tempo fonti diplomatiche a Eunews, gli altri Paesi membri non avevano levato voci contrarie alla posizione del Belgio. Il commercio globale di diamanti grezzi della Russia è stimato dal Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti come una delle prime dieci esportazioni non energetiche di Mosca (pari al 30 per cento in tutto il mondo), mentre ogni giorno ad Anversa vengono commerciati diamanti per un valore di 220 milioni di dollari, pari a circa 47 miliardi di dollari all’anno.

    A New York per l’Assemblea Generale dell’Onu, il premier belga ha messo in chiaro che il suo Paese “ha la responsabilità di contribuire al successo” dell’iniziativa del G7 per ridurre i ricavi del Cremlino dal commercio delle pietre preziose. Si discute se inserirlo nel dodicesimo pacchetto

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    Il Principato di Monaco fa un passo indietro sull’accordo con Bruxelles. L’Ue continua il lavoro con San Marino e Andorra

    Bruxelles – Le sirene delle autorità di regolamentazione Ue hanno avuto effetto. Nonostante il nesso causale non venga confermato dalla Commissione Europea, dopo poche settimane dalla lettera che ha messo in guardia da “rischi significativi” per un possibile Accordo di Associazione tra l’Unione e tre microstati europei, il Principato di Monaco ha fatto un passo indietro, sospendendo momentaneamente i negoziati. Ad annunciarlo dopo l’incontro di ieri (14 settembre) con la consigliera del ministero degli Affari esteri e della cooperazione monegasco, Isabelle Berro-Amadei, è stato il vicepresidente esecutivo della Commissione Ue responsabile per le Relazioni interistituzionali, Maroš Šefčovič: “Dopo uno scambio franco e cordiale abbiamo convenuto che le condizioni non erano mature per concludere un accordo“.
    Da sinistra: l’alta commissaria per gli Affari europei del Principato di Monaco, Isabelle Costa, il ministro per gli Affari esteri di San Marino, Luca Beccari, il vicepresidente della Commissione Europea per le Relazioni interistituzionali, Maroš Šefčovič, e il segretario di Stato per gli Affari europei di Andorra, Landry Riba Mandicó (4 luglio 2023)
    Come si apprende da una nota pubblicata oggi (15 settembre) dall’esecutivo comunitario, l’obiettivo iniziale del Berlaymont era quello di ribadire la volontà di concludere i negoziati con Monaco, Andorra e San Marino entro la fine dell’anno per un accordo “fondato sul rispetto delle quattro libertà di circolazione” – persone, capitali, servizi e merci – “e sul mantenimento dell’integrità e dell’omogeneità del Mercato interno” dell’Unione Europea. Dopo il passo indietro di Monaco i rapporti rimangono i più positivi possibili: “L’Ue è e rimarrà un partner privilegiato del Principato“, mette in chiaro la Commissione, che rimane “disponibile e pronta” a proseguire i negoziati “in futuro”. Ora l’attenzione è rivolta alla tornata negoziale prevista in questi giorni con gli altri due microstati europei, senza che questo primo stop cambi la rotta generale: “L’obiettivo è concludere i negoziati per un Accordo di Associazione con il Principato di Andorra e la Repubblica di San Marino entro la fine del 2023“.
    Non passa inosservata la tempistica della decisione. A fine agosto i presidenti dell’Autorità bancaria europea (Eba), dell’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (Esma) e dell’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (Eiopa) hanno avvertito la Commissione che finalizzare questi accordi potrebbe aprire le porte del Mercato Unico a una destabilizzazione dei servizi finanziari. Tra le motivazioni compare il fatto che i tre microstati  “hanno mantenuto storicamente regolamenti meno rigorosi” e perciò sarebbero in una posizione “più incline al riciclaggio di denaro e ad altre attività illecite”. Questo significa che le aziende potrebbero essere tentate di stabilirsi in questi tre Stati nel tentativo “deliberato” di beneficiare di standard finanziari più leggeri, con “rischi significativi per i consumatori” derivanti dal libero mercato dell’Unione. Rispondendo alle domande di Eunews, i portavoce dell’esecutivo comunitario hanno comunicato di aver “preso nota delle opinioni espresse” nella lettera dei vertici delle tre agenzie Ue, ma senza fare passi indietro sull’obiettivo della partecipazione di Andorra, Monaco e San Marino al Mercato interno dell’Ue della “cooperazione in altri settori politici“.
    Il vicepresidente esecutivo della Commissione Europea responsabile per le Relazioni interistituzionali, Maroš Šefčovič
    I negoziati per l’Accordo di Associazione sono iniziati nel marzo del 2015, ma le conseguenze della guerra russa in Ucraina hanno portato a un’accelerazione dei tentativi di concludere positivamente i negoziati. Il 30 giugno dello scorso anno il vicepresidente Šefčovič ha presentato a Bruxelles una roadmap per arrivare alla firma entro il 2024 degli Accordi di Associazione con Andorra, Monaco e San Marino, definendola “una priorità, ambiziosa ma realizzabile“. Il gabinetto von der Leyen sta spingendo il più possibile per chiudere le intese prima della fine del suo mandato, dal momento in cui a Bruxelles è considerato molto probabile che un fallimento in questa legislatura potrebbe frenare il percorso di avvicinamento dei – ora due, non più tre – microstati europei all’integrazione con i Ventisette.
    Monaco, San Marino, Andorra e gli altri microstati europei
    I tre microstati europei con cui l’Ue era alla ricerca di un accordo hanno attualmente status diversi. Né San Marino né Andorra sono parte dello spazio Schengen (che prevede la libera circolazione delle persone tra Stati membri Ue e l’abolizione delle frontiere comuni), tuttavia esiste un’unione doganale con l’Unione dal 1991: solo San Marino lo è anche per i prodotti agricoli (dal 2002). Andorra mantiene parte dei suoi controlli al confine, solamente in alcuni valichi di frontiera con la Spagna. Il Principato di Monaco attualmente è in una situazione ibrida, e applica alcune politiche dell’Ue attraverso la relazione speciale che ha con la Francia: è membro di fatto di Schengen, mentre è a pieno titolo parte del territorio doganale dell’Unione.
    Per quanto riguarda gli altri microstati europei, il Liechtenstein è l’unico a far parte dello Spazio economico europeo e del Mercato Unico (dal primo maggio del 1995), mentre dal 19 dicembre del 2011 ha firmato gli accordi Schengen. La Città del Vaticano è il più piccolo Stato riconosciuto al mondo e ha solamente il confine aperto con l’Italia. Tutti i microstati europei (fatta eccezione per il Liechtenstein, che usa il franco svizzero) usano come moneta ufficiale l’euro e hanno il diritto di coniarne un numero limitato, perché viene riconosciuto loro l’aver utilizzato o essere stati legati a valute non più in circolazione di alcuni Paesi membri (lira per San Marino e Città del Vaticano, franco francese per Monaco, peseta spagnola e franco francese per Andorra). Da parte di Bruxelles non c’è l’interesse di integrare nessuno dei microstati europei come Paese membro, dal momento in cui sarebbe eccessivamente complesso gestire questioni interne all’Unione (come le presidenze di turno del Consiglio dell’Ue, o il diritto di veto degli Stati membri) per entità territoriali troppo limitate a livello di superficie e popolazione.

    Dopo l’allarme lanciato da tre autorità di regolamentazione Ue, le due parti hanno concordato che “le condizioni non sono mature” e hanno sospeso i negoziati. Ma per il vicepresidente della Commissione, Maroš Šefčovič, rimane l’obiettivo 2023 per la firma con gli altri due microstati

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    Semaforo verde dall’Eurocamera al piano da 300 milioni per gli appalti congiunti di armi

    Bruxelles – Trecento milioni di euro fino alla fine del 2025 per rafforzare l’industria europea della difesa attraverso gli appalti congiunti. Con ampia maggioranza (530 voti a favore, 66 contrari e 32 astenuti), il Parlamento europeo riunito a Strasburgo in plenaria ha dato il via libera definitivo oggi (12 settembre) al nuovo regolamento, concordato con gli Stati membri Ue a fine giugno, per istituire uno strumento temporaneo per rafforzare l’industria europea della difesa attraverso appalti comuni tra i Ventisette (il nome inglese è ‘Edirpa’, European Defence Industry Reinforcement through common Procurement Act) che avrà una dotazione di 300 milioni fino al 2025. 
    Una proposta avanzata dalla Commissione europea a luglio 2022, che ricoprirà anche un ruolo di finanziamento importante per il piano Ue per lo sviluppo dell’industria della difesa, presentato dalla lo scorso 3 maggio per arrivare a produrre almeno un milione di munizioni all’anno Made in Europe con cui contribuire alla resistenza dell’Ucraina all’aggressione della Russia. Gli acquisti congiunti dovranno coinvolgere un minimo di tre Stati membri e saranno aperti alla partecipazione dei Paesi dell’Associazione europea di libero scambio che sono anche membri dello Spazio economico europeo (Paesi associati).
    Una nota dell’Europarlamento spiega che il contributo finanziario dell’Ue a ciascun acquisto sarà limitato al 15 per cento del valore stimato del contratto di appalto comune per consorzio, che può essere portato al 20 per cento se l’Ucraina o la Moldavia sono destinatarie di quantità aggiuntive di prodotti per la difesa, o se almeno il 15 per cento del valore stimato del contratto di appalto comune è assegnato a PMI o a società a media capitalizzazione in qualità di appaltatori o subappaltatori.
    Lo strumento incentiverà gli Stati membri ad acquistare in comune i prodotti per la difesa più critici e urgenti nel quadro della guerra di Russia in Ucraina, rafforzando l’interoperabilità tra gli Stati membri per gli stessi prodotti, faciliterà i risparmi sui costi e aumenterà la competitività e l’efficienza della base industriale e tecnologica di difesa europea. “Il voto di oggi segna un momento storico per la difesa dell’Ue, in quanto istituisce il primo strumento comunitario per l’approvvigionamento congiunto da parte degli Stati membri. Questo strumento li aiuterà a rifornire le loro scorte, ad aumentare l’interoperabilità tra le nostre forze armate, a rafforzare la nostra industria e a contribuire al nostro incrollabile sostegno all’Ucraina. Tuttavia, di fronte a una crisi storica, l’EDIRPA può essere solo un punto di partenza per un’agenda di difesa comune molto più ambiziosa”, ha dichiarato il co-relatore tedesco della commissione affari esteri Michael Gahler.
    Edirpa rappresenta un nuovo passo verso una difesa europea più ambiziosa e integrata, insieme alla Legge per il sostegno della produzione di munizioni, un piano in due pilastri (uno ‘programmatico’ e uno ‘normativo’) messo nero su bianco dal commissario per il mercato interno, Thierry Breton, a valle di un vero e proprio ‘tour della difesa’ che lo ha visto tra marzo e aprile impegnato a visitare gli undici Paesi dell’Unione europea con l’industria della difesa più avanzata, tra cui anche l’Italia. Il piano prevede di mobilitare 500 milioni di euro dal bilancio fino a giugno 2025 per aumentare la capacità dell’industria europea di produrre munizioni, con l’obiettivo di produrre almeno un milione di pezzi all’anno (di cui 260 milioni dal Fondo europeo per la difesa e 240 milioni proprio dallo strumento Edirpa). 

    Con ampia maggioranza approvato il nuovo regolamento, concordato con gli Stati membri Ue a fine giugno, per istituire uno strumento temporaneo per rafforzare l’industria europea della difesa

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    Il possibile accordo tra Bruxelles e San Marino-Monaco-Andorra allarma le autorità di regolamentazione Ue

    Bruxelles – La Commissione Europea ha fissato l’obiettivo alla fine del 2023, ma un possibile accordo tra l’Unione e tre microstati europei – Repubblica di San Marino, Principato di Andorra e Principato di Monaco – potrebbe comportare “rischi significativi” su molti livelli. Il fulmine a ciel sereno è arrivato sotto forma di lettera, inviata al gabinetto von der Leyen dai presidenti di tre autorità di regolamentazione Ue, che cercano di frenare la spinta dell’esecutivo comunitario nel cercare di stringere i legami con i tre microstati che si trovano inclusi all’interno dei confini dei Paesi membri.
    Come appreso da Politico, i vertici dell’Autorità bancaria europea (Eba), dell’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (Esma) e dell’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (Eiopa), hanno avvertito la Commissione che finalizzare Accordi di Associazione con i tre microstati europei potrebbe aprire le porte del Mercato Unico a una destabilizzazione dei servizi finanziari, anche considerato il fatto che “hanno mantenuto storicamente regolamenti meno rigorosi” e per questa ragione si troverebbero in una posizione “più incline al riciclaggio di denaro e ad altre attività illecite”. In altre parole, le aziende potrebbero essere tentate di stabilirsi nei tre microstati europei nel tentativo “deliberato” di beneficiare di standard finanziari più leggeri, con “rischi significativi per i consumatori” derivanti dal libero mercato dell’Union
    Era stato il vicepresidente della Commissione Ue responsabile per le Relazioni interistituzionali, Maroš Šefčovič, a presentare il 30 giugno 2022 una roadmap per arrivare alla firma entro il 2024 degli Accordi di Associazione con la Repubblica di San Marino, il Principato di Andorra e il Principato di Monaco. Per il gabinetto von der Leyen è “una priorità, ambiziosa ma realizzabile“, dal momento in cui la mancata intesa prima della fine della legislatura potrebbe frenare il percorso di avvicinamento dei tre microstati europei all’integrazione con i Ventisette. I negoziati per l’Accordo di Associazione sono iniziati nel marzo del 2015, ma con le conseguenze della guerra russa in Ucraina è stata riconosciuta la necessità di accelerare i tempi. Calendario e considerazioni specifiche sono state definite per ciascuno dei tre microstati, con il rafforzamento dell’integrazione in ciascuna delle libertà del Mercato Unico: libera circolazione di persone, merci, capitali e servizi.
    Lo stato attuale dei microstati europei
    I tre microstati europei in questione hanno degli status diversi. Né San Marino né Andorra sono parte dello spazio Schengen (che prevede la libera circolazione delle persone tra Stati membri Ue e l’abolizione delle frontiere comuni), tuttavia esiste un’unione doganale con l’Unione dal 1991: solo San Marino lo è anche per i prodotti agricoli (dal 2002). Andorra mantiene parte dei suoi controlli al confine, solamente in alcuni valichi di frontiera con la Spagna. Il Principato di Monaco attualmente è in una situazione ibrida, e applica alcune politiche dell’Ue attraverso la relazione speciale che ha con la Francia: è membro di fatto di Schengen, mentre è a pieno titolo parte del territorio doganale dell’Unione.
    Da sinistra: l’alta commissaria per gli Affari europei del Principato di Monaco, Isabelle Costa, il ministro per gli Affari esteri di San Marino, Luca Beccari, il vicepresidente della Commissione Europea per le Relazioni interistituzionali, Maroš Šefčovič, e il segretario di Stato per gli Affari europei di Andorra, Landry Riba Mandicó (4 luglio 2023)
    Per quanto riguarda gli altri microstati europei, il Liechtenstein è l’unico a far parte dello Spazio economico europeo e del Mercato Unico (dal primo maggio del 1995), mentre dal 19 dicembre del 2011 ha firmato gli accordi Schengen. La Città del Vaticano è il più piccolo Stato riconosciuto al mondo e ha solamente il confine aperto con l’Italia. Tutti i microstati europei (fatta eccezione per il Liechtenstein, che usa il franco svizzero) usano come moneta ufficiale l’euro e hanno il diritto di coniarne un numero limitato, perché viene riconosciuto loro l’aver utilizzato o essere stati legati a valute non più in circolazione di alcuni Paesi membri (lira per San Marino e Città del Vaticano, franco francese per Monaco, peseta spagnola e franco francese per Andorra). Da parte di Bruxelles non c’è l’interesse di integrare nessuno dei microstati europei come Paese membro, dal momento in cui sarebbe eccessivamente complesso gestire questioni interne all’Unione (come le presidenze di turno del Consiglio dell’Ue, o il diritto di veto degli Stati membri) per entità territoriali troppo limitate a livello di superficie e popolazione.

    I presidenti dell’Autorità bancaria europea, degli strumenti finanziari e dei mercati, e delle assicurazioni e pensioni, in una lettera alla Commissione hanno avvertito che gli standard meno severi nei tre microstati potrebbero portare “rischi significativi” per consumatori e lotta al riciclaggio

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    La coalizione dell’aviazione si allarga: la Grecia addestrerà i piloti ucraini di F-16, dice Zelensky

    Bruxelles – L’occasione era una cena per discutere delle prospettive di allargamento dell’Ue ai Balcani occidentali, all’Ucraina e alla Moldova. Ma per il presidente ucraino Volodymyr Zelensky la cena che si è consumata ieri (21 agosto) ad Atene, ospitata dal premier greco Kyriakos Mitsotakis, è stata soprattutto l’occasione per strappare alla Grecia l’impegno a partecipare all’addestramento dei piloti dell’aeronautica ucraina per i jet F-16.
    “Oggi abbiamo l’importante risultato per la coalizione dell’aviazione. La Grecia parteciperà all’addestramento dei nostri piloti per l’F-16. Sono grato per questa proposta”, ha detto Zelensky durante la conferenza stampa congiunta con il primo ministro greco ad Atene. A quanto riferito in un post su X, ex Twitter, dal presidente ucraino, la Grecia starebbe preparando un nuovo pacchetto di aiuti militari a Kiev, ma non ha fornito ulteriori dettagli su come si svolgerà il programma di addestramento.

    Five outcomes of our talks with Prime Minister @KMitsotakis.
    1. Greece joined the aviation coalition: it will train our pilots to fly F-16s. Greece is also preparing a new military aid package for Ukraine.
    2. I proposed ways for Greece to assist us in securing Ukraine’s new… pic.twitter.com/saayynoA5I
    — Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) August 21, 2023

    La promessa di Mitsotakis arriva a poche ore dall’annuncio di Danimarca e Paesi Bassi di voler fornire rispettivamente 19 e 42 aerei da combattimento F-16 all’Ucraina, che contribuiranno a rafforzare le difese aeree ucraine e la controffensiva contro l’invasione della Russia, iniziata il 24 febbraio di un anno fa. Dopo il suo piccolo tour europeo del fine settimana tra Amsterdam, Copenaghen e Stoccolma, il presidente ucraino ha detto ieri (21 agosto) di sentirsi “fiducioso” dopo la promessa di consegna degli F-16 di fabbricazione statunitense che l’Ucraina possa realmente porre fine all’invasione russa. I primi sei velivoli dovrebbero arrivare a Kiev prima della fine dell’anno. L’obiettivo del tour europeo di Zelensky – che finora ha fatto tappa in quattro capitali europee – è quello di rafforzare il sostegno militare dell’Occidente.
    Mitsotakis ha ribadito nel corso della conferenza la disponibilità a “sostenere il vostro percorso” di integrazione europea “e abbiamo anche recentemente aderito alla dichiarazione congiunta dei leader del G7 in merito alla fornitura di impegni di sicurezza al vostro Stato”. I due leader, dopo l’incontro bilaterale, hanno inoltre firmato una dichiarazione congiunta sul percorso euro-atlantico dell’Ucraina, che in sostanza sostiene l’integrazione di quest’ultima alla NATO.

    La cena ospitata da Atene per discutere le prospettive di allargamento dell’Unione europea a Balcani occidentali, Ucraina e Moldova è l’occasione per il presidente ucraino Zelensky di strappare alla Grecia l’impegno ad addestrare i piloti dei caccia F-16 che arriveranno a Kiev da Danimarca e Paesi Bassi

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    Tripoli e Bengasi riunificano la Banca Centrale in Libia. Per l’Ue “un passo cruciale” per la stabilità del Paese

    Bruxelles – A pochi giorni dai feroci scontri tra gruppi armati antagonisti a Tripoli, che hanno causato 55 morti e circa 150 feriti, dalla Libia arriva una notizia incoraggiante: nella giornata di ieri (20 agosto) la Banca Centrale Libica (Cbl) ha annunciato il completamento della sua riunificazione come istituzione unitaria e sovrana.
    Dopo quasi un decennio di separazione – dal settembre del 2014 -, inasprita da disaccordi sulla distribuzione delle entrate petrolifere, le due filiali di Tripoli e di Bengasi hanno trovato un accordo per la riunificazione dell’istituzione finanziaria nazionale. L’annuncio, riportano i media libici, è stato fatto al termine dell’incontro presso la sede di Tripoli tra il governatore della Cbl, Siddiq Al-Kabir, e il suo vice, Mari Muftah Rahil. “Una pietra miliare per migliorare le prestazioni di questa vitale istituzione sovrana”, ha commentato il primo ministro del governo di unità nazionale sotto l’egida delle Nazioni Unite, Abdel Hamid al-Dbeibeh.

    Libya: 🇪🇺 welcomes reunification of 🇱🇾 Central Bank 👉 crucial step towards united & stable country. All parties concerned should build on this achievement to conclude UN mediated talks on 🇱🇾-led & -owned solution to the crisis, through elections https://t.co/8MUqXqqJTR
    — Peter Stano (@ExtSpoxEU) August 21, 2023

    Soddisfazione anche dalla comunità internazionale: l’Unione europea “accoglie con favore questo sviluppo e l’impegno della leadership della Banca centrale ad adoperarsi per affrontare l’impatto di quasi un decennio di divisione”, ha dichiarato un portavoce del Servizio europeo d’Azione Esterna (Seae). Non solo soddisfazione, ma anche la speranza che questo accordo tra Tripoli e Bengasi sia l’anticamera di una pacificazione nazionale. La riunificazione delle due filiali “è un passo cruciale verso una Libia unita, stabile e prospera“, che deve condurre a “concludere con successo i colloqui in corso mediati dalle Nazioni Unite per identificare una soluzione politica a guida libica, attraverso le elezioni nazionali“.
    Proprio la Missione di supporto delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil) si unisce all’appello di Bruxelles affinché la riunificazione della Cbl possa “creare slancio verso l’unificazione di tutte le istituzioni politiche, di sicurezza e militari del paese, come il popolo libico desiderava da tempo”.

    Dopo quasi un decennio completata la riunificazione della Cbl come istituzione unitaria e sovrana. Dalle Nazioni Unite e da Bruxelles la speranza di uno slancio verso “l’unificazione di tutte le istituzioni politiche” attraverso elezioni nazionali