La riforma del regime della prescrizione, che la sospende dopo il primo grado, “presenta rischi di incostituzionalità” e “viola l’art. 111 della Costituzione, con il quale confligge, quanto agli effetti, incidendo sulla garanzia costituzionale della ragionevole durata del processo”. Lo sottolinea nella relazione per l’Anno giudiziario a Milano il Procuratore generale, Roberto Alfonso, che allo stesso tempo lamenta “spaventosi vuoti di organico e la mancanza di risorse che contribuiscono a determinare tempi lunghi del processo”. ‘A Roma prescritto 1 processo su 2’, afferma il presidente della Corte di Appello di Roma, Luciano Panzani, nella sua relazione
MILANO
Nella relazione per l’Anno giudiziario a Milano il Procuratore generale, Roberto Alfonso, lamenta “spaventosi vuoti di organico e la mancanza di risorse che contribuiscono a determinare tempi lunghi del processo” e sottolinea che la riforma del regime della prescrizione, che la sospende dopo il primo grado, “presenta rischi di incostituzionalità” e “viola l’art. 111 della Costituzione, con il quale confligge, quanto agli effetti, incidendo sulla garanzia costituzionale della ragionevole durata del processo”.
Una quarantina di avvocati della Camera penale di Milano hanno sfilato mostrando cartelli con gli articoli della Costituzione come forma di protesta contro la riforma della prescrizione. “Abbiamo indicato tre articoli della Costituzione: il 24 che è per il diritto di difesa, il 27 che è la presunzione di non colpevolezza è il 111 che è il giusto processo. Accoglieremo Davigo con questi cartelli”, ha detto l’avvocato Giovanni Briola del direttivo della Camera penale”. Dopo aver esposto i cartelli con tre articoli della Costituzione, gli avvocati e sono usciti dall’aula magna nel momento in cui ha preso la parola il consigliere del Csm Piercamillo Davigo all’inaugurazione dell’anno giudiziario a Milano. La silenziosa contestazione arriva dopo l’intervista rilasciata dal magistrato nei giorni a un quotidiano sulla riforma della prescrizione che ha suscitato diverse polemiche tra gli avvocati. Lo stesso Davigo è stato applaudito in aula. Quando il presidente della Corte d’Appello di Milano Marina Tavassi nel ringraziare i principali ospiti presenti all’inaugurazione dell’anno giudiziario ha nominato Davigo dicendo che “siamo lieti di accogliere e che per tanti anni abbiamo avuto protagonista nella sede giudiziaria di Milano, nell’aula si è levato uno scroscio di applausi. Davigo, membro del Csm e presidente della Seconda sezione penale della Cassazione, è in questi giorni al centro di un duro scontro con i penalisti per le frasi pronunciate in un’intervista nei confronti degli avvocati relative alla prescrizione.
Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, intervenendo all’inaugurazione di Milano, ha detto di rispettare “le divergenze dei penalisti” perché “fisiologiche”. “Io – ha aggiunto – sono pronto al confronto con tutti gli attori”, “condivido che dobbiamo intervenire sui tempi del processo”. Il ministro ha spiegato inoltre di non aver “mai detto che per me la prescrizione è un modo per ridurre questi tempi”.
ROMA
Nel 2019 nel distretto del Lazio “i processi prescritti sono stati 19.500 su un totale di 125.000, pari al 15%. Di questi 48% in appello (7.743) e 10% al Gip-Gup (7.300), 12% al dibattimento monocratico (4.300), 118 al collegiale (5%). La prescrizione colpisce maggiormente nei processi per cui c’è condanna in primo grado e quindi quasi uno su due a Roma in Appello”. Lo afferma il presidente della Corte d’Appello di Roma, Luciano Panzani, nel corso del suo intervento all’inaugurazione dell’anno giudiziario. “L’elevato numero delle prescrizioni – aggiunge Panzani – è stato determinato dal notevole ritardo nell’arrivo del fascicolo in Corte dopo la proposizione dell’atto di appello, cui si è aggiunto il tempo necessario per l’instaurazione del rapporto processuale, spesso condizionato da vizi di notifica”. Per Panzani “questo però è il risultato del collo di bottiglia a cui si è ridotto l’appello. Il Ministero ha finalmente previsto l’aumento delle piante organiche delle Corti di appello: + 9 consiglieri a Roma e a Napoli. Per Roma significa 2.000 sentenze penali in più all’anno. Un progresso, non la soluzione del problema, anche se Roma in pochi anni è passata dalle 10.000 sentenze penali all’anno del 2014-2015 alle 16.000 del 2019, con un aumento, al netto delle sentenze di prescrizione, di 3.000 sentenze penali all’anno”. Per il presidente della Corte d’Appello, “la battaglia per risolvere il problema della prescrizione può essere vinta” potenziando “adeguatamente le Corti e per porre rimedio all’arretrato che si è accumulato, per i reati minori, un’amnistia mirata”. Lo afferma il presidente della Corte d’Appello di Roma, Luciano Panzani, nella relazione all’inaugurazione dell’anno giudiziario. Per l’alto magistrato “sospendere la prescrizione non serve a nulla. Significa soltanto accumulare i processi senza che ci siano le risorse per farli. L’impegno del Ministero per assumere personale ( gli uffici hanno scoperti di personale amministrativo del 20-30%) non possono essere sufficienti e tempestivi. I vuoti di organico dei magistrati richiedono al ritmo attuale cinque anni di concorsi per essere colmati”. Per Panzani “sospendere i processi senza farli significa ledere in modo irreparabile diritti fondamentali ad un processo equo e tempestivo, evitando che la pena venga irrogata e scontata dopo che è passato troppo tempo dal fatto e quando ormai ha perso gran parte del suo significato”.
Il procuratore generale facente funzione dell Corte d’Appello di Roma, Federico De Siervo, nella sua relazione afferma che è “confermata la presenza di un significativo numero di organizzazioni criminali qualificabili ai sensi dell’art. 416 bis del codice penale, secondo lo schema interpretativo delle piccole mafie, elaborato dalla Corte di Cassazione negli ultimi anni. Quello che negli anni scorsi era apparso come un fenomeno criminale assolutamente innovativo, ma ancora in fase iniziale ha trovato nell’ultimo periodo plurime importanti conferme, sia a livello investigativo che processuale. Accanto alla vera e propria novità della presenza di organizzazioni mafiose di matrice autoctona – aggiunge -, opera una composita galassia criminale, tanto nutrita quanto pericolosa, fatta di singoli o gruppi che costituiscono altrettante proiezioni, in senso ampio, delle organizzazioni mafiose tradizionali, della ‘ndrangheta, innanzitutto, di diversi gruppi di camorra, ma anche di Cosa Nostra”. Per De Siervo “le organizzazioni criminali tradizionali (soprattutto ‘ndrangheta e camorra) da lungo tempo acquisiscono, anche a prezzi fuori mercato, immobili, società ed esercizi commerciali nei quali impiegano ingenti risorse economiche provenienti da delitti. In tale ambito le organizzazioni mafiose non hanno dovuto impegnarsi nel contendere l’egemonia” e “di conseguenza, nel Lazio e soprattutto a Roma, in linea di tendenza, non hanno operato secondo le più consuete metodologie, cioè attraverso comportamenti manifestamente violenti ma hanno cercato di mantenere una situazione di tranquillità in modo da poter agevolmente realizzare il loro principale obiettivo: la progressiva penetrazione nel tessuto economico ed imprenditoriale del territorio, e soprattutto della Capitale, allo scopo di riciclare e reimpiegare con profitto capitali di provenienza criminosa”.
REGGIO CALABRIA
Malore durante la cerimonia di apertura dell’anno giudiziario a Reggio Calabria per il presidente della Corte d’Appello, Luciano Gerardis. Il magistrato, che dopo i primi soccorsi è comunque apparso vigile, si è accasciato al suolo mentre stava leggendo la relazione. Subito è intervenuto il medico in servizio nella scuola allievi carabinieri dove si sta svolgendo la cerimonia che è stata interrotta. Dopo qualche minuto Gerardis ha voluto rientrare in aula, ma ha accusato un nuovo malore ed è stato portato in ospedale. Anche in questa circostanza il magistrato si è mantenuto vigile. Il magistrato si è nuovamente sentito male mentre assisteva al prosieguo della cerimonia. Anche in questa circostanza è intervenuto il medico in servizio alla caserma allievi carabinieri “Fava e Garofalo”, dove si sta svolgendo la cerimonia, che ne ha disposto l’immediato ricovero in ospedale. La cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario, che ha subito una nuova interruzione ed è poi ripresa con l’intervento del Procuratore generale Bernardo Petralia, si è poi conclusa con largo anticipo rispetto al programma previsto.
CATANIA
Quello “che si è concluso” è stato” “un ‘annus horribilis’ per la magistratura, avendo avvenimenti recenti e che hanno avuto grande eco nell’opinione pubblica, riproposto il dibattito sui valori morali e sui principi costituzionali che sorreggono l’indipendenza della magistratura”. Così il presidente della Corte d’appello Giuseppe Meliadò nella relazione inaugurale dell’Anno giudiziario di Catania. “Il rischio di reazioni emotive e di valutazioni affrettate del tutto scontate – osserva Meliadò – in una società che privilegia la velocità della comunicazione rispetto ai tempi della riflessione non ha impedito, tuttavia, che si avviasse su questi temi una discussione che, nonostante luci e ombre, ha cercato di distinguere tra quelli che sono i valori di fondo – e come tali irrinunciabili – dell’autogoverno e del pluralismo ideale ed organizzativo della magistratura e le esigenze di rinnovamento che, attraverso la scrittura di nuove regole, possono migliorare la capacità della magistratura di articolarsi come potere diffuso, ma non gerarchico, potere responsabile, ma soggetto solo alla legge, sollecitando – sottolinea il presidente della Corte d’appello di Catania – l’inclinazione di ogni magistrato ad essere, in ogni momento della vita professionale, ‘senza timore e senza speranze’, per come ha voluto la Costituzione Repubblicana”.
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