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    Grandi navi, ok al decreto legge. Chigi: 'Importante per la tutela della laguna di Venezia'

    E’ terminato il Consiglio dei ministri: è stato approvato il decreto legge sulle grandi navi a Venezia.
    “Il decreto adottato oggi costituisce un importante passaggio per la tutela del sistema lagunare veneziano. Queste norme intervengono nell’immediato con le cautele e i ristori necessari per mitigare l’impatto occupazionale sul settore e si affiancano al concorso di idee, il cui bando è già stato pubblicato – si legge in una nota della presidenza del Consiglio -, per la futura realizzazione e gestione di punti attracco fuori dalle aree protette della laguna con l’obiettivo di rendere compatibile l’attività croceristica con la salvaguardia paesaggistica e ambientale”. 
    L’approvazione del decreto sulle grandi navi fa di questa “davvero una giornata importante: non è esagerato definirla storica perché dopo anni di attesa dal primo agosto non passeranno più grandi navi davanti San Marco e il canale della Giudecca”, ha detto Dario Franceschini, ministro della Cultura, al termine del Consiglio dei ministri lasciando Palazzo Chigi.
    Il decreto legge che blocca il passaggio delle Grandi navi, dal primo agosto, nel canale della Giudecca, prevede “risarcimenti per chi subisce un danno da questa iniziativa e fondi per approdi provvisori a Marghera”, mentre si lavorerà alla creazione di approdi offshore, ha dettoil ministro della Cultura.
    Il decreto “supera le stesse prescrizioni dell’Unesco, limitando il traffico alle navi di stazza inferiore alle venticinquemila tonnellate, e stabilisce un principio inderogabile, dichiarando monumento nazionale le vie urbane d’acqua Bacino di San Marco, Canale di San Marco e Canale della Giudecca di Venezia”, precisa Franceschini.
    Nel decreto per le Grandi Navi a Venezia sono stati decisi investimenti per 157 milioni per realizzare gli approdi temporanei all’interno dell’area di Marghera, annuncia in una nota il ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, Enrico Giovannini. “Un passo indispensabile – commenta – per tutelare l’integrità ambientale, paesaggistica, artistica e culturale di Venezia, dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità”.

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    Domani alla Camera la fiducia al dl sostegni bis

    Il governo ha posto la questione di fiducia sul decreto legge Sostegni bis all’esame dell’Aula della Camera. Il testo è in prima lettura a Montecitorio ma deve essere approvato in via definitiva dal Parlamento entro il 24 luglio. 
    Le dichiarazioni di voto sulla fiducia inizieranno domattina dalle 9.40 e la chiama inizierà per le 11.20: il voto dunque sarà intorno all’ora di pranzo. E’ quanto stabilito dalla conferenza dei capigruppo di Montecitorio che però non ha ancora trovato l’intesa sul timing per chiudere l’esame del provvedimento. Il testo deve poi passare all’esame del Senato.
    Intanto è stata trovata l’intesa in commissione Bilancio alla Camera sull’esonero per i contributi delle partite Iva. Dopo un lungo tira e molla, che ha portato a continui rinvii dell’avvio dei lavori dell’Aula di Montecitorio, maggioranza e governo hanno messo a punto una riformulazione dell’emendamento su cui si erano appuntati i dubbi della Rgs. Il nuovo testo, votato in commissione poco fa porta al 1 Novembre 2021 la verifica del Durc 2020 ai fini dell’esonero contributivo. “La regolarità contributiva è verificata d’ufficio dagli enti concedenti dal 1 novembre 2021 ed è assicurata – si legge nel testo dell’emendamento approvato – anche dai versamenti effettuati entro il 31 ottobre 2021 introducendo una clausola di salvaguardia per gli eventuali importi fruiti a titolo di esonero e non spettanti”.

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    Regionali:raccolta firme lista irregolari, arrestato sindaco

    (ANSA) – CASTROVILLARI, 13 LUG – Il sindaco di Trebisacce
    Francesco Mundo è stato posto agli arresti domiciliari dai
    finanzieri della Compagnia di Sibari in esecuzione di
    un’ordinanza del gip nell’ambito di un’inchiesta coordinata
    dalla Procura di Castrovillari nella quale sono indagate 18
    persone. Mundo è accusato di irregolarità nella raccolta delle
    firme per la presentazione della lista ‘Io resto in Calabria’,
    nella quale era candidato al Consiglio regionale in occasione
    delle elezioni del 2020. Nell’operazione, denominata “Mayor” due
    dipendenti del comune sono stati sospesi dall’esercizio del
    pubblico ufficio per tre e sei mesi. Gli indagati – raggiunti da
    avviso di garanzia – sono accusati, a vario titolo, di peculato,
    concussione, truffa, falsità ideologica commessa dal privato in
    atto pubblico e formazione e/o uso di schede e atti falsi.   
    Dall’inchiesta, coordinata dal pm Luca Primicerio, sarebbero
    emerse irregolarità nella raccolta delle sottoscrizioni per il
    quorum per la presentazione della lista “Io resto in Calabria”
    nella Circoscrizione Nord a sostegno di Pippo Callipo
    Presidente. Mundo si sarebbe adoperato per reperire un maggior
    numero possibile di firme, raccogliendo, senza la presenza del
    pubblico ufficiale autenticante, oltre 200 sottoscrizioni di
    elettori (alcuni inconsapevoli) e impiegando solo in un secondo
    momento un dipendente dell’Ufficio elettorale per una fittizia
    autenticazione. Ciò avrebbe consentito di raggiungere il quorum
    necessario. Dopo le elezioni nelle quale è risultato primo non
    eletto, secondo l’accusa, ha individuato soggetti compiacenti –
    tutti indagati – per sottoscrivere dichiarazioni nelle quali
    avrebbero attestato falsamente di avere riscontrato irregolarità
    in alcune sezioni di Paola ed Amantea. Dichiarazioni poi
    allegate al ricorso – dichiarato inammissibile – che il Sindaco
    ha presentato al Tar per ottenere il riconteggio dei voti.   
    Mundo, inoltre, per favorire un privato che occupava
    abusivamente una porzione demaniale del torrente Pagliara
    avrebbe costretto il direttore dei lavori di regimazione del
    torrente, a deviare il tracciato. Al riguardo sono in corso di
    esecuzione 26 provvedimenti di sequestro da parte dei
    carabinieri Forestale del Nipaaf. (ANSA).   

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    Entra nel vivo al Senato la battaglia sul Ddl Zan

    di Michela Suglia
    A otto mesi dal voto alla Camera, il disegno di legge Zan entra oggi nell’arena del Senato. Per Ivan Scalfarotto, sottosegretario all’Interno di Italia viva “sarà il Vietnam”, vista la guerra che si attende fra ostruzionismo, voti segreti e selve di emendamenti dei contrari.
    I meno pessimisti invece evocano “il circo”, più innocuo ma plateale. Del resto non si esclude che la discussione, al via dalle 16.30 in Aula, possa non cominciare nemmeno. E’ questa l’ultima carta che giocherà il fronte del ‘no’ – con Lega e Forza Italia in testa – chiedendo più tempo per una mediazione (finora non riuscita), per limare il testo e blindarlo. Fuori dal Palazzo però associazioni e collettivi legate al mondo lgbt annunciano che faranno sentire la loro voce, in contemporanea all’Aula, per chiedere la “legge Zan senza compromessi”.
    Domani in ballo c’è il rinvio della discussione e ritorno alla casella precedente, alias la commissione Giustizia dove il provvedimento è da mesi, ‘ostaggio’ di centinaia di audizioni richieste e ammesse. Contro l’ipotesi del rinvio si scagliano in coro Pd, Leu e Movimento 5 stelle. “Assolutamente no”, risponde secca la senatrice 5S, Alessandra Maiorino che aggiunge: “Sarebbe ridicolo dopo tutta la fatica fatta per portare in aula il disegno di legge”.
    In effetti solo una settimana fa la proposta di calendarizzazione in aula, indipendentemente dai lavori fatti finora dalla commissione, è stata messa ai voti ed è passata a maggioranza. Sull’eventualità di uno slittamento, forte dei suoi 17 voti, Iv glissa e scommette tutto sull’intesa “ancora possibile”. Lo dice chiaramente Matteo Renzi, evidenziando gli aspetti da ‘correggere’: “Con un accordo su gender e scuole, la legge Zan viene approvata”, sentenzia l’ex premier a Napoli. E passa ai numeri: “Al Senato se ci sono 145 a favore e 134 contrari, la differenza è uguale a 11. Vuol dire che se si va a scrutinio segreto, ne bastano 6 per mandare sotto il provvedimento e 6 ci sono come minimo nel Pd”, sfidando i Dem sulle riserve più o meno esplicite espresse dalla corrente di Base riformista, i cosiddetti ex renziani, ma anche di altri 4-5 senatori del partito di Letta. In asse con la posizione di Iv è di fatto la Lega, che si mostra fiduciosa sulle modifiche ma pronta a combattere con “tutti gli strumenti possibili”. Non a caso domani il senatore Matteo Salvini interrompe il suo tour al sud – pur non rinunciando ad un minimo di tappe tra Basilicata e Campania – per essere a Palazzo Madama: “C’è questo ddl da bloccare o quanto meno da cambiare in Parlamento”, annuncia in una conferenza stampa a Lamezia Terme.   

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    Giustizia, Renzi: 'Sto riflettendo se firmare il referendum'

    Mossa del leader di Italia Viva Matteo Renzi sul fronte giustizia. “Dal 1992 – ha detto a SkyTg24 – l’Italia è oggetto di uno scontro tra Politica e Magistratura. La mia idea è che questa Guerra dei Trent’anni deve finire; i politici fanno le leggi senza invasione di campo dei magistrati, e i magistrati fanno i processi senza invasione di campo dei politici. I referendum aiutano? Forse sì, ci sto riflettendo e nei prossimi giorni deciderò”. “Ci sono due cantieri aperti – ha aggiunto – quello del ministro Cartabia e quello dei referendum che sono stati pensati non dalla Lega ma dai radicali, storici promulgatori di battaglie”. 
     “Siamo a un passo – ha detto riguardo al ddl Zan – dal traguardo. Migliaia di ragazzi omosessuali o transessuali che potrebbero avere finalmente una tutela. Al Senato i numeri sono ballerini. Se vuoi fare l’influencer dici ‘noi andiamo dritti e se la legge non passa pace’. Se non passa quei ragazzi rimangono senza tutele. Ma se allarghi la base parlamentare la legge passa. La Lega chiede di cambiare due punti, se puoi approvarla insieme è meglio”. “Il modello è la nazionale – ha proseguito – i giocatori delle varie squadre in campionato se le danno di santa ragione, ma quando stanno in nazionale corrono tutti dalla stessa parte. In politica i partiti se le danno di santa ragione ma quando si parla di riforme, di diritti di tutti, le si votano insieme, poi si torna ad accapigliarsi”.   

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    Alta tensione e spinte scissioniste, M5S di nuovo a bivio

    Il bivio, l’ennesimo, all’orizzonte. Con l’opzione scissione tornata improvvisamente d’attualità. Il Movimento 5 Stelle si avvia ad un nuovo, duro, redde rationem in un’assemblea congiunta dei gruppi di Camera e Senato convocata, in via straordinaria, domenica pomeriggio. Un’assemblea dove saranno presenti tutti e 4 i ministri del Movimento: sono loro i principali imputati di un’intesa sulla giustizia che, tra i Cinque Stelle, continua a non piacere. E il convitato di pietra sarà Giuseppe Conte. E’ lui, in queste ore, a muovere le fila dei tanti che si sono scagliati contro l’intesa sul testo Cartabia. Un testo che, comunque vada la riunione, difficilmente sarà votato da tutti i parlamentari del Movimento. Dopo un’ondata di attacchi sui social, la trincea dei “contras” al testo Cartabia è tornata al silenzio. Le ore che precedono la riunione sono, soprattutto, ore di contatti discreti tra i “big” per cercare di tenere le fila di un gruppo parlamentare ormai lacerato. La nuova crisi interna sul fronte giustizia riporta in auge chi punta, al più presto, alla leadership di Conte. E galvanizza chi, nel Movimento, pensa che una diarchia tra l’ex premier e Beppe Grillo non sia possibile.
    La telefonata tra il Garante a Mario Draghi non è mai stata confermata a Palazzo Chigi ma, dopo la rivelazione de ilfattoquotidiano.it, diverse fonti del Movimento dicono che c’è stata. Con una duplice conseguenza: da un lato l’impronta di Grillo riporta il Garante nel mirino di chi vuole liberarsi dalla sua presenza; dall’altro blinda un’intesa che, se avesse avuto solo il marchio dei 4 ministri del M5S, sarebbe stata ancora più fragile. All’assemblea toccherà a Luigi Di Maio, Stefano Patuanelli, Fabiana Dadone e Federico D’Incà provare a sfoderare una convincente tesi difensiva, di fronte ad una truppa di parlamentari che da tempo contesta ai membri del governo di essere spesso all’oscuro dei provvedimenti.

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    Riforma della prescrizione, il presidente dell' Anm 'perplesso'

    “Ci sono aspetti dei disegni di riforma che suscitano perplessità”: il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Giuseppe Santalucia, intervenuto oggi al Congresso di Magistratura Democratica, a Firenze, esprime i propri dubbi sulla riforma della giustizia della ministra Marta Cartabia, contenuta negli emendamenti al ddl penale approvati giovedì in Consiglio dei ministri. Il numero uno dell’Anm si riferisce in particolare agli effetti della prescrizione processuale e all’impatto sulla società civile: “occorrerà discutere”, afferma risoluto, precisando però che l’Associazione nel suo complesso non ne ha ancora discusso.
    La riforma prevede, tra l’altro, che nel processo di appello si introduca il termine massimo di due anni (tre in caso di reati gravi), oltre il quale si dichiarerebbe l’improcedibilità (e non la prescrizione). A questo riguardo, Santalucia cita con preoccupazione le condizioni organizzative degli uffici giudiziari, delle Corti di appello.
    “Molte Corti territoriali – evidenzia – versano in sofferenza organizzativa, bisogna chiedersi se saranno capaci di rispettare la stringente tempistica processuale”. E non solo: ci sono risvolti che impattano sulla società. Per il presidente di Anm, infatti, “bisogna interrogarsi sulla comprensibilità sociale di una eventuale risposta di improcedibilità con vittime che avvertano ancora forte la ferita recata dal reato. Reato che la prescrizione non ha estinto, che magari è stato commesso non molto tempo prima, il cui ricordo sociale ben può essere ancora vivido e che potrebbe ancora essere ricondotto nell’area dell’obbligatorietà dell’azione penale”.
    Dal canto suo, il vicepresidente del Csm David Ermini, intervenendo sempre al congresso nazionale di Magistratura democratica, sostiene di confidare sul fatto che le forze politiche “responsabilmente convergano su soluzioni condivise e nel solo interesse generale di un sistema giudiziario efficace e giusto” e fa notare che “la sede naturale per riforme condivise” è “il Parlamento anziché un percorso referendario che, in ragione della sua natura necessariamente abrogativa, potrebbe condurre esclusivamente a esiti parziali e, come tali, asistematici”.
    Sulla riforma, il Guardasigilli Cartabia spiega oggi in una lunga intervista al Corsera, che questa “conserva l’impianto della prescrizione in primo grado della legge Bonafede” ma tuttavia “non si poteva evitare di correggere gli effetti problematici” di quel testo. 

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    Minacce dell'Isis, da Draghi a Letta solidarietà a Di Maio

    Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, esprime pieno sostegno e profonda solidarietà al Ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. “La conferenza anti Daesh da lui presieduta è stata un successo. Il Governo resta impegnato nel contrasto al terrorismo”, sottolinea Draghi.
    “Il Partito Democratico esprime solidarietà al ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, oggetto di intimidazioni e minacce intollerabili da parte dell’Isis. A lui va la mia personale vicinanza e quella dell’intera comunità democratica unita nella lotta al terrorismo e alla violenza jihadista”. Lo dichiara il segretario del Partito Democratico, Enrico Letta. “L’impegno centrale del nostro Paese nella lotta al terrorismo dell’Isis è un punto saldo e indiscutibile. Solidarietà al ministro Luigi Di Maio per le minacce subite”. Lo scrive su Twitter il presidente della Camera Roberto Fico.
    Solidarietà a Luigi Di Maio è stata espressa anche dal leader della Lega Matteo Salvini, dalla presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni e dal ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta.
    Secondo le notizie riportate da Repubblica sui canali digitali di propaganda jihadista è “apparso un lungo testo di al-Naba, la rivista ufficiale dell’Isis” in cui viene preso in rassegna il discorso pronunciato da Di Maio al vertice anti-Daesh di Roma, organizzato da Italia e Stati Uniti. Nel testo si ripete che “lo Stato islamico prenderà Roma”, secondo il quotidiano, che aggiunge come per i nostri servizi non ci sarebbero però “segnali preoccupanti per la sicurezza”.
    “Non saranno le minacce a fermare l’azione dell’Italia nella lotta al terrorismo. E lo stiamo dimostrando con i fatti”. Lo scrive su Facebook il ministro degli Esteri Lugi Di Maio, commentando le notizie sulle minacce dell’Isis contro la città di Roma e nei suoi confronti. “Il nostro – ha aggiunto – è un grande Paese, forte e coeso, e la vicinanza che mi avete dimostrato oggi ne è l’ennesima testimonianza. Andiamo avanti uniti”.
     “Stiamo lavorando con grande determinazione per tutelare la sicurezza dei nostri cittadini, fermare i flussi migratori irregolari e bloccare i trafficanti di esseri umani”.