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    Charles Michel incontrerà Xi Jinping a Pechino, “per dare nuovo impeto alle relazioni” con la Cina

    Bruxelles – Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, volerà a Pechino per incontrare il leader cinese Xi Jinping e visitare l’Assemblea nazionale del popolo. A più di 4 anni di distanza dall’ultima volta – Donald Tusk nel luglio 2018 per l’Eu-China Summit-, le istituzioni europee tornano sul territorio cinese per una visita ufficiale. Nel mezzo sono passate una pandemia e una guerra ancora in corso, che hanno sconquassato gli equilibri economici e geo-politici globali, riaccendendo i riflettori sull’importanza delle relazioni sino-europee.
    Senza dimenticare il XX congresso del Partito comunista cinese, tenutosi dal 16 al 22 ottobre scorso, nel quale un Xi Jinping sempre più forte ha ridato vigore alla natura ideologica del sistema cinese e a una retorica marcatamente nazionalista.
    “La visita a Pechino fa seguito alla discussione strategica del Consiglio europeo di ottobre sulle relazioni dell’Ue con la Cina”, ha dichiarato Bruxelles: lo scorso 21 ottobre i leader dei 27 Paesi membri si sono confrontati sul rapporto con il gigante asiatico, ribadendo la necessità di quell’approccio realistico invocato anche dall’alto rappresentante agli Affari esteri Ue, Josep Borrell, pochi giorni fa al Parlamento europeo di Strasburgo.
    I temi che affronteranno Michel e Xi Jinping
    Il primo tassello, “per dare nuovo impeto alle relazioni bilaterali”, è la missione di Charles Michel, “preparata in cooperazione con le 27 capitali”: sul piatto, dichiarano fonti Ue, “gli sviluppi geopolitici, gli sviluppi economici e le sfide globali” da affrontare.
    Messa una “X” sopra la Federazione Russa, bollata proprio ieri al Parlamento europeo come “Stato sponsor del terrorismo” a causa delle atrocità commesse contro la popolazione civile ucraina, la posizione della Cina ha acquisito una rilevanza ancora maggiore nello scacchiere internazionale. “Se c’è un Paese che più di altri ha influenza sulla Russia, quello è la Cina. Al presidente Xi Jinping diremo che va contro tutti aiutare la Russia, e che al contrario è nel bene di tutti trovare una soluzione”, hanno dichiarato alcune fonti diplomatiche.
    Anche per l’approvvigionamento energetico dei 27 Paesi membri, in cerca di sostituire il gas russo con le materie prime necessarie alla doppia transizione ecologica e digitale, il rapporto con Pechino è fondamentale: il problema è che il vecchio continente rischia di sviluppare con il gigante asiatico un rapporto di dipendenza per le forniture di tecnologie fondamentali (come i semiconduttori) e materie prime critiche. Per non ripetere l’errore della dipendenza energetica dalla Russia, Bruxelles ha presentato l’European Chips Act e sta lavorando sull’Atto sulle materie prime critiche.
    E poi le sfide globali, a partire dal cambiamento climatico. “Abbiamo bisogno dell’impegno della Cina”, è l’appello che arriva da Bruxelles dopo la vittoria a metà nell’accordo sul clima raggiunto alla COP27 a Sharm el-Sheik. Charles Michel proverà ad aprire anche il discorso su Taiwan e Hong-Kong, ribadendo al leader del partito comunista cinese che “lo scacchiere internazionale è basato sulle regole, con l’ONU al centro”. Su quest’ultimo dossier la posizione dell’Ue ricalca quella dell’alleato a stelle e strisce anche se, come ha dichiarato Borrell all’emiciclo di Strasburgo, “l’atteggiamento degli Stati Uniti sulla Cina in alcuni casi è diverso dal nostro”.
    All’orizzonte c’è la riunione Ue-Asean del 13 dicembre a Bruxelles, a cui però l’Unione europea arriverà fresca dal tête-à-tête con l’attore forte del continente asiatico.

    Il presidente del Consiglio europeo visiterà l’Assemblea nazionale del Popolo il prossimo 1 dicembre, 4 anni dopo l’ultimo viaggio delle istituzioni Ue a Pechino. Nel bilaterale con il leader cinese sul piatto la condanna alla Russia, l’approvvigionamento di materie prime critiche e la lotta al cambiamento climatico

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    Sul rapporto tra Ue e Cina Borrell chiede “unità e realismo”, ma il Parlamento Ue è spaccato

    Bruxelles – Un dibattito dai toni tutt’altro che concilianti, quello andato in scena oggi (22 novembre) al Parlamento europeo riunito in plenaria a Strasburgo sulle relazioni Ue-Cina. L’Alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, ha aperto la seduta presentando il nuovo testo, redatto dal Consiglio affari esteri lo scorso 17 ottobre, che spiega la posizione ufficiale dei 27 ministri sul rapporto con il gigante asiatico: in sintesi, la riconferma di quell’approccio realistico adottato nel 2019, secondo cui il vecchio continente “non può pensare di costruire un futuro senza tener conto dell’enorme forza di un Paese che è chiamato a svolgere nel mondo il ruolo che gli spetta, per le sue dimensioni e per la sua forza economica, indipendentemente dal fatto che abbia un sistema politico diverso dal nostro”.
    Che in altre parole significa: cooperazione e competizione economica, pugno fermo sui diritti umani, riduzione della dipendenza strategica sulle materie prime, e soprattutto maggiore unità europea sul tema. Ma se Borrell pensava di trovare una comunione di vedute nell’emiciclo di Strasburgo, torna a casa a mani vuote: “Dov’è l’unità sul dialogo con la Cina?”, ha tuonato l’alto rappresentante dopo aver ascoltato gli interventi degli europarlamentari in aula.
    Tra chi ha accusato le istituzioni Ue di complicità con il regime cinese, chi all’opposto di essere “i tirapiedi di Washington”, chi ha invocato un maggior pragmatismo nel rapporto con Pechino e chi invece ha chiesto di tagliare le relazioni con il sistema comunista del presidente Xi Jinping, il Parlamento è parso più spaccato che mai. Per questo, su un tema che “risente sicuramente di condizionamenti ideologici”, Borrell ha chiesto maggiore realismo. “Scambiamo con la Cina beni per un valore di quasi 2 miliardi di dollari al giorno”, ha ricordato il capo della diplomazia europea, “il decoupling dall’economia cinese non può essere un opzione”.
    Le questioni più dibattute sui rapporti sino-europei sono state essenzialmente due: il rischio che le relazioni con il colosso cinese si riducano a una dipendenza europea nell’approvvigionamento di materie prime fondamentali per la transizione energetica e le norme di Pechino in materia di diritti umani e del lavoro. La Cina copre oggi circa il 90 per cento della domanda europea di terre rare, e l’80 per cento dei pannelli solari utilizzati in territorio Ue è di produzione cinese: la Commissione Ue ha annunciato che presenterà una legge sulle materie prime, che dovrebbe aumentare “la resilienza interna” e evitare che “le dipendenze si trasformino in vulnerabilità”. Materie prime e semiconduttori, secondo Borrell, “rappresentano la battaglia tecnologica fondamentale nella competizione economica del ventunesimo secolo”.
    Alla presidente della sottocommissione per i diritti dell’uomo dell’Europarlamento, Maria Arena, che lo incalzava sui “lavori forzati, il regime di sorveglianza e le sanzioni agli oppositori politici” perseguiti dal governo di Xi Jinping, Josep Borrell ha risposto: “A settembre la Commissione ha presentato la proposta di regolamento che vieta l’ingresso in Ue di merci provenienti da lavoro forzato, regolamento che da allora sta aspettando l’approvazione di quest’aula”.Dal dibattito tenutosi al Parlamento europeo, appare ancora difficile immaginare un approccio unitario dell’Unione europea al dialogo con la Cina. Dialogo che non può prescindere, in ogni caso, dall’alleato a stelle e strisce, anche se Borrell rivendica maggiore indipendenza: “Gli Stati Uniti sono i nostri alleati più importanti, ma in alcuni casi la loro posizione sulla Cina è diversa dalla nostra”. Per portarla avanti però, ancora una volta, serve unità europea, “perché quello che succederà nella nostra relazione con la Cina segnerà il ventunesimo secolo”.

    Al dibattito sulle relazioni sino-europee, il capo della diplomazia Ue ha presentato il testo redatto dal Consiglio Affari Esteri lo scorso 17 ottobre. Toni accesi sulla dipendenza dalle materie prime cinesi e sul rispetto dei diritti dell’uomo nel regime di Xi Jinping, ma Borrell avvisa: “la nostra relazione con la Cina segnerà il ventunesimo secolo”

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    “In Cina da cancelliere tedesco e da europeo”. Scholz in visita a Pechino tra le polemiche

    Bruxelles – Un’avanguardia europea per riscrivere le relazioni con la Cina di Xi Jinping. Così si vede il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, che oggi (3 novembre) intraprenderà la prima visita di un leader del G7 a Pechino dallo scoppio della pandemia di Covid-19: “Se vado a Pechino come cancelliere tedesco, lo faccio contemporaneamente come europeo. La politica tedesca sulla Cina ha successo solo se inserita in quella europea”. In una lunga lettera pubblicata sul Frankfurter Allgemeine Zeitung Scholz ha provato a rassicurare le istituzioni Ue, che avevano fortemente criticato il suo viaggio solitario al cospetto del leader comunista.
    “Se la Cina cambia, anche il nostro rapporto con la Cina deve cambiare”, ha affermato il cancelliere, che arriva a Pechino a pochi giorni dalla riconferma per altri cinque anni di Xi Jinping al vertice del Partito Comunista. “Noi non vogliamo disaccoppiarci dalla Cina, importante partner economico per la Germania e per l’Europa. Ma cosa vuole Pechino?”, ha chiesto retoricamente Scholz ai lettori del quotidiano di Francoforte. Il focus sempre più accentuato sulla “stabilità del sistema comunista e sull’autonomia nazionale” cinese, secondo il leader tedesco avrà conseguenze per tutti i partner commerciali del gigante asiatico. Per questo l’obiettivo della delegazione di industriali tedeschi guidata da Scholz sarebbe insistere con il “partner, concorrente e rivale” cinese sul “principio della reciprocità” nei rapporti sino-europei: “Se la Cina rifiuta di consentire questa reciprocità, non sarà priva di conseguenze”, ha sentenziato il cancelliere socialdemocratico. “Differenziare i rapporti con la Cina è in linea con gli interessi strategici a lungo termine della Germania e dell’Europa”.
    Nonostante le rassicurazioni tedesche sulle intenzioni del viaggio, a Bruxelles c’è chi ritiene che Berlino voglia procedere a testa bassa nel perseguimento dei propri interessi, senza alcuna concertazione con gli altri membri Ue: il via libera di Scholz all’acquisizione di una quota del porto di Amburgo da parte dell’azienda cinese Cosco, malgrado le perplessità degli alleati occidentali, e l’istituzione del fondo da 200 miliardi per proteggere famiglie e imprese tedesche dal caro energia, con tanti saluti alla solidarietà europea, costituiscono in questo senso due precedenti scomodi. E intanto da Pechino il portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian, ha ricordato che quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra Cina e Germania e che la visita di Scholz darà slancio allo “sviluppo della partnership strategica completa” tra i due Paesi, che “consolideranno la fiducia reciproca politica e rafforzeranno la cooperazione”.
    I riflettori sono accesi sull’incontro di domani (4 novembre) tra i due leader: Berlino fa sapere che avrà luogo uno scambio di vedute approfondito su tutti gli aspetti delle relazioni sino-europee, incluse le tensioni su Taiwan, il tema del rispetto dei diritti umani (in riferimento alla persecuzione degli Uiguri nello Xinjiang), e non ultima la posizione di Pechino sul conflitto in Ucraina. E, a pochi giorni dalla COP27 a Sharm el-Sheikh in Egitto, anche gli obiettivi dell’Accordo di Parigi saranno verosimilmente nell’agenda del bilaterale: “Senza azioni risolute per ridurre le emissioni in Cina, non potremo vincere la battaglia contro il cambiamento climatico”, ha ricordato Scholz, promettendo che insisterà con Xi Jinping “perché la Cina si assuma ancora maggiori responsabilità per la protezione del clima”.

    Primo leader europeo a recarsi in Cina dal 2019, domani Scholz incontrerà il presidente Xi Jinping. Il cancelliere, duramente criticato a Bruxelles, ha spiegato in un articolo le ragioni della sua visita al leader del Partito comunista cinese

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    I Ventisette lanciano la sfida alla Cina. “Riequilibrio dei rapporti” e indipendenza sulle materie prime critiche

    Bruxelles – Nessuna conclusione scritta, appena una riga sul documento conclusivo del Consiglio Ue, ma una conferenza stampa post-vertice dei leader Ue monopolizzata dalla questione del rapporto tra l’Unione Europea e la Cina, oggi e sul medio/lungo periodo. Nessuna sorpresa in realtà, perché già alla vigilia del Consiglio era nota la volontà dei 27 capi di Stato e di governo dell’Ue di volersi sganciare dalla formalità di un testo ufficiale per avere la maggiore libertà possibile di confronto sul ruolo che riveste Pechino come “partner, competitor e rivale”, come l’hanno definito fonti europee dopo la rielezione di Xi Jinping alla presidenza della Repubblica Popolare Cinese.
    Il punto nevralgico del confronto di oggi (venerdì 21 ottobre) tra i leader Ue sulla Cina ha riguardato il rapporto di dipendenza che al momento il continente europeo rischia di correre sul piano dello sviluppo delle tecnologie e dell’approvvigionamento delle materie prime critiche. “Dobbiamo ricordarci la lezione appresa con la dipendenza energetica dalla Russia”, ha avvertito la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, parlando con la stampa al termine del vertice e richiamandosi all’allarme già lanciato al Tallinn Digital Forum dello scorso 10 ottobre. Tutti i Paesi membri dell’Unione devono “diversificare le forniture materie prime, facendo affidamento su partner affidabili“, mentre è compito di Bruxelles sviluppare legislazioni e strategie comunitarie: “È per questo che abbiamo presentato l’European Chips Act e faremo lo stesso con l’Atto sulle materie prime critiche“, ha assicurato von der Leyen.
    Anche il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, si è richiamato alla strategia Ue che prevede il raddoppio della quota di mercato entro il 2030 e 43 miliardi di euro in investimenti pubblici e privati nella catena di approvvigionamento dei semiconduttori: “Il dibattito sulla Cina si è ricollegato al tema dell’indipendenza tecnologica, l’European Chips Act servirà a proiettarci nel futuro della tecnologia“. Per Bruxelles il rischio riguarda strettamente le transizioni gemelle digitale e verde, con un impatto diretto sul Green Deal Europeo: tutte le infrastrutture per le rinnovabili hanno bisogno di materie prime critiche e terre rare, e si prevede un aumento della richiesta in Europa di cinque volte entro la fine del decennio. La Cina “domina il mercato” e per la presidente della Commissione la ricetta per “non commettere gli stessi errori energetici con la Russia” è quella di “sviluppare partenariati sugli scambi di materie prime con altri partner affidabili“, dall’Africa all’America Latina e il resto dell’Asia.
    La necessità di “riequilibrare i rapporti” con la Cina passa anche dallo sviluppo di una maggiore consapevolezza dell’Unione sulle priorità nei confronti dei partner: “Dobbiamo interfacciarci con la Cina sui temi globali, a partire dal cambiamento climatico“, ha messo in chiaro il numero uno del Consiglio Michel, chiedendo ai Ventisette di “parlare in modo chiaro, il dibattito di questa mattina è voluto andare oltre l’ingenuità, utilizzando una logica di confronto sistematico” con Pechino. All’orizzonte c’è la riunione Ue-Asean del 13 dicembre a Bruxelles, in cui si confronteranno due sistemi “oggettivamente diversi, uno Stato con partito unico che si relaziona a un sistema democratico, i cui elementi centrali sono la libertà e i diritti fondamentali”, ha voluto ribadire il presidente Michel, lanciando la sfida al partner e rivale cinese.

    Le discussioni tra i leader Ue al Consiglio Europeo (non incluse nelle conclusioni scritte) si sono concentrate sul rapporto nel breve e medio periodo con quello che viene visto come un “partner, competitor e rivale”. All’orizzonte c’è il vertice con l’Asean del 13 dicembre a Bruxelles

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    Il Parlamento Ue vuole maggiori relazioni con Taiwan

    Bruxelles – Stabilire nuove, maggiori relazioni con Taiwan, con condanna per le manovre militari di Pechino nello stretto che separa continente e isola di Formosa. Dal Parlamento europeo arriva un voto che rischia di creare nuovi motivi di tensioni e frizioni politiche nella già tese relazioni Ue-Cina. La risoluzione approvata a larga maggioranza dall’Aula (424 favorevoli, 14 contrari e 46 astenuti) è una presa di posizione chiara, netta, sullo scacchiere internazionale. I deputati europei si schierano con la Repubblica di Cina (ROC), che l’altra Repubblica, quella Popolare, non riconosce come tale e considera, da sempre, parte integrante della PRC.
    “Nell’isola democratica di Taiwan, spetta al popolo decidere come vivere”, recita il testo adottato. Una frase, con la sottolineatura della natura democratica dell’isola, che suona come critiche al regime di Pechino, già oggetto di critiche e censure da parte dell’Eurocamera per le repressioni degli uighuri. Un passaggio che, soprattutto chiarisce che il Parlamento non riconosce le pretese annessionistiche della Cina.
    La mozione che chiede maggiori relazioni con Taipei rafforza inoltre l’alleanza tra Unione europea e Stati Uniti per Taiwan. A inizio agosto la visita ufficiale della presidente della Camera dei rappresentanti USA, Nancy Pelosi, nella capitale della ROC, ha prodotto un terremoto diplomatico. Alle reazioni di Pechino è seguito il richiamo degli ambasciatori, inclusi quelli dell’Ue. Adesso l’Aula chiedono alla Commissione europea di ravvivare il dialogo Unione europea-Taiwan e “avviare senza indugio” una valutazione d’impatto, una consultazione pubblica e un esercizio di definizione dell’ambito di un accordo bilaterale di investimento con le autorità taiwanesi. Un altro modo per riconoscere che non c’è un’unica Cina, come invece sostiene Pechino.

    L’Aula approva a larga maggioranza una risoluzione che fa prendere una posizione chiara, in senso anti-Pechino

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    La Russia è la “principale minaccia diretta” della NATO. Ma per la prima volta si considera anche quella cinese

    Bruxelles – È tutto pronto per il Summit NATO di Madrid del 29-30 giugno e per il nuovo concetto strategico dell’Alleanza Atlantica. “Prenderemo molte decisioni importanti, a partire dalla svolta nel considerare il nuovo contesto della sicurezza globale”, ha anticipato in conferenza stampa il segretario generale dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (NATO), Jens Stoltenberg, spiegando le decisioni su Russia, Cina, rafforzamento e allargamento dell’Alleanza.
    Il nuovo concetto strategico della NATO “risponderà a un’era di competizione strategica” in cui “la Russia è la più significativa e diretta minaccia” per la sicurezza degli alleati. L’accusa a Mosca è di aver “rifiutato il tentativo di dialogo portato avanti per anni e aver scelto piuttosto il confronto” con l’Alleanza: “Dobbiamo prenderne atto, non abbiamo avuto successo per colpa delle scelte del Cremlino”. Ma il segretario generale Stoltenberg ha sottolineato che “per la prima volta consideriamo anche la Cina“, a causa delle “sfide che Pechino porta ai nostri valori”. Non è un caso se Australia, Nuova Zelanda, Giappone e Corea del Sud “si uniranno alla nostra riunione come partner per la prima volta” a Madrid.
    Di fronte alla minaccia portata dalla Russia in Ucraina e ai Paesi del fianco orientale della NATO, “dobbiamo rafforzare la nostra capacità di difesa”, anche e soprattutto a partire dal “rafforzamento della spesa militare” dei singoli Paesi, oltre la soglia del 2 per cento del prodotto interno lordo. Una difesa che coinvolge anche gli alleati nella regione baltica, considerate le nuove tensioni con il Cremlino per la questione del divieto di transito sul territorio della Lituania per le merci russe sottoposte a sanzioni e dirette verso l’exclave di Kaliningrad. “Qualsiasi territorio dell’Alleanza deve essere difeso, deterrenza significa prevenire un conflitto, non provocarlo“, ha messo in chiaro Stoltenberg, facendo riferimento alle “oltre 400 mila truppe stanziate nell’Europa orientale, buona parte delle quali nel Baltico”. Per quanto riguarda l’Ucraina, invece, “ogni giorno sul campo si dimostra quanto è stato sostanziale il nostro supporto a livello di addestramento dell’esercito ucraino”, che riceverà “ulteriori forniture militari e di equipaggiamenti”, tra cui sistemi anti-droni.
    Altra questione cruciale sarà la candidatura di Svezia e Finlandia alla NATO. Anticipando l’incontro di domani (martedì 28 giugno) a Madrid con il presidente della Finlandia, Sauli Niinistö, la prima ministra svedese, Magdalena Andersson, e il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdoğan, Stoltenberg ha messo in guardia che “non posso fare promesse, ma servono progressi, perché sono candidature storiche che rafforzerebbero la NATO e la stabilità dell’area euro-atlantica”. Rispondendo alle domande sul blocco imposto dalla Turchia, il segretario generale ha ribadito diplomaticamente che “dobbiamo considerare le preoccupazioni di tutti gli alleati, ma stiamo lavorando duro perché i due Paesi scandinavi possano unirsi a noi il prima possibile”.

    Durante il Summit a Madrid sarà presentato il nuovo concetto strategico dell’Alleanza Atlantica, che considera il fallimento del dialogo degli ultimi anni con Mosca. Il segretario generale Stoltenberg: “Dobbiamo prendere atto del nuovo contesto di sicurezza globale”

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    La telefonata di Xi a Putin: In Ucraina spingere per una soluzione adeguata con responsabilità

    Bruxelles – Sostegno reciproco, ma non ‘senza limiti’. La seconda telefonata tra Xi Jinping e Vladimir Putin dallo scoppio della guerra in Ucraina è avvenuta in occasione del 69esimo compleanno del leader cinese (15 giugno), che ha sottolineato – secondo la nota del ministero degli Esteri cinese – che “dall’inizio dell’anno, la Cina e la Russia hanno mantenuto un solido slancio, nonostante le turbolenze e i cambiamenti globali”. Un modo per ribadire l’amicizia tra i due Paesi, affermata in occasione dei giochi olimpici di Pechino il 4 febbraio 2022. Questa volta però la Cina chiede responsabilità.
    “La Cina è disposta a continuare a sostenersi in maniera reciproca con la Russia su questioni legate agli interessi fondamentali”, “come la sovranità e la sicurezza, a stringere la cooperazione strategica tra i due Paesi, a rafforzare la comunicazione e il coordinamento nelle Nazioni Unite, nel BRICS” e in altre importanti organizzazioni internazionali e regionali. Queste le parole di Xi che ha aggiunto come la cooperazione tra i due Paesi, anche sul piano economico e commerciale, sia “progredita”. Come nel caso, sottolinea il presidente cinese, dell’apertura al traffico del ponte che collega la città di Heihe, nel nord-est della Cina, a quella russa di Blagoveshchensk, attraverso il fiume Amur. Durante l’inaugurazione, il 10 giugno 2022, il vice-premier Hu Chunhua aveva detto che la Cina era “pronta a incontrare la Russia a metà strada”, un segnale di ulteriore avvicinamento, questa volta fisico, tra i due Paesi.
    L’amicizia tra Pechino e Mosca è quindi salda: questo è il messaggio inviato dai due leader. Secondo Politico, Xi avrebbe offerto la dimostrazione di sostegno più inequivocabile dallo scoppio della guerra in Ucraina – mentre per il Wall Street Journal il leader cinese non sarebbe riuscito, ancora una volta, a schierarsi pubblicamente con Mosca. Finora la Cina ha infatti mantenuto una posizione di ambiguità nei confronti della guerra. Come durante la prima telefonata tra Xi e Putin subito dopo l’invasione di Kiev, il 25 febbraio 2022: da un lato Pechino invitava Mosca e Kiev a negoziare, dall’altro attaccava la NATO chiedendo di rispettare “le legittime preoccupazioni in materia di sicurezza di tutti i Paesi” e di superare una certa “mentalità da Guerra Fredda”. Una posizione ribadita anche durante l’incontro tra il ministro degli Esteri Wang Yi e l’omologo russo Sergey Lavrov il 30 marzo scorso.
    Questa volta, Xi ha invitato sottolineato che “tutte le parti dovrebbero spingere per una soluzione adeguata della crisi ucraina in modo responsabile” e che “la Cina continuerà a svolgere il proprio ruolo per questo obiettivo”. Pur non utilizzando mai i termini ‘guerra’ o ‘conflitto’ – ma ‘crisi’ – è l’invito alla responsabilità a diventare centrale, mentre spariscono i riferimenti alla ‘mentalità da Guerra Fredda’.
    Diversa è la nota rilasciata dal Cremlino, e che non accenna alla responsabilità: “I presidenti hanno dichiarato che le relazioni sino-russe hanno raggiunto un massimo storico”. Prosegue, Xi Jinping “ha sottolineato la legittimità delle azioni della Russia per proteggere gli interessi nazionali fondamentali per proteggere gli interessi nazionali fondamentali di fronte alle sfide alla sua sicurezza create da forze esterne”.

    Durante la seconda chiamata tra i due leader, ribadita l’amicizia tra Cina e Russia, ma non c’è “alleanza” per la guerra

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    Pechino contro la risoluzione dell’Eurocamera su Xinjiang: “Una brutta farsa diretta da forze anticinesi”

    Bruxelles – “Una brutta farsa diretta da forze anticinesi”, in altre parole “la balla del secolo”. La risposta di Pechino alla risoluzione di ieri sulle condizioni degli uiguri nella regione autonoma del Xinjiang, nel nord-est della Cina, non si è fatta attendere: l’ufficio della missione cinese nell’UE ha pubblicato una nota di condanna contro l’accusa di genocidio.
    “La causa dei diritti umani nel Xinjiang è in pieno sviluppo”, sostiene l’ufficio, sottolineando come le questioni legate alla regione riguardino “la lotta al terrorismo, all’estremismo e al separatismo, non i diritti umani o la religione”. Quando il Parlamento Europeo ha invece denunciato violazioni dei diritti umani, come la deportazione di massa, l’indottrinamento politico e la separazione delle famiglie uigure, oltre a limitazioni della libertà religiosa e a un ampio uso delle tecnologie di sorveglianza. Anche l’alta commissaria per i diritti umani delle Nazioni Unite, Michelle Bachelet, aveva detto di aver sollevato dubbi alle autorità cinesi sull’applicazione delle misure contro il terrorismo e la radicalizzazione visto il loro impatto sui diritti degli uiguri, in occasione della visita del mese scorso nel Paese.

    Our Spokesperson Speaks on a Question Concerning European Parliament’s Resolution on Xinjiang👉 https://t.co/Mgih7NHLIP pic.twitter.com/4hOPxvl3HO
    — Mission of China to the EU (@ChinaEUMission) June 9, 2022

    “La risoluzione sul Xinjiang si basa sulla bugia del secolo, prodotta in maniera deliberata da forze estremiste anticinesi”, ha dichiarato anche il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Zhao Lijian, nella conferenza stampa di oggi (10 giugno). Mentre You Wenzi, portavoce della commissione Affari esteri dell’Assemblea nazionale del Popolo, l’organo legislativo cinese, ha parlato invece di “manipolazione politica con il pretesto dei diritti umani” e di una “grave interferenza negli affari interni” del Paese. Nessun riferimento da parte dei rappresentanti ai ‘Xinjiang Police Files’, una corposa raccolta di fotografie e documenti che aggiungono nuovi dettagli sulla repressione uigura e attestano il ruolo avuto dalla leadership cinese.
    Di tutt’altro avviso è stato il World Uyghur Congress, l’organizzazione internazionale per i diritti della minoranza etnica, turcofona di religione islamica. “Invitando l’UE e i suoi Stati membri a ‘prendere tutte le misure necessarie, in conformità con la Convenzione delle Nazioni Unite sul genocidio, per porre fine a queste atrocità’, la risoluzione approvata segna un appello storico ai meccanismi di responsabilità per rendere giustizia al popolo uiguro”, ha affermato l’organizzazione. Il presidente Dolkun Isa, a Strasburgo proprio in occasione della Plenaria, ha ringraziato il Parlamento Europeo subito dopo l’adozione della risoluzione: “Oggi è un giorno storico per gli uiguri, oggi non ci sentiamo soli”.

    Today is a historical day for Uyghurs and all those who work to achieve justice and accountability. We thank @rglucks1, @EnginEroglu_FW, @DavidLega, @bueti, @MiriamMLex, @AnnaFotyga_PE, @HeidiHautala and all MEPs who supported the resolution as well as the Uyghur Friendship Group pic.twitter.com/krJK4n1tmH
    — Dolkun Isa (@Dolkun_Isa) June 9, 2022

    Si tratterebbe di una “manipolazione politica con il pretesto dei diritti umani” e di una “grave interferenza negli affari interni del Paese”. Il World Uyghur Congress saluta invece il testo finale