Le opposizioni pronte a dare battaglia, in commissione e in Aula. Le associazioni che scendono in piazza martedì, cui già si è unita Magistratura democratica. I sindaci del Pd che guidano le grandi città che lanciano l’allarme sul rischio di smantellamento del sistema di accoglienza e chiedono al governo di ripensarci e, anzi, di valutare l’introduzione dello ius scholae per garantire diritti e integrazione ai migranti. C’è tensione attorno alla annunciata ulteriore stretta sulla protezione speciale che sarà da domani alla prova del voto dopo il serrato confronto per trovare una intesa nella maggioranza.
Le votazioni in commissione Affari costituzionali sono in calendario a mezzogiorno, ma il tempo stringe perché il cosiddetto decreto Cutro, il provvedimento sui flussi e la gestione dei migranti varato nella cittadina calabrese all’indomani del naufragio costato la vita a oltre 90 migranti, è atteso in Aula tra martedì e mercoledì. Ci sono quasi 350 proposte di modifica delle opposizioni sulla carta da votare, e il sub-emendamento della maggioranza che restringe ulteriormente le maglie alla protezione speciale. E i famosi 21 emendamenti che la Lega tiene ancora sul tavolo aspettando di vedere come si evolvono i lavori della commissione.
Praticamente impossibile, secondo i pronostici dei partiti, completare l’esame in commissione. La parola, se non si riuscirà a dare il mandato al relatore, passerebbe così all’Aula dove dovrebbe essere ripresentato da parte della maggioranza il solo emendamento frutto dell’accordo. A meno di “scherzi” che soprattutto in casa Fdi temono da parte dell’alleato leghista. Che però, dicono alcuni senatori, non avrebbe intenzione di ripresentare i 21 in Aula perché il testo che riduce ancora i casi per cui concedere della protezione speciale “va bene a tutti, anche a noi”. “La protezione speciale non esiste a livello europeo, l’Italia non può accogliere da sola i migranti che arrivano da ogni dove”, ribadisce Matteo Salvini, mentre da Fi Maurizio Gasparri, primo firmatario della proposta di maggioranza, sottolinea che era “urgente e indispensabile” intervenire perché “negli anni infatti l’uso strumentale della protezione umanitaria ha praticamente attuato una sanatoria permanente”.
Ecco allora che la protezione speciale potrà essere rinnovata solo per 6 mesi e non si potrà più trasformare in permessi di lavoro. E lo stesso vale quelli per calamità e per cure mediche, a loro volta fortemente ridimensionati. Scelte che agitano i sindaci delle grandi città: in un documento congiunto sul decreto Cutro i primi cittadini di Roma, Roberto Gualtieri, di Milano Beppe Sala, di Napoli Gaetano Manfredi, di Torino Stefano Lo Russo, di Bologna Matteo Lepore, di Firenze Dario Nardella chiedono al governo di fermarsi almeno “sull’esclusione dei richiedenti asilo dal Sai”, sistema che andrebbe invece rafforzato mentre i Cas andrebbero “trasformati in hub di prima accoglienza” da cui fare passare i migranti all’arrivo, prima di essere trasferiti “in modo rapido” al sistema dell’accoglienza”. Va superata, secondo i sindaci Dem, la logica “dell’emergenza” – proprio mentre il governo nomina il commissario ad hoc per i migranti, Valerio Valenti, respinto dalle 4 Regioni guidate dal centrosinistra – e ripensate le vie legali per l’immigrazione a partire dalla “regolarizzazione degli immigrati già presenti in Italia, anche attraverso il ricorso allo ius scholae”. Su cui arriva, però, l’ennesimo no sempre di Salvini: “io – dice il vicepremier – sono contrario allo ius soli e allo ius scholae. Non può essere la cittadinanza un omaggio lungo il percorso senza che chi la riceve possa scegliere al compimento dei 18 anni”.
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