Bruxelles – L’attore geopolitico più coinvolto dalle elezioni in Turchia, che non si sbilancia ma allo stesso tempo è direttamente interessato dall’esito dell’imminente tornata elettorale, finalmente esce allo scoperto. “La Turchia è un partner importante in molti campi per l’Unione Europea, seguiamo il ciclo elettorale nel Paese da molto vicino e ci aspettiamo trasparenza, inclusività e allineamento agli standard democratici“, è il commento a tre giorni dal voto per le presidenziali e parlamentari in Turchia da parte del portavoce del Servizio Europeo per l’Azione Esterna (Seae), Peter Stano.
Rispondendo alle domande della stampa di Bruxelles, il portavoce ha messo in chiaro che l’Unione attende il risultato del primo turno di domenica (14 maggio), anche se la questione più cruciale è il rispetto degli standard per elezioni libere e trasparenti: “Tutte le parti devono rispettare la legge e la volontà dei cittadini, è importante che sia garantita la pluralità e la libertà dei media, ma anche un uguale trattamento per tutti i partiti politici e i candidati“, ha puntualizzato Stano. Un messaggio che arriva alla vigilia di un momento epocale per la storia recente turca, da cui emergerà il nome del futuro presidente della Repubblica: o, ancora una volta, Recep Tayyip Erdoğan, o lo sfidante che potrebbe incarnare il rinnovamento politico, l’economista Kemal Kılıçdaroğlu. L’Ue non prevede “nessuna missione di osservazione elettorale in Turchia”, è quanto precisato dal portavoce del Seae, anche se Bruxelles accoglie “con favore” l’invito delle autorità turche all’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce): “È un passo importante perché dimostra la volontà di assicurare la trasparenza del voto“.
Gli sfidanti alle presidenziali 2023 in Turchia
Il presidente della Turchia è eletto direttamente con il sistema del doppio turno. Se nessun candidato conquista la maggioranza semplice (più del 50 per cento dei voti) al primo turno, si svolge un ballottaggio tra i due candidati più votati. Gli aspiranti presidenti devono avere almeno 40 anni e devono aver completato l’istruzione superiore. Qualsiasi partito che abbia ottenuto il 5 per cento dei voti nelle precedenti elezioni parlamentari può presentare un candidato, si possono formare alleanze e schierare candidati comuni, mentre gli indipendenti possono candidarsi solo se raccolgono 100 mila firme.
La presidenziali del 2023 sono considerate una sfida politica e personale tra Erdoğan e Kılıçdaroğlu. Da una parte c’è il presidente e leader conservatore del Partito della Giustizia e dello Sviluppo (Akp) al potere da 20 anni esatti – dal 2003 al 2014 come primo ministro, dal 2014 a oggi come capo di Stato – dall’altra lo sfidante outsider, un politico 73enne noto per la sua onestà e frugalità a livello comunicativo – ma non solo – e per le vittorie del suo Partito popolare repubblicano (Chp) a Istanbul e Smirne nel 2019.
A sostegno di Kılıçdaroğlu si è formata la cosiddetta ‘Tavola dei Sei’, un patto tra sei partiti di opposizione per esprimere un candidato comune, che può essere al contempo l’elemento di forza e quello di debolezza per il leader del Chp. Lo sfidante di Erdoğan ha proposto una piattaforma di riforme in cui spicca l’abolizione del presidenzialismo (la figura del primo ministro è stata abolita nel 2018 proprio dal leader dell’Akp), ma allo stesso tempo la coalizione che lo sostiene spazia dal centrosinistra alla destra nazionalista e l’unico elemento che davvero sembra tenerla unita è il tentativo di estromettere Erdoğan dal potere. D’altro canto Erdoğan è indebolito da due fattori che pesano su una fetta consistente dell’elettorato. L’inflazione galoppante da mesi sta mettendo in crisi la classe media, mentre a livello di opinione pubblica il presidente turco ha faticato a difendersi dalle critiche sulla gestione del terremoto dello scorso 6 febbraio che ha causato oltre 50 mila morti: al centro delle polemiche c’è l’abusivismo edilizio nelle zone colpite dal sisma reso possibile dalla rete clientelare e di corruzione che fa capo al partito di Erdoğan, considerato uno degli elementi che ha più favorito il collasso di intere città nel sud del Paese.
Sul piano dei sondaggi pre-elezioni questo si è tradotto in un crollo dei consensi per Erdoğan, anche se nelle ultime settimane si è evidenziato un recupero rispetto alle proiezioni che davano Kılıçdaroğlu in vantaggio con oltre il 55 per cento delle preferenze. Considerata la presenza di altri due candidati minori – Muharrem İnce del Partito della Patria e l’indipendente Sinan Oğan sostenuto dall’Alleanza Ata – alle presidenziali più decisive della storia recente della Turchia lo scenario più verosimile è una sfida al secondo turno tra Erdoğan e Kılıçdaroğlu, in programma il 28 maggio. Questo solo se i due candidati più forti non si troveranno da soli a sfidarsi già domenica: İnce ha annunciato oggi il ritiro dalla corsa elettorale e non è da escludere che Oğan faccia lo stesso a stretto giro.