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    Johansson presenta il Piano d’azione per il Mediterraneo centrale: focus su partenze, salvataggio in mare e ricollocamenti

    Bruxelles – Tre linee direttive per affrontare il fenomeno migratorio nel Mediterraneo centrale: lavorare sulla cooperazione tra gli Stati Ue, con i Paesi di partenza e con l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Iom) per prevenire le partenze, agire nella fase di ricerca e soccorso in modo più coordinato, perfezionare l’implementazione del meccanismo di solidarietà per i ricollocamenti.
    Non emerge niente di più che una forte dichiarazione di intenti dalle parole della Commissaria Ue per gli Affari interni, Ylva Johansson, che ha presentato questa mattina (21 novembre) il Piano d’azione per il Mediterraneo centrale. Venti interventi pensati “per affrontare le sfide immediate e attuali”, su cui la querelle tra Francia e Italia sulla nave ong Ocean Viking ha tutto a un tratto riacceso i riflettori.
    I tempi per un approccio europeo più strutturale al fenomeno delle migrazioni sono maturi già da un pezzo, ma un 2022 con ingressi in Ue da record ha rispolverato con forza la questione: secondo l’ultimo rapporto Frontex, dall’inizio dell’anno sono già oltre 275 mila gli ingressi irregolari alle frontiere dell’Unione, il dato più alto dal 2016. Di questi, la maggior parte sono stati registrati nei Balcani Occidentali (130 mila), ma all’incirca 90 mila rientrano nella rotta che dalle coste libiche arriva ai porti siciliani e calabresi, in aumento del 48 per cento rispetto all’anno precedente.
    In questo contesto la Commissione presenterà il Piano d’azione al Consiglio straordinario Affari Interni del prossimo 25 novembre, convocato in fretta e furia dopo lo scontro sull’asse Parigi-Roma, in aggiunta a quello dell’8 dicembre, dove secondo Johansson “si faranno passi avanti sul nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo”. Per la commissaria questo rimane comunque “l’unica via per un quadro europeo solido e comprensivo per affrontare le sfide migratorie”. Il tema sarà anche affrontato in un “key debate” all’emiciclo di Strasburgo mercoledì mattina.
    “Non possiamo gestire la migrazione caso per caso, barca per barca. È possibile trovare soluzioni strutturali solo adottando il nostro Patto Ue”, ha scritto in un tweet il vicepresidente della Commissione Ue, Margaritis Schinas, che ha tra le sue deleghe quella alla migrazione. Il problema è che il Patto, che dovrebbe ripesare e equilibrare l’impegno degli Stati membri e abbandonare parzialmente il meccanismo del Paese di primo approdo stabilito dal sistema di Dublino, procede a rilento: per questo si è reso necessario l’accordo estivo, sotto la presidenza francese, sul Meccanismo di solidarietà per i ricollocamenti, e ora un nuovo Action Plan per fissare i punti cardine degli interventi sul tema.
    Il piano d’azione della Commissione
    Delle tre aree di intervento indicate dalla Commissione, la più densa risulta essere quella che riguarda la dimensione esterna del fenomeno: Johansson ha ricordato che sul piatto ci sono 580 milioni di euro, finanziati attraverso l’Ndici- Europa globale, per sostenere i Paesi del Nord-Africa (Libia, Tunisia e Egitto su tutti) in programmi per “favorire la crescita economica, l’occupazione e la prosperità” nella regione e per “rafforzare le capacità di Tunisia, Egitto e Libia per garantire una migliore gestione delle frontiere e della migrazione”, si legge nel piano. “C’è un evidente bisogno di lavorare con i Paesi terzi per prevenire le partenze”, ha dichiarato Johansson, menzionando i risultati raggiunti in termini di diminuzione di ingressi di migranti sub-sahariani grazie alla partnership anti-smuggling (anti-trafficanti) stipulata con il Niger, e alla collaborazione con le Nazioni Unite e con l’Unione africana sui “Resettlement Programme”, attraverso cui “più di 60 mila persone sono volontariamente rientrate nei Paesi d’origine, 3 mila solo nel 2022”.
    Quando non si riesce a evitare le partenze, c’è da intervenire nella fase di ricerca e soccorso, a cui è dedicato il secondo capitolo dell’Action Plan. La commissaria Ue agli Affari interni ha ribadito ancora una volta che salvare vite in mare è un “chiaro e inequivocabile obbligo legale”, ma ha ammesso che “la situazione attuale con le imbarcazioni private che operano in mare è uno scenario non ancora sufficientemente chiaro”. La ricetta proposta dalla Commissione, in un’area spinosa a causa della competenza statale nelle proprie zone di ricerca e salvataggio (Sar), è una maggiore cooperazione tra Stati membri, Paesi costieri e Stati di bandiera delle navi Ong. Johansson ha garantito che nel nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo, che la Commissione vorrebbe vedere operativo entro la fine di questo mandato (febbraio 2024), è affrontata anche la questione tanto cara al governo italiano del codice di condotta in mare, oltre che un approccio condiviso e coordinato attraverso un gruppo europeo “search&rescue”.
    Gli ultimi tre punti del Piano d’azione riguardano l’implementazione del Meccanismo di solidarietà firmato lo scorso 22 giugno da 18 Paesi membri. Guardando i numeri, il problema è evidente: se l’accordo è riuscito a mettere insieme più la disponibilità a 8 mila ricollocamenti dai Med-5 (Italia, Spagna, Grecia, Cipro e Malta) verso gli altri Stati firmatari, in realtà fino a oggi i trasferimenti effettivi sono stati solo 112 (38 in Francia e 74 in Germania). Per Johansson il meccanismo temporaneo “è un’opportunità di imparare la lezione verso il futuro sistema permanente previsto dal Patto”. È evidente, secondo la commissaria, la necessità di “rivedere le procedure per velocizzare i ricollocamenti, migliorando la flessibilità e razionalizzando i processi”.
    Johansson non ha dubbi sulla solidarietà francese, nonostante le dichiarazioni del ministro dell’interno transalpino che, appena una settimana fa, aveva detto di voler sospendere l’accordo di ricollocamento, invitando tutti gli altri Paesi firmatari a fare lo stesso in risposta al rifiuto italiano di accogliere la Ocean Viking. “È grazie alla presidenza francese che abbiamo costruito il meccanismo di solidarietà, per cui sono certa che Parigi continuerà il dialogo in modo costruttivo, com’è sempre stato”.
    Di questo e di tanti altri temi di attualità nelle politiche europee si discuterà nel nono appuntamento annuale di Eunews “How Can We Govern Europe?“, in programma a Roma il 29 e 30 novembre negli spazi delle rappresentanze di Commissione e Parlamento europei, in piazza Venezia.

    Secondo la commissaria Ue “c’è bisogno di lavorare per prevenire le partenze”, attraverso una maggiore cooperazione con i Paesi del Nord Africa. Salvataggio in mare e miglioramento del meccanismo di solidarietà gli altri due punti, che sarebbero già previsti nel nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo proposto dalla Commissione a settembre 2020

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    La Commissione chiede ai Balcani Occidentali di allinearsi alla politica dei visti per frenare gli ingressi irregolari nell’Ue

    Bruxelles – La rotta balcanica torna al centro delle preoccupazioni dell’Unione Europea, o quantomeno della Commissione e di alcuni Paesi membri che stanno vedendo aumentare il numero di ingressi irregolari e le richieste di asilo. “Abbiamo assistito a un aumento significativo di migranti che viaggiano senza visto verso i Paesi partner dei Balcani Occidentali e che entrano poi nell’Unione Europea in modo irregolare”, è quanto affermato dalla commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson, in occasione del Consiglio Affari Generali di oggi (venerdì 14 ottobre) a Praga.
    “Siamo in stretto contatto con gli Stati membri che sono più sotto pressione”, ha sottolineato alla stampa europea la commissaria Johansson, facendo riferimento ad Austria (“molti indiani stanno chiedendo l’asilo”) e Belgio (“c’è un grande gruppo di persone in arrivo dal Burundi”). Da Bruxelles il problema principale è il “non allineamento sulla politica dei visti di alcuni Paesi partner“, in particolare quelli che si trovano sulla rotta balcanica e a cui l’Ue ha riconosciuto un regime di esenzione (Albania, Bosnia ed Erzegovina, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia, mentre il Kosovo attende dal 2018 una decisione del Consiglio sulla liberalizzazione dei visti per i propri cittadini). “Incontrerò i partner balcanici la prossima settimana a Berlino, la settimana successiva a Praga e quella dopo ancora a Tirana”, ha fatto sapere la titolare degli Affari interni nel gabinetto von der Leyen, precisando che “vogliamo aiutarli anche sulla lotta contro la tratta di esseri umani“.
    Considerato quanto emerso dal recente viaggio del vicepresidente esecutivo della Commissione, Margaritis Schinas, nella regione balcanica, uno degli indiziati principali delle esortazioni dell’esecutivo comunitario è la Serbia. “Non è giusto che l’Unione Europea abbia concesso l’esenzione dei visti ai Paesi dei Balcani Occidentali e che questi abbiano accordi di esenzione con Paesi terzi a cui noi non la riconosciamo“, ha rivendicato Schinas dopo la tappa a Belgrado. Una precisazione sulle contromisure che potrebbero arrivare da Bruxelles l’ha fornita la commissaria Johansson oggi: “Spero che avremo con la Serbia una buona cooperazione e che allinei la sua politica di visti alla nostra, ma non posso escludere nemmeno una sospensione del regime dei visti“. Anche se è Belgrado a presentare diversi punti di criticità nei rapporti con l’Unione in cui sta cercando di accedere (in particolare per quanto riguarda le sanzioni contro la Russia), la questione si estende a “molti dei partner” che si trovano sulla rotta balcanica: “Dovremo raggiungerli tutti”, ha concluso la commissaria europea.
    Da sinistra: il presidente della Serbia, Aleksandar Vučić, il premier ungherese, Viktor Orbán, e il cancelliere austriaco, Karl Nehammer, al vertice a tre di Budapest, 3 ottobre 2022 (credits: ATTILA KISBENEDEK / AFP)
    Il tema dell’esenzione dei visti verso Paesi come India, Tunisia e Burundi in vigore in Serbia – che permette a diverse persone migranti di arrivare a Belgrado e poi provare ad attraversare il confine con l’Ue – è stato anche al centro del vertice a tre dello scorso 3 ottobre a Budapest tra il presidente della Serbia, Aleksandar Vučić, il cancelliere austriaco, Karl Nehammer, e il premier ungherese, Viktor Orbán, per cercare soluzioni condivise per affrontare il fenomeno migratorio lungo la rotta balcanica. Il “piano d’azione” dei due Paesi membri Ue e del candidato dal 2012 all’adesione all’Unione includerà una “maggiore cooperazione” delle forze di polizia lungo i confini (incluso quello serbo meridionale, con la Macedonia del Nord) e il sostegno “anche finanziario” alla Serbia per il rimpatrio delle persone migranti. Proprio in occasione del vertice di Budapest il presidente Vučić ha promesso che “entro fine dell’anno” Belgrado allineerà le politiche nazionali sui visti con quelle Ue, mentre il premier ungherese Orbán è tornato a rivendicare la creazione di hotspot al di fuori del territorio comunitario, una proposta che può violare il diritto di accesso al territorio per i rifugiati.

    Secondo l’esecutivo comunitario e alcuni Stati membri (tra cui Austria e Ungheria), i partner balcanici a cui è garantita l’esenzione dei visti dall’Ue non possono fare lo stesso con Paesi terzi a cui Bruxelles non la riconosce. La Serbia è la prima indiziata dopo il vertice con Budapest e Vienna

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    L’Ue estende la protezione temporanea ai rifugiati ucraini fino a marzo 2024. Lanciata una piattaforma per l’impiego

    Bruxelles – Nel giorno dei nuovi bombardamenti su Kiev e altri maggiori centri dell’Ucraina da parte della Russia di Putin, Bruxelles lancia subito un messaggio chiaro: oltre al sostegno armato e finanziario per la resistenza all’invasione del Cremlino, le porte dell’Unione sono sempre aperte per i rifugiati ucraini in fuga dalla guerra. Lo ha spiegato senza giri di parole la commissaria europea per gli Affari interni, Ylva Johansson, in un punto con la stampa a Bruxelles: “La direttiva sulla protezione temporanea continuerà a essere in vigore almeno fino a marzo 2024, quello che abbiamo visto questa mattina dà un segnale molto chiaro che dobbiamo continuare ad accoglierli”.
    L’anticipazione è arrivata nel corso della presentazione della nuova piattaforma online per la ricerca di lavoro lanciata oggi (lunedì 10 ottobre), che aiuterà i rifugiati ucraini a trovare un impiego sul territorio dell’Unione Europea. L’annuncio della commissaria Johansson ha stupito per il tempismo, dal momento in cui la direttiva sulla protezione temporanea applicata a inizio marzo scorso sarà in vigore fino a marzo 2023 e solo allora si dovrebbe decidere se estenderla con rinnovi semestrali per un altro anno (arrivando, appunto, al marzo 2024). Se poi le condizioni dovessero rimanere critiche, il Consiglio potrà decidere a maggioranza qualificata l’estensione per un terzo anno, su proposta della Commissione. “Il nostro obiettivo è garantire che gli ucraini possano continuare a beneficiare della direttiva sulla protezione temporanea, ma siamo anche pronti a sostenere coloro che decidono di tornare in Ucraina“, ha precisato Johansson.
    A proposito delle possibilità di lavoro per i rifugiati ucraini nei 27 Stati membri, il nuovo strumento online permette di caricare il curriculum vitae dopo la registrazione alla piattaforma EU Talent Pool per sfogliare oltre 3 milioni di offerte di lavoro e per farsi conoscere da più di 4 mila tra datori di lavoro, servizi pubblici nazionali e agenzie private per l’impiego in tutta l’Unione. La proposta era arrivata a fine aprile e da oggi è disponibile in inglese, ucraino e russo sul portale Eures (gestito dall’Autorità europea del lavoro), per tutte le persone che beneficiano della protezione temporanea. “È una tragedia che milioni di persone siano state costrette a fuggire dalle loro case, è nostro dovere collettivo fornire tutto il sostegno possibile per aiutarli a costruirsi una vita nell’Ue”, ha spiegato il commissario per l’Occupazione e i diritti sociali, Nicolas Schmit.

    La commissaria europea per gli Affari interni, Ylva Johansson, ha annunciato l’estensione della prima scadenza della direttiva per la solidarietà tra Paesi membri nell’accoglienza e le facilitazioni di ingresso per chi fugge dalla guerra

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    L’Ue vicina allo stop ai visti agevolati per il russi. E non riconoscerà i passaporti rilasciati nei territori occupati

    Bruxelles – È scattata la nuova offensiva diplomatica dell’Unione Europea contro la Russia e, dopo l’intesa informale tra i Ventisette, in meno di una settimana è stata formalizzata la proposta della Commissione Ue. L’accordo di facilitazione dei visti Ue-Russia dovrà essere sospeso per tutti i cittadini russi che richiedono un visto per soggiorni di breve durata nell’area Schengen, tornando alle procedure pre-2007 “più lente, più difficili e più costose”, come ha sintetizzato la commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson, in conferenza stampa.
    La misura risponde alle pressanti richieste di Paesi di confine come Estonia e Finlandia, per impedire alla propaganda del Cremlino di penetrare nell’Unione attraverso i turisti russi e per far pagare le conseguenze della guerra di aggressione in Ucraina non solo alla cerchia stretta di Putin, ma a tutto il Paese. Rispetto all’intransigenza iniziale, la proposta è stata ammorbidita dalle perplessità di Josep Borrell, alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza: “Ci sono tanti cittadini russi che vogliono fuggire dal regime di Putin e per loro le nostre porte non possono essere chiuse“, aveva fatto notare prima di portare il tema sul tavolo del vertice informale dei ministri degli Esteri dello scorso 31 agosto. Proprio a Praga è stata trovata rapidamente un’intesa di compromesso, per cui è stato deciso di ostacolare il processo di concessione dei visti russi, garantendo allo stesso tempo “priorità per chi viaggia per motivi umanitari“.
    La commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson (6 settembre 2022)
    Nella pratica, i cittadini russi dovranno pagare 80 euro come tassa per il rilascio dei visti (non più 35), saranno sottoposti a tempistiche più lunghe per l’elaborazione della domanda da parte dei consolati (da 10 a 15 giorni, fino a un’estensione massima di 45), ma soprattutto a regole più restrittive per ingressi multipli nell’area Schengen e all’obbligo di presentare l’elenco completo di tutti i documenti giustificativi per soggiorni fino a un massimo di 90 giorni. “Viaggiare in Europa non è un diritto fondamentale”, ha messo in chiaro la commissaria Johansson, riferendosi ai circa 1,3 milioni di ingressi di cittadini russi alle frontiere esterne dell’Unione tra gennaio e luglio di quest’anno. La Commissione si aspetta che il Consiglio adotti la proposta “già questa settimana”, facendo scattare il nuovo regime sui visti con la Russia “da lunedì”. Gli Stati membri potranno anche “riesaminare” il milione di visti Schengen al momento emessi a cittadini russi.
    Come spiegato dalla stessa commissaria per gli Affari interni, non appena arriverà il via libera del Consiglio, saranno adottate anche le linee-guida per l’approccio coordinato. Le precisazioni contenute nelle linee-guida saranno fondamentali per mettere nero su bianco le eccezioni che dovranno rispettare gli Stati membri, per non chiudere completamente il canale di dialogo tra l’Unione e i cittadini russi che in futuro potrebbero voler fuggire dal Paese. “Dobbiamo essere sicuri di rimanere aperti e proteggere giornalisti, dissidenti, attivisti per i diritti umani, studenti e chi viaggia per motivi familiari“, ha avvertito Johansson: “Gli Stati membri devono poter rifiutare alcune categorie che potrebbero essere potenziali minacce per la sicurezza, con più discrezione nella gestione delle procedure, ma non possiamo permetterci di penalizzare tutti”.
    A questo si aggiunge poi una seconda proposta, a suo modo storica. La Commissione ha presentato un approccio comune a livello Ue sul non-riconoscimento dei passaporti russi rilasciati nei territori occupati in Ucraina. La misura punta a contrastare la politica del Cremlino di emettere passaporti russi ordinari nelle aree sottratte a Kiev, non solo in Crimea ma anche nelle regioni di Kherson e Zaporizhzhia. “È la prima volta che presentiamo una proposta legislativa per il non-riconoscimento dei passaporti di un Paese terzo vincolante per tutti gli Stati membri Ue, sono fiduciosa che sarà adottata rapidamente” dai co-legislatori del Parlamento e del Consiglio dell’Ue. In questo modo saranno sostituite le azioni volontarie adottate dai singoli governi europei dopo l’annessione della Crimea alla Russia nel 2014 con un’azione più coerente a livello comunitario, senza danneggiare gli ucraini che vivono nei territori occupati (che potranno invece continuare a beneficiare della protezione temporanea per motivi umanitari).

    La proposta della Commissione prevede la sospensione dell’accordo di facilitazione dei visti Ue-Russia per i soggiorni di breve durata nell’area Schengen. Ma saranno tutelati giornalisti, dissidenti, attivisti per i diritti umani, studenti e chi viaggia per motivi familiari

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    L’UE accusa la Russia di aver messo nel mirino i bambini ucraini: “158 sono stati uccisi, oltre 2 milioni gli sfollati”

    Strasburgo, dall’inviato – In Ucraina anche i bambini sono “nel mirino dell’esercito di occupazione russo e vengono loro negati i diritti fondamentali in modo brutale”. È questa l’accusa rivolta al Cremlino dalla vicepresidente della Commissione UE per la Democrazia, Dubravka Šuica, aprendo oggi (martedì 5 aprile) il dibattito in sessione plenaria del Parlamento Europeo sulla protezione dei minori che scappano dalla guerra in Ucraina. “Ogni bambino ha diritto a giocare, ad andare a scuola e a un futuro di pace”, ha ricordato con forza la vicepresidente Šuica, contrapponendo le immagini atroci che arrivano da Bucha e Irpin’: “Chi ha commesso questi crimini non potrà farla franca”. A rincarare la dose è intervenuta la commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson, che ha puntato il dito contro le forze armate russe per essersi macchiate anche della morte di 158 minori “e non si hanno notizie di centinaia di altri bambini”.
    La vicepresidente della Commissione UE per la Democrazia, Dubravka Šuica (5 aprile 2022)
    A questo si aggiungono 2,5 milioni di minori ucraini sfollati, di cui due milioni hanno attraversato le frontiere dell’Unione Europea. Ecco perché le sanzioni economiche e il supporto finanziario e militare a Kiev non possono essere le sole risposte alla guerra scatenata dalla Russia in Ucraina: per l’UE una delle priorità-chiave è l’aiuto umanitario, in particolare per i soggetti più deboli, i bambini appunto. “Dopo i traumi che hanno subito, dobbiamo cercare di farli tornare a una vita più normale possibile, integrandoli nella società e nel sistema scolastico”, ha precisato la vicepresidente Šuica in riferimento alla comunicazione dell’esecutivo UE presentata lo scorso 23 marzo sul sostegno ai profughi in arrivo dall’Ucraina. I Ventisette dovranno essere particolarmente attenti alla registrazione di tutti i minori, “con particolare attenzione a quelli che si presentano alla frontiera senza genitori” e ad assicurarsi che il sistema di accoglienza non presenti ulteriori rischi.
    Proprio su questo punto si è concentrata la commissaria Johansson, che ha messo in guardia da “nuovi pericoli, come quello della tratta di esseri umani”. Già in questo momento “le autorità lituane stanno indagando su 43 adozioni sospette“, a dimostrazione di quanto sia necessario di spingere sulla registrazione di tutti i minori, “perché non possiamo permetterci di lasciarne indietro nemmeno uno”. Ma gli Stati membri dovranno anche tenere sotto controllo i fornitori di alloggi e trasporti e focalizzarsi su ricongiungimenti familiari e adozioni sicure, per garantire “case, istruzione e salute”. Mentre dall’Ucraina arrivano testimonianze di bambini a cui i genitori scrivono sulla schiena i contatti telefonici dei familiari nel caso di sopravvivenza a un eventuale attacco armato, la commissaria Johansson ha posto l’accento sul fatto che “più la guerra continua, più aumentano i rischi” e le famiglie ucraine devono decidere se “tenere i bambini dove rischiano ogni giorno la vita, o mandarli all’estero con la possibilità di non rivederli mai più”.

    Ukrainian mothers are writing their family contacts on the bodies of their children in case they get killed and the child survives. And Europe is still discussing gas. pic.twitter.com/sK26wnBOWj
    — Anastasiia Lapatina (@lapatina_) April 4, 2022

    Di qui deriva “l’obbligo morale” per tutta l’UE di mettere in sicurezza i bambini, “in attesa che possano tornare a casa, dopo aver assorbito i nostri valori”, ha commentato l’eurodeputata Ewa Kopacz (PPE). Unanimità da parte di tutti i gruppi politici al Parlamento Europeo sulla necessità di sostenere le iniziative della Commissione per la protezione dei minori in fuga dalla guerra in Ucraina. “Neanche un bimbo o una bimba deve finire nella rete della criminalità organizzata”, ha aggiunto la presidente del gruppo degli S&D all’Eurocamera, Iratxe García Pérez: “Dobbiamo tutelarli per quanto possiamo, perché già sono stati vittime della pazzia di Putin”. Hilde Vautmans (Renew Europe) ha ricordato che “la forza di una società si misura nel modo in cui tratta i più deboli” e Saskia Bricmont (Verdi/ALE) ha chiesto che “questa nuova solidarietà diventi la base per una nuova politica di asilo e migrazione”.

    Alla plenaria del Parlamento UE, il gabinetto von der Leyen ha tracciato le dimensioni del crimine compiuto dall’esercito di occupazione: “Non si hanno notizie su centinaia di altri minori”. Sulla solidarietà dei Ventisette, “bisogna assicurare adozioni sicure e ricongiungimenti familiari”

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    L’Unione Europea vuole che tutti i suoi Paesi membri mettano al bando i passaporti d’oro (e controllino meglio i visti)

    Bruxelles – Risolvere un problema di lunga data per “chiudere le maglie larghe” delle sanzioni contro gli oligarchi russi. La promessa della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, di “perfezionare un regime di sanzioni ancora non perfetto” – come aveva affermato al vertice dei leader UE della settimana scorsa – si è concretizzata in un primo passo concreto che va in questa direzione. In una raccomandazione (fonte del diritto comunitario, non vincolante), l’esecutivo UE ha esortato tutti gli Stati membri ad abrogare “immediatamente” i passaporti d’oro, ovvero i programmi rivolti ai Paesi extra-UE per ottenere la cittadinanza in cambio di denaro.
    Come già denunciato in una relazione del Parlamento Europeo, i passaporti d’oro costituiscono uno degli strumenti più utilizzati per raggirare le misure restrittive (congelamento dei beni e divieto di viaggio sul territorio UE) e sono ancora consentiti a Malta, Bulgaria e Cipro. Ma il problema è più vasto e riguarda anche i cosiddetti visti d’oro, vale a dire la possibilità di ottenere il permesso di soggiorno sotto pagamento in un Paese membro (tra cui l’Italia): la Commissione ha chiesto “forti controlli”, dopo aver sollevato “serie preoccupazioni riguardo ai regimi di cittadinanza e residenza degli investitori e ai rischi intrinseci che essi comportano”. Rischi messi ancora più in evidenza dall’aggressione russa in Ucraina, dal momento in cui “alcuni cittadini russi o bielorussi soggetti a sanzioni potrebbero aver acquisito la cittadinanza UE, o potrebbero avere accesso a viaggiare liberamente nello spazio Schengen”, sottolinea l’esecutivo comunitario.

    “Chiediamo agli Stati membri di controllare chi sono i beneficiari di questi programmi e di incrociarli con la lista dei sanzionati“, ha specificato il portavoce della Commissione Europea, Eric Mamer, nel corso del punto quotidiano con la stampa di Bruxelles. La raccomandazione è quella di valutare se i passaporti o i visti d’oro concessi da un Paese membro UE a cittadini russi o bielorussi debbano essere ritirati, “a seguito di una valutazione individuale e nel rispetto del principio di proporzionalità, dei diritti fondamentali e del diritto nazionale degli Stati membri”. Tra le misure raccomandate, c’è anche il rifiuto del rinnovo o la sospensione dei programmi di permessi di soggiorno concessi nell’ambito del regime di residenza a tutti i cittadini russi e bielorussi. Entro la fine di maggio i Paesi membri interessati dovranno riferire sull’attuazione della raccomandazione, tenendo poi l’esecutivo comunitario costantemente informato.
    Nel caso dei passaporti d’oro, è stato messo in chiaro che “non sono compatibili a livello generale con il principio di “cooperazione sincera e di cittadinanza dell’UE” sancito dai Trattati. Nel 2020 la Commissione ha aperto due procedure d’infrazione contro Malta e Cipro, mentre la Bulgaria ha annunciato di essere pronta ad abolirlo. “I valori europei non sono in vendita”, ha attaccato il commissario per la Giustizia, Didier Reynders, sottolineando che la vendita della cittadinanza attraverso i passaporti d’oro è “illegale secondo il diritto dell’UE e pone seri rischi alla nostra sicurezza”, dal momento in cui “apre la porta alla corruzione, al riciclaggio di denaro e all’evasione fiscale“. A fargli eco la commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson: “Di fronte alla guerra, dobbiamo assicurare che i russi e i bielorussi sotto sanzioni e quelli che sostengono la guerra di aggressione di Putin non possano comprarsi l’ingresso nell’UE”, senza dimenticare che “il diritto di viaggiare liberamente all’interno dell’area Schengen è uno dei nostri più grandi beni e abbiamo bisogno di controlli forti perché questo diritto non venga abusato”.

    In una raccomandazione, la Commissione UE ha esortato i Ventisette ad abolire i programmi di cittadinanza in cambio di denaro, per non indebolire le sanzioni contro gli oligarchi russi: “Aprono le porte a corruzione, riciclaggio di denaro ed evasione fiscale”

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    Educazione, lavoro, sanità e alloggi: le linee-guida della Commissione UE per l’accoglienza dei rifugiati dall’Ucraina

    Bruxelles – Tre milioni e mezzo di rifugiati dall’Ucraina nell’UE, sei e mezzo internamente nel Paese invaso dalla Russia quasi un mese fa (domani la prima ricorrenza della guerra). Per affrontare la crisi migratoria più velocemente in crescita sul suolo europeo dalla Seconda Guerra Mondiale, Bruxelles ha messo in campo uno sforzo inedito sul piano dell’accoglienza, con il pacchetto di misure a sostegno degli aiuti umanitari presentato dalla Commissione Europea due settimane fa e l’applicazione della Direttiva europea sulla protezione temporanea per la prima volta da quando è entrata in vigore nel 2001 (qui tutti i dettagli). Mentre il numero di rifugiati è in costante aumento, l’esecutivo comunitario ha presentato oggi (mercoledì 23 marzo) le linee-guida per l’assistenza delle persone in fuga dall’Ucraina da parte degli Stati membri UE.
    Il sostegno si incentra su cinque pilastri: protezione per i minori, accesso all’istruzione, all’assistenza sanitaria, al lavoro e all’alloggio. “Ai bambini deve essere garantito un rapido accesso ai loro diritti senza discriminazioni“, si legge nella comunicazione della Commissione Europea, in particolare per quanto riguarda la registrazione al momento dell’ingresso nell’UE: il rischio da combattere è quello di rapimenti e di traffico di esseri umani. Sempre ai bambini e ai ragazzi ucraini dovrà essere garantito “come priorità” l’accesso all’istruzione, “perché possano sentire un minimo di normalità nelle loro vite stravolte”, ha sottolineato in conferenza stampa il vicepresidente esecutivo della Commissione, Margaritis Schinas. Questa integrazione nei sistemi scolastici dei Paesi membri potrà essere agevolata dal fatto che “il sistema ucraino è già stato digitalizzato durante la pandemia COVID-19” e il portale di Kiev potrà funzionare come “sportello unico per collegarsi al materiale didattico in lingua ucraina”.
    Grazie a un meccanismo di solidarietà istituito dall’esecutivo UE che ha garantito 10 mila posti letti in tutta l’Unione, sul piano dell’assistenza sanitaria i rifugiati in arrivo dall’Ucraina che hanno “urgente bisogno di cure ospedaliere specializzate” potranno essere trasferiti tra Stati membri. L’Autorità per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie (HERA) andrà anche a sostenere la fornitura di vaccini COVID-19, considerato il basso livello di vaccinazione della popolazione ucraina (circa il 35 per cento). Allo stesso tempo, non verrà trascurato il sostegno – in lingua ucraina – alla salute mentale di queste persone, per affrontare i traumi della guerra.
    Per quanto riguarda l’occupazione, gli Stati membri sono stati invitati a prendere misure per aiutare le persone a esercitare il loro diritto al lavoro e alla formazione professionale. Infine, la Commissione Europea ha deciso di sostenere i cittadini dei 27 Stati membri UE che vogliono mettere a disposizione le proprie case per ospitare i rifugiati in arrivo dall’Ucraina, attraverso la nuova iniziativa “case sicure” e la mobilitazione di finanziamenti mirati, oltre al dispiegamento del Fondo per l’asilo, la migrazione e l’integrazione e i fondi della politica di coesione per rafforzare i sistemi pubblici di accoglienza. Complessivamente, sono stati resi disponibili 3,4 miliardi di euro aggiuntivi di prefinanziamento nell’ambito di REACT-EU per accelerare l’accesso ai fondi, di cui “molti andranno alla Polonia, che avrà la parte che merita per sostenere l’enorme sforzo richiesto”, ha precisato il vicepresidente Schinas.
    La solidarietà tra Paesi membri UE
    La presentazione delle linee-guida della Commissione Europea sull’accoglienza dei rifugiati ucraini (23 marzo 2022)
    Per l’UE è anche fondamentale la cooperazione e la solidarietà tra gli Stati membri per coordinare il sostegno sul campo e l’accoglienza dei rifugiati che fuggono dalla guerra in Ucraina. A questo proposito, è stata istituita una piattaforma di solidarietà che riunisce Stati membri e agenzie UE e adibita all’organizzazione dei trasferimenti sicuri di persone verso Paesi che hanno maggiori capacità di accoglienza, compresi quelli extra-UE (Canada e Regno Unito). La commissaria europea per gli Affari interni, Ylva Johansson, ha reso noto che “per facilitare il dibattito su una condivisione equa dell’onere”, i servizi della Commissione stanno comparando il numero di rifugiati ucraini in ciascuno Stato membro e quello dei richiedenti asilo dello scorso anno, facendo poi un confronto con le dimensioni del Paese: “Questo crea un indice che può indicare in qualche modo quali sono gli Stati che oggi sono di fronte alla pressione maggiore”, ha specificato la commissaria, anticipando che “la Polonia è il primo, poi vengono Austria, Cipro, Repubblica Ceca ed Estonia“.
    Il meccanismo di solidarietà è già in atto, con i primi trasferimenti di 14.500 persone dalla Repubblica di Moldova verso sette Paesi membri e la Norvegia iniziati sabato corso (19 marzo). In questo quadro è contemplato anche il rimpatrio di cittadini non-ucraini che non hanno diritto alla protezione temporanea (ma che comunque devono essere accolti alle frontiere dell’UE). Con il sostegno dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex) sono stati organizzati i primi voli umanitari di ritorno volontario dalla Polonia al Tagikistan e al Kyrgyzstan. Infine, nel corso della conferenza stampa, la commissaria Johansson ha ricordato ai rifugiati in arrivo dall’Ucraina tutti i consigli per viaggiare in sicurezza sul territorio UE, in particolare per prevenire i rischi di sfruttamento per donne e bambini.

    Messa in campo anche la piattaforma di solidarietà per coordinare il sostegno sul campo e l’accoglienza. L’esecutivo UE lavora a un indice dei Paesi membri che devono affrontare la situazione più drammatica: Polonia al primo posto

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    Protezione temporanea e 500 milioni di euro dal bilancio UE a sostegno dei 2 milioni di rifugiati dall’Ucraina

    Bruxelles – Due milioni di rifugiati in 12 giorni. La “crisi più velocemente in crescita sul suolo europeo dalla Seconda Guerra mondiale”, come ha evidenziato l’agenzia ONU per i Rifugiati: ogni giorno che passa diventa sempre più urgente la gestione dei rifugiati in fuga dalla guerra in Ucraina verso l’UE. Di qui il supporto messo a disposizione dalla Commissione Europea per aiutare chi cerca rifugio sul territorio comunitario, ma anche i Paesi membri che stanno affrontando “uno sforzo pari a quello di tutto il 2015 e il 2016 messi insieme”, ha sottolineato la commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson, nel corso della conferenza stampa di presentazione del nuovo pacchetto.
    L’assistenza alla gestione delle frontiere e per la protezione di chi lascia l’Ucraina si concretizzerà attraverso due canali principali: un sostegno umanitario da 500 milioni di euro dal bilancio comune dell’UE e l’applicazione della Direttiva europea sulla protezione temporanea, proposta dall’esecutivo comunitario (e approvata all’unanimità dai 27 ministri degli Interni) una settimana fa. “È un pacchetto che si indirizzerà a tutte le persone, a prescindere dalla provenienza e dal colore della pelle“, ha messo in chiaro il vicepresidente Margaritis Schinas, rispondendo alle domande sulle possibili discriminazioni verso i rifugiati da parte dei Paesi di frontiera nell’accogliere o meno chi si presenta ai confini UE dall’Ucraina (e basate sulle posizioni del Gruppo di Visegrád e dell’Austria in Consiglio).
    È la direttiva che stabilisce uno status di protezione di gruppo in “situazioni di crisi derivanti da un afflusso massiccio di persone in fuga da una situazione di grande pericolo” a rappresentare il cuore del sostegno umanitario dell’UE (qui tutti i dettagli). “Oggi i rifugiati arrivati nell’UE dall’Ucraina sono 2 milioni, ma Putin non si fermerà e dobbiamo essere pronti ad accoglierne di più“, ha avvertito la commissaria Johansson. L’attivazione del meccanismo scatterà per tutte le persone ucraine o con un permesso di soggiorno rilasciato da Kiev, “afghani e bielorussi compresi”, ma “non è previsto per studenti o turisti da altri Paesi, o con permessi di soggiorno di breve termine“. La direttiva permetterà di velocizzare le attività di controllo di confine “di fronte a una catastrofe umanitaria”, ha ricordato Johansson, grazie anche al supporto delle agenzie dell’Unione (49 agenti Frontex alle frontiere UE-Ucraina e Moldova-Ucraina e 162 in Romania). Centrale in questo approccio è la solidarietà tra gli Stati membri attraverso una piattaforma di solidarietà, che permetterà ai Paesi membri di scambiarsi informazioni sulla capacità di accoglienza in coordinamento con la Commissione.
    Dei 500 milioni di euro dal bilancio dell’UE, 85 saranno destinati come aiuti umanitari diretti (acqua, assistenza sanitaria, alloggi) per l’Ucraina e 5 per la Repubblica di Moldova. Attraverso l‘attivazione del meccanismo di protezione civile dell’UE verranno inviati veicoli, kit medici, tende, coperte e sacchi a pelo, anche a Romania, Polonia e Slovacchia. Nella risposta dell’UE è prevista anche l’adozione della proposta legislativa Azione di coesione per i rifugiati in Europa (CARE), che aiuterà a finanziare con i fondi di coesione dell’UE investimenti in istruzione, occupazione, alloggi, servizi sanitari e di assistenza all’infanzia per i rifugiati in arrivo dall’Ucraina. I fondi per gli affari interni per il 2021-27 porteranno anche “significative risorse aggiuntive” agli Stati membri, per “garantire strutture di accoglienza adeguate e procedure di asilo efficaci“, con la proposta di prolungare il periodo di attuazione dei fondi 2014-2020 “per liberare circa 420 milioni di euro supplementari”.

    La “crisi più velocemente in crescita sul suolo europeo dalla Seconda Guerra mondiale” impone una risposta rapida per l’accoglienza dei profughi “a prescindere dal colore della pelle”. Ma è escluso chi ha un permesso di soggiorno di breve termine