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    Elezioni Parlamento Ue: cosa cambierà nella politica economica europea

    A urne chiuse, i risultati delle elezioni europee hanno visto una notevole ascesa dei partiti e delle coalizioni di destra nel Parlamento Ue con risultati particolarmente significativi in Italia, dove Fratelli d’Italia ha vinto conquistando 24 seggi.

    Resiste la maggioranza Ursula
    Complessivamente, si può dire che gli equilibri a Bruxelles non cambieranno: la maggioranza uscente, la cosiddetta “maggioranza Ursula”, composta dalle forze europeiste (Ppe + S&D + Renew), risulta saldamente al comando dei 720 eletti nei 27 Stati membri dell’Unione.
    In particolare,  gruppo politico più consistente si conferma quello del Ppe, che si aggiudica 186 seggi (+10 dalla legislatura uscente) corrispondenti al 25,83%. Segue l’alleanza progressista dei Socialisti e Democratici, che perdono 4 seggi: dai 139 del Parlamento 2019-2024 ne ottengono a questa tornata 135 (19,71%). Seguono i Liberali di Renew, con 79 seggi (erano 102), pari al 10,97%. Questi soli tre gruppi, corrispondenti alla “maggioranza Ursula”, arriverebbero a 400 seggi, ben al di sopra della maggioranza relativa (361 su 720).
    Francia, osservata speciale
    Al di là dei risultati elettorali del Parlamento europeo, quello che più colpisce è la grande vittoria di Rassemblement National (RN) in Francia, il partito di estrema destra guidato da Marine Le Pen, che ha conquistato il 31,4% (30 seggi) dei voti, mentre il partito di Macron è rimasto decisamente indietro con solo il 14,6% (13 seggi). Il Presidente in carica ha tuttavia optato per una mossa sorprendente, decidendo di sciogliere il Parlamento francese e indire nuove elezioni, che si terranno il 30 giugno e il 7 luglio.
    A questo proposito Sandra Rhouma, European Economist di AllianceBernstein, in riferimento alle elezioni parlamentari appena concluse:
    “Attualmente, il rischio principale è che RN vinca anche le prossime elezioni e si assicuri un numero ancora maggiore di seggi al Parlamento, rispetto agli 88 già occupati attualmente. Nel caso in cui il partito della Le Pen dovesse riuscire a ottenere la maggioranza assoluta (almeno 289 seggi), il Presidente dell’Eliseo dovrà designare un Primo Ministro dalla maggioranza, quindi proprio dall’RN, e la leader in carica sembra essere l’opzione più probabile. Se ciò dovesse concretizzarsi, è probabile che la coabitazione (la situazione di governo diviso in cui Presidente e Primo Ministro appartengono a schieramenti opposti) perduri fino al 2027, quando si terranno le prossime presidenziali. Ciò potrebbe alimentare uno scenario di maggiore incertezza e volatilità” spiega Rhouma che spiega “La principale conseguenza evidente in questa fase per l’economia e i mercati è il rischio fiscale associato alla conquista di più seggi da parte di RN, in un contesto in cui la Francia già non si trova in una situazione di bilancio confortevole”.

    Per gli  analisti di Scope Ratings, l’agenzia di rating europea, “L’esito delle elezioni legislative lampo in Francia potrebbe limitare ulteriormente la capacità del governo di affrontare le sfide più urgenti in materia di credito, tra cui il consolidamento delle finanze pubbliche, se i partiti di opposizione rafforzeranno la loro presa sull’Assemblea Nazionale”.
    Cosa cambia per le politiche e il mercato

    Euro in calo, Borse deboli ma non eccessivamente. Il mercato azionario ha reagito così all’indomani delle elezioni al Parlamento Ue. Cosa aspettarsi?
    Secondo Richard Brown, Client Portfolio Manager, Janus Henderson, “il risultato francese rappresenta una battuta d’arresto per l’integrazione all’interno dell’Unione Europea, sostenuto da Macron. Ciò sarà probabilmente negativo per il settore bancario, dato che le aspettative di un’attività paneuropea di M&A nel comparto che porti a un mercato più consolidato saranno ora ridimensionate. Inoltre, rappresenta una battuta d’arresto per la capacità dell’Europa di concepire una politica industriale a livello continentale, in grado di competere con le strategie di “autosufficienza” e reshoring di Stati Uniti e Cina.
    Sul fronte della politica monetaria, “sebbene una valuta comune più debole renda più difficile per la Banca Centrale Europea tagliare i tassi, sarà interessante vedere come cambieranno le aspettative sulle prossime decisioni di Francoforte. A nostro avviso, c’è ancora una ragionevole probabilità che siano in arrivo ulteriori movimenti di politica monetaria dopo il taglio della scorsa settimana. Inoltre, una valuta più debole potrebbe aiutare gli esportatori europei e le piccole imprese. Anche la natura “ad onda” della politica europea è un fattore noto. La destra ha già vinto le elezioni in Europa, ma raramente ha portato a un cambiamento radicale delle politiche”.
    Un’eccezione potrebbe, secondo Elliot Hentov, Head of Macro Policy Research di State Street Global Advisors, essere rappresentata dalla politica sul clima, “che probabilmente sarà vittima della svolta a destra delle elezioni europee. In questo caso è probabile che le regole dell’UE vengano attenuate, i sussidi tagliati e le sanzioni ridotte. Non è chiaro se questo possa essere vantaggioso o dannoso per la competitività europea a lungo termine”.
    Per Giacomo Calef, Country Head Italia, NS Partners, “il maggior peso assunto dalla destra nelle ultime elezioni potrebbe pregiudicare anche politiche fiscali comunitarie come il Next Generation EU, un piano che prevede significativi investimenti pubblici e riforme a favore della transizione green e della digitalizzazione. Importante anche sulle politiche industriali a livello europeo: una coalizione di destra potrebbe infatti adottare un approccio meno restrittivo alle regolamentazioni ambientali, il che desta qualche preoccupazione su un eventuale rallentamento delle iniziative green. In conclusione, la stabilità politica, anche in Europa, è fondamentale per spingere su altre politiche fiscali comunitarie, oltre alla necessità di un impulso sugli investimenti, soprattutto in un contesto di rallentamento a livello continentale. In particolare, nel settore industriale si evidenzia il rallentamento più marcato, come si nota dai dati usciti oggi su quello italiano, che mostra un calo del 2,9% rispetto a un anno fa.

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    Elezioni europee 2024: come si vota in Italia

    Tra il 6 e il 9 giugno 2024 milioni di europei parteciperanno a plasmare il futuro della democrazia europea in occasione delle elezioni europee. In Italia, le elezioni europee si svolgeranno l’8 e il 9 giugno 2024 quando i cittadini italiani saranno chiamati a eleggere 76 membri del Parlamento europeo.
    Ma cosa sono le elezioni europee? E come si vota?

    Come sono le Elezioni europee
    Ogni cinque anni, i cittadini dell’Unione europea sono chiamati alle urne per eleggere i membri del Parlamento Europeo. Con queste elezioni europee, i cittadini dell’Unione Europea eleggono i propri rappresentanti come membri del Parlamento Europeo.
    Il Parlamento Europeo è l’organo legislativo dell’UE, eletto direttamente dai cittadini dell’Unione ogni cinque anni
    Il Parlamento europeo ha in sostanza tre funzioni principali:

    Attività legislativa: adotta la legislazione dell’UE, insieme al Consiglio dell’UE, sulla base delle proposte della Commissione europea; decide sugli accordi internazionali e in merito agli allargamenti.
    Supervisione: svolge un controllo democratico su tutte le istituzioni dell’UE; elegge il presidente della Commissione e approva la Commissione in quanto organo
    Bilancio: elabora il bilancio dell’Unione europea, insieme al Consiglio e approva il bilancio di lungo periodo dell’UE, il “quadro finanziario pluriennale”.

    Il numero di membri del Parlamento europeo per ogni paese è approssimativamente proporzionale alla popolazione di ciascuno di essi. In linea generale un Paese non può avere meno di 6 o più di 96 eurodeputati e il numero totale non può superare 750 (più il presidente).
    Come funzionano le elezioni europee
    La gestione delle elezioni spetta a ciascun Paese, ma nel farlo devono essere rispettati alcuni principi comuni. In primis che le elezioni si svolgono durante un periodo di quattro giorni, da giovedì a domenica. Il numero di deputati eletti da un partito politico è proporzionale al numero di voti che riceve e infine che i cittadini dell’UE residenti in un altro paese dell’UE possono votare e candidarsi alle elezioni.
    Le elezioni europee in Italia
    Per votare bisogna aver compiuto 18 anni. I cittadini italiani che risiedono in un altro Stato membro dell’UE possono scegliere di votare nel paese di residenza a patto che siano rispettate determinate condizioni.
    Ai sensi della legge elettorale europea, tutti i paesi membri devono usare un sistema elettorale proporzionale. Ciò significa che l’assegnazione dei seggi avviene in modo da assicurare alle diverse liste un numero di posti proporzionale ai voti ricevuti. L’Italia usa il voto di preferenza, per cui gli elettori hanno  la possibilità di indicare, nell’ambito della medesima lista, da una a tre preferenze, votando, nel caso di due o di tre preferenze, candidati di sesso diverso.
    Determinato il numero dei seggi spettanti alla lista in ciascuna circoscrizione, sono proclamati eletti i candidati con il maggior numero di voti di preferenza.
    Ai fini dell’elezione dei membri italiani al Parlamento europeo, le liste devono avere conseguito almeno il 4% dei voti validi espressi a livello nazionale.
    Chi può votare e dove
    Possono votare in Italia i soggetti che presentino tali requisiti:

    si è compiuto il diciottesimo anno di età;
    si è cittadini italiani o dell’Unione europea con residenza legale in Italia, o cittadini italiani residenti all’estero;
    si è registrati come votanti entro la scadenza stabilita (per i cittadini UE votanti in Italia).

    Per poter esercitare il diritto di voto presso l’ufficio elettorale di sezione nelle cui liste si risulta iscritti, si dovranno esibire un documento di riconoscimento valido e la tessera elettorale.
    Dove si vota? Presso il seggio elettorale in cui si è iscritti, indicato sulla tessera elettorale e corrispondente alla sezione nel cui ambito territoriale è compreso il luogo di residenza.
    In caso di cittadino italiano votante da un altro Stato membro dell’UE, si può votare presso i seggi elettorali allestiti all’estero dalle sedi diplomatico-consolari italiane del Paese in cui risiedete.
    In alternativa, si può scegliere di votare per i rappresentanti del Paese dell’UE in cui si risiede, secondo le specifiche disposizioni dettate dalla legislazione del Paese di residenza.
    Nel caso di cittadino italiano che vota da un Paese non appartenente all’UE, è possibile votare solo recandosi nel comune italiano nelle cui liste elettorali si è iscritti.

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    Elezioni europee: cosa cambia per gli investitori azionari?

    di Nicolas Wylenzek, 
    Macro Strategist di Wellington Management

    20 Maggio 2024 23:37

    Le imminenti elezioni europee potrebbero accelerare un cambiamento nelle priorità politiche dell’Unione Europea (UE), con implicazioni potenzialmente significative per i titoli azionari della regione.

    Il pendolo politico oscilla verso destra
    Secondo i recenti sondaggi, l’estrema destra potrebbe rivelarsi il grande vincitore delle elezioni del Parlamento europeo del 6-9 giugno. Sebbene riteniamo che i centristi saranno ancora in grado di mantenere una maggioranza complessiva, è probabile che l’equilibrio di potere si sposti dal centro-sinistra al centro-destra, con il Partito Popolare Europeo (PPE) destinato a diventare il gruppo parlamentare più influente. Nella maggior parte dei casi, ci aspettiamo che il PPE continui a votare a favore del centro-sinistra, ma potrebbe anche costruire una maggioranza con l’estrema destra, fattore che darebbe al partito un’influenza significativa quando si tratta di questioni come l’immigrazione, il clima e l’ulteriore integrazione dell’UE.
    Il modo in cui questo potenziale riassetto modificherà la politica dell’UE dipenderà da una serie di fattori, tra cui la composizione della Commissione Europea, i cambiamenti nel panorama politico a livello di Stati membri e gli sviluppi internazionali, come la guerra in Ucraina e le elezioni statunitensi. Tuttavia, in base alle recenti conversazioni con i policymaker, è probabile che la futura politica dell’Unione Europea sia:

    meno green – Alcuni segmenti dell’elettorato ritengono che le misure sul clima si siano spinte troppo in là, soprattutto perché la crisi dei prezzi dell’energia si è un po’ attenuata. Riteniamo che l’UE manterrà l’attenzione sull’indipendenza energetica, ma rallenterà i progressi delle politiche verso il net zero. Inoltre, alcune iniziative a lungo termine – ad esempio la produzione di idrogeno verde – potrebbero perdere slancio.
    meno concentrata sull’integrazione dell’UE – L’aumento del sostegno ai partiti estremisti suggerisce una crescente perdita di fiducia nelle istituzioni governative tra quote consistenti della popolazione europea. Questi elettori ritengono inoltre che l’integrazione dell’UE stia andando troppo veloce e si preoccupano per la sovranità nazionale, il che significa che i progressi in alcuni settori, come ad esempio l’unione dei mercati dei capitali, potrebbero rallentare ulteriormente, mentre le nuove proposte, come il fondo di difesa comune, potrebbero faticare a prendere slancio.
    più dura sull’immigrazione – La riforma delle norme in materia di asilo e migrazione, recentemente approvata, ha reso più difficile l’ingresso dei richiedenti asilo nell’UE, ma i significativi successi dell’estrema destra potrebbero portare a un ulteriore inasprimento. Una mossa di questo tipo potrebbe limitare ulteriormente un mercato del lavoro già rigido.
    più favorevole alle imprese – Una critica comune è che l’attuale Parlamento Europeo si concentra troppo sulla regolamentazione, a scapito delle imprese. Potremmo assistere a sforzi per ridurre alcune misure, soprattutto in settori chiave per la sicurezza nazionale e la resilienza della catena di approvvigionamento, in particolare quello dei semiconduttori e dei minerali critici. Potremmo anche assistere a un alleggerimento più permanente delle norme sugli aiuti di Stato.
    potenzialmente più favorevole alla Cina – Il prossimo Parlamento Europeo potrebbe anche diventare progressivamente più favorevole alla Cina qualora i partiti di estrema destra ottengano buoni risultati. Dopo l’invasione dell’Ucraina, parti dell’estrema destra europea hanno spostato il loro sostegno dalla Russia alla Cina. Un parlamento sempre più favorevole a Pechino potrebbe complicare le relazioni tra l’UE e gli Stati Uniti, che continuano a spingere per il decoupling.

    Sebbene una riduzione degli oneri amministrativi possa essere un chiaro vantaggio per le imprese dell’UE, riteniamo che il cambiamento di direzione complessivo sia marginalmente negativo. Le riforme che favoriscono un’ulteriore integrazione, come l’unione bancaria e l’unione dei mercati dei capitali, rafforzerebbero la resilienza dell’economia dell’UE e faciliterebbero la crescita, mentre consentire e incoraggiare l’immigrazione di manodopera qualificata potrebbe essere importante per contribuire a limitare l’inflazione e migliorare la crescita tendenziale.
    Forte slancio a favore della difesa
    I politici europei stanno chiaramente spostando la loro attenzione dalla transizione energetica alla difesa, considerati:

    l’attenuazione della crisi energetica – Sebbene l’Europa stia ancora spingendo per l’indipendenza energetica, la fase acuta della crisi della disponibilità e dell’accessibilità energetica è terminata. Questa riduzione della pressione rende meno urgente la transizione verso le energie rinnovabili nel breve termine.
    il conflitto in corso in Ucraina – Un’estensione della guerra in Ucraina rimane una possibilità concreta. Dopo anni di sottoutilizzo delle risorse, l’Europa è decisamente impreparata a difendersi o a sostenere in modo significativo l’Ucraina senza l’assistenza degli Stati Uniti.
    un potenziale Trump 2.0 – Una seconda presidenza Trump aumenterebbe significativamente la pressione sui Paesi europei affinché incrementino le spese militari.

    Le aree in cui gli Stati membri dell’UE vogliono lavorare più strettamente includono un migliore coordinamento e una migliore cooperazione su progetti di sviluppo su larga scala, come carri armati e caccia di nuova generazione, un maggiore allineamento degli sforzi di approvvigionamento e il rafforzamento dell’industria della difesa europea per ridurre la dipendenza dalle importazioni. Dato che la spesa per la difesa rimane una questione nazionale, resta da vedere se idee come quella di un commissario europeo per la difesa o il fondo comune per la difesa promosso dalla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen diventeranno realtà. Tuttavia, nelle conversazioni con i responsabili politici, abbiamo notato una chiara volontà di incrementare la spesa. Mentre l’obiettivo di spesa del 2% della NATO è stato a lungo considerato un tetto massimo, molti Paesi dell’UE lo ritengono ora un limite minimo, con la Germania e i Paesi dell’Europa orientale in particolare che stanno aumentando i loro bilanci per la difesa.
    Consideriamo questa crescente spinta della spesa europea per la difesa come un chiaro vantaggio per le aziende europee del settore, che beneficeranno sia di un forte vento di coda che di una migliore visibilità sulla domanda a medio termine. Inoltre, a differenza dei fornitori coinvolti nella transizione energetica, gli appaltatori della difesa sono protetti da barriere all’ingresso molto più elevate. Sebbene le valutazioni siano aumentate in modo significativo, riteniamo che alcuni titoli selezionati rimangano interessanti in un’ottica di lungo periodo.
    Un clima fiscale favorevole
    Le nuove regole fiscali dell’UE concedono agli Stati membri più tempo per raggiungere gli obiettivi fiscali e impediscono tagli drastici alla spesa pubblica, soprattutto se legati a riforme strutturali o investimenti. Le regole riscritte mirano ad aiutare i Paesi europei più poveri, che tendono a beneficiare meno delle economie più grandi del recente allentamento delle norme sugli aiuti di Stato. A nostro avviso, le nuove regole dovrebbero anche contribuire a evitare il ripetersi dell’austerità che ha seguito la crisi finanziaria globale. Nel corso delle nostre conversazioni, i responsabili politici dell’UE hanno riconosciuto i ritardi del programma fiscale dell’UE post-COVID, NextGenerationEU (NextGenEU). Poiché gran parte degli esborsi e dell’attuazione devono ancora avvenire, molti politici si aspettano che il programma venga esteso oltre il 2026. Tuttavia, non si prevede un’altra grande emissione di debito comune per finanziare la spesa fiscale nel breve termine.
    Confermiamo la nostra view secondo cui lo scenario fiscale europeo sorprenderà al rialzo, soprattutto nell’area periferica, poiché questi Stati membri sono i maggiori beneficiari del piano NextGenEU e ci aspettiamo che il programma abbia il suo maggiore impatto nei prossimi tre anni. Inoltre, traiamo conforto dall’allentamento delle regole fiscali, in quanto è improbabile che si verifichino tagli inutili alla spesa pubblica. Sia l’imminente spesa legata al programma NextGenEU che le regole fiscali meno severe dovrebbero favorire i titoli esposti alla domanda interna europea.
    Tutti gli occhi puntati sulle elezioni americane
    Dal punto di vista dell’UE, una presidenza Biden è molto più probabile di una vittoria di Trump, che potrebbe portare a una serie di risultati negativi, tra cui dazi sui prodotti europei, un ulteriore decoupling tra gli Stati Uniti e l’Europa su come affrontare le relazioni con la Cina, un minore coordinamento sul cambiamento climatico e una minore cooperazione/coordinamento sulla difesa. Una seconda presidenza Trump potrebbe anche dare maggiore spazio ai “dissidenti dell’UE”, come il primo ministro ungherese Viktor Orbán e il presidente polacco Andrzej Duda.
    Il percorso che l’UE intraprenderà nel caso di una presidenza Trump non è chiaro ma, dal nostro punto di vista, probabilmente comporterà la riduzione della vulnerabilità dell’UE in settori quali la difesa e la transizione energetica, cercando al contempo di mitigare i rischi associati all’imprevedibilità intrinseca di un’amministrazione isolazionista e transazionale. Questo scenario dovrebbe favorire i titoli del settore della difesa, ma potrebbe rappresentare un rischio per molte società europee internazionali che beneficiano di catene di fornitura globali e tariffe limitate.
    Nel complesso, un contesto in miglioramento
    Nel complesso, nonostante l’evoluzione del panorama politico, che consideriamo marginalmente più negativa, continuiamo ad essere positivi sulle azioni europee, visto il miglioramento del contesto di crescita e il forte sostegno fiscale, con una preferenza per le banche europee e per i beneficiari dei consumi interni, come il settore dei viaggi e del tempo libero. Privilegiamo la difesa da un punto di vista ciclico e il comparto healthcare, quello delle telecomunicazioni e delle utility da un punto di vista più difensivo. Più in generale, la recente forte performance dei mercati azionari europei, escluso il Regno Unito, suggerisce che gli investitori globali hanno iniziato a rivalutare le azioni europee sulla scia della fiorente ripresa della crescita europea e del rischio di concentrazione del mercato statunitense. Riteniamo che questa tendenza sia ancora in atto, anche se la differenziazione attiva sta diventando sempre più importante visto il rapido aumento delle valutazioni in alcuni segmenti del mercato.

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    Europarlamento, c’è l’alleanza: a bordo anche Verdi e Alde

    L’alleanza parlamentare in seno all’assemblea di Bruxelles è stata concordata: una nota dei capigruppo dei partiti popolare, socialista, liberale e dei Verdi svela un equilibrio mai così ampio per il raggiungimento della maggioranza al Parlamento europeo. Il Ppe ed S&D i due gruppi storicamente alla guida della Commissione europea, in seguito al calo nei consensi, […]

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    A cura di Didier Borowski, Head of Macroeconomic Research, Eric Brard, Head of Fixed Income, Kasper ELMGREEN, Head of Equities e Tristan Perrier Senior Economist di Amundi I risultati sono sostanzialmente in linea con le indicazioni dei sondaggi, anche se con una piccola sorpresa “Pro-istituzione”. Insieme, tutte queste forze Pro-istituzione europeiste rappresentano circa il 67% […]

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