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    Washington rassicura Bruxelles: “Sapremo superare le preoccupazioni su Inflation reduction act”

    Bruxelles – Nessuno scontro, nessuna nuova guerra commerciale. Unione europea e Stati Uniti cercano un nuovo corso, con la rappresentante al Commercio di Washington, Katherine Tay, decisa a rassicurare i partner. “Sono fiduciosa che sapremo superare le preoccupazioni espresse sull’Inflation reduction act”, il provvedimento varato oltre oceano per frenare l’inflazione. Un dispositivo che nel vecchio continente è visto come uno strumento potenziale di sostegno alle imprese a stelle e strisce a scapito di quelle a dodici stelle.
    Il piano da circa 369 miliardi di dollari varato dall’ammnistrazione Biden tocca da vicino il settore delle tecnologie verdi, con l’Ue che vede minacciata la strategia politica e industriale racchiusa nel Green Deal e negli sforzi di transizione green. L’Inflation reduction act prevede, tra le altre cose, sgravi fiscali per acquistare prodotti Made in Usa tra cui automobili, batterie ed energie rinnovabili.
    “Gli incentivi e i sussidi certamente hanno un ruolo nello sviluppo delle tecnologie verdi, ma non devono mettere in discussione le regole del mercato”, ribadisce una volta di più il commissario Ue al Commercio, Valdis Dombrovskis, nella conferenza stampa congiunta di fine incontro. Richiami che trovano l’attenzione della controparte. “Il presidente Biden mi ha incaricata di promuovere lo sviluppo sostenibile e rafforzare le relazioni con l’Unione europea”, la replica di Tay.
    In tal senso c’è l’intesa della due parti a lavorare per fare in modo che prima dell’estate sia pronta la cooperazione per le catene di approvvigionamento e la green economy. Non solo. Unione europea e Stati Uniti intendono produrre “sforzi comuni per decarbonizzare il settore dell’alluminio e dell’acciaio”.
    Tutto sembra rientrare, dunque. L’Ue vuole evitare un nuovo scontro commerciale come quello esploso durante l’amministrazione Trump, che ha investito anche il settore siderurgico ma non solo quello. Un concetto chiaro che sia Tay sia Dombrovskis precisano, una dopo l’altro. “Abbiamo molto da guadagnare a lavorare insieme invece che farci la guerra commerciale“.

    . @PaoloGentiloni “We have one of the strongest relationships in decades with the United States This crisis has consequences above all for the European economy. We need to consolidate our industry rather than start a subsidy war with the 🇺🇸” @eunewsit pic.twitter.com/aT9TnMmNQe
    — emanuele bonini (@emanuelebonini) January 17, 2023

    Un concetto, quest’ultimo, ribadito nel corso di giornata anche dal commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni, in occasione dei lavori del consiglio Ecofin, diverse ore prima del bilaterale Dombrovskis-Tay. “Abbiamo uno dei partenariati transatlantici più forti degli ultimi decenni, la nostra industria va resa più solida più che esporla a lotta di sussidi con gli Stati Uniti”.

    La rappresentante per il Commercio Usa: “Biden mi ha conferito l’incarico di rafforzare le relazioni con l’Ue”. Sollievo di Dombrovskis e Gentiloni: “No a guerra commerciale”

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    Sono in arrivo i primi 3 miliardi di euro dall’Ue all’Ucraina per l’assistenza macrofinanziaria del 2023

    Bruxelles – Si apre il flusso finanziario per il 2023 dall’Unione Europea all’Ucraina. Domani (17 gennaio) sarà erogata la prima tranche del pacchetto di assistenza macrofinanziaria da 18 miliardi di euro, per un valore di 3 miliardi che corrisponde all’esborso previsto per i mesi di gennaio e febbraio: “Aiuterà l’Ucraina a soddisfare il suo fabbisogno finanziario”, spiega la Commissione Ue, sottolineando che in particolare servirà “a mantenere in funzione i servizi pubblici, come ospedali e scuole, a ripristinare le infrastrutture critiche e a garantire la stabilità macroeconomica”.
    Da sinistra: il vicepresidente della Commissione per l’Economia, Valdis Dombrovskis, e il commissario europeo per il Bilancio, Johannes Hahn, alla presentazione del nuovo pacchetto di assistenza macrofinanziaria per l’Ucraina (9 novembre 2022)
    Il memorandum d’intesa sul pacchetto di assistenza macrofinanziaria per l’Ucraina – che ha dato il via libera all’erogazione della prima tranche da 3 miliardi – è stato firmato oggi (16 gennaio) tra le due parti: “Ringrazio [la presidente della Commissione Ue, ndr] Ursula von der Leyen e [il vicepresidente per l’Economia, ndr] Valdis Dombrovskis“, ha commentato su Twitter il premier ucraino, Denys Shmyhal: “Ciò contribuirà a mantenere la stabilità macroeconomica in futuro”.
    Il nuovo strumento di assistenza macrofinanziaria Amf+ proposto dalla Commissione lo scorso 9 novembre prevede che i fondi saranno convogliati attraverso il bilancio dell’Ue con un esborso mensile medio di 1,5 miliardi di euro e consentirà all’Ucraina di rimborsare i prestiti in un periodo massimo di 35 anni, a partire dal 2033. Per garantire la nuova assistenza macrofinanziaria si potrà utilizzare il margine di manovra del bilancio comunitario 2021-2027 (la differenza tra il massimale delle risorse proprie e i fondi effettivamente necessari per coprire le spese previste dal bilancio) in modo mirato per l’Ucraina e limitato nel tempo. La copertura dei tassi d’interesse – stimati sui 600 milioni di euro all’anno a partire dal 2024 – sarà fornita dagli Stati membri dell’Unione.

    ✅ Honoured to sign MoU on behalf of the EU to provide Ukraine 🇺🇦 with 🇪🇺 financing in 2023 – up to €18 bln in loans.
    👉🏻First payment of €3 bln to follow later this week.
    This will help Ukraine cover its pressing needs – with stable flow of payments throughout year. pic.twitter.com/8to24KiGUu
    — Valdis Dombrovskis (@VDombrovskis) January 16, 2023

    I crimini di guerra in Ucraina
    Intanto a Bruxelles si condannano le continue azioni brutali dell’esercito russo ai danni della popolazione ucraina. “Altri missili russi hanno colpito le città ucraine durante il fine settimana, in particolare un edificio residenziale a Dnipro, in cui sono morti almeno 35 civili tra cui due bambini”, ha ricordato il portavoce del Servizio europeo per l’Azione esterna (Seae), Peter Stano, parlando oggi con la stampa: “Tali azioni costituiscono crimini di guerra e devono cessare immediatamente“. Come dichiarato dall’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, “non ci sarà impunità” per i “continui attacchi violenti della Russia, comprese le infrastrutture energetiche, anche contro i cittadini ucraini nelle loro stesse case”.
    Da sinistra: il primo ministro della Svezia, Ulf Kristersson, e il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel (Stoccolma, 16 gennaio 2023)
    A parlare di “crimini di guerra” è stato anche il premier svedese e presidente di turno del Consiglio dell’Ue, Ulf Kristersson, durante il colloquio a Stoccolma con il leader del Consiglio Europeo, Charles Michel: “Condanniamo gli attacchi sistematici ai danni dei civili e delle infrastrutture critiche, compresi quelli di sabato a Dnipro”. L’attacco “orribile” ha causato 40 vittime “innocenti”, per cui “i responsabili saranno chiamati a rispondere”, è la minaccia del premier svedese: “Continueremo a supportare militarmente l’Ucraina, nessun compito potrebbe essere più importante per noi“, ha concluso Kristersson, riprendendo le parole di venerdì (13 gennaio) a Kiruna con la presidente della Commissione Ue von der Leyen.
    “L’Ucraina ha ancorato il suo futuro all’Ue e l’Ue ha ancorato il suo pieno sostegno al popolo ucraino”, ha confermato Michel. Quando la guerra sta per compiere il primo anno, “siamo più saldi e uniti che mai” e “il prossimo incontro che avremo con le autorità ucraine trasmetterà anche un messaggio positivo sui progressi che l’Ucraina sta compiendo nel suo cammino verso l’Europa”, è quanto sottolineato dal numero uno del Consiglio. Michel e von der Leyen incontreranno a Kiev il presidente del Paese sotto attacco russo, Volodymyr Zelensky, il 3 febbraio in occasione del vertice Ue-Ucraina, mentre i membri della Commissione Ue si recheranno in visita nella capitale ucraina “a inizio febbraio” (ha confermato la stessa presidente dell’esecutivo comunitario) per incontri bilaterali con le rispettive controparti del governo guidato da Shmyhal.

    Il 17 gennaio sarà sborsata la tranche per i mesi di gennaio e febbraio del pacchetto da 18 miliardi complessivi. Serviranno a mantenere in funzione i servizi pubblici, a ripristinare le infrastrutture critiche e a garantire la stabilità macroeconomica

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    Per l’Ue l’accordo sul nucleare iraniano “non è morto”, Borrell ancora impegnato nelle trattative con Teheran

    Bruxelles – L’accordo sul nucleare iraniano “non è morto”, ma sicuramente non gode di ottima salute. L’Unione europea, che nella figura dell’Alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, è coordinatore dell’intesa per limitare il programma nucleare di Teheran, non nasconde le enormi difficoltà a portare avanti le già complicate negoziazioni tra i Paesi firmatari dell’accordo, ora che la Repubblica islamica si sta rendendo protagonista di strappi sempre più profondi con la comunità internazionale.
    “La brutale repressione contro i manifestanti, l’esecuzione barbara delle condanne a morte e il supporto militare all’invasione russa dell’Ucraina sono questioni che stanno ulteriormente complicando il dialogo”, ha ammesso il portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna (Seae), Peter Stano. Le trattative sul JCPOA (Joint Comprehensive Plan of Action), l’accordo sul nucleare iraniano firmato nel 2015 a Vienna dall’Unione europea, dall’Iran e dal gruppo dei 5+1 (Stati Uniti, Cina, Francia, Gran Bretagna, Russia e Germania), non hanno mai avuto vita facile: messe in stand-by nel 2018, quando gli Stati Uniti dell’allora presidente Donald Trump decisero unilateralmente di ritirarsi, sono riprese lentamente durante il 2021 grazie al cambio di amministrazione a Washington, ma proprio il presidente statunitense, Joe Biden, avrebbe recentemente dichiarato, durante un comizio elettorale lo scorso dicembre, che “il JCPOA è morto”. Un’affermazione inequivocabile, che la Casa Bianca non ha smentito.
    L’incontro tra Hossein Amir-Abdollahiane Josep Borrell, 20/12/22 (Photo by Khalil MAZRAAWI / AFP)
    Per Bruxelles, che si è storicamente presa carico dello sforzo diplomatico per avvicinare le parti, “l’accordo non è morto, ma nella situazione attuale l’obiettivo è cercare di rompere lo stallo”: il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, dopo aver incontrato in un bilaterale lo scorso 20 dicembre il ministro degli Esteri di Teheran, Hossein Amirabdollahian, aveva affermato di essersi trovato d’accordo con la controparte iraniana sulla necessità di “mantenere aperta la comunicazione e ripristinare il JCPOA sulla base dei negoziati di Vienna”, ma la situazione nel Paese sta precipitando giorno dopo giorno. Ultimo in ordine di tempo, due giorni fa il procuratore generale del governo teocratico, Mohammad Jafar Montazeri, ha dato il via libera all’esecuzione capitale dell’ex viceministro della difesa Alireza Akbari, che aveva doppia nazionalità anglo-iraniana, accusato di spionaggio per conto dell’intelligence britannica.
    Roberta Metsola, manifestazione per l’Iran 16/1/23
    Il Regno Unito, anche in risposta all’impiccagione di Akbari, sta velocizzando le procedure per inserire il corpo militare iraniano delle Guardie della Rivoluzione nella lista nazionale delle organizzazioni terroristiche, e ha già richiamato in patria il proprio ambasciatore a Teheran: simili richieste potrebbero essere formulate anche dal Parlamento europeo, che si riunisce oggi a Strasburgo e che ha in programma proprio una discussione con Josep Borrell sulla risposta europea alle atrocità commesse dal regime dei mullah. La presidente dell’eurocamera, Roberta Metsola, ha aperto la sessione plenaria chiedendo alla comunità internazionale di “rispondere con fermezza al terrore perpetrato dal regime” e ribadendo la necessità di “fermare le Guardie della Rivoluzione e giudicare i responsabili” della feroce repressione. Metsola ha pronunciato un discorso anche fuori dal Parlamento, dove era in corso un presidio in solidarietà verso i manifestanti iraniani. L’Iran, ha dichiarato Peter Stano, “sarà in agenda anche al prossimo vertice dei ministri degli Esteri Ue (il 25 gennaio), stiamo osservando attentamente la situazione e siamo pronti a reagire ulteriormente”.
    Nonostante lo stato dei rapporti con l’Iran sembrerebbe giunto a un punto di non ritorno, l’Unione europea non perde le speranze di poter proseguire il dialogo almeno sul dossier relativo alle limitazioni al programma nucleare di Teheran: “Non è facile, ma Josep Borrell è in contatto regolarmente con il ministro degli Esteri iraniano e con gli altri partecipanti, siamo ancora impegnati per capire come e se riusciremo a procedere nell’accordo”, ha concluso il portavoce del Seae.

    Il portavoce del Seae, Peter Stano, ha ammesso che la situazione attuale “complica ulteriormente il dialogo”, ma lo sforzo diplomatico per riprendere le trattative del Jcpoa non è terminato. Roberta Metsola a Strasburgo chiede di “rispondere con fermezza al terrore perpetrato dal regime”

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    Nuovo anno, nuova presidenza, stesso supporto. L’Ucraina è la prima priorità del semestre svedese del Consiglio dell’Ue

    Bruxelles – Prende ufficialmente il via la presidenza di turno svedese del Consiglio dell’Unione Europea, a quasi un anno dallo scoppio della guerra russa in Ucraina. Ma l’impegno dei Ventisette a supporto di Kiev non cambia, anzi: “Gli ucraini stanno combattendo come se fosse il primo giorno, e noi li continuiamo a sostenere come se fosse il primo giorno”, ha ribadito con forza la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, salutando la nuova spinta che arriva da Kiruna, nell’estremità settentrionale della Svezia: “L’Ucraina è la prima priorità di questa presidenza, la vostra è una leadership vitale per preservare l’incredibile unità e determinazione europea e aumentare la pressione sulla Russia”.
    Il Collegio di commissari a Kiruna (Svezia) per l’avvio della presidenza di turno svedese del Consiglio dell’Unione Europea
    Nel corso della conferenza stampa di oggi pomeriggio (13 gennaio) che ha inaugurato i lavori del nuovo semestre, è stato lo stesso primo ministro svedese e presidente di turno del Consiglio dell’Ue, Ulf Kristersson, a sottolineare che “serve cooperazione” tra gli Stati membri dell’Ue per “affrontare tutte le sfide davanti a noi e costruire un’Europa più libera, verde e sicura”. Dal momento in cui “la vittoria dell’Ucraina è esistenziale e l’unità il nostro asset”, il destino dei due partner è strettamente legato l’uno all’altro: “Dobbiamo mantenere il supporto militare, umanitario ed economico, evitando divisioni tra noi“, è l’avvertimento del premier svedese da Kiruna.
    Il sostegno all’Ucraina nel 2023 inizia già ora, con l’erogazione della prima tranche del supporto finanziario Ue da 18 miliardi complessivi per quest’anno: “Non è mai stato fatto nulla del genere con un partner dell’Unione”, ha sottolineato von der Leyen. A questo si aggiungono i preparativi per coordinare gli sforzi internazionali per la ricostruzione del Paese, “con la piattaforma G7 pronta questo mese”. In questo semestre si cercherà anche di spingere sul supporto militare, per imprimere la svolta decisiva a favore di Kiev nella guerra contro la Russia: “Siamo stati un gigante economico, un nano politico e un verme militare, ma i nostri sforzi congiunti mostrano che l’Ue è un attore su cui poter contare in termini di sicurezza“, ha voluto mettere in chiaro il premier svedese. Sul fronte interno all’Unione questo significherà uno sforzo per “l’implementazione della Bussola Strategica per la difesa comune con il piano d’azione sulla mobilità militare”, così come “il rafforzamento della cooperazione con la Nato”.
    Ma sarà cruciale anche il capitolo sull’adesione dell’Ucraina all’Ue, che quest’anno vedrà per la prima volta Kiev nel report sull’allargamento: “È lo specchio dei progressi di ogni Paese candidato”, ha spiegato von der Leyen, con Kristersson che si è detto “impressionato” dal lavoro fatto finora sul piano delle riforme. “Siamo impegnati ad aiutare l’Ucraina a diventare un Paese membro in linea con le nostre regole, ora aspettiamo il lavoro di scrutinio”, ha aggiunto il premier svedese. Su questo punto il lavoro del Consiglio sarà agevolato dall’impegno della Commissione, che si prepara per un appuntamento senza precedenti. “Il Collegio dei commissari visiterà Kiev all’inizio di febbraio, per una riunione con il governo ucraino“, è la conferma della presidente von der Leyen delle notizie filtrate negli scorsi giorni sulla trasferta che a questo punto quasi sicuramente coinciderà con il vertice Ue-Ucraina del 3 febbraio. “C’è un’enorme quantità di dossier in comune, tra i 18 e i 20, su cui stiamo già lavorando” e che dimostrano “quanto le nostre agende siano convergenti”, ha evidenziato la numero uno della Commissione.

    Dear @SwedishPM, you have made Ukraine the 1st priority of your presidency.Russia’s imperial war also showed that we need to take greater responsibility for our collective security.
    So I welcome your ambition to strengthen EU security & defence policy ↓ https://t.co/D7Pdv9EPIR
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) January 13, 2023

    A Kiruna è stato dato il via ufficiale ai lavori di Stoccolma alla testa dell’istituzione comunitaria: “Momento cruciale, l’unità è il nostro asset”. E von der Leyen conferma il viaggio dei membri della Commissione Ue a Kiev a inizio febbraio

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    330 mila ingressi irregolari alle frontiere Ue in un anno, mai così tanti dal 2016

    Bruxelles – Nell’anno appena concluso sono quasi raddoppiati gli attraversamenti irregolari alle frontiere esterne del territorio Ue: 330 mila gli ingressi registrati, in aumento del 64 per cento rispetto al 2021, il numero più alto dalla prima grande crisi del 2015-16. Dopo il minimo indotto dalla pandemia nel 2020, per il secondo anno di fila l’Agenzia europea di guardia frontiera e costiera (Frontex) ha rilevato un forte aumento del numero di ingressi. Soprattutto di persone di nazionalità siriana, afgana e tunisina, che hanno rappresentato ben il 47 per cento del totale dei rilevamenti del 2022.
    È la rotta dei Balcani occidentali la porta d’ingresso più attraversata da chi cerca rifugio sul territorio comunitario senza essere riuscito ad ottenere un permesso d’asilo: 145 600 attraversamenti di frontiera, quasi la metà del totale, il 136 per cento in più rispetto all’anno scorso. Sono in maggior parte afgani che fuggono dal regime dei Talebani insediatosi a Kabul nell’agosto del 2021, siriani (il cui numero, 94 mila, è quasi raddoppiato in un anno) e turchi.
    102 mila gli sbarchi irregolari di egiziani, tunisini e bengalesi dal Mediterraneo centrale, in aumento del 51 per cento dall’anno precedente. Balcani e Mediterraneo centrale, le due rotte più percorse dalle persone migranti, sono sotto stretta sorveglianza della Commissione Ue, che ha presentato tra novembre e dicembre 2022 due Piani d’azione per gestire in maniera più coordinata i flussi sui due percorsi. Ma anche più a est, sulle coste di Cipro e Grecia, gli ingressi hanno subito una decisa impennata: 42 800, quasi il doppio del 2021. A invertire la tendenza la rotta del Mediterraneo Occidentale, che ha visto una diminuzione della pressione migratoria nel 2022 di circa un quinto in meno rispetto all’anno precedente. 15 460 arrivi, il 31 per cento in meno rispetto al 2021. C’è anche chi cerca di lasciare l’Unione europea: nel Canale della Manica sono stati rilevati oltre 71 000 attraversamenti irregolari delle frontiere all’uscita, tra tentativi e riusciti.
    Dei 330 mila ingressi, meno di un rilevamento su dieci era relativo a donne, mentre la percentuale di minori segnalati è leggermente diminuita, a circa il 9 per cento di tutti gli attraversamenti registrati. Separatamente, tra il 24 febbraio 2022 e la fine dell’anno Frontex ha contato quasi 13 milioni di rifugiati ucraini all’ingresso alle frontiere esterne dell’Ue dall’Ucraina e dalla Moldavia, che non sono inclusi in queste cifre. Nello stesso periodo, 10 milioni di cittadini ucraini sono stati segnalati in uscita dalle stesse sezioni di frontiera.

    Secondo i dati preliminari di Frontex, gli attraversamenti alle frontiere esterne esterne sono aumentati del 64 per cento rispetto al 2021. Quasi la metà rilevati lungo la rotta dei Balcani Occidentali, ma in forte aumento anche dal Mediterraneo Centrale e Orientale

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    Una trasferta senza precedenti. I membri della Commissione Ue valutano una riunione di alto livello a Kiev a febbraio

    Bruxelles – A quasi un anno dall’inizio della guerra russa in Ucraina la Commissione Ue è alla ricerca di nuove occasioni per rafforzare il proprio messaggio di sostegno al Paese partner sul fronte orientale, con una solidarietà fatta di azioni simboliche e di discussioni tecniche e politiche sempre più intense con Kiev. Tra questi c’è l’appuntamento già annunciato per il 3 febbraio in territorio ucraino per il vertice Ue-Ucraina, a cui parteciperanno la presidente della Commissione e quello del Consiglio Ue). Ma la prossima mossa del gabinetto von der Leyen potrebbe essere un appuntamento senza precedenti, che dovrebbe portare diversi membri dell’esecutivo comunitario a sedersi al tavolo del confronto con le rispettive controparti del governo ucraino proprio a Kiev, nel mese di febbraio. Quando si chiuderà il primo anno di invasione russa e di lotta del popolo ucraino a difesa del proprio Paese, con il contributo decisivo dell’Unione Europea.
    I membri della Commissione Europea durante il seminario del Collegio dei commissari (11 gennaio 2023)
    Dopo le anticipazioni di Politico, diversi funzionari europei hanno confermato a Eunews che la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha proposto ieri (11 gennaio) durante il seminario del Collegio dei commissari l’incontro con il governo guidato da Denys Shmyhal nella capitale ucraina a febbraio. Una data ancora non è stata fissata, ma sono due i momenti del mese su cui prestare attenzione.
    Il primo è all’inizio di febbraio, quando von der Leyen (insieme al presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel) si recherà a Kiev per il vertice Ue-Ucraina con il presidente del Paese, Volodymyr Zelensky. Lunedì (9 gennaio) sono arrivate conferme anche dalla presidenza di turno del Consiglio dell’Ue che l’appuntamento del 3 febbraio non si terrà a Bruxelles – come inizialmente previsto – ma in Ucraina, e la presenza della numero uno dell’esecutivo comunitario rende molto verosimile che l’occasione possa essere sfruttata dai membri del suo gabinetto per accodarsi e incontrare quelli del governo ucraino nei giorni immediatamente precedenti o successivi. Il secondo momento è la fine del mese: il 24 febbraio cadrà l’anno esatto dall’inizio della resistenza ucraina e non è da escludere un forte gesto simbolico da parte della Commissione Ue per ribadire nuovamente la solidarietà al popolo e all’establishment politico del Paese.
    Chi potrebbe partecipare per la Commissione Ue
    Il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, e della Commissione Europea, Ursula von der Leyen (Kiev, 15 settembre 2022)
    Come ricordano le fonti, in linea di principio l’invito è aperto a tutti i commissari e le commissarie, a prescindere da quanto i dossier di propria responsabilità siano legati all’Ucraina. L’incontro con i ministre e le ministre del governo ucraino dovrebbe rappresentare un approfondimento dei rapporti con Kiev a 360 gradi, anche considerata la candidatura del Paese all’adesione Ue e la necessità di valutare sia i progressi nell’attuazione delle sette raccomandazioni della Commissione sia le prospettive di integrazione nel Mercato Unico. Ma la decisione di recarsi nella capitale ucraina sarà completamente volontaria per ciascuno dei membri del gabinetto von der Leyen e i funzionari europei precisano che le risposte definitive arriveranno solo nelle prossime settimane (anche quando sarà stabilita una data ufficiale).
    Al momento le fonti si sbilanciano solo su pochi nomi. A quanto si apprende a Bruxelles, sembra comunque molto probabile – al netto di impegni inderogabili – la presenza dell’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, considerato il suo ruolo centrale per i rapporti con l’Ucraina in questa anno di guerra. Lo stesso si può dire del commissario per l’Ambiente, Virginijus Sinkevičius, che le fonti fanno sapere aver parlato intensamente ieri con la presidente von der Leyen a margine del seminario. Altamente probabile è anche la presenza del vicepresidente esecutivo per l’Economia e commissario per il Commercio, Valdis Dombrovskis, mentre sta valutando la possibilità di partecipare il commissario per l’Agricoltura, Janusz Wojciechowski.

    Funzionari europei confermano a Eunews che la presidente von der Leyen ha proposto ai commissari di incontrare le rispettive controparti ucraine per discutere di tutti i dossier sulla solidarietà contro l’invasione russa. Non c’è ancora una data, ma arrivano i primi ‘sì’ ufficiosi

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    Nel 2022 i Paesi membri Ue hanno concesso la protezione temporanea a più di 3 milioni di ucraini in fuga dalla guerra

    Bruxelles – Nove mesi di porte aperte per i rifugiati in fuga dalla guerra russa in Ucraina. Nel 2022 i Paesi membri dell’Unione Europea hanno accolto oltre 3 milioni di ucraini, concedendo loro la protezione temporanea come espressione tangibile di solidarietà a chi cerca riparo sul territorio comunitario dalle bombe dell’esercito del Cremlino.
    Come emerge dai dati Eurostat, tra marzo e novembre dello scorso anno (in attesa delle ultime stime del mese di dicembre) sono stati 3.266.480 i beneficiari della protezione temporanea. Il numero maggiore è stato registrato in Polonia (944.360) e in Germania (931.545), mentre l’Italia – quinto Paese per destinazione, dietro a Spagna e Bulgaria – ha concesso lo status a 143.195 persone.
    Se invece si considera le percentuale di ucraini arrivati con lo status di protezione temporanea rispetto alla popolazione del Paese, i dati riconoscono lo sforzo di accoglienza maggiore a Estonia (28,1 per mille abitanti), Polonia (25,1), Lituania (22,9) e Bulgaria (21,2). Il trend segnalato da Eurostat è di una diminuzione progressiva del numero di persone che ricevono la protezione temporanea man mano che passano i mesi.

    🛂 In November 2022, among the EU Member States for which data are available, 🇵🇱Poland granted the highest number of temporary protection statuses to Ukrainians fleeing 🇺🇦Ukraine (40 370). Followed by 🇩🇪Germany (36 385) and 🇷🇴Romania (10 745).
    👉 https://t.co/6iSWpLkw0t pic.twitter.com/nhfK1RYF6E
    — EU_Eurostat (@EU_Eurostat) January 11, 2023

    La direttiva sulla protezione temporanea
    L’attivazione della direttiva europea sulla protezione temporanea è stata proposta dalla Commissione Ue per la prima volta dalla sua entrata in vigore (nel 2001) il 2 marzo dello scorso anno, a meno di una settimana dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Dopo sei giorni si è concretizzata con l’avvio delle procedure di riconoscimento dello status di protezione di gruppo in “situazioni di crisi derivanti da un afflusso massiccio di persone in fuga da una situazione di grande pericolo”. Sfollati e persone in fuga dalla guerra hanno il diritto alla protezione in tutta l’Unione Europea, inclusi i cittadini non ucraini e gli apolidi che non possono tornare nel loro Paese d’origine, come richiedenti asilo o beneficiari di protezione internazionale.
    Secondo quanto previsto dalla direttiva, la protezione temporanea rimane in vigore per un anno (fino a marzo 2023), ma lo scorso 10 ottobre è stato dato il via libera all’estensione fino a marzo 2024 con due rinnovi semestrali. Se poi le condizioni dovessero rimanere critiche, il Consiglio potrà decidere a maggioranza qualificata l’estensione per un terzo anno, su proposta della Commissione. La direttiva fornirà tutti i diritti di protezione internazionale riconosciuti ai rifugiati: residenza, accesso al mercato del lavoro e all’alloggio, assistenza sociale e medica, mezzi di sussistenza, tutela legale e accesso all’istruzione per bambini e adolescenti. Prevista anche la solidarietà e la condivisione delle responsabilità tra Stati membri nell’ospitare gli sfollati ucraini o in arrivo dal Paese invaso dalle truppe di Putin.

    Dall’8 marzo è in vigore la direttiva che prevede allentamenti dei controlli di frontiera, solidarietà tra i Ventisette nell’accoglienza e facilitazioni di ingresso per chi scappa dall’invasione russa. L’Italia ha aperto le porte a più di 143 mila rifugiati, Polonia e Germania a quasi due terzi

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    Iran, l’ong di Vidal-Quadras Roca chiede il ritiro degli ambasciatori Ue e indica Maryam Rajavi come alternativa democratica al regime

    Bruxelles – Richiamare gli ambasciatori dei Paesi europei in Iran e chiudere le rappresentanze di Teheran sul territorio comunitario: è quanto chiede l’ong International Committee In Search of Justice (ISJ), che dal 2014 opera a Bruxelles per contrastare il regime islamico dei mullah iraniani. Il suo presidente, l’ex numero due del Parlamento europeo Alejandro Vidal-Quadras Roca, e gli ex eurodeputati Paulo Casaca e Struan Stevenson, hanno presentato ieri (10 gennaio) il libro Iran’s Democratic Revolution, un breve volume che approfondisce le caratteristiche della repubblica teocratica e le proteste in corso dallo scorso settembre, a seguito della morte della ventiduenne Mahsa Amini.
    Presente anche l’ex senatrice colombiana Ingrid Betancourt, che nel 2002 fu rapita in patria dalle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC) e liberata dopo 6 anni di prigionia. È lei che per prima propone il ritiro dei rappresentanti diplomatici da Teheran e la chiusura delle ambasciate del regime, “presidi terroristici” in Europa. Secondo Betancourt stiamo assistendo alla “prima rivoluzione al mondo condotta dalle donne e con un’agenda femminista”, e per questo sarebbero proprio le donne a dover guidare la transizione verso un regime democratico.
    Linea sposata dall’ong di Vidal-Quadras Roca, che ha indicato Maryam Rajavi, leader del National Council of Resistance of Iran (NCRI), come unica guida credibile per immaginare un Iran del futuro democratico, stabile e forte. La 69enne di Teheran, che nel 1982 ha perso una sorella per mano del regime dell’allora ayatollah Khomeini, è un’attivista politica da ormai mezzo secolo ed è conosciuta in tutto il Paese. “C’è bisogno di una faccia che tutti riconosciamo”, ha affermato Vidal-Quadras, secondo cui “l’alternativa deve essere iraniana, non può essere inventata a tavolino dall’Occidente”. Ma non solo: l’alternativa al regime teocratico deve avere un piano d’azione concreto. Anche qui, ISJ converge sul programma politico presentato da Rajavi, 10 punti per traghettare l’Iran fuori dall’oppressivo governo religioso, che prevedono tra gli altri l’uguaglianza di genere, la separazione tra Stato e religione, libertà di culto e la tutela delle minoranze etniche.
    Ingrid Betancourt ha speso alcune parole sul caso dell’operatore umanitario belga Olivier Vandecasteele, incarcerato a Teheran e condannato a 40 anni di carcere e 74 frustate con l’accusa di spionaggio. Il regime iraniano vorrebbe uno scambio di prigionieri con il diplomatico Assadollah Assadi, che sta scontando in Belgio una pena di 20 anni per terrorismo: secondo l’ex ostaggio delle FARC colombiane, Bruxelles non dovrebbe cedere alle richieste della dittatura islamica, ma cercare altre soluzioni per la liberazione di Vandecasteele, come il pagamento di un riscatto in denaro o la chiusura di qualsiasi dossier sull’Iran per mettere pressione al regime.

    L’International Committee in Search of Justice ha presentato a Bruxelles il libro Iran’s Democratic Revolution, in cui indica la leader del National Council of Resistance of Iran come unica alternativa credibile per una transizione democratica a Teheran. L’ong chiede anche l’espulsione di tutti i diplomatici iraniani dal territorio Ue