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    Ucraina, leader Ue aprono a negoziati anche in caso di ‘riduzione delle ostilità’

    Bruxelles – Negoziati di pace anche in caso di “riduzione delle ostilità”. E’ un’Unione europea che inizia a cambiare rotta rispetto al conflitto russo-ucraino. I capi di Stato e di governo dell’Ue, nella dichiarazione congiunta diffusa dopo la riunione straordinaria dei ministri degli Esteri convocata per fare il punto della situazione e chiedere che non si tratti di futuro dell’Ucraina senza coinvolgere il Paese, confermano il sostegno a Kiev ma in modo tutto nuovo. “Negoziati significativi possono aver luogo solo nel contesto di un cessate il fuoco o di una riduzione delle ostilità”, il passaggio chiave nel documento firmato a 26, senza il sostegno dell’Ungheria che continua lungo una tradizione ormai consolidata di sfilarsi dal dossier ucraino.Fin qui le cancellerie di tutta Europa, e le stesse istituzioni Ue, non avevano fatto che ribadire l’importanza di intavolare negoziati tra Russia e Ucraina solo dopo una cessazione delle ostilità. Adesso invece si apre alla possibilità di sedersi al tavolo anche a conflitto ancora in corso. Una novità, certamente, all’interno di una visione che invece non è cambiata: i 26 tornano a chiedere una pace duratura, garanzie di nuovi eventuali attacchi russi in futuro, confini certi e riconosciuti dal diritto internazionale, che “non siano modificati con la forza”. Da questo punto di vista, dunque, tutto com’è stato finora. Così come non cambiano ruolo e peso degli Stati Uniti in questo conflitto.I leader salutano con favore l’iniziativa del presidente Usa, Donald Trump, di provare a imprimere una svolta ad conflitto che gli europei vorrebbero vedere finito. “La guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina ha implicazioni più ampie per la sicurezza europea e internazionale“, sottolineano i capi di Stato e di governo, convinti che “una soluzione diplomatica debba proteggere gli interessi vitali di sicurezza dell’Ucraina e dell’Europa”, legate comunque ormai a doppio filo. Perché, ribadiscono i leader europei, “l’Unione europea sottolinea il diritto intrinseco dell’Ucraina di scegliere il proprio destino e continuerà a sostenere l’Ucraina nel suo percorso verso l’adesione all’Ue“. L’Ucraina è persa: questo il messaggio alla Russia e al suo presidente, Vladimir Putin.Ora si attende il vertice telefonico di domani per poi capire cosa uscirà dal bilaterale Putin-Trump di venerdì. Intanto l’Ue, dopo la ‘mobilitazione’ dei ministri degli Esteri, prova a tenere il punto.

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    I leader Ue sperano ancora di fermare la guerra a Gaza senza prendere alcuna misura contro Israele

    Bruxelles – Diciassette pacchetti di sanzioni non sono bastati a fermare l’invasione della Russia in Ucraina, eppure l’Ue ne ha pronto un diciottesimo. Ma per fermare il genocidio in corso a Gaza, a Bruxelles sono ancora convinti che basti discutere con il governo israeliano. Dal vertice dei capi di stato e di governo dei 27, nessuna svolta dopo il rapporto che certifica che Israele ha violato i termini dell’accordo di associazione con l’Unione europea: per ora, i leader “prendono atto” e rimandano le discussioni al prossimo incontro dei ministri degli Esteri, a luglio.Le conclusioni del rapporto commissionato dall’Alta rappresentante per gli Affari Esteri, Kaja Kallas, al Servizio Europeo di Azione Esterna, sono “innegabili”, aveva sottolineato solo ieri una fonte diplomatica. E dunque, il Consiglio europeo non poteva fare finta di niente. Alla fine, dopo una discussione “a porte chiuse, senza reporting e senza telefoni”, nel documento finale del vertice compare una riga striminzita su quell’articolo 2 dell’Accordo di associazione, che vincola le parti contraenti al rispetto dei diritti umani.I leader prendono tempo ancora un mese: nel frattempo, Kallas avrebbe già intensificato i contatti con il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa’ar, nella speranza che la minaccia delle possibili implicazioni della violazione dell’accordo convincano Tel Aviv a cambiare atteggiamento. “Non stiamo parlando della sospensione dell’accordo, ma di coinvolgere le autorità israeliane”, conferma una fonte. Eppure, i due partner ne hanno già parlato abbondantemente. Il 5 febbraio, si è tenuto a Bruxelles un Consiglio di associazione Ue-Israele.Gideon Sa’ar e Kaja Kallas a Bruxelles, febbraio 2025Sul tema, i 27 sono così divisi che “il fatto stesso che ne discutiamo con il governo israeliano è importante“. Mentre un manipolo di Paesi – Spagna, Irlanda e Slovenia su tutti – chiedono la sospensione immediata dell’accordo e minacciano di proseguire autonomamente con sanzioni contro il governo israeliano, altri – tra cui l’Italia – lo ritengono una mossa controproducente per fare pressione su Benjamin Netanyahu.L’obiettivo condiviso da tutti è “l’arresto delle ostilità, l’accesso senza impedimenti agli aiuti umanitari e il rilascio degli ostaggi”. Più in là di questa sacrosanta posizione, Bruxelles non si spinge. Le conclusioni del vertice diventano allora sostanzialmente un copia-incolla di quelle dei summit precedenti: il Consiglio europeo “deplora la grave situazione umanitaria a Gaza, il numero inaccettabile di vittime civili e il livello di fame”, Israele “deve rispettare pienamente gli obblighi che gli incombono in virtù del diritto internazionale, compreso il diritto internazionale umanitario”.Sarebbero quasi tutti d’accordo almeno su ulteriori sanzioni ai chi si macchia di violenze contro le comunità palestinesi in Cisgiordania: i leader “ribadiscono l’invito a portare avanti i lavori su ulteriori misure restrittive nei confronti dei coloni estremisti e delle entità e organizzazioni che li sostengono”. Tutti tranne uno: il governo ungherese, che ne ha bloccato l’adozione al Consiglio Affari esteri a maggio. Questa notte, il villaggio palestinese di Kafr Malik è stato attaccato da gruppi di coloni ebraici, che hanno incendiato case e veicoli e aperto il fuoco su civili disarmati. Sono morte tre persone. Oggi, secondo i dati dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari umanitari, 56 palestinesi sono stati uccisi dall’esercito israeliano nella Striscia di Gaza.

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    L’Ue dei “Ventisette meno uno” rinnova il sostegno all’Ucraina. E tiene dentro la Slovacchia sulle sanzioni

    Bruxelles – Per l’ennesima volta, sull’Ucraina i Ventisette diventano Ventisei. È una “divergenza strategica” quella con l’Ungheria di Viktor Orbán, ribadiscono fonti comunitarie. L’uomo forte di Budapest ha da tempo puntato i piedi sull’apertura dei cluster negoziali per far entrare Kiev nel club a dodici stelle. Per quello serve l’unanimità, e dunque il percorso dell’adesione non parte.“Il problema è la guerra“, ha ribadito stamattina (26 giugno) il premier magiaro arrivando al Consiglio europeo in corso a Bruxelles. “Se integrassimo l’Ucraina in Ue integreremmo anche la guerra“, ragiona. E se la guerra finisse? Orbán non ci vuole nemmeno pensare: “Non c’è alcun cessate il fuoco“, taglia corto, quindi è inutile fantasticare al riguardo. E vanta il risultato di quello che chiama “referendum” (in realtà un questionario inviato ai cittadini, privo di alcun valore legale) sull’ingresso di Kiev nel club europeo: dei poco più di 2 milioni di risposte, il 95 per cento è contrario, dice.❌ The Hungarian people have spoken: 95% said NO to dragging Ukraine into the EU! ❌They said NO to war, NO to economic ruin, and NO to Brussels’ delusions. With over 2 million votes cast, we’re taking our people’s mandate for peace and common sense to Brussels. pic.twitter.com/PaD0jQqBfy— Orbán Viktor (@PM_ViktorOrban) June 26, 2025Così, i Ventisette hanno approvato delle conclusioni estremamente snelle, che rimandano ad un documento separato approvato a 26 per rinnovare il loro appoggio al Paese aggredito. Come al solito, c’è il sostegno per il raggiungimento di una tregua incondizionata e immediata e una pace giusta e duratura, per continuare a inviare a Kiev aiuti militari e per mantenere alta la pressione sulla Russia di Vladimir Putin.Prima della discussione, i capi di Stato e di governo hanno avuto uno scambio telematico con Volodymyr Zelensky. Il presidente ucraino avrebbe dovuto partecipare in presenza al vertice, ma i pesanti bombardamenti russi lo hanno costretto in patria. La drammatica situazione a Kiev ha poi imposto, prima dell’inizio del summit, un ulteriore cambio di scaletta, facendo scalare il punto dell’agenda dalla mattina al pomeriggio.Il dibattito tra i leader è stato piuttosto rapido, ma il nodo che ha creato qualche problema intorno al tavolo è stato quello delle sanzioni contro Mosca. La Commissione sta lavorando per mettere insieme il 18esimo pacchetto, che dovrà colpire in particolare le esportazioni energetiche della Federazione e la sua flotta ombra.Il primo ministro slovacco Robert Fico (sinistra) incontra al Cremlino il presidente russo Vladimir Putin, il 22 dicembre 2024 (foto: Gavriil Grigorov/Afp via Sputnik)Vanno ancora limati alcuni dettagli, a partire dall’abbassamento del tetto al prezzo del greggio di Mosca dagli attuali 60 a 45 dollari al barile. Una misura che, in realtà, dovrebbe venire decisa in sede G7, dato che l’oil price cap originale era stato deciso lì.Non è del tutto chiaro cosa ne sarà di quel “dettaglio”, ma per ora il presidente del Consiglio europeo, António Costa, è riuscito ad aggirare il potenziale veto del primo ministro slovacco Robert Fico (preoccupato dallo stop all’afflusso di gas russo) inserendo una menzione generica all’inclusione, nel prossimo round di sanzioni, di “misure volte a colpire ulteriormente le entrate energetiche” del Cremlino.Alla fine, tutti contenti: Costa ha portato a casa l’unità dei “27 meno uno” (se di unità si può parlare), il premier di Bratislava non si è lasciato mettere all’angolo dai suoi omologhi e Ursula von der Leyen si è tenuta una finestra aperta per continuare a limare i contorni delle sanzioni sul petrolio di Mosca.

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    L’Ue si riscopre unita nei confronti degli attacchi di Israele all’Onu: “Il suo comportamento è sempre meno tollerato”

    Bruxelles – È tardi, visto l’inaccettabile numero di vittime civili e di atroci sofferenze causate in un anno di conflitto in Medio Oriente. Ma l’Ue sta perdendo la pazienza nei confronti di Israele. I capi di stato e di governo dei 27, riuniti a Bruxelles per il Consiglio europeo, hanno condannato le azioni di Tel Aviv su più fronti: l’allargamento dei raid in Libano, la disastrosa situazione umanitaria a Gaza, gli attacchi militari ai contingenti dell’Unifil e verbali alle Nazioni Unite, le crescenti violenze in Cisgiordania. “Il comportamento di Israele è sempre meno tollerato in sala”, ha ammesso un funzionario Ue nel corso del summit.Sul vertice è piombata inevitabilmente la notizia della morte di Yahya Sinwar, il leader politico di Hamas ritenuto la mente degli attacchi del 7 ottobre 2023, ucciso dalle forze di difesa israeliane in un campo profughi a Rafah. “La sua morte indebolisce certamente in modo significativo Hamas”, ha affermato Ursula von der Leyen durante la conferenza stampa a margine del Consiglio europeo. Ma, forse per questioni puramente tempistiche, i leader non hanno approfittato della morte di Sinwar per rafforzare ulteriormente la richiesta di mettere fine alle ostilità.Il leader politico di Hamas, Yahya Sinwar (Photo by MAHMUD HAMS / AFP)Nelle conclusioni adottate dai 27, nessun riferimento al vertice politico di Hamas. “Una svolta importante che dobbiamo cogliere”, ha però evidenziato Emmanuel Macron, secondo cui l’uccisione di Sinwar “apre nuovi orizzonti politici“. Dello stesso avviso Giorgia Meloni, che in una nota si è detta convinta “che ora si debba iniziare una nuova fase“: quella del rilascio degli ostaggi, dell’immediato cessate il fuoco e dell’avvio della ricostruzione a Gaza.I leader Ue, come da un anno a questa parte, hanno riconosciuto il “diritto di Israele all’autodifesa” contro Hamas ed Hezbollah, i principali gruppi armati foraggiati dall’Iran. Per Bruxelles è Teheran la più “grave minaccia alla stabilità regionale“, come dimostrato dall’attacco verso Israele del primo ottobre scorso. Una volta messo in chiaro questo punto, i 27 si sono dimostrati insolitamente fermi e uniti nella dura critica al comportamento militare e diplomatico tenuto da Tel Aviv. “Sempre più leader sollevano la questione di cosa fare affinché Israele cambi atteggiamento, perché la preoccupazione e la discussione non sono sufficienti”, ha spiegato una fonte Ue.Al suo arrivo a Bruxelles ieri mattina, l’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, aveva chiesto che i leader “prendessero sul serio” gli attacchi sferrati su “tutti i fronti” contro il sistema della Nazioni Unite dal governo di Benjamin Netanyahu. E così è stato.Per quanto riguarda il Libano, i 27 “condannano la perdita di vite civili e lo sfollamento forzato causati dall’escalation di violenza e dagli attacchi indiscriminati” e ribadiscono che “la sovranità e l’integrità territoriale del Libano devono essere rispettate”. Gli attacchi israeliani all’Unifil “costituiscono una grave violazione del diritto internazionale” e “devono cessare immediatamente”. I capi di stato e di governo Ue affermano il “pieno e incondizionato sostegno al Segretario generale delle Nazioni Unite”, sottolineano “il ruolo essenziale dell’Onu e delle sue agenzie, in particolare dell’Unrwa”. E “condannano qualsiasi tentativo di ostacolare la capacità dell’agenzia di svolgere il proprio mandato”.Su Gaza e in Cisgiordania, il Consiglio europeo “deplora il numero inaccettabile di vittime civili, soprattutto donne e bambini” e “i livelli catastrofici di fame e l’imminente rischio di carestia causati dall’insufficiente ingresso di aiuti”. E ricorda “la necessità di dare piena attuazione agli ordini della Corte internazionale di giustizia”. Nelle conclusioni del vertice c’è anche un significativo invito a “portare avanti i lavori su ulteriori misure restrittive contro i coloni estremisti e contro le entità e le organizzazioni che li sostengono”.Ursula von der Leyen e Charles Michel in conferenza stampa a margine del Consiglio europeo, 17/10/24Parallelamente, l’Ue è unita nel sostegno all’Autorità palestinese (Anp). Come sottolineato da von der Leyen, la soluzione dei due Stati “può essere raggiunta solo con un’Autorità palestinese stabile e riformata”. L’Anp ha bisogno di un sostegno d’emergenza e di un “piano a lungo termine”, per il quale la presidente della Commissione europea ha chiesto “uno sforzo collettivo a livello politico e finanziario”. Nel documento conclusivo del vertice, si legge inoltre che “un percorso credibile verso la statualità palestinese è una componente cruciale” del processo politico verso la soluzione dei due Stati.Quel che manca – un’altra volta – nelle conclusioni, è su quali leve spingere per far sì che Israele rientri nei paletti del diritto internazionale. Durante il vertice, è stato fatto il punto sull’Accordo di associazione Ue-Israele, la cui eventuale sospensione – richiesta da mesi da Spagna e Irlanda – avrebbe delle importanti ricadute sull’economia israeliana: “Il dibattito è iniziato a livello di ministri degli Affari esteri e non ho dubbi che continuerà nelle prossime settimane”, ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel.A quanto si apprende, non è invece stata discussa la possibilità di interrompere la fornitura di armi a Tel Aviv. L’embargo sulle armi è una prerogativa dei singoli Paesi membri, ma l’Ue potrebbe imporlo introducendo apposite sanzioni, come fatto ad esempio con la Russia. L’idea, osteggiata in particolare dalla Germania, è stata suggerita più volte negli ultimi giorni da Parigi. “Non si può chiedere il cessate il fuoco e continuare a fornire armi a Israele“, ha dichiarato ancora ieri sera Macron.

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    Ecco il “piano per la vittoria” che Zelensky presenterà al vertice dei leader Ue

    Bruxelles – Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky dovrebbe partecipare in presenza al Consiglio europeo che partirà domani (17 ottobre) a Bruxelles, durante il quale presenterà ai leader dei Ventisette il suo “piano per la vittoria”, che aveva già anticipato nelle scorse settimane e di cui ha svelato oggi gli elementi principali al Parlamento di Kiev. Si tratta di un elenco di priorità strategiche che dovrebbero permettere al Paese aggredito di sedersi al tavolo delle trattative da una posizione che non sia di netta inferiorità – o almeno queste sono le intenzioni. Ma la strada appare tutt’altro che in discesa.Sono cinque i punti principali di questo piano: l’ingresso dell’Ucraina nella Nato, l’aumento delle sue capacità di difesa, la deterrenza verso nuove aggressioni da parte della Russia, la crescita economica e l’architettura di sicurezza una volta terminata la guerra in corso. Il documento include anche tre elementi secretati, che Zelensky ha già anticipato agli alleati internazionali nelle ultime settimane – il presidente Usa Joe Biden e i due candidati alle elezioni del mese prossimo, il primo ministro britannico Keir Starmer, il cancelliere tedesco Olaf Scholz, il presidente francese Emmanuel Macron e la premier italiana Giorgia Meloni.“Se il piano viene sostenuto” dai partner occidentali, ha dichiarato Zelensky di fronte ai deputati della Verchovna Rada (il legislativo monocamerale ucraino), “possiamo mettere fine alla guerra non più tardi del prossimo anno”. Si tratta, nelle parole del presidente, di “un piano per rafforzare il nostro Stato e la nostra posizione”, per permettere al Paese “di essere abbastanza forte per porre fine alla guerra, per assicurarci che l’Ucraina abbia tutti i suoi muscoli”. E ha chiarito che l’implementazione del piano “dipende dai nostri partner”, e “non dipende sicuramente dalla Russia”.L’Ucraina nella Nato?Ma è precisamente la priorità che Zelensky ha deciso di mettere in cima alla lista che potrebbe essere la più difficile da realizzare. L’ingresso dell’Ucraina nella Nato è stata ripetutamente indicata, negli ultimi tre anni, come una linea rossa invalicabile dal presidente russo Vladimir Putin, che ha motivato l’invasione su larga scala del febbraio 2022 (avvenuta dopo l’occupazione della Crimea e le infiltrazioni nel Donbass del 2014) proprio con la necessità di impedire che Kiev entrasse nel blocco militare occidentale.I rapporti dell’Ucraina con la Nato sono lunghi e complessi e risalgono ai tempi della dissoluzione dell’Urss nel 1991, ma Kiev ha formalmente avanzato la richiesta di entrare nell’Alleanza solo nel settembre 2022, dopo che Mosca proclamò l’annessione unilaterale dei territori occupati nell’ex repubblica sovietica. “Ci rendiamo conto che l’adesione alla Nato è una questione del futuro, non del presente”, ha concesso Zelensky nel suo discorso, ma ha aggiunto che se l’Alleanza invitasse l’Ucraina come 33esimo membro manderebbe un forte segnale del fatto che “i calcoli geopolitici” di Putin erano profondamente sbagliati.Tuttavia, anche se al summit di Washington dello scorso luglio la Nato ha ribadito che il percorso di Kiev verso l’adesione è “irreversibile”, è piuttosto improbabile che questa avvenga nel breve periodo. La decisione è politica, e va presa all’unanimità dai 32 Stati membri. Includere l’Ucraina, secondo diversi leader, sarebbe come uno schiaffo in faccia a Putin. Ma c’è anche un altro ostacolo: la Nato non può accettare al suo interno un Paese in guerra, poiché questo comporterebbe un’attivazione immediata dell’articolo 5 della Carta atlantica (il trattato fondamentale dell’organizzazione), che prevede il supporto di tutti gli alleati nel caso di aggressione ad uno di loro.Difesa dalla RussiaIl secondo punto del piano prevede la rimozione delle restrizioni sulle armi occidentali consegnate all’Ucraina, per consentire a quest’ultima di colpire in profondità oltre il confine con la Russia. Portare la guerra direttamente sul territorio della Federazione impedirebbe la creazione di “zone cuscinetto” sul suolo ucraino, un obiettivo cui mirava l’incursione dello scorso agosto nell’oblast’ di Kursk. La stessa Commissione europea aveva detto chiaro e tondo, all’epoca, che Kiev aveva il diritto di difendersi “anche in territorio nemico”.Oltre all’eliminazione delle restrizioni sui sistemi d’arma a lungo raggio, Zelensky continua a chiedere agli alleati occidentali ulteriori forniture di materiale bellico (a cominciare dalle munizioni) e maggiore supporto diretto al rafforzamento delle capacità militari dell’ex repubblica sovietica (dalle truppe terrestri alla contraerea, passando per l’assistenza a livello di intelligence), nonché una maggiore partecipazione nell’abbattimento di droni e missili russi nello spazio aereo ucraino.La terza parte del documento fa riferimento alla deterrenza contro future aggressioni da parte dell’ingombrante vicino. Per quanto questo punto rimanga secretato, si sa che vi è menzionata una deterrenza esplicitamente non-nucleare – giova ricordare a tal proposito che Kiev ha ceduto tutte le sue testate atomiche a Mosca in base al memorandum di Budapest del 1994, in cambio della garanzia che la Russia avrebbe rispettato la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina. L’idea è di mettere in piedi “un pacchetto globale di deterrenza strategica non-nucleare” sul territorio del Paese aggredito, che verosimilmente includerebbe asset convenzionali dei partner della Nato.Il rapporto coi partner occidentaliAl quarto punto, Kiev offre all’Ue e agli Stati Uniti un “accordo speciale” relativo a investimenti congiunti per lo sfruttamento delle risorse naturali presenti nel suo sottosuolo (tra cui uranio, titanio, grafite e litio). Un accordo sulle materie prime critiche è già in piedi con Bruxelles dal 2021, mentre recentemente anche a Washington sembrano essersi accorti che l’Ucraina è “una miniera d’oro” di minerali del valore di circa 11mila miliardi di dollari, che l’Occidente non può permettersi di lasciar cadere in mani russe.Infine, il quinto elemento del piano riguarda l’architettura della sicurezza ucraina nel dopoguerra, che prevederebbe secondo Zelensky un grado avanzato d’integrazione tra le forze militari del suo Paese e quelle della Nato. “Se i nostri partner sono d’accordo, dopo la guerra pensiamo di sostituire alcuni dei contingenti militari statunitensi stazionati in Europa con unità ucraine”, ha dichiarato alla Rada. Il piano per la vittoria dev’essere realizzato, ha concluso, per “costringere la Russia” a “terminare la guerra”.Nel suo discorso, il presidente ucraino ha pubblicamente ammesso per la prima volta che gli alleati occidentali stanno aumentando le pressioni diplomatiche su Kiev per avviare al più presto delle trattative di pace con Mosca. E che la parola “negoziati” si sta sostituendo sempre di più a “giustizia”: un segnale eloquente della crescente stanchezza internazionale nei confronti della guerra. Così, il piano per la vittoria rappresenta nelle speranze di Zelensky un modo per sedersi al tavolo con il capo del Cremlino da una posizione che, se non di superiorità, almeno non sia di netta debolezza. L’Ucraina non vuole scambiare “territori o sovranità” in cambio dello stop all’aggressione, ha scandito di fronte all’emiciclo.Ma non tutto il Parlamento di Kiev ha accolto con favore la comunicazione del presidente. Alcuni membri dell’opposizione hanno criticato il piano di Zelensky come “irrealistico”, una “lista di desideri” priva di dettagli concreti su come vanno realizzati. E richiamarsi alla “vittoria” dell’Ucraina nel momento in cui il fronte orientale nel Donetsk sta cedendo davanti all’avanzata nemica e oltre metà delle infrastrutture energetiche sono fuori uso a causa dei bombardamenti, hanno rimarcato, è “contraddittorio”.I prossimi passi a BruxellesStando alla bozza di conclusioni del Consiglio europeo circolata nelle ultime ore, i leader dei Ventisette dovrebbero discutere, oltre che del piano di Zelensky, anche di altri aspetti del sostegno dell’Ue all’Ucraina. Uno dei piatti principali sul tavolo dei capi di Stato e di governo sarà il maxi-prestito a Kiev – da finanziare con gli extraprofitti generati dai fondi russi congelati in Occidente – che potrebbe arrivare a toccare i 35 miliardi di euro.E sul quale, per l’ennesima volta, aleggia il veto dell’Ungheria di Viktor Orbán, che minaccia di bloccare la decisione con cui Bruxelles vorrebbe modificare l’orizzonte temporale per il congelamento degli asset russi da sei a 36 mesi (decisione dalla quale potrebbe dipendere la partecipazione di Washington al prestito G7, che dovrebbe valere 45 miliardi di euro in tutto). Budapest ha chiesto, come condizione per non opporre il proprio veto, che non venga toccata la deroga che attualmente consente al Paese con la presidenza di turno dell’Ue di continuare ad acquistare petrolio dalla Russia, proprio nelle stesse ore in cui ha annunciato un aumento delle importazioni di gas da Mosca per il 2025.

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    Per la Georgia il processo di adesione Ue è “di fatto” arrestato. A confermarlo è il Consiglio Europeo

    Bruxelles – Era nell’aria da settimane, ma ora a mettere il punto sulle ambizioni della Georgia di essere “pronta più di qualsiasi altro Paese candidato per l’adesione entro il 2030” (come rivendicato a febbraio dal premier, Irakli Kobakhidze) è lo stesso organismo collettivo che definisce priorità e indirizzi politici dell’Unione Europea. “Il Consiglio Europeo invita le autorità georgiane a chiarire le proprie intenzioni invertendo l’attuale rotta che mette a rischio il percorso della Georgia nell’Ue, determinando di fatto un arresto del processo di adesione“, si legge nelle conclusioni del vertice dei capi di Stato e di governo dei 27 Paesi membri Ue, che riservano quattro punti alla “seria preoccupazione per i recenti sviluppi” politici nel Paese candidato all’adesione Ue.Manifestanti georgiani a Tbilisi contro la legge sulla ‘trasparenza dell’influenza straniera’, 17 aprile 2024 (credits: Giorgi Arjevanidze / Afp)È in particolare l’adozione di metà maggio della legge sulla ‘trasparenza dell’influenza straniera’ di filo-russa memoria a rappresentare “un passo indietro rispetto a quanto stabilito nella raccomandazione della Commissione per lo status di candidato”, che a questo punto mette un freno pesante sulla strada di avvicinamento all’ingresso nell’Unione, nonostante lo status di Paese candidato ricevuto il 14 dicembre 2023 dallo stesso Consiglio Europeo. Anche perché c’è poi da considerare i “i crescenti atti di intimidazione, minacce e aggressioni fisiche contro rappresentanti della società civile, leader politici, attivisti civili e giornalisti in Georgia”, avvertono i Ventisette, che su questo punto non hanno riscontrato le stesse difficoltà per la definizione di una posizione comune come si erano invece viste in occasione della risposta di condanna all’adozione della legge lo scorso 14 maggio. Perché per l’Unione c’è una chiara differenza tra governo e stragrande maggioranza dei cittadini pro-Ue, e per questo motivo i 27 leader ribadiscono la “disponibilità a continuare a sostenere i georgiani nel loro percorso verso un futuro europeo”.È qui che si apre il nuovo capitolo della sfida politica a Tbilisi tra il partito al potere Sogno Georgiano e i cittadini scesi in piazza ininterrottamente per settimane in opposizione alla legge considerata di diretta emanazione del Cremlino. “Il Consiglio Europeo invita le autorità georgiane a garantire che le elezioni parlamentari del prossimo autunno siano libere ed eque“, incoraggiando una “sostanziale osservazione elettorale a lungo e breve termine da parte dei partner”. Il riferimento è alle prossime elezioni legislative del 26 ottobre, su cui si sta organizzando una piattaforma comune dei partiti di opposizione a Sogno Georgiano attorno alla ‘Carta georgiana’ presentata a fine maggio dalla presidente, Salomé Zourabichvili. Diverse formazioni politiche hanno già confermato di correre sotto lo stesso ombrello politico (con candidati comuni o diversi, ma comunque alleati) con l’obiettivo dichiarato di “ripristinare il processo di adesione all’Ue e aprire i negoziati di adesione il più presto possibile“. Visto che ora sono – come definito dal Consiglio Europeo – “di fatto” congelati.La legge sugli agenti stranieri in GeorgiaLa legge sulla ‘trasparenza dell’influenza straniera’ era stata presentata lo scorso anno da Sogno Georgiano e messa in stallo dopo l’ondata oceanica di proteste del marzo 2023. Con un leggero emendamento al testo, a inizio aprile la legge è stata ripresentata dal governo: tutte le organizzazioni che ricevono più del 20 per cento dei loro finanziamenti dall’estero dovrebbero registrarsi come ‘organizzazione che persegue gli interessi di una potenza straniera’ (simile ad ‘agente di influenza straniera’ in vigore in Russia dal primo dicembre 2022). Dopo settimane di altissima tensione dentro e fuori il Parlamento di Tbilisi, e decine di migliaia di cittadini ad animare la più grande ondata di proteste dall’indipendenza dall’Unione Sovietica nel 1991 – ogni giorno ininterrottamente per due mesi – il partito al governo ha deciso di tirare dritto con la propria iniziativa legislativa prima del ritorno alle urne il 26 ottobre. E mostrando una disponibilità ad aumentare la portata della violenza messa in campo dalla polizia anti-sommossa e dagli agenti in passamontagna contro i manifestanti pacifici pro-Ue, che non hanno mai smesso di scendere a decine di migliaia in piazza ogni giorno.Le proteste pro-Ue dei manifestanti georgiani a Tbilisi, 14 maggio 2024Dopo il primo via libera alla legge (secondo l’iter legislativo ordinario) dello scorso 14 maggio, è ricominciato un nuovo rapidissimo processo legislativo per superare la decisione della capa dello Stato, che si è sempre opposta fermamente a una legge che riprende in modo inquietante molti elementi della stessa legge in vigore in Russia. Il gesto della presidente Zourabichvili è stato puramente simbolico, dal momento in cui il governo sapeva già in partenza di poter utilizzare la propria maggioranza schiacciante in Parlamento per annullare il veto e far diventare legge la ‘trasparenza dell’influenza straniera’, così come confermato il 28 maggio dalla sessione plenaria del Parlamento.Prima della legge sugli agenti stranieriLe proteste pro-Ue dei manifestanti georgiani a Tbilisi, 7 marzo 2023 (credits: Afp)Nonostante la concessione dello status di Paese candidato all’adesione Ue, il rapporto tra Bruxelles e Tbilisi rimane particolarmente complesso – e ora tesissimo – a causa dello scollamento tra una popolazione a stragrande maggioranza filo-Ue e un governo di tendenze filo-russe, lo stesso che ha fatto richiesta di aderire all’Unione per i timori sollevati dall’espansionismo del Cremlino. Nel corso degli ultimi due anni si sono registrati diversi episodi che hanno evidenziato l’ambiguità del partito al potere Sogno Georgiano: nel maggio 2023 sono ripresi dei voli tra Georgia e Russia dopo la decisione di Mosca di eliminare il divieto in vigore, e il Paese caucasico non si è mai allineato alle misure restrittive introdotte da Bruxelles contro il Cremlino dopo l’invasione dell’Ucraina. Lo scorso autunno il governo ha anche tentato di mettere sotto impeachment (fallito) la presidente della Repubblica Zourabichvili per una serie di viaggi nell’Unione Europea che avrebbero rappresentato una violazione dei poteri della capa di Stato secondo la Costituzione nazionale.Ma la popolazione georgiana da anni dimostra di non condividere la direzione assunta da Sogno Georgiano e anche per questo motivo saranno cruciali le elezioni per il rinnovo del Parlamento il 26 ottobre. A cavallo della decisione di Bruxelles nel giugno 2022 di non concedere per il momento alla Georgia lo status di candidato all’adesione, a Tbilisi si sono svolte due grandi manifestazioni pro-Ue: una ‘marcia per l’Europa’ per ribadire l’allineamento del popolo ai valori dell’Unione e una richiesta di piazza di dimissioni del governo (senza seguito da parte dell’esecutivo allora guidato da Garibashvili). I tratti comuni evidenziati a partire da queste manifestazioni sono le bandiere – bianca e rossa delle cinque croci (nazionale) e con le dodici stelle su campo blu (dell’Ue) – cartelli con rivendicazioni europeiste e l’inno georgiano intervallato dall’Inno alla Gioia. Un anno più tardi sono scoppiate le dure proteste popolari nel marzo 2023 – appoggiate da Bruxelles – che hanno portato al momentaneo accantonamento del controverso progetto di legge sulla ‘trasparenza dell’influenza straniera’, fino all’approvazione di questa primavera nel pieno di una nuova ondata di proteste popolari.In questo scenario non va dimenticato il rapporto particolarmente delicato della Georgia con la Russia, Paese con cui confina a nord. La candidatura all’adesione Ue e Nato – sancita dalla Costituzione nazionale – da tempo è causa di tensioni con il Cremlino. Dopo i conflitti degli anni Novanta con le due regioni separatiste dell’Ossezia del Sud (1991-1992) e dell’Abkhazia (1991-1993) a seguito dell’indipendenza della Georgia nel 1991 dall’Unione Sovietica, sul terreno la situazione è rimasta di fatto congelata per 15 anni, con le truppe della neonata Federazione Russa a difendere i secessionisti all’interno del territorio rivendicato. Il tentativo di riaffermare il controllo di Tbilisi sulle due regioni nell’estate del 2008 – voluto dall’allora presidente Mikheil Saakashvili – determinò il 7 agosto una violenta reazione russa non solo nel respingere l’offensiva dell’esercito georgiano, ma portando anche all’invasione del resto del territorio nazionale con carri armati e incursioni aeree per cinque giorni. Da allora la Russia di Vladimir Putin riconosce l’indipendenza di Abkhazia e Ossezia del Sud e ha dislocato migliaia di soldati nei due territori per aumentare la propria sfera d’influenza nella regione della Ciscaucasia, in violazione degli accordi del 12 agosto 2008.

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    Partenariato Ue-Giappone: il Consiglio Ue approva la conclusione dell’accordo

    Bruxelles – Un primo passo per rafforzare la cooperazione tra l’Ue e il Giappone. Il Consiglio Ue ha adottato oggi (22 aprile) la conclusione relativa all’accordo di partenariato strategico (Aps) tra l’Unione europea e il Giappone. La decisione odierna apre la strada all’entrata in vigore dell’accordo, non appena le parti avranno completato le procedure interne e informato le loro controparti.L’accordo prevede una cooperazione tra Ue e Giappone sui temi di politica ed economia legati a questioni bilaterali, regionali e multilaterali. Attraverso l’Aps, i contraenti si impegnano a rafforzare l’ordine globale basato su regole, a implementare la governance e a difendere valori e principi comuni quali lo Stato di diritto, la democrazia, il rispetto dei diritti umani, i mercati aperti e il commercio libero ed equo. Per quanto riguarda la dimensione bilaterale, l’accordo consentirà a Giappone e Ue di portare avanti la cooperazione in materia di sicurezza, contrastare il terrorismo e i gravi crimini internazionali e prevenire la proliferazione delle armi di distruzione di massa.Si tratta del primo accordo quadro bilaterale tra l’UE e il Giappone. Questo, pone le basi per aumentare la consultazione e il coordinamento nei consessi multilaterali. Le parti si impegnano a lavorare insieme per difendere un sistema commerciale multilaterale basato su regole che abbiano al centro l’Organizzazione mondiale del commercio (Omc), promuovere l’attuazione dell’accordo di Parigi sull’azione per il clima e il perseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile.Al riguardo della cooperazione tra Unione europea e Giappone il percorso è iniziato nel 2018, con la firma dell’accordo a Tokyo. Il Parlamento europeo ha dato la sua approvazione il 12 dicembre 2018 e il 5 aprile 2024 si sono concluse le procedure di ratifica dell’accordo da parte degli Stati membri.

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    Il Consiglio europeo indica di proseguire il percorso europeo della Turchia. Ma non a tutti i costi

    Bruxelles – Il Consiglio europeo ha adottato oggi (17 aprile) le conclusioni sulle procedure per proseguire nel processo di avvicinamento della Turchia all’Unione. Il vertice dei leader Ue passa la palla al Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper) con il compito di “portare avanti i lavori sulla base delle raccomandazioni, in linea con le precedenti conclusioni del Consiglio europeo e in modo graduale, proporzionale e reversibile“, si legge nel testo pubblicato al termine della prima giornata di Consiglio europeo.Prosegue dunque la strada per un possibile integrazione futura della Turchia, seguendo il lavoro tracciato dalla relazione strategica sui rapporti Ue-Turchia del novembre dello scorso anno. Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, ha sottolineato in un post su X (ex Twitter) come “l’Ue ha un interesse strategico in un ambiente stabile e sicuro nel Mediterraneo orientale e nello sviluppo di una relazione cooperativa e reciprocamente vantaggiosa con la Turchia”.La questione di Cipro rimane comunque sul tavolo – definita di “particolare importanza” nelle conclusioni del vertice Ue – con l’isola divisa in due: da una parte la Repubblica di Cipro, membro dell’Ue dal 2004, e dall’altra Cipro nord, Stato de facto indipendente ma riconosciuto solo da Ankara. Proprio a questo riguardo per Michel è importante riaprire i colloqui per una soluzione pacifica: “L’Ue è pronta a svolgere un ruolo attivo nel sostenere il processo guidato dalle Nazioni Unite“.