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    L’Unione europea mette da parte il Medio Oriente. Dai 27 nessuna richiesta di cessate il fuoco a Gaza

    Bruxelles – Nessuna richiesta di cessate il fuoco: sul conflitto tra Israele e Hamas nella striscia di Gaza l’Unione europea è un disco rotto, incapace di intonare una musica nonostante le oltre 18 mila vittime civili tra la popolazione palestinese e un appello forte e chiaro per il cessate il fuoco lanciato dalle Nazioni Unite il 12 dicembre.Il paragrafo dedicato al Medio Oriente delle conclusioni del vertice dei leader Ue è emblematico: “Il Consiglio Europeo ha tenuto un profondo dibattito strategico”, niente di più. La sintesi perfetta la fornisce la premier Giorgia Meloni, a margine dei lavori: “Si è preferito ribadire le conclusioni dell’ultimo Consiglio europeo perché se avessimo in qualche maniera rinnovato quelle conclusioni probabilmente alcune divergenze avrebbero reso il lavoro difficile“.La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni [Bruxelles, 15 dicembre 2023 Foto: European Council]Condanna totale all’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre, liberazione immediata di tutti gli ostaggi, diritto di Israele a difendersi in linea con la legge internazionale umanitaria e accesso continuo di aiuti nella Striscia garantito dall’istituzione di pause umanitarie. Questo era stato partorito gli scorsi 25-26 ottobre. A distanza di quasi due mesi, le Forze di Difesa Israeliane non hanno in alcun modo cambiato la loro strategia militare, di pause umanitarie se n’è vista solamente una e l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi (Unrwa) ha denunciato senza sosta l’accesso insufficiente di aiuti umanitari nella Striscia.Dopo la risoluzione approvata dall’Assemblea generale dell’Onu, con il voto positivo di 17 Paesi dell’Ue e l’opposizione delle sole Austria e Repubblica Ceca, era filtrato un po’ di ottimismo sulla possibilità che la posizione comune dei 27 potesse evolvere. “È un fatto che molte più persone propendono per la richiesta del cessate il fuoco”, aveva sottolineato ieri l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, pur constatando che sulla questione “non c’è una posizione comune”. Parole forti sono arrivate dal presidente di Cipro, Nikos Christodoulidīs, che in mattinata aveva definito “un fallimento per l’Unione europea” l’eventualità di non arrivare a conclusioni forti e unitarie sul conflitto.L’esito della votazione all’Assemblea Onu il 12 dicembreCi hanno provato anche Spagna, Irlanda e Belgio, a convincere i dieci Paesi ancora reticenti (all’Onu, oltre al no di Austria e Repubblica Ceca, si sono astenute Bulgaria, Germania, Ungheria, Italia, Lituania, Olanda, Romania e Slovacchia). Ma hanno dovuto alzare bandiera bianca. “È vero che tra i membri del Consiglio europeo ci sono diverse sensibilità sulla pausa umanitaria o il cessate il fuoco, ma questo tema non deve nascondere l’essenziale, che è la determinazione comune e condivisa di essere mobilitati sul piano umanitario” e “sul processo politico per arrivare alla soluzione dei due Stati”, ha provato a salvare il salvabile il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel.“L’obiettivo di oggi non era di discutere su conclusioni scritte”, ha chiarito inoltre il leader europeo. Ma il paragrafo sul Medio Oriente è presente nel testo definitivo dei messaggi politici del vertice, ed era previsto anche nelle sue versioni dei giorni precedenti. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha preferito focalizzarsi sulla “priorità immediata di fornire il massimo possibile di aiuto umanitario” a Gaza, annunciando che a oggi la Commissione europea è riuscita a coordinare 28 ponti aerei per un totale di 1.200 tonnellate di aiuti per gli oltre 1,9 milioni di sfollati interni. E che ulteriori 5 voli sono stati pianificati.Von der Leyen ha poi dichiarato che “entrambe le parti devono fare il massimo per proteggere le vite dei civili”. Se è vero che – come confermato dai bollettini giornalieri dell’Unrwa, proseguono i lanci di razzi indiscriminati da parte di gruppi armati palestinesi verso Israele, è sempre più pesante la sproporzione del triste bilancio delle vittime: Israele piange 1400 cittadini (quasi tutti risalenti al 7 ottobre), mentre tra la popolazione della striscia di Gaza, secondo i dati forniti dal ministero della Salute e rilanciati dall’Unrwa, a ieri sono stati uccisi almeno 18.787 palestinesi. Di cui circa il 70 per cento sarebbero donne e minori. Con 50.589 feriti e solo 11 ospedali su 36 ancora parzialmente funzionanti.Pochissimo anche sulla possibilità, su cui è al lavoro la Commissione europea, di introdurre un regime di sanzioni per i coloni israeliani che si macchiano di violenze contro la popolazione civile nella West Bank. Secondo l’ufficio delle Nazioni Unite Ocha-Opt, dal 7 ottobre ci sono stati almeno 343 attacchi di coloni in Cisgiordania, con 10 vittime e 263 casi di danneggiamenti a proprietà palestinesi. “Condanniamo le recrudescenze degli attacchi dei coloni in Cisgiordania”, ha accennato Michel.

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    Sul cessate il fuoco a Gaza Borrell sta con il segretario generale dell’Onu. Silenzio dai leader Ue

    Bruxelles – A due mesi dall’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre e dall’inizio della furiosa risposta israeliana, il segretario generale dell’Onu gioca un’altra carta dal suo mazzo e rilancia l’appello per un cessate il fuoco umanitario. Un appello condiviso immediatamente dall’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell.António Guterres si è aggrappato alla Carta delle Nazioni Unite e all’articolo 99, che prevede che il Segretario generale possa richiamare l’attenzione del Consiglio di Sicurezza su qualunque questione che a suo avviso costituisca una minaccia per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. In una lettera al presidente di turno dell’organo di governo dell’Onu, l’ecuadoregno José Javier de la Gasca Lopez Dominguez, Guterres ha condannato ancora il “ripugnante atto di terrore di Hamas”, prima di elencare i numeri che descrivono il dramma della Striscia di Gaza. Più di 15 mila morti, di cui il 40 per cento minori. Oltre metà della case distrutte. L’80 per cento dei 2.2 milioni di palestinesi di Gaza sfollati. E solo 14 ospedali su 36 ancora parzialmente funzionanti. “Non c’è nessun posto sicuro a Gaza”, ha commentato Guterres.Una foto di Gaza dal confine con Israele, 6/12/23 (Photo by JACK GUEZ / AFP)Una situazione che “sta rapidamente deteriorando in una catastrofe” e che secondo il diplomatico portoghese è ormai sull’orlo del “collasso umanitario“. Quanto basta per poter invocare – per la prima volta da quando è alla guida delle Nazioni Unite – l’articolo 99. “Mi aspetto che presto l’ordine pubblico crolli definitivamente a causa della condizioni disperate. Potrebbe presentarsi una situazione ancora peggiore, con malattie epidemiche e un aumento di pressione nei paesi vicini per uno sfollamento di massa”, ha spiegato Guterres lanciando il disperato appello ai membri del Consiglio di Sicurezza perché chiedano alle parti in conflitto un cessate il fuoco umanitario.Perché la richiesta di Guterres sarà oggetto di una risoluzione e di un voto dei 15 membri – permanenti e non – del Consiglio di Sicurezza. “Chiedo ai Paesi membri dell’Ue e ai like-minded partners (partner con la stessa visione, ndr) di sostenere l’appello”, ha rilanciato immediatamente l’Alto rappresentante Ue. Oltre ai membri permanenti -Stati Uniti, Cina, Francia, Russia e Regno Unito-, siedono attualmente al Consiglio di Sicurezza Onu Albania, Brasile, Ecuador, Gabon, Ghana, Giappone, Malta, Mozambico, Svizzera e Emirati Arabi Uniti. A loro la responsabilità di modificare l’appello per “pause umanitarie urgenti ed estese” contenuto nella risoluzione del 15 novembre in una formula più decisa. Quella del “cessate il fuoco”.I ministri degli Esteri dei 27 “preoccupati” per le violenze dei coloni in CisgiordaniaPiù o meno lo stesso dibattito lo avranno i ministri degli Esteri dell’Ue e Josep Borrell il prossimo 11 dicembre, quando si riuniranno a Bruxelles per il Consiglio Affari Esteri. Come ribadito dal portavoce del Servizio europeo di Azione Esterna, Peter Stano, sarà lì che i 27 decideranno se sia venuto il momento di chiedere anche dall’Ue la fine delle ostilità, visto l’immane numero di vittime civili del conflitto. In agenda ci sarà anche un altro punto importante: la possibilità di introdurre un regime di sanzioni per i coloni israeliani implicati in atti di violenza nella West Bank. Come già annunciato dagli Stati Uniti e dal primo ministro del Belgio, Alexander De Croo.La corda potrebbe essersi spezzata con la demolizione da parte di gruppi di coloni della scuola del villaggio di Zamuta, che era stata costruita grazie a fondi comunitari. Una distruzione “intollerabile”, ha commentato il commissario Ue per la Gestione delle Crisi, Janez Lenarcic. “La violenza dei coloni contro le comunità palestinesi deve fermarsi”, è il commento di Borrell. Dopo centinaia di demolizioni di strutture finanziate dall’Ue in Cisgiordania, quella di Zamuta è forse il punto di non ritorno.

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    Draghi al telefono con Putin chiede il cessate il fuoco per sostenere i negoziati

    Roma – Mario Draghi e Vladimir Putin, un’ora al telefono,  “un colloquio per fare il punto “sull’andamento del negoziato tra la Russia e Ucraina” e gli ultimi sviluppi dopo il tavolo di trattative di Istanbul. In una nota diffusa da Palazzo Chigi spiegano che il presidente del Consiglio “ha sottolineato l’importanza di stabilire quanto prima un cessate il fuoco, per proteggere la popolazione civile e sostenere lo sforzo negoziale”.
    Dopo il gelo dei giorni scorsi e le accuse all’Italia, è stato riaperto il contatto tra Roma e Mosca con Draghi che “ha ribadito la disponibilità del governo italiano a contribuire al processo di pace, in presenza di chiari segni di de-escalation da parte della Russia”.
    Durante il colloquio è stato affrontato anche il tema del pagamento delle forniture di gas in rubli, richiesto da Putin. Il presidente russo, secondo come riferito anche dall’agenzia Tass, ha spiegato le ragioni di tale richiesta e “sono stati forniti chiarimenti” sulla decisione di passare alle transazioni con la valuta russa per le forniture di gas naturale a diversi paesi, tra cui l’Italia.
    I due leader, secondo la nota del governo, “hanno concordato sull’opportunità di mantenersi in contatto”.

    Nessuna concessione da Mosca. Al centro della telefonata l’andamento dei negoziati il giorno dopo l’incontro delle due delegazioni in Turchia. Il presidente russo insiste sul pagamento delle forniture di gas in rubli