Bruxelles – A giudicare dalle dichiarazioni degli ultimi giorni, la strategia europea di esternalizzazione delle frontiere al di là del Mediterraneo è destinata infrangersi sul muro eretto dal presidente tunisino Kais Saied. Dopo aver ribadito ai ministri degli Interni di Parigi e Berlino, a Tunisi per una missione congiunta, che la Tunisia “non accetterà mai di essere il guardiano dei confini di nessun Paese, né accetterà l’insediamento di migranti sul proprio territorio”, Saied ha ribadito il concetto a margine della partecipazione al vertice di Parigi per un nuovo patto finanziario globale. La Tunisia “non è una stanza in affitto o in vendita: tutte le decisioni scaturiranno dalla volontà del popolo tunisino”.
Eppure, se si presta orecchio all’ottimismo ostentato da Giorgia Meloni e dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, le parti non sembrerebbero così distanti. Proprio la leader Ue, che al termine del summit di Parigi si è intrattenuta in un incontro bilaterale con l’uomo forte di Tunisi, ha dichiarato su Twitter: “Ci stiamo impegnando a fondo per lanciare il nostro nuovo pacchetto di partenariato globale per la Tunisia. Vogliamo rafforzare il nostro impegno su tutti e cinque i pilastri del pacchetto”. La partnership prevede appunto una maggiore cooperazione su sviluppo economico, scambi e investimenti, accordi sulle energie rinnovabili, gestione dei flussi migratori, mobilità e formazione nell’ambito della partnership per i talenti.
L’incontro di oggi con von der Leyen è solo l’ultimo di una serie di tentativi che l’Unione, spinta soprattutto dall’Italia, sta facendo per trovare in Saied un alleato fidato per mettere un tappo alle partenze di migranti dal Paese nordafricano. Prima il commissario Ue agli Affari economici, Paolo Gentiloni, poi in scia la commissaria per gli Affari Interni, Ylva Johansson, i ministri italiani Tajani e Piantedosi, Giorgia Meloni con l’omologo olandese Mark Rutte e Ursula von der Leyen, fino alla visita franco-tedesca dei ministri Gerald Darmanin e Nancy Faeser. Durante la missione di Meloni, Rutte e von der Leyen, appena dieci giorni fa, i tre sono riusciti a strappare l’accordo per la firma di un memorandum d’intesa con la Tunisia, che in particolare la premier italiana vorrebbe veder realizzato prima dell’ormai imminente Consiglio europeo del 28-29 giugno.
Nella prima bozza delle conclusioni del vertice Ue, visionata da Eunews, i 27 capi di stato e di governo “accolgono con favore il pacchetto di partenariato con la Tunisia”, che porterà “benefici reciproci”. Nel primo dei 5 pilastri dell’accordo, dedicato allo sviluppo economico, l’Ue si dice pronta a mobilitare immediatamente 150 milioni come supporto al budget e 105 per la gestione dei flussi migratori – di cui 60 per il controllo dei confini-, restituendo di fatto un po’ di ossigeno alle casse di un Paese sull’orlo del collasso economico-sociale. I restanti 900 milioni di assistenza microfinanziaria rimarrebbero invece vincolati alla firma dell’accordo da 1,9 miliardi di dollari tra Tunisi e il Fondo Monetario Internazionale (Fmi), congelato ormai da mesi a causa del rifiuto di Saied di avviare una serie di riforme impopolari previste per sbloccare il finanziamento.
In cambio, l’Ue chiede in sostanza a Saied di continuare a fermare le partenze dei barconi e di trasformare la Tunisia in una sorta di piattaforma dove rispedire i migranti irregolari, che verrebbero sottoposti alle procedure d’asilo nel Paese nordafricano. I migranti a cui fosse riconosciuto il diritto d’asilo verrebbero ripresi dagli Stati membri, gli altri resterebbero in Tunisia. Saied sa bene di avere il coltello dalla parte del manico e sta utilizzando la leva della migrazione per ottenere dai governi europei più esposti – in primis quello italiano – l’appoggio diplomatico e economico necessario per far fronte alla grave crisi economica e sociale che imperversa nel Paese. Ma a tirare troppo la corda, finisce che si spezza. E non gioverebbe né a Tunisi, né a Bruxelles.