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    Condannato a 18 anni il marito della leader dell’opposizione bielorussa Tsikhanouskaya. L’UE: “È un processo farsa”

    Strasburgo – Non si è fatta attendere la risposta dell’Unione Europea alla condanna a 18 anni di prigione per Siarhei Tsikhanouski, marito della leader dell’opposizione bielorussa e presidente ad interim riconosciuta dall’Unione, Sviatlana Tsikhanouskaya. “Queste sentenze sono esempi delle accuse infondate contro i cittadini della Bielorussia che hanno esercitato il loro diritto di espressione e chiesto elezioni libere ed eque”, ha puntato il dito contro il regime di Alexander Lukashenko l’alto rappresentante UE per gli Affari Esteri, Josep Borrell. “Queste sentenze fanno parte della continua repressione brutale e sistematica di tutte le voci indipendenti nel Paese”, ha puntualizzato Borrell.
    Tsikhanouski, blogger e attivista pro-democrazia, era stato imprigionato il 29 maggio dello scorso anno, con l’obiettivo di impedirgli di partecipare alla campagna elettorale per le presidenziali contro l’attuale dittatore Lukashenko. Oggi (martedì 14 dicembre) nella città di Homiel è stato condannato insieme ad altri cinque prigionieri politici “con dubbie accuse di preparazione di disordini di massa e incitamento all’odio in un processo a porte chiuse”, si legge in una nota del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE).
    “L’UE ribadisce la sua richiesta di rilascio immediato e incondizionato di tutti i 920 prigionieri politici in Bielorussia”, ha aggiunto l’alto rappresentante Borrell. Oltre ai cinque pacchetti di sanzioni già in atto nei confronti del regime di Lukashenko, “l’UE considera ulteriori misure restrittive“. Da Strasburgo il presidente del Parlamento UE, David Sassoli, ha condannato “questo processo farsa e le sentenze politicamente motivate” in Bielorussia. “Ci schiereremo sempre contro la repressione di Lukashenko e sosterremo coloro che lottano per un Paese libero e democratico. Siamo con voi”, ha promesso Sassoli.

    The @Europarl_EN condemns this sham trial and the politically motivated sentences.
    We will always speak out against Lukashenko’s repression and support those fighting for a free and democratic Belarus.
    We stand with you. https://t.co/pOtgpRDCX5
    — David Sassoli (@EP_President) December 14, 2021

    Diciotto anni di prigione per Siarhei Tsikhanouski, accusato di “preparazione di disordini di massa e incitamento all’odio”. L’alto rappresentante UE Borrell ha anticipato che Bruxelles considererà “ulteriori sanzioni al regime Lukashenko”

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    La leader dell’opposizione bielorussa Tsikhanouskaya chiama l’UE all’azione: “Non abbiamo un altro anno di tempo”

    Bruxelles – “In questo momento ci sono più prigionieri politici in Bielorussia che eurodeputati in quest’Aula”. Potrebbero bastare solo queste parole rivolte dalla leader dell’opposizione bielorussa, Sviatlana Tsikhanouskaya, all’emiciclo del Parlamento UE per tracciare la gravità della situazione e delle violazioni dei diritti umani nella Bielorussia di Alexander Lukashenko.
    Una lunga standing ovation da parte degli eurodeputati ha accolto “una delle leader più prestigiose dell’opposizione democratica in Bielorussia”, come l’ha presentata il presidente del Parlamento UE, David Sassoli. Proprio l’invito di Sassoli ha riportato in plenaria la presidente ad interim riconosciuta dall’Unione Europea, vincitrice (insieme ai compagni e alle compagne di lotta) del Premio Sakharov per la libertà di pensiero del 2020: “È un simbolo per la democrazia e la libertà ed è la voce dei prigionieri politici in carcere che non vogliamo dimenticare“, ha sottolineato il presidente del Parlamento UE, che ha definito quel regime “una tirannia”, nel suo discorso di apertura, richiamando “anche le altre istituzioni comunitarie” a essere “all’altezza della difesa dei diritti fondamentali e dei valori europei che non sono in vendita”.
    La standing ovation degli eurodeputati per la leader dell’opposizione democratica bielorussa, Sviatlana Tsikhanouskaya (24 novembre 2021)
    Prendendo parola, Tsikhanouskaya si è soffermata proprio sul fatto che tra gli 882 prigionieri politici in Bielorussia, ci sono anche i vincitori del Premio Sakharov “che un anno fa erano presenti nell’Aula di Bruxelles”. Il riferimento è ad Ales Bialiatski, fondatore dell’organizzazione per i diritti umani Viasna, che “dimostra quanto la crisi sia più vicina di quanto sembri”. Nonostante le “decisioni senza precedenti della Commissione e il sostegno del Parlamento Europeo”, la leader dell’opposizione bielorussa ha richiamato l’UE all’azione: “Perdonate la mia schiettezza, ma devo dirlo, è tardi e ora tocca agli europei mostrare il loro impegno per i valori democratici e la dignità umana con misure più incisive”.
    Se alla fine del 2020 Tsikhanouskaya parlava di un “risveglio dei cittadini bielorussi” e chiedeva già il supporto dell’Unione, quasi 365 giorni dopo ha avvertito che “non abbiamo un altro anno a disposizione, non ce l’ha la Bielorussia e nemmeno l’Europa”. All’escalation di violenza del regime di Lukashenko si oppone la resistenza del popolo bielorusso, che “vuole nuove elezioni presidenziali e trova modi di protestare nonostante l’intensa pressione politica”. È però necessario che l’UE si risvegli e diventi “più proattiva di fronte all’autocrazia di Lukashenko“, ha esortato la leader dell’opposizione bielorussa.
    Per spiegare meglio il concetto, Tsikhanouskaya ha utilizzato una metafora efficace: “Le dittature sono come un virus che infetta il corpo, sappiamo che più la malattia viene ignorata, più sarà difficile curarla in futuro”. Di qui la necessità di “non rimanere ad aspettare e vedere cosa succede, ma è cruciale passare all’azione”, attraverso una strategia divisa in tre parti: “Isolamento, per prevenire la sua diffusione, trattamento, per rimuovere i suoi effetti negativi, e immunità, per mantenere il corpo in buona salute”.
    Una nuova strategia per la Bielorussia
    La prima parte della strategia riguarda l’isolamento e il non riconoscimento del regime: “Molti bielorussi sono feriti nel vedere che ancora oggi i media europei più influenti chiamano Lukashenko ‘presidente’, quando non lo è”, ha cercato di sensibilizzare la stampa Tsikhanouskaya. La leader dell’opposizione bielorussa ha spiegato che “in questo modo si forma una percezione sbagliata tra milioni di cittadini dell’UE” su un politico che “ha illegalmente usurpato il potere presidenziale con la violenza”. Se Bruxelles non considera valide le elezioni-farsa dell’agosto del 2020, “bisogna impostare una politica di non riconoscimento coerente“. Per esempio “non si dovrebbero nominare nuovi ambasciatori in Bielorussia, ricevere ambasciatori del regime, o invitare rappresentanti a eventi internazionali”, ma si dovrebbe anche “sospendere l’appartenenza del regime all’Interpol”. Tutto questo “manderebbe un segnale che gli abusi non saranno più tollerati“, ha aggiunto la presidente ad interim.
    La leader dell’opposizione democratica bielorussa, Sviatlana Tsikhanouskaya, al Parlamento UE (24 novembre 2021)
    In secondo luogo, servono pressioni sul regime e limitazioni all’accesso di risorse: “Vi assicuro che le sanzioni economiche funzionano, continuate a mantenere questa politica”. Tsikhanouskaya ha spiegato che le misure restrittive “dividono le élite attorno a Lukashenko e distruggono gli schemi di corruzione, perché nessuno vuole condividere le responsabilità dei crimini del regime”. Così come fatto con gli ultimi pacchetti di sanzioni, “non vanno ascoltati i lobbisti e vanno coordinate le azioni con Londra e Washington”. Secondo la leader dell’opposizione bielorussa, è necessario anche “perseguire i trasgressori dei diritti umani secondo la giurisdizione penale universale“.
    L’ultima parte della strategia riguarda il rafforzamento della resistenza democratica della società bielorussa. Tsikhanouskaya ha chiesto all’UE di “dare più assistenza al nostro popolo”, seguendo la linea di flessibilità del pacchetto di investimenti da 3 miliardi di euro che verrà sbloccato solo quando in Bielorussia saranno rispettato i diritti umani. “La gente deve sentire di non essere abbandonata“, è stata l’esortazione della presidente legittima riconosciuta dall’UE, che ha invitato le istituzioni comunitarie a “non permettere che il regime manipoli il traffico di migranti per oscurare la catastrofe dei diritti umani all’interno del Paese”. Sia i cittadini bielorussi sia le persone migranti sono “ostaggi del regime e questi due problemi non possono essere risolti separatamente”, ha specificato.
    Il 2021 visto dall’opposizione bielorussa
    Inseguendo il sogno di “un’Europa unita nei nostri valori condivisi di rispetto dei diritti umani, di governo rappresentativo e costituzionale, e dello Stato di diritto”, per l’opposizione democratica bielorussa il 2021 è stato un anno particolarmente difficile e Tsikhanouskaya l’ha spiegato passo per passo al Parlamento UE. “A gennaio la polizia ha iniziato ad arrestare i cittadini dissenzienti, facendo irruzione nelle loro case”, mentre a febbraio anche la stampa è finita nel mirino, quando le giornaliste Katsiaryna Andreyeva e Darya Chultsova sono state condannate a due anni di carcere “solo per aver riferito sulle proteste e dopo essere state picchiate dalle forze di sicurezza”. A marzo, “mentre l’Europa parlava di una situazione che si stava stabilizzando”, centinaia di persone sono state arrestate “semplicemente per essere state all’aperto nel giorno dell’indipendenza”. In aprile, il ministro degli Esteri del regime, Vladimir Makei, “ha promesso di distruggere la società civile, ma l’interesse dei media europei per la Bielorussia stava rapidamente svanendo”.
    La leader dell’opposizione democratica bielorussa, Sviatlana Tsikhanouskaya, al Parlamento UE (24 novembre 2021)
    È stato maggio il punto di svolta. Dopo la chiusura del sito di notizie indipendente TUT.BY, si è verificato lo scandalo del dirottamento del volo Ryanair Atene-Vilnius su Minsk e il rapimento del giornalista e oppositore politico, Roman Protasevich. Solo allora, “dopo nove mesi interi dall’inizio della catastrofe dei diritti umani in Bielorussia”, l’UE ha preso le prime misure contro il regime, ha ricordato la leader dell’opposizione bielorussa con una nota di disappunto. Con l’approvazione delle sanzioni economiche contro il regime di Lukashenko, “a giugno molti politici europei si preoccupavano che le misure potessero danneggiare i bielorussi, come se non stessero già soffrendo”. A luglio l’aspirante candidato presidenziale Viktor Babariko è stato condannato a 14 anni di prigione e ad agosto l’atleta olimpica Krystina Tsimanouskaya è stata quasi rapita durante i Giochi di Tokyo “semplicemente per aver criticato la gestione sportiva bielorussa”.
    A settembre è arrivata anche la condanna a 11 anni di prigione per una delle tre leader dell’opposizione bielorussa, Maria Kolesnikova, mentre l’informatico Andrey Zeltser è stato ucciso nel corso un’incursione del KGB nel suo appartamento: “Sua moglie, unica testimone, è stata mandata in un ospedale psichiatrico”. A ottobre è esplosa la crisi dei migranti, che già da mesi si era manifestata alle frontiere dell’UE. Fino ad arrivare a oggi, a novembre, con “migliaia di cittadini stranieri presi in ostaggio dal regime che sono finiti al centro dell’attenzione dell’Unione Europea“, mentre “nove milioni di bielorussi lo sono ogni giorno da più di un anno”, ha ricordato Tsikhanouskaya. “Ma pensate davvero che si fermerà qui? La Lituania e la Polonia stanno affrontando la più grande prova della loro sicurezza alle frontiere, ma le minacce aumenteranno ancora”, è stato l’avvertimento all’UE della leader dell’opposizione bielorussa.
    “Ascoltiamo e rendiamo omaggio Tsikhanouskaya”, è stato il messaggio dell’eurodeputato del Partito Democratico Massimiliano Smeriglio. Raccontando di repressione, di prigionieri politici, della chiusura di tutti i media indipendenti e delle ONG, e dello sfruttamento delle persone migranti alla frontiera dell’UE, “ci ricorda che in Bielorussia il tempo si misura in lacrime e ci chiede di esserci, di fare la nostra parte, di non lasciarli soli“, ha aggiunto l’europarlamentare italiano.

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    Attesa per il vertice UE-Balcani Occidentali: impegno per l’allargamento, ma nessuno si sbilancia sulle tempistiche

    Dall’inviato
    Kranj –  Sotto l’acqua battente di una giornata d’autunno in Slovenia c’è appena il tempo di una passerella veloce per i leader europei e balcanici, prima dell’inizio del vertice UE-Balcani occidentali. “Buongiorno! Tutto bene, grazie”, ha tagliato corto Mario Draghi, percorrendo in velocità il tappeto rosso ormai pieno di pozzanghere. Il premier italiano non si è sbottonato, tenendo la stessa linea di “no comment” verso la stampa mostrata ieri sera (martedì 5 ottobre), all’arrivo al castello di Brdo per il vertice informale dei capi di Stato e di governo dell’UE.
    In verità, sono stati pochi i leader disponibili a parlare con i giornalisti. Non Angela Merkel, nascosta sotto l’ombrello nero con il logo della presidenza slovena del Consiglio dell’UE, non Emmanuel Macron, che ha schivato con un sorriso beffardo le domande sulle prospettive dell’autonomia militare dell’Unione, dopo le discussioni alla cena dei Ventisette. Hanno fatto eccezione il primo ministro del Lussemburgo, Xavier Bettel – protagonista di un scambio di pacche sulle spalle con l’omologo albanese, Edi Rama – e il premier del Kosovo, Albin Kurti, che ha richiamato l’Unione Europea a “rispettare gli impegni presi” sia sulla liberalizzazione dei visti per i cittadini kosovari, sia sull’allargamento dell’UE nei Balcani”. Riguardo alle ultime difficoltà del dialogo Pristina-Belgrado, Kurti ha indicato nel reciproco riconoscimento “l’unica soluzione credibile, giusta e sostenibile” per la normalizzazione dei rapporti con la Serbia (il presidente serbo, Aleksander Vučić, non ha rilasciato dichiarazioni), mentre ai cinque Paesi UE che non riconoscono l’indipendenza del Kosovo (Spagna, Grecia, Romania, Cipro e Slovacchia) il premier Kurti ha chiesto che “si allineino al più presto agli altri”.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, prima del vertice UE-Balcani Occidentali (Kranj, 6 ottobre 2021)
    Più inclini a rilasciare dichiarazioni i leader delle istituzioni europee, a partire dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen: “Oggi lanciamo un messaggio molto chiaro, che vogliamo i Paesi dei Balcani occidentali nell’Unione Europea, perché siamo un’unica famiglia“, ha sottolineato con forza, ricalcando le rassicurazioni fornite nel corso del suo viaggio della settimana scorsa nella regione. La capa dell’esecutivo comunitario aveva indicato nel 31 dicembre 2021 la data entro cui dovranno iniziare i negoziati per l’adesione di Albania e Macedonia del Nord, ma al momento nessun leader europeo si è voluto sbilanciare su una data certa, né per i due Paesi bloccati dal veto della Bulgaria, né per l’intero processo di allargamento ai Sei balcanici.
    “Per noi questo vertice sarà l’occasione di confermare la prospettiva europea dei Balcani”, ha confermato il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, ma anche per “ribadire che siamo pronti a mobilitare grossi investimenti per sostenere le loro riforme economiche e la lotta alla corruzione”. Michel ha definito quello di oggi “uno scambio di vedute aperto e libero”, finalizzato a “capire i prossimi passi” sulla strada dell’allargamento UE. Commenti in perfetto stile diplomatico, che nascondo incertezze e divisioni sulle tempistiche di questo processo. Sembra improbabile che nei prossimi mesi si assisterà a un’accelerazione, anche considerata la situazione interna dei due Paesi che ‘pesano’ di più a Bruxelles: la Francia è prossima alle elezioni presidenziali e difficilmente Macron si esporrà troppo su questo tema delicato, la Germania è impegnata nella formazione del nuovo governo e per il momento non spingerà più di quanto già fatto.
    L’alto rappresentante UE, Josep Borrell, prima del vertice UE-Balcani Occidentali (Kranj, 6 ottobre 2021)
    Nemmeno l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, si è voluto sbilanciare sul tema dell’ostacolo bulgaro sulla strada dell’adesione UE della Macedonia del Nord (e di rimando dell’Albania, dal momento in cui i quadri negoziali di Skopje e Tirana sono affrontati da Bruxelles come un unico pacchetto). L’alto rappresentante ha però esortato tutti i Paesi membri a mantenere il processo di allargamento “una strada credibile e di cui ci si può fidare”, una volta soddisfatti i criteri per avviare i negoziati. Nel frattempo, il presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, ha esortato i convenuti a Kranj a  a impegnarsi a fondo nel dialogo: “Serve nuovo e forte impulso, è giunto il momento di superare i ritardi e gli attuali blocchi”, si legge nella lettera inviata al presidente del Consiglio Europeo prima dell’inizio del vertice UE-Balcani Occidentali. “Questo nuovo slancio non può che avere un effetto positivo nella regione e potrebbe contribuire alla sua trasformazione democratica e alle relazioni di buon vicinato”, ha ricordato Sassoli, avvertendo che “ogni ulteriore esitazione rischia di incoraggiare altri attori che desiderano acquisire influenza nella regione”.

    We call on leaders at the #EUWBSummit2021 to give new impetus to the accession process.
    Enlargement, based on common values, benefits us all – it is time to move forward.
    Further delay risks encouraging others who wish to gain influence in the region. https://t.co/450JxorPdd
    — David Sassoli (@EP_President) October 6, 2021

    Si è aperto in Slovenia il summit tra i leader UE e balcanici, per rafforzare le prospettive europee dei Paesi della regione e il loro processo di adesione. Rimane però difficile un’accelerazione entro la fine dell’anno

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    Afghanistan, esplosioni fuori all’aeroporto di Kabul. UE: “Instabilità non porti a recrudescenza terrorismo”

    Bruxelles – Ultime ore di concitazione degli Occidentali in Afghanistan. Mentre a Kabul stavano proseguendo le operazioni per evacuare quanti più civili stranieri e afghani possibile, nel pomeriggio di oggi (26 agosto) è arrivata la notizia di una forte esplosione fuori dall’aeroporto internazionale di Kabul, molto probabilmente un attentato terroristico suicida, nel punto in cui si stanno svolgendo le operazioni di imbarco sui voli militari per l’evacuazione.
    Il pentagono ha confermato poco fa sui canali social che ci sono morti e feriti, anche se per ora è difficile quantificarne il numero. L’esplosione è “stata il risultato di un complesso attacco che ha provocato un numero di vittime civili e statunitensi. Possiamo anche confermare almeno un’altra esplosione presso o vicino al Baron Hotel, a breve distanza da Abbey Gate”, il gate dell’aeroporto in cui si stanno organizzando le evacuazioni. Già nella mattinata di oggi, Stati Uniti e Regno Unito hanno invitato tutti i cittadini a stare lontani dall’aeroporto, visto l’alto rischio di un possibile attentato terroristico da parte della divisione afghana dello Stato Islamico (ISIS), che però per il momento non è stato ancora rivendicato. L’appello è caduto nel vuoto, vista l’urgenza di lasciare quanto prima la capitale afghana.
    A Bruxelles si guarda con apprensione alle operazioni che stanno coinvolgendo anche molti Paesi europei, oltre che la delegazione di Bruxelles che stava ultimando le operazioni di evacuazione. Preoccupazione “per le notizie sull’esplosione a Kabul”, scrive il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, sottolineando che “garantire un passaggio sicuro per l’aeroporto rimane vitale. Dobbiamo garantire che l’attuale instabilità non possa dar luogo a una recrudescenza del terrorismo”.

    Very concerned about news of #Kabul explosion and closely monitoring situation.
    My thoughts go out to the victims and their families.
    Securing safe passage to the airport remains vital.
    We need to ensure the current instability cannot give rise to a resurgence of terrorism.
    — Charles Michel (@eucopresident) August 26, 2021

    “Un attacco atroce e spietato. Siamo vicini alle famiglie delle vittime e ai feriti”, aggiunge il presidente dell’Europarlamento David Sassoli. “Indispensabile garantire la sicurezza dell’aeroporto di Kabul. I Paesi UE trovino la forza per portare in salvo i cittadini europei e coloro che si sentono minacciati”.”Giorni drammatici”, preannuncia il commissario all’Economia, Paolo Gentiloni.
    Arrivata anche dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, la “ferma condanna” dei “vili e inumani attacchi all’aeroporto di Kabul”. La presidente dell’esecutivo comunitario ha chiesto di “fare tutto il possibile per garantire la sicurezza delle persone all’aeroporto” e ha rivolto un appello alla comunità internazionale: “Deve collaborare strettamente per evitare una recrudescenza del terrorismo in Afghanistan e oltre”.
    “Siamo rattristati nell’apprendere la notizia di esplosioni mortali a Kabul”, scrive su Twitter la presidenza di turno slovena del Consiglio dell’UE. “Sulla situazione in Afghanistan stiamo già facilitando uno scambio di opinioni tra gli Stati membri, con l’obiettivo di garantire una risposta comune europea“. La priorità dei Ventisette “resta l’evacuazione”.

    Saddened to hear the news of deadly explosions in #Kabul. Our thoughts are with the victims’ families.
    On #Afghanistan situation we are already facilitating an exchange of views between Member States with an aim to ensure a common EU response. Evacuation remains the priority. pic.twitter.com/Z0CJRFNKes
    — EU2021SI (@EU2021SI) August 26, 2021

    Mancano cinque giorni alla scadenza per tutte le evacuazioni straniere dall’Afghanistan, cercando di portare con sé quanti più cittadini e personale afghano che ha collaborato con le forze Occidentali in questi venti anni di presenza sul territorio. Cinque giorni alla scadenza confermata dal presidente statunitense Joe Biden all’ultimo vertice straordinario G7, nonostante le pressioni degli alleati per estenderla oltre il 31 agosto.
    Cinque giorni di tempo, ma le prossime 24/36 saranno le ultime (e decisive) ore a Kabul per la gran parte dei Paesi europei, decisi a evacuare la capitale afghana e porre fine alle operazioni entro il fine settimana. Il minimo per dare il tempo necessario anche al contingente militare di lasciare il Paese in sicurezza dopo aver evacuato tutti quelli che hanno avuto la fortuna di essere sulla “lista bianca”. Per gli altri, chi lo sa: diversi Paesi membri hanno espresso l’intenzione di mantenere aperti i canali per continuare a portare in Europa chi non riuscirà a farlo entro la scadenza. I due presunti attentati di queste ore non faranno che far precipitare gli eventi e accelerare le operazioni, ma di contro potrebbe rendere più difficile il rientro.
    Articolo in aggiornamento

    Ultime ore concitate degli Occidentali a Kabul: il pentagono conferma che l’attacco – probabilmente un attentato terroristico suicida – ha provocato vittime e feriti tra le truppe statunitensi. Sassoli: “Attacco atroce e spietato. L’UE continui a portare in salvo i civili”

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    Afghanistan, i corridoi umanitari UE restano un tabù: Austria, Slovenia e Ungheria vogliono frontiere chiuse ai profughi

    Bruxelles – L’Unione Europea si spacca e per l’ennesima volta dimostra di non essere in grado di trovare una linea comune sulla politica migratoria, anche quando si tratta di emergenze di portata storica. Si fanno sempre più insistenti le richieste di cittadini, di organizzazioni non governative e di deputati dei Paesi membri alle istituzioni europee di attivare corridoi umanitari per i profughi in arrivo dall’Afghanistan, a una settimana dalla presa di Kabul da parte dei talebani. Ma l’asse Lubiana-Vienna-Budapest fa muro contro quella che viene classificata come una riedizione della crisi migratoria di sei anni fa lungo la rotta balcanica.
    A sollevare le polemiche era stato ieri (22 agosto) il primo ministro sloveno, Janez Janša: “Non ripeteremo gli errori strategici del 2015, aiuteremo solo coloro che ci hanno supportato durante la missione NATO e i Paesi membri dell’UE che difendono i nostri confini esterni”. L’opposizione di Janša ha assunto particolare rilievo anche per il fatto che attualmente ricopre la carica di presidente di turno del Consiglio dell’UE (dal primo luglio fino a fine anno). “Non è compito dell’Unione o della Slovenia aiutare e pagare per tutti coloro che fuggono nel mondo“, ha rincarato la dose il premier sloveno, confermando di essersi completamente allineato alle posizioni del Gruppo di Visegrád (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia) per quanto riguarda le questioni migratorie.
    A nemmeno ventiquattr’ore di distanza è arrivata la sponda austriaca e ungherese, con un copione molto simile a quello del presidente di turno del Consiglio dell’UE. “Gli eventi in Afghanistan sono drammatici, ma non dobbiamo ripetere gli errori del 2015. La gente che esce dal Paese deve essere aiutata dagli Stati vicini”, ha commentato su Twitter il cancelliere austriaco, Sebastian Kurz. Per Vienna la priorità dell’UE deve essere “proteggere le frontiere esterne e combattere la migrazione illegale e i trafficanti di esseri umani“, anche considerata la situazione interna del Paese: “L’Austria ha accolto 44mila afghani, abbiamo una delle più grandi comunità pro-capite al mondo”, ha aggiunto il cancelliere. “Ci sono ancora grossi problemi con l’integrazione e siamo quindi contrari all’arrivo di altri profughi”.
    Da Budapest il premier ungherese, Viktor Orbán, ha fatto sapere che “proteggeremo l’Ungheria dalla crisi dei migranti” e che “deve essere evitato che i profughi lascino la regione”. Oltre a ciò, sarà poi necessario sostenere il ruolo “fondamentale” della Turchia e dei Paesi dei Balcani occidentali, per “evitare l’ingresso dei migranti nell’Unione Europea”.

    Österreich hat mit der Aufnahme von 44.000 Afghanen sehr viel geleistet. Wir haben pro Kopf eine der größten afghanischen Communities der Welt nach Iran, Pakistan & Schweden. Bei der Integration gibt es noch große Probleme & wir sind daher gegen eine zusätzliche Aufnahme.
    — Sebastian Kurz (@sebastiankurz) August 22, 2021

    In vista della riunione straordinaria del G7 convocata dal premier britannico, Boris Johnson, per domani (24 agosto), sembrano andare in frantumi le speranze dell’Unione Europea di presentarsi compatta di fronte agli interlocutori internazionali sulla questione dell’accoglienza dei profughi. Nel corso dell’audizione alla commissione Affari esteri (AFET) del Parlamento Europeo di lunedì scorso (16 agosto), l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, aveva aperto alla possibilità di applicare per la prima volta la Direttiva europea sulla protezione temporanea del 2001. Prima di essere immediatamente sconfessato proprio da un portavoce dell’esecutivo comunitario.
    Due giorni più tardi (mercoledì 18 agosto), al termine del vertice straordinario con i 27 ministri UE, la commissaria europea per gli Affari interni, Ylva Johansson, aveva però ammesso che Bruxelles si sta preparando “a tutti gli scenari”. Durante il vertice si era parlato della “priorità immediata”, ovvero l’evacuazione del personale e dei cittadini comunitari e del personale locale che ha lavorato con gli Stati membri in Afghanistan (è notizia dell’ultim’ora l’imbarco di oltre 170 collaboratori UE all’aeroporto di Kabul grazie alle forze speciali francesi).
    Ma è anche stata considerata “l’instabilità che porterà probabilmente a un aumento della pressione migratoria”. In questo senso sarà necessario un sostegno ai Paesi vicini (Iran e Pakistan) e trovare una quadra a livello comunitario per i richiedenti asilo: “Allo stato attuale la situazione nel Paese non è sicura e non lo sarà per un po’ di tempo”, erano state le parole di apertura della commissaria Johansson. “Non possiamo costringere le persone a tornare in Afghanistan“.
    Reazioni da Bruxelles
    Le prese di posizione dei governi di Lubiana, Vienna e Budapest sono state accolte da durissime critiche a Bruxelles. Il presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, dai microfoni di Rainews24 ha risposto seccamente a Janša, ricordandogli che “non spetta all’attuale presidenza del Consiglio dire cosa farà l’Unione Europea“. Dal momento in cui “tutte le nostre istituzioni stanno lavorando per vedere quale solidarietà è necessaria per coloro che sono a rischio dal nuovo regime”, il presidente del Parlamento UE ha invitato il premier sloveno a “discutere con le istituzioni europee” per decidere insieme a riguardo. “Tutti i nostri Paesi si sentono coinvolti nella situazione in corso in Afghanistan“.

    It is not up to the Slovenian Presidency to say what the position of the EU is on the humanitarian crisis in Afghanistan.
    We invite PM Janša to discuss with the EU institutions what the next steps should be but it’s clear we need to show solidarity. https://t.co/sK15X3Q2fZ
    — David Sassoli (@EP_President) August 22, 2021

    Posizione ribadita anche dal commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni, che ha ricordato che il presidente di turno “coordina l’attività, non ha poteri decisionali di alcun tipo” a livello di politica estera europea (un incidente tra Lubiana e Bruxelles a riguardo si era già consumato a pochi giorni dall’avvio del semestre sloveno). Ma c’è di più: “L’Unione deve lavorare sull’accoglienza e sulle quote di immigrazione legale di rifugiati afghani e deve farlo anche togliendosi l’alibi della unanimità nelle decisioni“. Considerato il fatto che “so che l’unanimità non ci sarà mai”, il Consiglio dovrà agire “a maggioranza, se si vuole dare una mano ai rifugiati”.
    Dall’Italia, il presidente della commissione Esteri della Camera dei Deputati, Piero Fassino, ha fatto appello al presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, perché “richiami immediatamente il premier sloveno ad attenersi rigorosamente ed esclusivamente alle sue titolarità”. Ma dal Consiglio, per il momento, tutto tace e le uniche notizie che trapelano sono di una discussione con con il presidente turco, Recep Tayyp Erdogan. “Si tratta di una sfida comune per la Turchia e l’Unione Europea”, ha commentato Michel su Twitter.
    Tuttavia, Ankara ha più volte ribadito che non diventerà il “deposito dell’UE per i rifugiati” e nega di aver ricevuto richieste per la creazione di hub per la prima accoglienza dei richiedenti asilo afghani sul suo territorio. A causa delle sue divisioni interne, l’Unione Europea sta rischiando di rimanere sempre più isolata sullo scacchiere internazionale.

    Credo che l’#UnioneEuropea abbia il dovere di lavorare sull’accoglienza e su quote di immigrazione legale dei rifugiati #afghani e abbia il dovere di farlo anche togliendosi l’alibi dell’unanimità nelle decisioni.@PaoloGentiloni al #meeting21. pic.twitter.com/WlNUqWWEAB
    — Meeting Rimini (@MeetingRimini) August 23, 2021

    Trovi un ulteriore approfondimento nella newsletter BarBalcani, curata da Federico Baccini

    In vista del vertice straordinario del G7 di domani, i primi ministri Janša (presidente di turno del Consiglio dell’UE) e Orbán e il cancelliere Kurz si sono opposti all’accoglienza per chi fugge dal regime dei talebani: “Non ripeteremo gli errori del 2015”

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    Oppositore bielorusso trovato morto a Kiev

    Bruxelles – Vitaly Shishov, un oppositore del governo bielorusso che aiutava i dissidenti a fuggire dalla dittatura è stato trovato morto in un parco a Kiev, in Ucraina.
    “Il cittadino bielorusso Vitaly Shishov, scomparso ieri a Kiev (durante la sua ora quotidiana di corsa, ndr), è stato trovato oggi impiccato in uno dei parchi della città, non lontano da dove viveva”, ha comunicato la polizia in una nota, aggiungendo che è stata aperta un’indagine che seguirà tutte le ipotesi possibili, compreso un “omicidio mascherato da suicidio”.
    Shishov era il responsabile di “Casa bielorussa in Ucraina” e la sua scomparsa era stata denunciata lunedì. Alcuni suoi amici di Shishov hanno affermato che lui aveva il sospetto di essere stato seguito da sconosciuti negli ultimi tempi.
    “La morte di Vitaly Shishov è terribile”, commenta in un Tweet il presidente del Parlamento europeo David Sassoli, il quale sottolinea che “il fatto che gli attivisti bielorussi sono presi di mira in Paesi terzi è una escalation preoccupante“.

    The death of Vitaly Shishov is horrific. As head of Belarusian House in Ukraine, he helped those fleeing persecution. The fact Belarusian activists are being targeted in third countries is a serious escalation.
    — David Sassoli (@EP_President) August 3, 2021

    In Ucraina, Polonia e Lituania trovano rifugio molti bielorussi che vogliono fuggire alla repressione del dittatore Alexander Lukashenko, che ha inasprito le sue persecuzioni degli oppositori in particolare dopo le contestate elezioni presidenziali dell’agosto dello scorso anno.
    Proprio ieri (2 agosto) la velocista olimpica Krystsina Tsimanouskaya che aveva criticato la sua federazione sportiva durante i Giochi in corso a Tokyo, ha ottenuto un visto umanitario in Polonia, dopo che le autorità bielorusse avevano tentato di rimpatriarla con la forza dal Giappone. “Un esempio della brutalità del regime bielorusso”, ha commentato oggi una portavoce della Commissione europea, che ha espresso “piena solidarietà all’altleta”.
    Da mesi in Bielorussia si sta stringendo sempre più il cappio al collo dei media, come dimostrato anche dallo scandalo internazionale del dirottamento dell’aereo Ryanair Atene-Vilnius su Minsk per arrestare il giornalista Roman Protasevich, e la compagna, Sofia Sapega. Il 28 luglio un tribunale della Bielorussia ha poi dichiarato “estremista” Belsat TV, televisione indipendente con sede in Polonia, dopo la minaccia del ministero dell’Interno di multare e incarcerare chiunque condivida informazioni provenienti da questo canale d’informazione.

    Aiutava i dissidenti a fuggire dalla dittatura. La polizia indaga su un possibile “omicidio mascherato da suicidio”

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    Allargamento UE, Sassoli riceve presidenti dei Parlamenti balcanici: “Istituzioni siano motore di pace e democrazia”

    Bruxelles – Se la politica di allargamento dell’UE rispecchiasse fedelmente le espressioni di intenti, l’Unione sarebbe già da tempo ben avviata sulla strada dei trentatré Paesi membri. I progressi dei sei Stati dei Balcani occidentali (Albania, Bosnia-Eerzegovina, Macedonia del nord, Montenegro, Kosovo, Serbia), in materia di riforme e cooperazione regionale sono stati evidenziati a più riprese a Bruxelles ma, per motivazioni che variano da caso a caso, l’orizzonte dell’adesione è ancora lontano. Rimane però una certezza: se le promesse non saranno seguite da fatti concreti, l’entusiasmo cederà il passo alla disillusione e i Balcani guarderanno con sempre più interesse ad altre potenze, come Russia e Cina.
    Di tutto questo si è parlato nel corso del secondo vertice del Parlamento Europeo e dei presidenti dei Parlamenti dei Balcani Occidentali (lunedì 28 giugno), a distanza di un anno e cinque mesi dal primo incontro di questo tipo a Bruxelles. Un’occasione per ribadire il ruolo centrale delle istituzioni democratiche nel processo di allargamento UE nella regione, con l’impegno a rafforzarne la dimensione parlamentare.
    Il presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, firma la dichiarazione congiunta durante il secondo vertice con i presidenti dei Parlamenti dei Balcani Occidentali (28 giugno 2021)
    Tutto ciò è emerso non solo dallo scambio di vedute durante la riunione, ma anche da quanto messo nero su bianco nella dichiarazione congiunta del presidente del Parlamento UE, David Sassoli, degli omologhi dei Parlamenti portoghese e sloveno (rispettivamente Igor Zorčič ed Eduardo Ferro Rodrigues), in rappresentanza delle presidenze attuali e future del Consiglio dell’UE, e di quelli balcanici: Gramoz Ruçi (Albania), Bakir Izetbegović (Bosnia ed Erzegovina), Glauk Konjufca (Kosovo), Talat Xhaferi (Macedonia del Nord), Aleksa Bečić (Montenegro) e Ivica Dačić (Serbia).
    Anche in vista del summit UE-Balcani Occidentali che dovrebbe tenersi a Lubiana durante il semestre di presidenza slovena, la prospettiva dei Parlamenti nazionali dovrà essere sempre più quella di uno “spazio inclusivo di dialogo”, con l’obiettivo di “favorire la riconciliazione” e di “fornire un contributo diretto alla pace, alla stabilità, alla prosperità e al rafforzamento della democrazia” in tutta la regione. Il focus su cui lavorare rimane l’attuazione delle riforme richieste da Bruxelles, dallo Stato di diritto all’indipendenza della magistratura, dal pluralismo all’indipendenza del media e della magistratura, fino alla parità di genere e alla lotta contro i cambiamenti climatici.
    Ma se le istituzioni balcaniche dovranno dimostrare un vero impegno su questi punti, altrettanto fondamentale sarà quello che l’Unione Europea dovrà mettere in campo. Non solo attraverso il dialogo interparlamentare con l’Eurocamera e il coinvolgimento della società civile dei Balcani durante la Conferenza sul futuro dell’Europa, ma soprattutto “tenendo fede alle promesse” del Consiglio dell’UE. L’invito è ad accelerare il processo di allagamento, “un interesse politico, economico e di sicurezza della stessa Unione”, conclude la dichiarazione congiunta.

    Very positive 2nd summit with the speakers from the #WesternBalkans!
    Enlargement means hope, for all sides! We call on the Council to keep its promises and speed up the enlargement process.
    This is a geostrategic investment, for a strong, united Europe. https://t.co/znHkqeU1NH pic.twitter.com/ounhDFgGXS
    — David Sassoli (@EP_President) June 28, 2021

    L’esortazione ai governi dei Ventisette nel rispettare le promesse fatte ai Paesi balcanici è stata ribadita con forza anche dal presidente del Parlamento UE, che dopo l’incontro ha parlato di “speranza per tutte le parti” se si procederà sulla strada dell’allargamento dell’Unione. Il processo di adesione dei Balcani occidentali “basato sul merito” rappresenta un “investimento geostrategico, per un’Europa forte e unita“, ha commentato su Twitter.
    Secondo Sassoli, questa consapevolezza scaturisce dalle conseguenze della pandemia COVID-19, che “ha ulteriormente evidenziato quanto dipendiamo gli uni dagli altri per affrontare le sfide attuali e future”. In questo senso, gli atti di solidarietà e cooperazione a livello finanziario e umanitario confermano gli sforzi dell’UE per “contribuire allo sviluppo sostenibile e alla ripresa socio-economica a lungo termine” della regione.
    Ma il vero “motore di pace e democrazia” sono proprio i Parlamenti nazionali, che “possono favorire la comprensione reciproca e la riconciliazione nei Balcani occidentali”. Con questo obiettivo, l’Eurocamera “rimarrà un partner impegnato verso un futuro europeo comune” e offrirà sostegno in diversi modi: sia nell’area della “mediazione e dialogo”, sia nel “rafforzamento delle capacità parlamentari”, ma anche attraverso “l’osservazione elettorale e le azioni per i diritti umani”, è stata la promessa del presidente del Parlamento Europeo al termine del vertice.
    Da sinistra, i presidenti: Igor Zorčič (Assemblea nazionale slovena), Talat Xhaferi (Assemblea della Macedonia del Nord), Aleksa Bečić (Assemblea del Montenegro), Bakir Izetbegović (Camera dei Popoli della Bosnia ed Erzegovina), David Sassoli (Parlamento Europeo), Gramoz Ruçi (Assemblea di Albania), Ivica Dačić (Assemblea nazionale della Serbia) e Glauk Konjufca (Assemblea del Kosovo)

    Nella dichiarazione congiunta firmata durante il secondo vertice interparlamentare è stato ribadito l’impegno a collaborare per “favorire la riconciliazione nella regione”. Dal presidente dell’Eurocamera l’invito al Consiglio dell’UE a “rispettare le promesse” per l’adesione dei sei Paesi

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    Parlamenti europei per un’azione condivisa su immigrazione e asilo. Sassoli: “Serve un meccanismo UE di ricerca e salvataggio”

    Bruxelles – Un’azione condivisa a livello europeo su immigrazione e asilo, mettendo da parte dibattiti politicizzati spesso tossici che prendono piede negli Stati membri quando si parla di politica dei flussi migratori. E’ quanto si chiede durante la Conferenza di alto livello che riunisce parlamentari di tutta Europa che si è svolta oggi (14 giugno) per trovare un terreno comune per un sistema europeo di asilo e migrazione sostenibile. La seconda da quando la pandemia da COVID è scoppiata (la prima si era svolta a novembre). Organizzata dal Parlamento europeo e dal Bundestag tedesco, in collaborazione con i parlamenti portoghese e sloveno e la Commissione europea, la conferenza ha preso il via questa mattina per discutere l’impatto della pandemia di COVID-19 e la dimensione esterna delle politiche in materia di asilo e migrazione e fa da premessa alla più ampia discussione che i capi di stato e governo dei Ventisette avranno al prossimo summit europeo del 24 e 25 giugno.
    Dimensione esterna, frontiere e solidarietà interna: il nuovo patto sull’immigrazione e l’asilo proposto a settembre dalla Commissione UE su cui si concentrano le discussioni si fonda su questi tre pilastri. Ma oggi lo sguardo delle Istituzioni europee è rivolto, in particolare, alla dimensione esterna del fenomeno migratorio, convinti che sia proprio l’assenza di un quadro europeo ad alimentare gli arrivi irregolari in Europa.
    “Solo alzando lo sguardo sull’instabilità, le crisi, la povertà, le violazioni dei diritti umani che si verificano oltre le nostre frontiere, potremo aggredire le cause che spingono milioni di persone a prendere la decisione di partire”, ha esordito il presidente dell’Eurocamera, David Sassoli, aprendo i lavori della conferenza sottolineando che la pandemia di Covid-19 “sta avendo un profondo impatto sui modelli migratori a livello locale e mondiale e un effetto moltiplicatore sul movimento forzato di persone nel mondo, soprattutto dove l’accesso alle cure e alla sanità non è garantito”. Ma quanto avviene impone all’Europa una riflessione su un’azione comune “un meccanismo dell’Unione europea nel Mediterraneo che salvi vite e tolga terreno ai trafficanti”, ricorda Sassoli. “Occorre un meccanismo europeo di ricerca e salvataggio in mare, che utilizzi le competenze di tutti gli attori coinvolti, dagli Stati membri alla società civile alle agenzie europee”. Un’idea già avanzata da Sassoli in precedenza, basata sull’idea il “nostro dovere sia innanzitutto salvare vite umane”, senza lasciare il carico solo alle organizzazioni non governative che lavora in mare.
    Margaritis Schinas
    Andare oltre il sistema di Dublino, ma per un approccio comune alla politica migratoria serve intanto superare le divisioni interne. “Serve un cambio di paradigma, un approccio olistico”, sottolinea il vicepresidente della Commissione Europea, Margaritis Schinas, pronunciando il discorso di apertura della Conferenza di alto livello. Per una politica migratoria e una risposta efficace alle crisi migratorie “serve un’azione europea condivisa, obiettivi condivisi che devono andare oltre ai dibattiti politici che spesso assumono toni tossici e miopi, basati sulla retorica dell’isolazionismo”, negli Stati membri. Consolidare la partnership con Paesi extra UE è una parte centrale del Patto perché nell’ottica della Commissione aiuterà ad affrontare sfide condivise come il traffico di migranti, e a sviluppare vie legali di ingresso in UE, favorendo anche l’attuazione dei rimpatri. Attualmente solo un terzo di chi non ha legalmente il diritto di trovarsi in territorio europeo, se ne va, e nel 2019 gli arrivi irregolari in Europa erano 140mila. Per Schinas è proprio l’assenza di un quadro comune europeo che alimenta gli arrivi irregolari. Da qui il monito agli Stati a siglare “il patto quanto prima, indipendente dai dibattiti politici”.
    L’importanza di un accordo sul patto della Commissione è riconosciuto anche dall’attuale presidenza di turno del Portogallo, dalla futura di Slovenia e dalla passata di Germania. “Molto importante che si arrivi ad un accordo sul patto e sul diritto all’asilo”, ha ricordato il presidente dell’Assemblea della Repubblica portoghese, Eduardo Ferro Rodrigues, durante il suo intervento. Lisbona è attualmente presidente di turno dell’UE fino alla fine di giungo, e sulla sua presidenza gravava il peso di provare a trovare un compromesso tra i ministri europei sul patto. Anche se di passi in avanti positivi se ne sono registrati pochi. Secondo Rodrigues, nonostante le difficoltà che ha causato la pandemia, la “mobilità umana se ben gestita può aiutare anche dopo la pandemia”.
    Igor Zorčič
    La crisi “ha aggravato le questioni migratoria”, ha sottolineato anche Igor Zorčič, presidente dell’Assemblea Nazionale di Slovenia. Il punto è che le restrizioni dovute al COVID hanno bloccato anche “i canali legali” usate per trasferirsi in Europa, lasciando spazio solo a mezzi illegali e pericolosi per le vite umana, come la traversata del Mediterraneo. Come futura presidenza dell’UE dal primo luglio, “sosteniamo un approccio globale basato sui partenariati con i Paesi di origine e di transito la politica migratoria deve integrarsi con la crescita e stabilità di questi paesi di origine”. Da Zorcic arriva la promessa che continueremo a occuparci di questo patto, una delle sfide più importanti per l’UE”, sottolinea dicendosi ottimista grazie ad alcuni progressi che ha osservato nei giorni scorsi.  “Dobbiamo fare di più, il patto è necessario”, ha avvertito anche il presidente del Bundestag tedesco, Wolfgang Schäuble. “Non possiamo chiudere un occhio sulla sofferenza di chi sceglie di migrare, né creare falsi incentivi, dobbiamo contrastare le pratiche criminali di chi favorisce l’immigrazione clandestina”. Nonostante il monito dei Parlamenti europei, molto dipenderà da come andrà il prossimo vertice europeo di fine giugno, in cui è previsto un ampio dibattito politico sul tema per dare modo ai ministri di lavorare sul patto a livello tecnico.

    Serve il nuovo Patto per l’immigrazione e l’asilo quanto prima, indipendente dal dibattito politico negli Stati Ue. L’appello ai governi durante la seconda Conferenza di alto livello su migrazione e asilo ospitata dal presidente dell’Europarlamento e dedicata agli effetti della pandemia sui flussi migratori e sull’importanza della dimensione esterna per salvare vite umane