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    Zelensky alla caccia degli asset russi congelati. “Porteranno benefici agli europei e agli ucraini”

    Bruxelles – Non avrà ancora ottenuto tutto ciò che desiderava dai leader riuniti al Consiglio europeo, ma il presidente ucraino Volodymyr Zelensky spera di essere sulla buona strada per assicurarsi i fondi russi congelati in Europa.Nella conferenza stampa dopo l’incontro con i capi di Stato, Zelensky sorride e auspica che “arrivi presto una decisione politica per sbloccare gli asset russi congelati”. La sua ambizione è dopo il “buon dialogo di oggi”, ottenere il una promessa sui 175 miliardi russi fermi in Euroclear, il depositario centrale internazionale che ha la sede a Bruxelles. L’accordo, per Zelensky, “potrebbe portare benefici a noi ma anche agli europei”, visto che prevederà un grande investimento nell’industria bellica continentale. Secondo Kyiv, il denaro sarà speso in tre tranche: una per finanziare lo sforzo ucraino, un’altra per la collaborazione con l’Unione europea e la terza per le armi statunitensi.Il nodo per gli asset russiLa promessa comunitaria desiderata da Zelensky arriverà probabilmente nelle prossime ore. Prima, però, la diplomazia europea dovrà assicurare al Belgio – principale detentore di questi fondi – di non subire eventuali conseguenze legali per tale utilizzo. A sentire la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, la questione non sarebbe affatto semplice. “La Russia non pagherà alcuna riparazione all’Ucraina” dichiara la portavoce, per poi infierire sugli Stati membri: “La piena responsabilità delle confische e manipolazioni delle nostre riserve ricadrà sugli europei”.Il presidente del Consiglio Europeo Antonio Costa e Volodymir Zelensky (Right European Council)Il futuro di KyivL’argomento, insomma, è tutt’altro che chiuso, vista la posta in palio molto alta. A giocarsi gran parte del proprio futuro è l’Ucraina, a causa della sua complessa situazione finanziaria. Il Paese dell’Est presenta un deficit di bilancio per il 2026 pari al 18,4 per cento del PIL, circa 34 miliardi di euro. In sostanza, senza quei soldi derivati da aiuti esterni, il Tesoro non riuscirebbe a pagare stipendi, pensioni e spese militari. Gli asset russi sarebbero quindi essenziali per prolungare lo sforzo bellico di Kyiv.Anche se non ancora in suo possesso, il presidente ha già le idee chiare su come utilizzare l’eventuale ammontare: “Per prima cosa potrebbero servire allo sforzo militare del nostro Paese”. I miliardi russi, annuncia l’ucraino, “aiuterebbero l’avanzamento della nostra industria bellica, che si sta sviluppando ed è economica ed efficiente”. La seconda tranche sarebbe invece destinata “agli amici europei, che potrebbero fornirci intelligence, infrastrutture e artiglieria, aprendosi a una maggiore cooperazione con l’industria della difesa di Kyiv”. L’ultimo versamento andrebbe a Washington perché, per stessa ammissione di Zelensky, “che ci piaccia o no, la difesa aerea è materia statunitense. Le loro armi sono l’unico mezzo per abbattere i missili russi e colpire in profondità Mosca”.Hotel colpito dall’attacco missilistico russo a Kiev. Una delle immagini di un anno di guerra in Ucraina [foto: imagoeconomica]Non si parla di paceLa situazione sul campo rende impossibile parlare di pace. Il tema rimane solo sullo sfondo. “Non siamo pronti a uno scambio territoriale. Che scambio sarebbe, quando diamo un nostro territorio per un altro già nostro?” continua Zelensky. Senza dimenticare di ricordare come, nelle ultime ore, la Russia abbia colpito con un drone una scuola materna.  Tutt’altro che mosse per un dialogo. Non c’è allora da illudersi sulla tesi circolata, due giorni fa, di un piano in dodici punti a cui le nazioni europee stanno lavorando con Kyiv. Il presidente ucraino lo ha definito “un modo per essere pronti”, liquidandolo, in sostanza, come puro dialogo.

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    Zelensky: “Non è l’interesse della Cina che la Russia perda la guerra”. Come Pechino ridisegna gli equilibri

    Bruxelles – “La Cina ha promesso di non vendere armi, ma so una cosa: la Cina aiuta la Russia, non aiuta l’Ucraina. E non ha interesse a che la Russia perda questa guerra“. Il presidente ucraino, Volodymir Zelensky, è certamente contento e soddisfatto dell’aiuto ricevuto fin qui dai partner europei, ma sceglie il vertice dei capi di Stato e di governo dell’UE per riportare l’attenzione sul vero vincitore di questo conflitto russo-ucraino ormai al terzo anno di combattimenti e l’effetto collaterale dell’indebolimento economico russo derivante dalle sanzioni: un rafforzamento cinese di fronte al quale gli europei potranno sempre meno.Che la Repubblica popolare aiuti la Federazione russa è cosa nota e risaputa anche a Bruxelles, con la Commissione che ha manifestato malumori per il sostegno garantito da Pechino a Mosca. Zelensky, nella conferenza stampa tenuta dopo il confronto con i leader, tocca però il vero nodo geopolitico della questione, quello di un nuovo ordine mondiale dove la Cina acquista potere e fa della Russia il suo socio di minoranza.[foto: Wikimedia Commons]Perché il prolungamento del conflitto giova alla CinaFinché la guerra va avanti la Cina è costretta concentrare sforzi e attenzioni sulla Russia, per distoglierle dall’Asia centrale. Questo offre alla Cina la possibilità di penetrare e accrescere presenza e influenza, innanzitutto economica e commerciale. L’iniziativa nota come ‘via della seta’ mira proprio a portare Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan al centro dell’orbita cinese. In sostanza, più si combatte e meglio è. Inoltre, con Stati europei e Stati Uniti concentrati sulla Russia e preoccupati di come contrastarla, distoglie attenzioni sulle manovre di Pechino, che trae giovamento da questa ‘guerra diversiva’.Perché la Cina non vuole la sconfitta di MoscaPer Pechino l’attuale leadership russa rappresenta una garanzia in chiave anti-USA. Del resto il presidente cinese Xi Jinping non ha fatto mistero di voler continuare a collaborare a stretto contatto con il presidente russo, Vladimir Putin, per dare un impulso tutto nuovo all’ONU (dove sia Cina sia Russia hanno diritto di veto in seno al Consiglio di sicurezza), difendere con fermezza i diritti e gli interessi delle due nazioni, nonché quelli dei paesi in via di sviluppo, di fronte all’unilateralismo e alle prepotenze. Inoltre, per la Cina la sponda con la Russia diventa un elemento centrale nella contrapposizione economica agli Stati Uniti, che la politica dei dazi voluta dall’attuale amministrazione Trump non ha fatto che rilanciare.Certamente una Russia forte non è nell’interesse della Cina, desiderosa di accrescere peso regionale e continentale. Una sconfitta militare della Russia offre però scenari difficili da gestire e governare. Una nuova leadership non necessariamente garantirebbe canali privilegiati con Pechino, inoltre un’economia completamente in ginocchio diventerebbe difficile da puntellare . Meglio una Russia indebolita ma stabile che una Russia sconfitta. In un simile scenario Mosca sarebbe costretta a fare più affidamento su Pechino, in grado di rendere così la Federazione russa ‘partner minore’ di questa coalizione vista come strategica per resistere alle potenze occidentali, prima fra tutte quella statunitense.Borrell: “Esercitazione militare Sudafrica-Cina-Russia grave preoccupazione”Zelensky ha dunque ragione quando sottolinea che “i cinesi non hanno interesse nell’indebolire i russi” al punto da metterli nelle condizioni di perdere la guerra, “per questo li aiuta”. E’ un’accusa, la sua, ma pure un pro-memoria per gli europei, che nell’immediato futuro rischiano di dover fare i conti con una nuova Russia a trazione cinese. Il vero paradosso dei 19 pacchetti di sanzioni rischia di essere questo, quello di spingere la Russia nell’orbita cinese, a vantaggio cinese. L’Ucraina può poco perché “non abbiamo un dialogo permanente con i cinesi”, riconosce il presidente ucraino. Ma neppure l’UE fa molto, critica: “L’Europa dovrebbe essere più forte” nei confronti della Cina.Era previsto che i leader UE discutessero della ‘questione Cina’ in questo vertice, nel dibattito su competitività e pratiche commerciali scelte dal governo cinese. Zelensky non fa che porre ancor più al centro il Paese asiatico.

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    A Bruxelles il primo vertice UE-Egitto, pronto un prestito da 4 miliardi per il Cairo

    Bruxelles – L’Unione europea ha individuato nell’Egitto di Abdel Fattah al-Sisi il partner più fidato nella regione del Mediterraneo. “Il nostro partenariato è più forte che mai”, ha affermato Ursula von der Leyen, che insieme al presidente del Consiglio europeo Antonio Costa ha ospitato ieri a Bruxelles il leader egiziano. Al-sisi torna al Cairo con un prestito agevolato di 4 miliardi di euro, sovvenzioni per 75 milioni di euro e l’associazione dell’Egitto al programma UE di ricerca Horizon.I tre accordi sono stati siglati in occasione del primo vertice UE-Egitto. Sono i risultati del partenariato strategico firmato nel marzo 2024, un accordo di cooperazione monstre da 7,4 miliardi di euro, il più sostanzioso mai siglato da Bruxelles. Il prestito di 4 miliardi annunciato ieri è in realtà la seconda tranche dei 5 miliardi previsti di assistenza macrofinanziaria. Un sostegno al bilancio che – come denunciato da una parte del Parlamento europeo qualche mese fa – non prevederebbe alcuna condizionalità su eventuali progressi da compiere in materia di diritti umani e standard democratici. La prima tranche da 1 miliardo era stata approvata ed erogata con urgenza già nel dicembre dello scorso anno.Al-Sisi, Costa e von der Leyen assistono alla firma degli accordi in occasione del summit UE-Egitto, 22/10/25I due partner hanno definito in un protocollo d’intesa le riforme necessarie per la stabilità economica del Paese nordafricano, che si articolano su tre pilastri: promuovere la stabilità e la resilienza macroeconomica, migliorare il contesto imprenditoriale e rafforzare la competitività dell’Egitto, sostenendo al contempo la transizione verde del paese.Inoltre, l’UE garantirà al Cairo 75 milioni di euro in sovvenzioni per sostenere “iniziative chiave volte ad affrontare le sfide socioeconomiche e a promuovere la crescita inclusiva a livello locale”. Iniziative che riguardano l’accesso ai servizi di base di qualità – sanità, istruzione, acqua, servizi igienico-sanitari – e il rafforzamento delle reti di sicurezza sociale, in particolare per le donne e i giovani.Il terzo accordo formalizza l’associazione dell’Egitto a Horizon, il programma di ricerca dell’Ue. Bruxelles ha parallelamente annunciato altre operazioni di sostegno finanziario: 110,5 milioni di euro per promuovere lo sviluppo sostenibile, l’istruzione e le competenze, e il via libera ai principali progetti sulla gestione della migrazione finanziati con un pacchetto da 200 milioni di euro. Progetti per un’intensificazione della protezione delle frontiere, la cooperazione nella lotta ai trafficanti, l’aumento dei rimpatri e il sistema d’accoglienza del Paese nordafricano. E parallelamente dovrebbero agevolare percorsi di migrazione regolare.Costa ha sottolineato “l’impegno incrollabile e gli instancabili sforzi di mediazione” profusi da al-Sisi per raggiungere l’accordo per il cessate il fuoco a Gaza. Ed ha offerto al presidente egiziano il contributo dell’UE, “pronta ad aiutare, come ha fatto in passato, nella ripresa, nella ricostruzione e nel sostegno alle riforme”.

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    Costa accoglie Zelensky al Consiglio Europeo. “Il futuro membro dell’Unione” soddisfatto delle nuove sanzioni

    Bruxelles – L’amicizia tra Unione Europea e Ucraina si fonda anche sulle sanzioni alla Russia e sui soldi per Kyiv. Il presidente del Consiglio Europeo, Antonio Costa, nel punto stampa prima dell’incontro dei leader, ricorda che l’Unione Europea “supporterà l’Ucraina per tutto il tempo necessario e a qualsiasi costo”. Accanto a lui sorride il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, arrivato oggi, 23 ottobre, a Bruxelles per prendere parte al Consiglio Europeo.Al di là delle parole di Costa a sostegno di Kyiv, arrivano anche segnali concreti. Questa mattina i leader europei hanno approvato il diciannovesimo pacchetto di sanzioni contro Mosca. “Sia le sanzioni europee che quelle statunitensi sono fondamentali per la nostra causa”, conferma Zelensky di fronte ai giornalisti. Il pacchetto di misure punitive riduce ancora una volta la possibilità di forniture di gas e GNL russo sul suolo europeo e, come ricordato da Costa, prenderà di mira “la flotta ombra russa, così come il settore bancario ed energetico di Mosca”. Il punto del Consiglio Europeo ancora da chiarire è però come i 27 riusciranno ad utilizzare gli asset russi bloccati per finanziare la spesa pubblica di Kyiv.In queste ore i leader stanno cercando una modalità legale per utilizzare i 180 miliardi russi bloccati in Belgio. Gli asset di Mosca, congelati dal 2022 sono bloccati nell’istituto finanziario belga Euroclear. Muoverli da lì per destinarli allo sforzo bellico ucraino spaventa alcuni capi di Stato, impauriti dalle possibili ripercussioni legali.Costa ha ricordato come in questa giornata verrà presa “la decisione politica per assicurare i bisogni finanziari all’Ucraina nei prossimi due anni”. Decisione che però non sarà semplicissima da ottenere, visto che il Primo ministro belga Bart De Wever ha confermato che “fino a quando non ci saranno garanzie sulla neutralizzazione del rischio e un accordo per una possibile risposta comunitaria alle conseguenze legali, il Belgio non darà il consenso all’utilizzo di questi fondi”.Bart De Wever, Primo ministro (Copyright: European Union)“Il futuro membro dell’Unione”, come Costa ha definito Zelensky, incassa le promesse dell’Unione Europea sperando in novità in giornata. Alle domande sulla fornitura dei missili americani a lungo raggio Tomahawk, risponde: “È una decisione di Trump” e smorza anche il negativo colloquio avuto con il presidente americano la settimana scorsa. L’obiettivo per tutti rimane quello di un cessate il fuoco. Zelensky lo reputa anche oggi “possibile” e Costa lo definisce utile per evitare “l’aumento dei bombardamenti russi contro i civili ci fa essere ancora più convinti della necessità del sostengo a Kyiv”. A livello di cronaca, solo ieri un drone russo ha colpito un asilo, uccidendo un ragazzo di 12 anni e una neonata.

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    L’Ue adotta il 19esimo pacchetto di sanzioni contro la Russia. Kallas: “Allineati con gli Usa”

    Bruxelles – Poche ore prima dell’avvio del vertice Ue, in cui coi leader è presente Volodymyr Zelensky in persona, gli ambasciatori dei Ventisette hanno trovato la quadra per l’adozione del 19esimo pacchetto di sanzioni contro la Russia. L’approvazione formale è stata comunicata stamattina (23 ottobre) dalla presidenza danese del Consiglio e ha fatto seguito alla decisione della Slovacchia di rimuovere il proprio veto, come fanno sapere fonti diplomatiche italiane.Bratislava aveva bloccato le nuove misure restrittive sulla base di preoccupazioni legate principalmente al settore energetico, soprattutto dopo la recente approvazione delle norme sul phase-out dei combustibili fossili russi (adottate col voto contrario, appunto, di Slovacchia e Ungheria). Anche stavolta, come accaduto in passato, il primo ministro Robert Fico ha ottenuto dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen le garanzie che cercava riguardo all’approvvigionamento energetico e al sistema di scambio delle quote di emissioni per edifici e trasporti (Ets2).Cosa contiene il pacchettoL’Alta rappresentante per la politica estera, Kaja Kallas, ha scritto su X che il nuovo pacchetto “colpisce tra le altre cose le banche russe, gli scambi di criptovalute e le entità in India e Cina“, aggiungendo che “l’Ue sta limitando i movimenti dei diplomatici russi per contrastare i tentativi di destabilizzazione”. Il capo della diplomazia a dodici stelle aveva annunciato a inizio settimana di attendersi l’approvazione delle sanzioni – confezionate dall’esecutivo comunitario un mese fa – in concomitanza col summit dei capi di Stato e di governo.Il primo ministro slovacco, Robert Fico (sinistra), e il presidente del Consiglio europeo, António Costa (foto: Consiglio europeo)Il nuovo round di sanzioni punta a colpire, come già i precedenti, gli interessi energetici, finanziari e commerciali della Federazione. Sul primo versante, la novità principale è un divieto graduale di importazione del gas naturale liquefatto (gnl) di Mosca, su due scaglioni: i contratti a breve termine andranno rescissi entro sei mesi, mentre c’è tempo fino al primo gennaio 2027 per quelli a lungo termine. Viene poi inasprito il divieto di fare affari con due compagnie petrolifere russe, mentre si aggiungono altre 117 navi all’elenco della flotta ombra del Cremlino, per un totale di 558 imbarcazioni. Infine, vengono ampliati i criteri per individuare i porti dei Paesi terzi utilizzati per il trasferimento di Uav e missili da o per la Federazione, o per eludere le sanzioni sul greggio di Mosca.Dal punto di vista finanziario, viene introdotto un divieto totale di transazione con cinque banche russe e viene esteso quello già esistente relativamente ai sistemi di pagamento elettronico russi e a quattro banche di Bielorussia e Kazakistan. Limitazioni analoghe vengono introdotte per altre otto entità di Paesi terzi (cinque banche, due commercianti di petrolio e una piattaforma per lo scambio di criptovalute, alcune delle quali basate in Cina e in India), mentre viene introdotto il divieto totale di servizi di cripto-asset nella giurisdizione dell’Ue per cittadini ed entità russi. Introdotto anche un nuovo divieto per gli operatori europei di stipulare contratti economici con nove zone economiche speciali russe, così come il divieto di fornire riassicurazioni a aerei e navi russi nei primi cinque anni successivi alla vendita ad un Paese terzo.Sul piano del commercio, i Ventisette hanno approvato una serie di misure con l’obiettivo di migliorare il contrasto all’elusione delle sanzioni già in vigore. Vengono così individuati 45 nuovi soggetti che favoriscono l’elusione (di cui 17 al di fuori dei confini della Federazione), mentre vengono estesi i divieti di esportazione di prodotti industriali (tra cui sali, gomma, materiali da costruzione e bene tecnologici avanzati) e ad altre categorie di articoli sensibili (ad esempio i beni cosiddetti Chp, per la produzione di elettricità e calore, e quelli a duplice uso militare e civile). Viene inoltre esteso di un ulteriore anno il margine accordato alle imprese europee per disinvestire dalla Russia con l’obiettivo di cessare le attività commerciali nel Paese.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Quanto ai servizi, il nuovo pacchetto prevede un divieto per gli operatori europei di fornire servizi connessi alle attività turistiche nella Federazione, l’estensione del divieto di fornire servizi di intelligenza artificiale, cloud-computing e simili, e l’obbligo di richiedere l’autorizzazione per tutti i servizi ancora consentiti (cioè non esplicitamente proibiti) e rivolti a persone o entità russe.Un’ultima novità è l’introduzione di un meccanismo per limitare la circolazione dei diplomatici russi, che prevede un sistema per cui gli Stati membri potranno notificare l’ingresso o il transito del personale diplomatico di Mosca sul proprio territorio alla Commissione, la quale potrà autorizzare le cancellerie ad adottare misure nazionali appropriate. Infine, il pacchetto comprende anche l’introduzione di nuovi elenchi relativi ai bambini ucraini rapiti dalle truppe di occupazione e di elenchi relativi al settore di ricerca e sviluppo militare della Russia.La sponda di WashingtonIl tempismo con cui è arrivato il disco verde da parte dei Ventisette per il nuovo round di misure restrittive è politicamente rilevante, dal momento che giusto ieri l’amministrazione statunitense ha comminato per la prima volta delle sanzioni ai danni delle due principali compagnie petrolifere russe, Rosneft e Lukoil. La mossa, annunciata dal segretario al Tesoro Scott Bessent, segnala un sostanziale cambio di passo da parte del presidente Donald Trump, dopo mesi in cui era parso adottare una posizione più morbida nei confronti del Cremlino (dal faccia a faccia con Vladimir Putin in Alaska alle ritrosie sulla fornitura dei missili Tomahawk a Kiev).Il presidente statunitense Donald Trump (foto via Imagoeconomica)Evidentemente, il tycoon è stato irritato dalle reticenze del suo omologo russo a porre fine alla guerra e ad incontrarsi personalmente a Budapest. Quel bilaterale, sbandierato come l’ennesima vittoria diplomatica del presidente Usa (nonché come successo personale del premier ungherese Viktor Orbán), è sfumato nelle scorse ore proprio a causa dell’indisponibilità dello zar ad accettare compromessi sulla fine del conflitto, a partire dal cessate il fuoco e dal congelamento della linea del fronte.Kallas ha colto la palla al balzo e ha rivendicato la ritrovata unità d’intenti sulle due sponde dell’Atlantico nei confronti del Cremlino. “Siamo molto felici dei segnali che riceviamo dall’America riguardo alle sanzioni sulla Russia”, ha dichiarato arrivando al vertice. “Penso sia un importante segnale di forza, che siamo allineati sulla questione“, ha aggiunto.Un altro tema sul tavolo dei leader Ue (di cui si discute da tempo) è quello del prestito per le riparazioni a Kiev, che andrebbe sostenuto coi proventi degli attivi russi congelati attualmente detenuti dall’istituto belga Euroclear. “Ci sono ancora alcune questioni che dobbiamo affrontare“, ammette Kallas, ma “il messaggio fondamentale è che la Russia è responsabile dei danni causati in Ucraina e deve pagare per quei danni”. L’Alta rappresentante riconosce i dubbi del governo belga, che non intende assumersi da solo la responsabilità giuridica di un’azione così forte: “Tutti sono d’accordo che nessun Paese dovrebbe sostenere i rischi o questo onere da solo“, ragiona, e garantisce che si sta lavorando ad un meccanismo per fornire garanzie al Belgio e assicurare la condivisione del rischio tra i Ventisette.

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    Serbia, l’Europarlamento ammonisce (di nuovo) la Serbia: “Fermi la repressione e sia seria sull’adesione all’Ue”

    Bruxelles – Dopo quasi un anno di proteste ininterrotte, l’Eurocamera tiene accesi i riflettori sulla tesissima situazione in Serbia. Con una maggioranza ampia ma non schiacciante (457 voti favorevoli, 103 contrari e 72 astensioni), l’Aula di Strasburgo riunita in plenaria ha approvato oggi (22 ottobre) una risoluzione sulla “polarizzazione e l’aumento della repressione” nel Paese balcanico, a poco meno di 12 mesi dal crollo della pensilina nella città di Novi Sad.Quell’evento, che ha provocato la morte di 16 persone, è stato il catalizzatore per una mobilitazione popolare trasversale dalle dimensioni mai viste (almeno dal collasso della Jugoslavia negli anni Novanta). Ai cittadini – guidati soprattutto dai movimenti studenteschi – che chiedono con forza la fine della corruzione, un futuro europeo per il loro Paese e la fine del regime autoritario del presidente filorusso Aleksandar Vučić, gli apparati di sicurezza hanno risposto col pugno di ferro, mettendo in campo una repressione massiccia del dissenso democratico.Una situazione che, se pare indisporre solo fino a un certo punto i vertici comunitari (come si evince dall’equilibrismo di Ursula von der Leyen, che ha recentemente incontrato il capo di Stato serbo, ma anche da quelli del presidente del Consiglio europeo, António Costa, e dell’Alta rappresentante Kaja Kallas), continua invece a preoccupare gli eurodeputati. Se Belgrado vuole mostrarsi seria rispetto all’adesione all’Ue, si legge tra le righe della risoluzione congiunta, deve fermare la macchina della violenza, rispettare lo Stato di diritto e i diritti umani e smetterla di strizzare l’occhio a Mosca.Now is the time for strategic choices.Also for Serbia.It needs implementing EU reforms it has repeatedly promised to deliver.It needs responding to what citizens ask loud and clearly.Now is the time to deliver & lead Serbia to the EU.The EU’s offer will not be matched. pic.twitter.com/NrdHD0YQga— Marta Kos (@MartaKosEU) October 22, 2025Parlando durante il dibattito di ieri all’emiciclo, la commissaria all’Allargamento Marta Kos ha condannato le violenze contro studenti, manifestanti e giornalisti e ha ammonito Belgrado: “Ci aspettiamo che la Serbia rispetti i valori fondamentali dell’Ue” se vuole davvero entrare nel club a dodici stelle, osserva, inclusi “il rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’eguaglianza, dello Stato di diritto e dei diritti umani” tra cui spiccano “la libertà di assemblea pacifica, la libertà dei media e la libertà accademica”. L’Unione, ha aggiunto, si aspetta che vengano condotte le dovute indagini sui fatti di Novi Sad, per i quali è partita un’inchiesta che non ha ancora portato a nulla.Kos ha accolto positivamente i recenti progressi sulle riforme pre-adesione concordate con Bruxelles (ad esempio sul registro dei voti unificato e sulla commissione dei media elettronici), ma ha sottolineato che adesso vanno compiuti “passi concreti per far ripartire il dialogo con tutta la società“. Lo stesso Vučić ha millantato di voler aprire un confronto coi manifestanti, salvo poi lasciare la situazione immutata. “Portare una Serbia democratica nell’Ue è nell’interesse dei serbi e anche nel nostro”, dice, ma affinché ciò avvenga servono impegni concreti “sui princìpi democratici e sulle riforme”.Soprattutto, incalza, il Paese balcanico deve finirla col suo equilibrismo sullo scacchiere internazionale – il presidente Vučić è tradizionalmente vicino alla Russia di Vladimir Putin ma di recente sembra aver ammorbidito i toni anche nei confronti dell’Ucraina – e “scegliere con trasparenza” da che parte vuole stare. “Le relazioni strette con Pechino e Mosca accompagnate da dichiarazioni critiche sull’Ue, incluso con una narrazione russa, non è quello che ci si attende da un Paese candidato”, nota Kos, che condanna anche la disinformazione dilagante e le intimidazioni subite da alcuni eurodeputati. Infine, conclude, “va rafforzato l’allineamento con la politica estera e di sicurezza comune“.L’eurodeputata Pd Alessandra Moretti (foto: Michel Christen/Parlamento europeo)Sulla stessa linea anche gli interventi degli esponenti italiani dei Socialisti (S&D) e dei Conservatori (Ecr). Dai banchi di questi ultimi, il meloniano Alessandro Ciriani avverte su un “equilibrio che si sta incrinando” in Serbia, come indicato dai sondaggi che rilevano come solo il 33 per cento dei cittadini del Paese balcanico sostiene apertamente l’adesione: “A trarne vantaggio – dice – sono attori con interessi a noi concorrenti come Russia e Cina, con ricadute negative per la stabilità regionale”. “L’Ue deve mantenere un approccio equilibrato e costruttivo, rilanciando l’offerta europea di sviluppo e dialogo inclusivo“, continua, ed “evitare che la delusione si trasformi in distacco e il distacco in allontanamento geopolitico“.Dal Pd, Alessandra Moretti condanna la risposta delle autorità serbe contro i manifestanti: “Non è degna di un Paese candidato”, rimarca, “né tantomeno di uno Stato di diritto”. “La pericolosa polarizzazione creatasi nel Paese rischia di normalizzare la violenza e di indebolire istituzioni democratiche“, aggiunge, invocando un cambio di passo. “L’impegno serbo verso il percorso europeo non può essere fatto solo di parole ma servono progressi concreti sullo Stato di diritto, la lotta alla corruzione, l’indipendenza dei media e della magistratura, un sistema elettorale libero e l’allineamento alla politica estera europea”, conclude.Anche il deputato liberale franco-italiano Sandro Gozi sottolinea che il cammino verso l’Ue “comporta benefici ma anche impegni per la democrazia, lo Stato di diritto e la libertà”, a cominciare da quella degli studenti “di manifestare ed esprimere critiche nei confronti del presidente Vučić”, al quale rivolge un “appello alla responsabilità democratica” per fare un passo indietro e ascoltare realmente le richieste dei suoi concittadini, anziché farli manganellare.Proteste per le strade di Belgrado (foto: Marko Djoković/Afp)Una voce fuori dal coro arriva dalla Sinistra, quella di Danilo Della Valle (M5s). Riprendendo un leitmotiv caro alla narrazione pro-Cremlino, il pentastellato si è scagliato contro la tentazione di “utilizzare lo stesso metodo disastroso adottato all’Euromaidan, che ha contribuito a portare la guerra alle porte dell’Europa“. Il riferimento è al presunto zampino di Ue, Usa e Nato nelle proteste di piazza (che gli ucraini chiamano “rivoluzione della Dignità“) che nell’autunno tra il 2013 e il 2014 hanno portato al rovesciamento del presidente filorusso Viktor Yanukovych e messo in moto una catena di tragici eventi sfociati nell’annessione della Crimea, nel conflitto in Donbass e, nel 2022, nell’invasione russa su larga scala.Secondo Della Valle, che pure riconosce la vivacità della società serba “capace di attivarsi e chiedere un cambiamento reale”, durante le manifestazioni “non ci sono bandiere dell’Ue” e “il popolo serbo non ha dimenticato i bombardamenti Nato del 1999 e l’atteggiamento coloniale di molti Paesi europei, inclusa l’Italia, che ha reso i Balcani una polveriera”. “Stiamo molto attenti a non gettare benzina sul fuoco“, avverte, perché la regione sarebbe “una pentola a pressione pronta a scoppiare”.

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    La Bielorussia ha voglia di democrazia. Intervento dei coniugi e dissidenti Tikhanovski all’Eurocamera

    Bruxelles – “Gli europei hanno esitato quando avrebbero potuto sostenere il nostro Paese. Così la Russia ha allungato la mano su di noi”. Le dure parole pronunciate nella plenaria del Parlamento di Strasburgo arrivano da Sergei Tikhanovski, dissidente bielorusso, che per quel tentennamento ha dovuto scontare cinque anni di carcere. Il momento in cui l’Unione Europea avrebbe potuto fare di più risale al 2020, quando il presidente bielorusso Aleksandr Lukašenko arrestò i suoi oppositori politici (tra cui anche il giornalista Premio Sakharov 2025) per impedire regolari elezioni presidenziali. Tikhanovski pagò le conseguenze del suo attivismo politico e fu imprigionato nel mezzo della campagna elettorale. Solo pochi mesi fa ha riottenuto la libertà grazie alla mediazione statunitense.Di fianco a lui, la moglie Svetlana Tikhanovskaya, che da insegnante d’inglese si è trovata a portare avanti le istanze del marito fino a diventare la principale oppositrice dello status quo bielorusso. Dopo le elezioni del 2020 è stata costretta a fuggire in Lituania per evitare un arresto politico.Svetlana Tikhanovskaya e suo marito Sergei Tikhanovsky durante una marcia a Varsavia, 9 agosto 2025 (Photo by Wojtek RADWANSKI / AFP)La Bielorussia democraticaLa storia dei coniugi Tikhanovski e le loro parole, pronunciate oggi, 22 ottobre a Strasburgo, sono state capaci di far riemergere da quel manto di silenzio la parte democratica della Bielorussia. La stessa che, nell’agosto del 2020, aveva affollato le piazze per contrastare l’ennesima vittoria di Lukašenko. “Siamo una nazione splendida, con forti valori dell’Europa occidentale, pronta a diventare membro dell’UE”, afferma Tikhanovski, anche se riconosce che, dopo cinque anni, “la situazione è peggiorata”.L’appello all’UnioneNon sono venuti qui, però, solo per ricordare quell’orgoglio democratico. I due coniugi si fanno portavoce di un appello deciso verso un’Unione Europea più attiva. “L’Europa non solo deve diventare un attore attivo, continua Tikhanovski, deve diventarlo in Bielorussia. Lukašenko è un sopravvissuto astuto, ma non è immortale. Il trasferimento del potere in Bielorussia è imminente”.Svetlana Tikhanovskaya risponde con un elenco di priorità per agevolare il processo democratico nella cosiddetta “piccola Russia”: “Vorremmo più contatti e visti per i cittadini bielorussi, un sostegno più forte ai media indipendenti e il rafforzamento dei rapporti con le istituzioni democratiche che stanno nascendo fuori dal Paese (in Lituania, ndr), per rendere possibile un dialogo una volta finita l’era di Lukašenko”.La proposta avanzata dalla leader dell’opposizione è quella di una doppia morsa occidentale: da una parte gli Stati Uniti, che “si concentrano sul binario umanitario, sulla liberazione delle persone e sulla fine della repressione”; dall’altra, continua la leader, “l’Unione Europea, che deve rimanere ferma e coerente nei suoi principi, mantenendo e rafforzando le sanzioni già in atto”. Le misure punitive restano infatti l’arma più efficace per mettere in difficoltà la nomenklatura bielorussa, ormai a corto di fondi dopo trentuno anni di governo. “Il loro effetto si fa sentire”, conferma senza sé e senza ma Tikhanovskaya.Ewa Kopacz, vicepresidente del Parlamento Europeo, incontra Sergej Tikhanovski(foto di Alain ROLLAND, © European Union 2025)La difesa dei confiniSul tema dell’azione europea gli fa eco il marito, concentrandosi però più sull’aspetto della difesa dei confini. “Per decenni, gli Stati Uniti vi hanno fatto risparmiare centinaia di miliardi di dollari offrendo l’ombrello di sicurezza” – dichiara Tikhanovski – “ma oggi l’America non può combattere su tre fronti contemporaneamente. Deve essere l’Europa, non gli Stati Uniti, a prendere il ruolo guida sui propri confini orientali. Deve essere l’Europa il principale partner nell’aiutare la Bielorussia a muoversi verso la democrazia. Lo potete fare, siete grandi e forti”.Il tono fermo non entusiasma i parlamentari, che applaudono di rado nei momenti di pausa. Tikhanovski, però, all’inizio del discorso aveva avvisato gli ascoltatori: “Non sono un diplomatico di professione, sto imparando”. Le sue parole, incisive e dirette, hanno comunque un forte valore simbolico.La nuova FinlandiaL’idea conclusiva portata avanti dal dissidente e promossa dal movimento democratico bielorusso è quella di rendere il Paese “una nuova Finlandia”, capace di convivere accanto a “un vicino difficile”, ma determinata a “costruire uno Stato indipendente e prospero senza andare in guerra”. La sua fiducia è che l’Unione Europea abbia “le risorse e la forza per renderlo reale”. Resta da capire se ci sia anche la volontà.

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    Gaza, l’Ue si appiglia alla fragilissima tregua per congelare le sanzioni a Israele

    Dall’inviato a Strasburgo – Le opinioni dei Paesi membri, come al solito, su Israele e Gaza, sono “molto divergenti”. Di fronte al cessate il fuoco mediato da Donald Trump – per la verità già violato da entrambe le parti – i ministri degli Esteri dei 27 hanno deciso di congelare la proposta della Commissione europea di imporre sanzioni economiche e politiche contro Israele. “Al momento non procediamo, ma non le escludiamo nemmeno“, ha affermato l’Alta rappresentante per gli Affari esteri, Kaja Kallas. Esponendosi ancora una volta alle critiche di incapacità di giocare un ruolo nella risoluzione del conflitto, se non proprio di doppi standard.Ieri (20 ottobre), a Lussemburgo, il Consiglio dell’Ue Affari esteri ha scelto di “mantenere le proposte sul tavolo”, ma di non prendere alcuna decisione al riguardo, vista la “fragilità” della situazione sul campo. Il capo della diplomazia Ue ha spiegato che la proposta non verrà cestinata perché “dobbiamo constatare un miglioramento degli aiuti umanitari a Gaza, il rilascio delle entrate palestinesi bloccate dalle autorità israeliane, l’ingresso di giornalisti e operatori umanitari nel territorio e la registrazione senza restrizioni delle Ong internazionali”.L’Alta rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas (foto: Consiglio europeo)L’assunto di Kallas – e della stessa Ursula von der Leyen e di diverse capitali – è che le minacce di sospensione di alcune agevolazioni commerciali e di sanzioni contro due ministri estremisti di Israele fossero in sostanza solo un mezzo per richiamare Tel Aviv al rispetto del diritto internazionale e per avvicinare la fine del conflitto. Ma manca un punto fondamentale, quello della responsabilità giuridica. Il governo di Benjamin Netanyahu ha violato i termini dell’accordo di associazione che lega Israele e l’Ue – oltre a diversi sacri e basilari principi del diritto internazionale e umanitario – e a constatarlo è stata proprio la Commissione europea ancora a giugno.Mettere da parte le proposte di sanzioni solo perché nel frattempo la situazione sul campo è cambiata rischia di compromettere la credibilità dell’Unione, che continua a ergersi come guardiana di un’ordine geopolitico fondato sulla certezza del diritto internazionale. Secondo Nathalie Tocci, direttrice dell’Istituto Affari Internazionali, si tratta di una “decisione incredibilmente stupida”. Per la politologa, oltre alla responsabilità per violazioni del diritto internazionale umanitario che “non sono scomparse”, non va sottovalutata “la questione degli incentivi”. Se “la pressione viene meno, è probabile che il governo israeliano non attuerà il piano”.Questa mattina, al Parlamento europeo di Strasburgo si è tenuto un dibattito sulle prospettive dell’accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hamas e sul ruolo dell’Ue nel costruire la pace. All’emicilo è intervenuta la commissaria per il Mediterraneo, Dubravka Šuica: “La situazione sta evolvendo rapidamente ed è anche molto fragile”, ha affermato, sottolineando “la situazione umanitaria rimane catastrofica“. Secondo la commissaria, per l’implementazione della prima fase del piano trumpiano, restano “tre aspetti critici”: la restituzione dei corpi di tutti ostaggi israeliani deceduti, il rispetto da parte dell’esercito israeliano delle linee di ritiro concordate, l’accesso senza restrizioni degli aiuti umanitari.La commissaria Ue per il Mediterraneo, Dubravka ŠuicaŠuica ha indicato la strategia che seguirà la Commissione europea, che insiste sul “ruolo cruciale” di Bruxelles nell’assicurare a Gaza aiuti umanitari su larga scala. “Tramite ponti aerei” e “approfondendo tutte le vie d’accesso”, anche il “corridoio marittimo di Cipro“. L’Ue potrà fare la sua parte nell’evacuazione medica dei pazienti, attivando il meccanismo di protezione civile. Attraverso il quale “potrebbe considerare” inoltre di sostenere le operazioni di “decontaminazione e rimozione delle macerie”.Ci sono poi le due missioni Ue, EUBAM Rafah, per facilitare il transito di persone in entrate e uscita dal valico meridionale tra Gaza e l’Egitto, e EUPOL COPPS, con cui l’Unione ha sostenuto e addestrato le forze di polizia palestinesi in Cisgiordania e che “potrebbe rafforzare l’attività a Gaza”. Infine, Šuica ha ribadito “l’interesse” dell’Ue a “contribuire alla governance” transitoria della Striscia e ha assicurato che la Commissione europea “mobiliterà tutti gli strumenti a disposizione” per promuovere la soluzione dei due Stati.Nulla, ancora una volta, sull’urgenza di assicurare le responsabilità di Israele nella devastazione di Gaza, nel massacro di decine di migliaia di civili, nell’occupazione coatta della quasi totalità ormai del territorio che dovrebbe costituire il futuro Stato palestinese. L’eurodeputata liberale belga, Hilde Vautmans, ha sottolineato che “dal 2023 a oggi sono stati distrutti – a Gaza e in Cisgiordania, ndr – centinaia di progetti finanziati dall’Ue”, tra cui scuole e ospedali. “Da noi si dice che chi rompe paga“, ha affermato Vautmans. Un principio che finora, per Israele, nessuno a Bruxelles ha osato evocare.Nella giornata di domenica, Israele ha lanciato una serie di attacchi aerei e ha interrotto tutti gli aiuti a Gaza “fino a nuovo ordine”, dopo che due soldati israeliani sono stati uccisi in un attacco armato da parte di membri di Hamas.Benedetta Scuderi, eurodeputata di AVS che ha partecipato in prima persona ad una delle spedizioni umanitarie della Global Sumud Fotilla, ha ricordato che “i check point restano, gli aiuti sono controllati chi li usava per affamare, le terre sono ancora confiscate”. Scuderi ha affermato che “dall’inizio della tregua almeno 8 bambini palestinesi sono stati uccisi da Israele” e che “la pace non può esserci senza la fine dell’occupazione e la giustizia per i crimini di guerra commessi”. Altrimenti, la pace “è solo una copertura per l’oppressione”. O un appiglio per continuare a non agire.