Bruxelles – Ursula von der Leyen volerà la prossima settimana in Egitto per discutere con il presidente Abdel Fattah al-Sisi di “come indirizzare al meglio il nostro sostegno alla regione” di fronte alla crisi di insicurezza alimentare globale trainata dalla guerra di Russia in Ucraina. La conferma è arrivata questa mattina (8 giugno) a Strasburgo dalla stessa presidente della Commissione Europea in un dibattito con il Parlamento europeo sull’ultimo Vertice Ue che si è tenuto il 30-31 maggio, affrontando le conseguenze della guerra di Mosca sulla sicurezza alimentare ed energetica globale.
Tra le altre conseguenze della guerra in Ucraina, la presidente cita con apprensione l’aumento dei prezzi dell’energia che ha fatto aumentare i costi dei fertilizzanti o del trasporto delle esportazioni. Ma il tema è soprattutto le difficoltà che si stanno incontrando nell’esportare le materie prime agricole nel mondo. “Il cibo è ormai diventato parte dell’arsenale del terrore del Cremlino. E non possiamo tollerarlo”, accusa von der Leyen. “Penso che questo sia l’unico modo per descrivere il bombardamento da parte della Russia degli impianti di stoccaggio del grano, il blocco dei porti ucraini – anzi in alcuni casi anche il furto di grano dall’Ucraina. Quindi, al momento, ci sono circa 20 milioni di tonnellate di grano intrappolate in Ucraina”, ha ricordato.
Kiev produce il 12 per cento del grano mondiale, il 15 per cento del suo mais e il 50 per cento del suo olio di girasole, ed è il principale esportatore di prodotti agricoli per i paesi del Nord Africa e del Medio Oriente, che iniziano a soffrire il rallentamento delle esportazioni. L’invasione della Russia, iniziata lo scorso 24 febbraio, fa temere per la sicurezza alimentare su scala globale. In circostanze normali, Bruxelles stima che il 75 per cento della produzione cerealicola ucraina venga esportata, e prima della guerra, i porti ucraini sul Mar Nero rappresentavano il 90 per cento delle esportazioni di cereali e semi oleosi. Circa un terzo delle esportazioni è destinato all’Europa, alla Cina e all’Africa.
Dell’intenzione di viaggiare in Egitto, von der Leyen aveva fatto menzione già in conferenza stampa al termine del Vertice Europeo del 30-31 maggio con l’idea di affrontare “le questioni di sicurezza alimentare anche in senso regionale, non solo europeo o dell’Ucraina”. Discutere di sicurezza alimentare non è sicuramente l’unica ragione che spinge la leader dell’Esecutivo europeo a recarsi in Egitto. Nel piano ‘REPowerEu’ per svincolare l’UE dai combustibili fossili importati dalla Russia, la Commissione Europea ha fissato tra gli obiettivi per porre fine alla dipendenza dal gas russo una spinta sulle energie rinnovabili e fonti di energia a basse emissioni di carbonio, efficienza e risparmio. Ma è ben consapevole che il fabbisogno residuo di gas naturale dell’Europa andrà coperto dalla diversificazione dei fornitori. Nella comunicazione del piano presentato il 18 maggio scorso, Bruxelles stima che sarà necessario aumentare le sue importazioni di gas da fonti non russe: principalmente gas naturale liquefatto, Gnl (+50 miliardi di metri cubi), ma anche gas proveniente da gasdotto (+10 bcm) visti i limiti infrastrutturali di molti Paesi membri che non dispongono o dispongono di pochi rigassificatori sul proprio territorio.
Dopo un accordo con gli Stati Uniti per la consegna di almeno 15 miliardi di metri cubi di Gnl nel 2022 e circa 50 miliardi di metri cubi all’anno almeno fino al 2030 e dopo che Giappone e Corea hanno già reindirizzato una serie di carichi verso l’Europa, la Commissione europea punta “entro quest’estate” – come si legge nella comunicazione – e dunque nelle prossime settimane a concludere un accordo trilaterale con Egitto e Israele per maggiori forniture di Gnl all’Europa. I contatti tra Unione e Israele sono già in corso, ufficialmente da inizio aprile ma si stanno accelerando. I due partner stanno negoziando per trasportare il gas attraverso l’Egitto, dopo che la ministra per l’Energia di Israele Karin Elharrar ha fatto capire che intende sfruttare appieno il “vuoto” e l’opportunità nel mercato energetico globale e soprattutto quello europeo lasciato dalla Russia, a causa delle sanzioni imposte dall’UE.
A novembre, Egitto e Israele hanno firmato un accordo per facilitare il trasferimento del gas israeliano in Egitto e una volta iniziata la guerra di aggressione della Russia ai danni dell’Ucraina, a fine febbraio, hanno approfondito i colloqui con Bruxelles per sfruttare l’opportunità e trasferire il Gnl in Europa, dove poi sarà rigassificato. Prima dell’invasione dell’Ucraina, Mosca forniva all’Europa circa il 40% della sua domanda di gas all’anno. Israele, da solo, non può compensare tutta la domanda di gas coperta dalla Russia, ma Bruxelles stima che con una partnership rafforzata con i Paesi del Mediterraneo orientale si può arrivare a forniture per oltre 15 miliardi di metri cubi all’anno. Nel piano REPowerEu c’è un intero capitolo dedicato alla dimensione esterna di questo progetto per dire addio ai combustibili fossili russi, che vedrà Bruxelles impegnata sia con i principali paesi produttori (Stati Uniti, Australia, Qatar, Nigeria, Egitto, ecc.) sia con i paesi consumatori (Cina, Giappone, Corea) di gas.