More stories

  • in

    Ucraina, scoppia il caso Nabu: opposizioni e attivisti denunciano la stretta sugli enti anti-corruzione

    Bruxelles – Sono giorni difficili per la democrazia ucraina. Il governo starebbe portando avanti un giro di vite contro i principali organi anti-corruzione del Paese, almeno a sentire le denunce di opposizioni, attivisti e società civile. Ufficialmente, la motivazione è che tali istituzioni siano oggetto di un’infiltrazione di una rete di spie al servizio della Russia. Ma ong e stampa indipendente denunciano una stretta autoritaria, che rischia di compromettere il percorso di Kiev verso l’adesione al club a dodici stelle.Far funzionare un Paese in guerra non è facile, soprattutto se si tratta di una democrazia. A maggior ragione se affetta storicamente da cronici e documentati problemi di corruzione. Uno dei rischi che si corrono in queste situazioni è che, mentre l’esercito combatte in trincea e sui civili piovono le bombe, i poteri speciali concessi dalla legge marziale vengano maneggiati dalle dirigenze politiche per forzare o manomettere le infrastrutture democratiche, mascherando queste azioni con la scusa della salvaguardia della sicurezza nazionale.Secondo i critici della leadership di Volodymyr Zelensky, un buon numero di organizzazioni della società civile nonché una parte della stampa indipendente locale, è esattamente quanto sta avvenendo in Ucraina in questo momento.Gli emendamenti al codice penaleLa Verchovna Rada, il Parlamento monocamerale di Kiev, ha approvato oggi (22 luglio) a larga maggioranza (263 voti a favore, 13 contrari e 13 astensioni) una serie di controversi emendamenti al codice penale con cui, denunciano diversi osservatori, viene fatta a pezzi l’indipendenza delle due principali istituzioni per il contrasto alla corruzione. La legge è ora al vaglio di Zelensky, che può promulgarla od opporvi il veto presidenziale. Una decisione che gli oppositori ritengono tuttavia scontata, dato che le modifiche legislative sono state introdotte dal suo stesso partito, Servitore del popolo (Sn), che controlla l’emiciclo ed esprime il governo.La cupola della Verchovna Rada, il Parlamento monocamerale di Kiev (foto: Roman Pilipey/Afp)Con le nuove norme, l’Ufficio nazionale anti-corruzione (Nabu) e l’Ufficio speciale del procuratore anti-corruzione (Sapo) finiranno sotto il controllo del procuratore generale, nominato direttamente dalla presidenza della Repubblica. Dal mese scorso, questo ruolo è ricoperto da Ruslan Kravchenko, considerato un fedele alleato di Zelensky. Se la legge entrerà in vigore, Kravchenko potrà intervenire nelle indagini del Nabu, riassegnarle ad altri uffici e finanche chiuderle direttamente, e allo stesso modo potrà delegare i poteri del Sapo ad altri procuratori.Le direzioni di entrambe le istituzioni in questione hanno contestato aspramente la legge, sostenendo che finirà per distruggere l’infrastruttura anti-corruzione del Paese messa faticosamente in piedi nel decennio post-Euromaidan, mettendo peraltro a repentaglio l’integrazione euro-atlantica dell’Ucraina. La deputata Anastasiia Radina, capo della commissione competente dell’Aula in quota Sn, ha detto che il voto odierno equivale allo “smantellamento del Nabu e del Sapo“.Le perquisizioni dei servizi ucrainiDiversi organismi di controllo hanno lanciato l’allarme circa il pericolo che il governo possa utilizzare strumentalmente queste nuove disposizioni per ostacolare le investigazioni in corso su entità, individui o gruppi vicini al presidente o all’esecutivo stesso. Proprio oggi, il Nabu e il Sapo hanno accusato un alto funzionario dei servizi di sicurezza ucraini (Sbu) di aver estorto una tangente da 300mila dollari insieme a due complici in cambio di agevolazioni per far espatriare illegalmente degli uomini in età militare.Nella sola giornata di ieri (21 luglio), l’Sbu e l’Ufficio investigativo statale hanno condotto oltre una settantina di perquisizioni nei locali di Nabu e Sapo, arrestando due dipendenti del primo ente per presunto spionaggio a favore della Russia e traffico internazionale di droga, e indagandone altri 15 per violazioni che vanno dalle infrazioni del codice della strada all’alto tradimento. Stando alle testimonianze, le autorità avrebbero fatto ricorso ad un uso sproporzionato della forza, finendo per ferire almeno tre persone.Il presidente russo Vladimir Putin (foto: Maxim Shemetov/Afp)Il Nabu sostiene che l’Sbu non avesse un regolare mandato del tribunale per perquisire le sue sedi e per accedere ai dati sensibili sulle investigazioni in corso, ma i servizi hanno rispedito le accuse al mittente giustificando l’assenza di mandati sulla base dei protocolli di sicurezza nazionale. L’Sbu ha detto di aver raccolto prove del trasferimento di informazioni riservate ai servizi russi (Fsb).Campagna di pressione?Secondo le opposizioni e le associazioni della società civile, la mossa rientra nel quadro di una più ampia campagna di pressione che ha messo nel mirino gli organismi anti-corruzione, gli attivisti e le ong e, più in generale, le stesse strutture democratiche del Paese.Lo scorso 14 luglio, l’attivista Vitaliy Shabunin, co-fondatore del Centro d’azione anticorruzione (AntAC), l’ong più in vista nel Paese nella lotta alla corruzione, è stato arrestato con l’accusa di frode e di evasione del servizio militare. Shabunin sostiene che si tratti di una mossa politicamente motivata, una posizione difesa, tra gli altri, anche dall’ong Transparency international.Il Kyiv Independent, tra i più rinomati media indipendenti ucraini a livello internazionale, parla senza mezzi termini del rischio di una “regressione democratica in stile russo” e del “sabotaggio dello Stato di diritto” da parte della leadership ucraina, adombrando l’ipotesi che il governo voglia garantire una sorta di “amnistia per la corruzione nell’industria della difesa” in un momento critico della guerra contro la Federazione.Le reazioni internazionaliMa gli ultimi sviluppi stanno creando crescenti grattacapi anche al di fuori dei confini nazionali. “L’Ue è preoccupata per le recenti azioni dell’Ucraina nei confronti delle sue istituzioni anticorruzione“, ha scandito stamattina il portavoce della Commissione Guillaume Mercier, sottolineando che Nabu e Sapo “sono fondamentali per il programma di riforme dell’Ucraina e devono operare in modo indipendente per combattere la corruzione e mantenere la fiducia dei cittadini”.Da sinistra: il presidente del Consiglio europeo António Costa, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen (foto: Consiglio europeo)Se quella che parrebbe una crociata di Kiev contro lo Stato di diritto non dovesse placarsi, potrebbe venire rimessa in discussione la stessa prospettiva di ingresso nel club europeo. “L’Ue fornisce un’assistenza finanziaria significativa all’Ucraina, subordinata ai progressi in materia di trasparenza, riforma giudiziaria e governance democratica“, ha ricordato Mercier, ribadendo che “l’adesione dell’Ucraina all’Ue richiederà una forte capacità di combattere la corruzione e di garantire la resilienza istituzionale“.Anche gli ambasciatori dei membri del G7 a Kiev hanno espresso “seria preoccupazione“, dichiarando di “voler discutere questi sviluppi con la leadership del governo” e reiterando il proprio sostegno “alla trasparenza, alle istituzioni indipendenti e al buon governo” nonché alla prosecuzione del lavoro con l’Ucraina “per contrastare insieme la corruzione“.In effetti, lo scontro interno sembra solo all’inizio, e apre una questione fondamentale sulla solidità della democrazia ucraina dopo tre anni e mezzo di resistenza all’invasione russa. Domani (23 luglio) è previsto un nuovo round di colloqui a Istanbul tra le delegazioni di Kiev e Mosca, anche se nessuno si aspetta una svolta decisiva nei negoziati per un cessate il fuoco.

  • in

    Zelensky annuncia nuovi colloqui a Istanbul tra Ucraina e Russia

    Bruxelles – Per la terza volta nell’arco di tre mesi, le squadre negoziali di Ucraina e Russia si incontreranno domani a Istanbul per tentare di rompere l’impasse diplomatica. In agenda nuovi scambi di prigionieri, la restituzione dei minori ucraini rapiti e un incontro al massimo livello tra i presidenti dei due Paesi belligeranti. Ma su quest’ultimo punto, così come sull’intesa per un cessate il fuoco, le aspettative sono piuttosto basse.L’annuncio è arrivato nella tarda serata di ieri (21 luglio) da parte di Volodymyr Zelensky. In un post su X, il presidente ucraino ha riportato il suggerimento di Rustem Umerov, ex ministro della Difesa e ora a capo del Consiglio nazionale di sicurezza, di “tenere una nuova riunione dei rappresentanti in Turchia” per ridare linfa alla pista negoziale tra Kiev e Mosca.“L’agenda da parte nostra è chiara: il ritorno dei prigionieri di guerra, il ritorno dei bambini rapiti dalla Russia e la preparazione di un incontro tra i leader“, ha specificato Zelensky, rivelando che l’incontro tra le delegazioni è stato fissato per domani (23 luglio) a Istanbul, nella stessa sede dei due precedenti round di colloqui svoltisi rispettivamente a metà maggio e a inizio giugno. Anche stavolta, a guidare il team ucraino sarà proprio Umerov.I held a meeting on the outcomes Ukraine needs from the negotiation efforts.Secretary of the National Security and Defense Council of Ukraine, Rustem Umerov, reported on the implementation of the agreements reached at the second meeting with the Russian side in Istanbul, as… pic.twitter.com/0JQ1fGyaPC— Volodymyr Zelenskyy / Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) July 22, 2025Da parte russa non è ancora giunta conferma ufficiale sulla data dei colloqui, anzi sono trapelate informazioni discordanti sui media nazionali. L’agenzia Tass ha diffuso la medesima versione ucraina, parlando di un solo giorno di negoziati previsto per domani, mentre la Ria ha riportato di colloqui previsti per giovedì e venerdì (24 e 25 luglio).Ad ogni modo, per quanto la notizia che gli emissari dei due Paesi belligeranti si siederanno nuovamente al tavolo delle trattative sia indiscutibilmente positiva di per sé, sono in realtà piuttosto basse le aspettative per una svolta decisiva sulla fine della guerra, a quasi tre anni e mezzo dal suo inizio nel febbraio 2022.I due precedenti incontri a Istanbul si sono risolti in altrettanti buchi nell’acqua, almeno per quanto riguarda la ricerca di un’intesa su un’eventuale tregua, dal momento che le posizioni rimangono inconciliabili sia nel merito sia nel metodo. Lo ha ribadito anche oggi, per l’ennesima volta, il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov, sostenendo di non aspettarsi “progressi miracolosi” viste le rivendicazioni “diametralmente opposte” delle due cancellerie.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Nel merito, i rispettivi desiderata sono vicendevolmente irricevibili: tra le altre cose, Kiev vuole un cessate il fuoco immediato e totale, delle garanzie di sicurezza e la libertà di poter entrare nella Nato e nell’Ue, laddove Mosca esige la smilitarizzazione e neutralizzazione dell’avversario, il ritiro delle truppe ucraine dalle quattro oblast’ parzialmente occupate (per annetterle al proprio territorio, insieme alla Crimea) e la cessazione degli aiuti militari occidentali.Quanto al metodo, è la stessa opportunità di sospendere al più presto i combattimenti come prerequisito per avviare i negoziati, come richiesto dal Paese aggredito, a non essere condivisa dalla Russia, la quale non ritiene di dover far tacere le armi finché non sia stato raggiunto un accordo di pace complessivo e duraturo che risolva quelle che la Federazione descrive come le “cause alla radice” della crisi.Un obiettivo, quello di un accordo globale, che continua però a rimanere una chimera. Per centrarlo servirebbe, come punto di partenza, un faccia a faccia tra Zelensky e Putin. Sul punto, da tempo il primo tira la giacca al secondo. Ma l’inquilino del Cremlino non vuole saperne, ritenendo illegittimo l’omologo perché, insiste, il suo mandato è scaduto nel maggio 2024 (peccato che, a causa dell’invasione russa, in Ucraina sia in vigore la legge marziale, che impedisce di indire nuove elezioni).Il presidente statunitense Donald Trump (foto via Imagoeconomica)Del resto, nei confronti del presidente russo sembra aver esaurito la pazienza persino Donald Trump. Dopo aver seguito per mesi un approccio decisamente morbido con Mosca, il capo della Casa Bianca ha recentemente minacciato di colpirla con “pesanti sanzioni” se non verranno fatti progressi significativi nei negoziati verso la pace entro la fine di agosto.Nel frattempo, il fronte degli alleati europei di Kiev mantiene la linea dura. Vinta l’opposizione della Slovacchia, l’Ue ha adottato la scorsa settimana il suo 18esimo pacchetto di sanzioni, con cui mira a colpire soprattutto i settori energetico e bancario russi. E nel nuovo progetto di bilancio comunitario post-2027, Ursula von der Leyen ha proposto la creazione di un fondo speciale da 100 miliardi di euro destinato al sostegno dell’Ucraina.Quanto ai colloqui di Istanbul in calendario per domani, il titolare degli Esteri francese Jean-Noël Barrot li considera potenzialmente “lodevoli”, ma solo “se porteranno ad un incontro a livello di capi di Stato, in vista della conclusione di un cessate il fuoco“. “Sono passati ormai cinque mesi da quando l’Ucraina ha accettato un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni che consenta l’apertura dei negoziati, perché non negoziamo sotto le bombe, e aspettiamo da cinque mesi che Vladimir Putin accetti lo stesso principio“, incalza il capo della diplomazia d’Oltralpe dall’Ucraina, dove si trova in missione.

  • in

    L’Ue dei “Ventisette meno uno” rinnova il sostegno all’Ucraina. E tiene dentro la Slovacchia sulle sanzioni

    Bruxelles – Per l’ennesima volta, sull’Ucraina i Ventisette diventano Ventisei. È una “divergenza strategica” quella con l’Ungheria di Viktor Orbán, ribadiscono fonti comunitarie. L’uomo forte di Budapest ha da tempo puntato i piedi sull’apertura dei cluster negoziali per far entrare Kiev nel club a dodici stelle. Per quello serve l’unanimità, e dunque il percorso dell’adesione non parte.“Il problema è la guerra“, ha ribadito stamattina (26 giugno) il premier magiaro arrivando al Consiglio europeo in corso a Bruxelles. “Se integrassimo l’Ucraina in Ue integreremmo anche la guerra“, ragiona. E se la guerra finisse? Orbán non ci vuole nemmeno pensare: “Non c’è alcun cessate il fuoco“, taglia corto, quindi è inutile fantasticare al riguardo. E vanta il risultato di quello che chiama “referendum” (in realtà un questionario inviato ai cittadini, privo di alcun valore legale) sull’ingresso di Kiev nel club europeo: dei poco più di 2 milioni di risposte, il 95 per cento è contrario, dice.❌ The Hungarian people have spoken: 95% said NO to dragging Ukraine into the EU! ❌They said NO to war, NO to economic ruin, and NO to Brussels’ delusions. With over 2 million votes cast, we’re taking our people’s mandate for peace and common sense to Brussels. pic.twitter.com/PaD0jQqBfy— Orbán Viktor (@PM_ViktorOrban) June 26, 2025Così, i Ventisette hanno approvato delle conclusioni estremamente snelle, che rimandano ad un documento separato approvato a 26 per rinnovare il loro appoggio al Paese aggredito. Come al solito, c’è il sostegno per il raggiungimento di una tregua incondizionata e immediata e una pace giusta e duratura, per continuare a inviare a Kiev aiuti militari e per mantenere alta la pressione sulla Russia di Vladimir Putin.Prima della discussione, i capi di Stato e di governo hanno avuto uno scambio telematico con Volodymyr Zelensky. Il presidente ucraino avrebbe dovuto partecipare in presenza al vertice, ma i pesanti bombardamenti russi lo hanno costretto in patria. La drammatica situazione a Kiev ha poi imposto, prima dell’inizio del summit, un ulteriore cambio di scaletta, facendo scalare il punto dell’agenda dalla mattina al pomeriggio.Il dibattito tra i leader è stato piuttosto rapido, ma il nodo che ha creato qualche problema intorno al tavolo è stato quello delle sanzioni contro Mosca. La Commissione sta lavorando per mettere insieme il 18esimo pacchetto, che dovrà colpire in particolare le esportazioni energetiche della Federazione e la sua flotta ombra.Il primo ministro slovacco Robert Fico (sinistra) incontra al Cremlino il presidente russo Vladimir Putin, il 22 dicembre 2024 (foto: Gavriil Grigorov/Afp via Sputnik)Vanno ancora limati alcuni dettagli, a partire dall’abbassamento del tetto al prezzo del greggio di Mosca dagli attuali 60 a 45 dollari al barile. Una misura che, in realtà, dovrebbe venire decisa in sede G7, dato che l’oil price cap originale era stato deciso lì.Non è del tutto chiaro cosa ne sarà di quel “dettaglio”, ma per ora il presidente del Consiglio europeo, António Costa, è riuscito ad aggirare il potenziale veto del primo ministro slovacco Robert Fico (preoccupato dallo stop all’afflusso di gas russo) inserendo una menzione generica all’inclusione, nel prossimo round di sanzioni, di “misure volte a colpire ulteriormente le entrate energetiche” del Cremlino.Alla fine, tutti contenti: Costa ha portato a casa l’unità dei “27 meno uno” (se di unità si può parlare), il premier di Bratislava non si è lasciato mettere all’angolo dai suoi omologhi e Ursula von der Leyen si è tenuta una finestra aperta per continuare a limare i contorni delle sanzioni sul petrolio di Mosca.

  • in

    Nato, dall’Aia il via libera al nuovo target del 5 per cento. Trump: “Vittoria monumentale”

    Bruxelles – Tutto bene quel che finisce bene. Contro i più nefasti pronostici, il terremoto Trump non ha sconquassato il vertice Nato all’Aia, che si è chiuso senza particolari psicodrammi col via libera dei 32 Paesi membri all’aumento delle spese in difesa fino al 5 per cento del Pil in dieci anni. In effetti, l’intero summit è stato sostanzialmente un tappeto rosso srotolato davanti al tycoon, trattato come una divinità in terra.I nuovi obiettivi di spesaSi è conclusa oggi (25 giugno) la due giorni dell’Aia con l’adozione di una snella dichiarazione congiunta in cui viene sancito, nero su bianco, lo storico aumento delle spese militari nazionali al 5 per cento del Pil entro il 2035, come già ampiamente anticipato negli scorsi mesi.Donald Trump, azionista di maggioranza dell’Alleanza, lo ha definito un “successo monumentale” e se ne è intestato il merito. Una vittoria “per gli Stati Uniti, perché portavamo un peso ingiusto”, ha dichiarato trionfalmente al termine dei lavori, ma anche “una vittoria per l’Europa e la civiltà occidentale“.L’impegno comprende, da un lato, investimenti per “almeno il 3,5 per cento del Pil” nelle “esigenze fondamentali di difesa” (armi, munizioni, salari, caserme, infrastrutture militari e via dicendo) volte a soddisfare i nuovi obiettivi di capacità della Nato. Dall’altro, gli alleati concordano di destinare “fino a” 1,5 punti di Pil alla categoria più ampia degli investimenti relativi alla sicurezza (inclusi, tra le altre cose, la protezione delle infrastrutture critiche, il rafforzamento della resilienza civile e la promozione dell’innovazione).Il presidente statunitense Donald Trump (foto: Nato)Nel computo delle spese per la difesa, che andranno dettagliate dai singoli Paesi membri in piani nazionali annuali (sui quali, grazie alla formulazione vaga del comunicato, le cancellerie manterranno un buon grado di flessibilità), verranno inclusi anche i “contributi diretti” all’Ucraina e alla sua industria militare. Una revisione delle traiettorie di spesa e degli obiettivi di capacità è fissata per il 2029.Sono stati così fugati i dubbi che fino a ieri aleggiavano sulla testa dei 32 leader, incluse le rimostranze avanzate nei giorni scorsi dal premier spagnolo Pedro Sánchez riguardo proprio ai nuovi target di spesa, giudicati “irragionevoli”. Le osservazioni del leader socialista non sono piaciute a Trump: la Spagna “è l’unico Paese Nato che si rifiuta di pagare”, ha sbottato, denunciando come “terribile” l’atteggiamento di Madrid e minacciando di raddoppiare i dazi al Paese iberico nei futuri negoziati commerciali (condotti, in realtà, dalla Commissione europea a nome di tutti i Ventisette).Buona la prima per RutteIl Segretario generale dell’Alleanza nordatlantica, Mark Rutte, porta a casa un successo personale di non poco conto. Ha superato il suo battesimo del fuoco riuscendo a far filare liscio un vertice politicamente complesso – il più importante dalla fondazione della Nato nel 1949, secondo alcuni osservatori – e, soprattutto, è riuscito a tenere a bordo il mercuriale presidente statunitense, confermando di meritarsi il titolo di Trump whisperer.“Un buon amico“, lo ha definito l’ex premier olandese, che per tutto il summit (e pure prima, stando ai messaggi privati resi pubblici dallo stesso tycoon) non ha fatto altro che usare parole al miele, battutine, sorrisi deferenti e gesti accomodanti per ingraziarsi l’inquilino della Casa Bianca e non irritare il suo ego smisurato.Il Segretario generale della Nato, Mark Rutte (foto: Nato)Tutto a posto, pare, anche sulla questione dell’articolo 5 della Carta atlantica, dov’è sancita la clausola di mutua difesa (la stessa raison d’être della Nato, che estende a tutti i Paesi membri l’ombrello nucleare dello zio Sam). E sulla quale il presidente Usa era rimasto vago anche ieri, osservando provocatoriamente che ci sono “numerose definizioni” di quella disposizione fondamentale.Al termine della sessione odierna, Trump è parso conciliante quando ha detto di voler “aiutare” i leader europei a proteggere i propri Paesi. Rutte ha rimarcato che “l’America si impegna nella Nato ma si aspetta che gli alleati facciano di più”. “E gli alleati di Ue e Canada faranno di più“, ha promesso, ribadendo un leitmotiv che ripete da tempo.Il nodo dell’UcrainaL’altro tema previsto dall’agenda dell’Aia era il sostegno all’Ucraina aggredita. Un tema indigesto per Trump, che ha drasticamente ridotto gli aiuti di Washington a Kiev e nutre contemporaneamente una cordiale antipatia per Volodymyr Zelensky e una genuina ammirazione per Vladimir Putin. Alla fine, il tycoon ha accettato un faccia a faccia col suo omologo ucraino, definendolo “gentilissimo” e ammettendo che “sta combattendo una battaglia coraggiosa e difficile“.“Lui vuole arrivare alla fine” della guerra, ha riconosciuto, aggiungendo che sentirà nuovamente l’inquilino del Cremlino per cercare una soluzione. Zelensky – che ha successivamente incontrato anche i leader del cosiddetto formato E5 (Francia, Germania, Italia, Polonia e Regno Unito) ha descritto il bilaterale come “lungo e sostanziale“, sostenendo di aver “discusso di come raggiungere un cessate il fuoco e una vera pace”.I had a meeting with the leaders of the E5 group of countries – Germany, France, the United Kingdom, Italy, and Poland – as well as the NATO Secretary General.Strengthening Ukraine’s air shield is crucial, and today we primarily discussed air defense systems and interceptors… pic.twitter.com/S6wJDx9ThP— Volodymyr Zelenskyy / Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) June 25, 2025Ma sull’atteggiamento da tenere nei confronti della Russia dopo quasi tre anni e mezzo di guerra neo-imperialista, la distanza tra le due sponde dell’Atlantico rimane siderale. Putin è per Trump “una persona mal consigliata“, mentre Rutte conferma di “non fidarsi” dello zar e delle sue “bugie”.Ennesima doccia fredda anche sulle sanzioni. Il segretario di Stato Usa, Marco Rubio, ha ribadito che la Casa Bianca non intende aumentare la pressione su Mosca, almeno per ora. A Bruxelles si lavora invece per confezionare al più presto il 18esimo pacchetto di misure restrittive, anche se rimane il giallo dell’abbassamento del price cap sul greggio russo, che richiederebbe l’ok da tutti i partner G7.Nel comunicato finale del summit, ad ogni modo, gli europei sono riusciti a includere il riferimento alla Federazione come “minaccia a lungo termine per la sicurezza euro-atlantica“, e il capo dell’Alleanza ha ribadito di fronte ai microfoni che il percorso dell’Ucraina verso l’adesione alla Nato è “irreversibile”.La crisi in Medio OrienteFuori dall’agenda dei lavori ma decisamente centrale è stato, infine, il tema della crisi mediorientale. Il cessate il fuoco mediato personalmente da Trump tra Israele e Iran sta tenendo. Lui stesso ha annunciato che la prossima settimana incontrerà la leadership della Repubblica islamica per discutere del programma nucleare di Teheran, anche se, dice, quel programma non esiste più.Del resto, i leader Nato si sono affrettati a riconoscere ossequiosamente il merito del presidente nel risolvere (almeno temporaneamente) il conflitto tra le due potenze regionali, che rischiava di deflagrare in maniera incontrollata e tracimare ben oltre i confini regionali. Poco importa, a questo punto, se l’intervento dei B-2 sui siti nucleari iraniani – peraltro mentre erano in corso i negoziati con gli europei a Ginevra – configura una palese violazione del diritto internazionale, rimasto sepolto sotto la pioggia di bombe made in Usa.Il presidente statunitense Donald Trump (foto: Brendan Smialowski/Afp)Oppure se la stessa intelligence di Washington segnala che, in realtà, il programma atomico iraniano sarebbe stato solamente rallentato di qualche mese e non annichilito per sempre, come sostengono i vertici dell’amministrazione a stelle e strisce (i quali danno della “feccia” alla stampa che ha condiviso la notizia).L’importante, in politica, è mantenere l’apparenza, il protocollo, la foto di famiglia senza sbavature. La cartolina che arriva dall’Aia racconta di una famiglia apparentemente felice. Eppure, anche quella transatlantica è infelice a modo suo. E ciascuno dei suoi membri lo sa.

  • in

    Nato, il vertice dell’Aia alle prese col “terremoto Trump”

    Bruxelles – All’ombra dell’escalation in Medio Oriente, ha preso il via all’Aia il summit della Nato, dove gli Stati membri dovrebbero dare il disco verde ai nuovi impegni per la difesa al 5 per cento del Pil. Ma sul primo vertice dell’era Rutte si allungano diverse ombre: dal conflitto tra Israele e Iran alla “fronda” interna all’Alleanza guidata dalla Spagna contro l’aumento delle spese militari, passando per il sostegno all’Ucraina. Soprattutto, l’intera coreografia è stata pensata per ridurre al minimo i rischi legati all’imprevedibilità di Donald Trump. Che però ha già terremotato la città olandese ancora prima di metterci piede.È cominciata oggi (24 giugno) la due giorni della Nato all’Aia, il primo vertice presieduto da Mark Rutte nelle vesti di Segretario generale. Ma l’ospite più atteso e più imprevedibile, Donald Trump, è riuscito a mettere già in imbarazzo il capo dell’Alleanza prima ancora di atterrare. Appena decollato alla volta del Vecchio continente – non dopo aver rimproverato l’Iran e Israele per aver violato il cessate il fuoco da lui stesso mediato (che però, dice, è ancora in vigore) – il tycoon ha postato sul suo social Truth gli screen di alcuni messaggi ricevuti dall’ex premier olandese.“Congratulazioni e grazie per la tua azione decisiva in Iran, che è stata davvero straordinaria, qualcosa che nessun altro ha mai osato fare”, si legge nella conversazione, tutta impostata con un tono particolarmente accomodante e deferente nei confronti del presidente statunitense, azionista di maggioranza della Nato. “Stai volando verso un altro grande successo all’Aia stasera“, continuano i messaggi. “Otterrai qualcosa che nessun presidente americano è riuscito a ottenere in decenni”, si legge ancora: cioè che “l’Europa pagherà molto, come dovrebbe, e sarà un tuo successo“.Tuttavia, proprio sulla questione centrale dell’aumento delle spese in difesa (che dovrebbero passare dall’attuale 2 al 5 per cento del Pil, distinguendo tra un 3,5 per cento di spese militari “classiche” più un ulteriore 1,5 per cento in investimenti legati alla sicurezza) non sembra essersi ancora sciolta la riserva del premier spagnolo Pedro Sánchez.In un testa a testa a distanza con Rutte, il primo ministro socialista ha messo in discussione il nuovo obiettivo, sostenendo di aver ottenuto una deroga specifica per Madrid. Il capo dell’Alleanza, invece, tiene il punto sull’universalità dei nuovi impegni di spesa e mira probabilmente a risolvere la questione attraverso una formulazione sufficientemente vaga del comunicato finale del summit, che andrà sottoscritto dai 32 leader.Il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez (foto: Javier Soriano/Afp)Tutto si giocherà sull’ambiguità dei termini e sulla flessibilità concessa alle cancellerie per passare dagli attuali livelli di spesa a quelli richiesti dalla Nato in un contesto nel quale la sicurezza internazionale va deteriorandosi a vista d’occhio, tenendo conto anche dei nuovi obiettivi di capacità (specifici per ogni Stato membro) recentemente rivisti per mantenere credibile la deterrenza collettiva. Del resto, sulla flessibilità – a partire da un orizzonte decennale, fissato al 2035 – puntano anche tutti gli altri Paesi (Italia inclusa) che si trovano ancora al di sotto del precedente target, il 2 per cento deciso nel lontano 2014.Un altro imbarazzante intervento del presidente Usa riguarda la solidità della clausola di mutua difesa, sancita dal famigerato articolo 5 della Carta atlantica. A bordo dell’Air Force One, Trump ha dichiarato che “esistono numerose definizioni dell’articolo 5“, rifiutando di confermare se Washington difenderebbe i suoi alleati europei nel caso di un’aggressione armata. “Mi impegno a essere loro amico“, ha tagliato corto.Dichiarazioni che non faranno troppo piacere alle cancellerie del Vecchio continente, dove si moltiplicano gli allarmi che la Russia di Vladimir Putin potrebbe attaccare direttamente un Paese Nato lungo il fronte orientale entro la fine del decennio. Nelle parole dello stesso Rutte, la Federazione rimane “la più significativa e diretta minaccia all’Alleanza“.Anche Ursula von der Leyen ha ammonito che “la Russia sarà in grado di testare i nostri impegni di difesa reciproca entro i prossimi cinque anni“. “Entro il 2030, l’Europa deve avere tutto ciò che serve per una deterrenza credibile”, ha aggiunto. Serve mettere in campo “una nuova mentalità“, dice, che dovrà permettere ai Ventisette di “esplorare nuovi modi di fare le cose, unendo la tecnologia e la difesa, l’aspetto civile e militare“.Il Segretario generale della Nato, Mark Rutte (foto: Nato)E l’Ucraina? Il summit dell’Aia dovrà servire anche per riconfermare il sostegno dell’Alleanza atlantica alla resistenza di Kiev, ma stavolta questo tema godrà di riflettori più fiochi rispetto ai vertici precedenti. Per non irritare la sensibilità di Trump, che non nutre grande simpatia per l’omologo ucraino, Volodymyr Zelensky non è stato invitato a prendere parte nell’unica sessione di lavoro dei leader, prevista per domani.Oggi, il presidente ucraino ha incassato rassicurazioni ed elogi dai vertici comunitari. “Continueremo a dare pieno sostegno all’Ucraina e a esercitare pressioni sulla Russia attraverso sanzioni“, ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo António Costa, complimentandosi con il governo di Kiev per lo “straordinario lavoro” profuso nell’implementare le riforme pre-adesione pur sotto le bombe del Cremlino. Secondo l’ex premier portoghese, “abbiamo raggiunto le condizioni per far progredire il processo negoziale in corso” e far entrare al più presto il Paese nel club a dodici stelle.Rimane invece sospeso nel limbo l’ingresso dell’Ucraina nella Nato. Al netto delle dichiarazioni di Rutte, che ha ribadito per l’ennesima volta il carattere “irreversibile” del percorso di Kiev verso l’Alleanza (“vale ancora oggi e continuerà a valere anche giovedì”, assicura), rimane ancora lontano il giorno in cui tutti gli attuali membri daranno il loro consenso unanime.

  • in

    Serbia, il presidente filorusso Aleksandar Vučić per la prima volta in Ucraina

    Bruxelles – Colpo di scena tra i Balcani occidentali e l’Ucraina. Uno dei principali alleati europei di Vladimir Putin, il presidente serbo Aleksandar Vučić, ha partecipato a sorpresa ad un summit a Odessa, incontrando l’omologo ucraino Volodymyr Zelensky nella sua prima visita ufficiale nel Paese. Potrebbe trattarsi di un tentativo di riposizionare Belgrado sullo scacchiere internazionale, più lontano da Mosca e più vicino a Bruxelles?L’annuncio, diffuso dall’ufficio della presidenza serba, ha colto tutti di sorpresa. Aleksandar Vučić si è recato oggi (11 giugno) a Odessa per una visita ufficiale di un giorno, mettendo piede in Ucraina per la prima volta da quando è salito al potere nel lontano 2012. L’autoritario leader balcanico ha partecipato ad un summit organizzato da Kiev che riunisce una dozzina di Paesi dell’Europa sud-orientale.Tra gli altri, erano presenti nella città portuale – colpita nelle scorse ore dall’ennesimo bombardamento russo – anche il neo-eletto presidente romeno Nicușor Dan, la presidente moldava Maia Sandu, il premier greco Kyriakos Mitsotakis e quello croato Andrej Plenković. Nessun invito, invece, per i rappresentanti del Kosovo: probabilmente un gesto di buona fede da parte ucraina nei confronti di Belgrado, che non riconosce l’indipendenza di Pristina.Grateful to all the leaders and partners who came together in Odesa for the Fourth Ukraine–Southeast Europe Summit.@sandumaiamd, @JakovMilatovic, @NicusorDanRO, @avucic, @R_JeliazkovPM, @AndrejPlenkovic, @kmitsotakis, @elisaspiropali, @IzetMexhiti, @tfajonYour presence sends… pic.twitter.com/Q58VCl0hdK— Volodymyr Zelenskyy / Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) June 11, 2025Secondo diversi osservatori, la comparsata a Odessa andrebbe letta come un segnale politico del leader serbo, che starebbe cercando di riposizionare il suo Paese un po’ più lontano dalla Russia e un po’ più vicino all’Ue. Vučić si era finora destreggiato in un complicato equilibrismo tra Mosca e Bruxelles, che non sembrava averlo ancora messo in particolare difficoltà.Uno dei più solidi alleati europei di Vladimir Putin (col quale ha celebrato l’80esimo anniversario della vittoria sovietica sulla Germania nazista lo scorso 9 maggio), il presidente serbo mantiene con la Federazione profondi legami economici, energetici, strategici e storico-culturali.Per non alienarsi il Cremlino, sta cercando di restare “neutrale” rispetto alla guerra d’Ucraina: non ha aderito alle sanzioni dell’Ue contro Mosca (è in arrivo il 18esimo pacchetto) e fornisce aiuti umanitari (ma non militari) a Kiev, mentre alle votazioni in sede Onu si è ripetutamente schierato a favore dell’integrità territoriale del Paese aggredito, evitando di riconoscere la Crimea e le altre oblast’ parzialmente occupate come territorio russo de jure.Eppure, negli ultimi giorni il rapporto tra Mosca e Belgrado pare essersi improvvisamente incrinato. A fine maggio, l’intelligence russa ha accusato la Serbia di aver inviato armi a Kiev tramite triangolazioni con Paesi Nato come Bulgaria, Cechia e Polonia e altri intermediari africani, arrivando a parlare di una “pugnalata alle spalle” da parte del tradizionale alleato balcanico. La Serbia, come la Russia, è storicamente avversa alla Nato, avendone subito i bombardamenti nel 1999.Il presidente russo Vladimir Putin durante le celebrazioni per l’80esimo anniversario della vittoria sovietica sulla Germania nazista, il 9 maggio 2025 a Mosca (foto: Vyacheslav Prokofyev/Sputnik via Afp)D’altra parte, almeno sulla carta, Vučić punta a portare Belgrado dentro il club a dodici stelle. Ma sul percorso verso l’adesione pesano – o erano pesate fin qui – sia la gestione sempre più autoritaria del potere da parte sua (a partire dalla repressione delle oceaniche proteste che stanno scuotendo il Paese da mesi) sia l’imbarazzante vicinanza con lo zar russo, nonostante i silenzi di António Costa e di Kaja Kallas.Attualmente, sono aperti 22 capitoli negoziali su un totale di 33 e un paio sono stati chiusi provvisoriamente, ma il processo è in naftalina da qualche anno. Nello specifico, i problemi sarebbero legati all’apertura del cluster 3 (crescita inclusiva), poiché i Ventisette non ritengono soddisfacente la situazione dello Stato di diritto, inclusi il contrasto alla corruzione, l’indipendenza della magistratura e la libertà dei media.La verità, ad ogni modo, è che l’avvicinamento della Serbia all’Ue – parallelamente all’allontanamento dalla Russia – è nell’interesse strategico di Bruxelles. È probabilmente ancora presto, tuttavia, per dire se siamo di fronte ad un riallineamento della politica estera di Belgrado, che comporterebbe l’abbandono di alleanze decennali da parte di Vučić, peraltro senza una prospettiva concreta di adesione.

  • in

    Ucraina, Trump sente Putin (di nuovo). Ma all’orizzonte non c’è nessuna tregua

    Bruxelles – La pace in Ucraina è ancora lontana. È quanto emerso dalla nuova conversazione telefonica avvenuta ieri sera (4 giugno) tra Vladimir Putin e Donald Trump, durante la quale il capo del Cremlino ha promesso una dura rappresaglia agli attacchi compiuti da Kiev negli ultimi giorni (che gli Stati Uniti non sembrano interessati a impedire). Il presidente russo avrebbe anche offerto alla Casa Bianca una sponda nei complessi negoziati sul programma nucleare iraniano.La chiamata è stata riassunta dal presidente statunitense con un post sul suo social personale, Truth: “È stata una buona conversazione, ma non una conversazione che porterà ad una pace immediata“, ha scritto il tycoon. “Il presidente Putin ha detto, e molto fermamente, che dovrà rispondere al recente attacco sugli aeroporti“, ha aggiunto Trump, senza specificare se nella conversazione di circa 75 minuti abbia tentato di dissuadere il suo interlocutore dal portare a compimento suddetta rappresaglia. Stamattina, il palazzo dell’amministrazione regionale di Cherson è stato colpito con le famigerate “bombe plananti” dall’aviazione russa.Il presidente statunitense Donald Trump (foto via Imagoeconomica)Lo smacco che lo zar non poteva lasciare impunito è una serie di attacchi compiuti negli scorsi giorni dai servizi ucraini contro diversi obiettivi sul territorio russo. Sono stati colpiti alcuni ponti – nelle oblast’ di Kursk, invasa dalle truppe di Kiev lo scorso agosto e recentemente “bonificata” da Mosca, e di Bryansk, ma soprattutto quello di Kerch che collega la Federazione con la Crimea occupata – e sono stati distrutti una quarantina di bombardieri strategici (usati per sganciare appunto le bombe plananti mantenendosi a distanza di sicurezza dalla contraerea nemica), cioè circa un terzo del totale.Bollando il governo ucraino come una “organizzazione terrorista“, Putin ha sostenuto che non ci sono più le condizioni per trattare col suo omologo Volodymyr Zelensky (nonostante lui stesso avesse aperto a questa possibilità poco più di un mese fa), confermando il sostanziale buco nell’acqua del secondo round di colloqui tra le delegazioni dei due Paesi belligeranti svoltisi a Istanbul all’inizio di questa settimana.Del resto, appare sempre più evidente il fiasco della mediazione statunitense nel complicatissimo processo negoziale tra Mosca e Kiev. Al netto di una serie di false partenze, le trattative per una tregua nel conflitto sono sostanzialmente ferme, date le posizioni inconciliabili di Russia e Ucraina su praticamente qualsiasi punto, a partire dalle condizioni per accettare un cessate il fuoco.Dalla prospettiva europea, peraltro, il disimpegno dello zio Sam dal Vecchio continente sembra ormai incontrovertibile. Per la prima volta in quasi tre anni e mezzo, il capo del Pentagono Pete Hegseth era assente alla riunione del gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina (il cosiddetto formato Ramstein) tenutasi ieri a Bruxelles. E, stando alle indiscrezioni circolate nelle scorse ore, l’amministrazione a stelle e strisce ha anche definitivamente rifiutato di fornire copertura aerea ad eventuali operazioni della “forza di rassicurazione” franco-britannica, una richiesta su cui avevano a lungo insistito i membri della coalizione dei volenterosi.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto via Imagoeconomica)Un altro punto importante della chiamata Trump-Putin ha riguardato i difficili negoziati in corso (o meglio in stallo) sul nucleare iraniano. Secondo il tycoon, lo zar sarebbe “d’accordo” sul fatto che Teheran “non può possedere” un’arma atomica. Il presidente russo si sarebbe addirittura offerto di “partecipare nelle discussioni” con la Repubblica islamica, suggerendo di poter portare le discussioni “ad una rapida conclusione” mentre gli ayatollah starebbero rallentando le trattative. “Avremo bisogno di una risposta definitiva in un tempo molto breve!”, ha concluso l’inquilino della Casa Bianca.Dopo aver sentito Trump, Putin ha parlato brevemente anche col papa Leone XIV. L’inquilino del Cremlino avrebbe ringraziato il pontefice per la disponibilità mostrata dalla Santa Sede a ospitare in Vaticano futuri colloqui di pace tra Russia e Ucraina, un cambio di passo non indifferente da parte di Robert Francis Prevost rispetto al suo predecessore José Maria Bergoglio.Ma, appunto, non sembra ancora giunto il momento delle trattative. Per ora, Mosca ha proposto delle tregue temporanee (48 o 72 ore) limitate ad alcune zone del fronte per permettere a entrambi gli eserciti di recuperare i cadaveri dei caduti, ma Kiev ha rispedito l’offerta al mittente. Le diplomazie dei belligeranti sarebbero tuttavia impegnate per portare a termine un nuovo scambio di prigionieri di guerra e per la restituzione reciproca di diverse migliaia di salme. La Russia avrebbe anche accettato di rilasciare diverse centinaia di minori ucraini deportati dalle regioni occupate.

  • in

    Ucraina, nuova fumata nera dai colloqui di Istanbul sul cessate il fuoco

    Bruxelles – Ucraina e Russia ci riprovano, ma senza fare progressi sostanziali. Le delegazioni di Kiev e Mosca si sono incontrate di nuovo a Istanbul per continuare i colloqui diretti sulla fine della guerra. C’è l’intesa su uno scambio di prigionieri e sulla restituzione di un gran numero di salme, ma le posizioni su un’eventuale tregua nei combattimenti rimangono inconciliabili. Nel frattempo, di qua e di là del confine continuano a cadere le bombe.Con buona pace delle speculazioni su fantomatici negoziati di pace in Vaticano circolate nelle scorse settimane, è a Istanbul che russi e ucraini continuano a incontrarsi. Lì si è svolto ieri (2 giugno) un nuovo round di colloqui diretti tra le delegazioni dei due belligeranti, sedutesi allo stesso tavolo per la seconda volta dal marzo 2022.Il primo faccia a faccia risale a metà maggio, quando le squadre negoziali avevano concordato uno scambio di 1000 prigionieri per parte, ma senza fare progressi sul nodo centrale delle trattative: le condizioni per un cessate il fuoco sostenibile e, in prospettiva, l’avvio di veri colloqui di pace.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto via Imagoeconomica)Anche stavolta, nella millenaria città sul Bosforo i negoziatori di Kiev e Mosca hanno dato il disco verde alla liberazione di un numero imprecisato di prigionieri – soprattutto i soldati più giovani, di età compresa tra i 18 e i 25 anni, e i feriti più gravi – e alla restituzione di 6mila caduti per parte.Rimane invece siderale la distanza tra le rispettive posizioni su come giungere ad un’interruzione temporanea delle ostilità, punto di partenza per negoziati sostanziali su una pace duratura. Ucraina e Russia si sono scambiate dei memorandum sulle condizioni ritenute accettabili per una tregua, ma i desiderata messi nero su bianco dalle due parti sono sempre gli stessi. E non sono conciliabili.Per avviare negoziati sostanziali, Kiev continua a chiedere un cessate il fuoco immediato e totale, il rilascio di tutti i prigionieri militari e civili e il ritorno dei minori rapiti durante l’occupazione. Altri due punti cruciali sono la libertà dell’Ucraina di aderire tanto all’Ue quanto alla Nato, previo consenso politico all’interno dei due club, e le famigerate (quanto fumose) garanzie di sicurezza che dovrebbero essere fornite dalla coalizione dei volenterosi.I briefed the President of Ukraine @ZelenskyyUa on today’s meeting with the Russian side in Istanbul.Upon returning to Kyiv, I will also present the Russian proposals — which they shared only today, directly during the negotiations.The Ukrainian side acted clearly and… pic.twitter.com/MYuw15BPQw— Rustem Umerov (@rustem_umerov) June 2, 2025Kiev sostiene inoltre la necessità di un faccia a faccia tra Volodymyr Zelensky e Vladimir Putin. “Riteniamo che abbia senso continuare il lavoro tra le delegazioni se è finalizzato a preparare un incontro tra i capi di Stato”, ha osservato il capo-negoziatore Rustem Umerov, titolare della Difesa ucraina. La finestra da lui proposta per organizzare il bilaterale – magari alla presenza di Donald Trump – è “entro la fine di questo mese, dal 20 al 30 giugno“.Eventuali cessioni territoriali, fanno sapere gli ucraini, andranno discusse solo al massimo livello tra i due presidenti. Se tali condizioni verranno soddisfatte, Kiev si dichiara disposta ad accettare il progressivo allentamento delle sanzioni contro Mosca, purché venga messo in piedi un meccanismo atto a reintrodurle rapidamente in caso di necessità. Zelensky ha inoltre invocato nuove misure restrittive se il processo di Istanbul non porterà a breve ad un cessate il fuoco.Si tratta con ogni evidenza di condizioni irricevibili per il Cremlino, che a sua volta mantiene le proprie richieste massimaliste già respinte al mittente da Kiev. La Federazione pretende la fine del supporto occidentale alla resistenza ucraina, la smilitarizzazione e “neutralizzazione” del Paese aggredito nonché la rinuncia a farlo entrare nell’Alleanza nordatlantica, oltre alla ritirata dell’esercito ucraino dalle quattro oblast’ parzialmente occupate – che Mosca vuole vedere riconosciute come territorio russo de jure, insieme alla Crimea – e alla rimozione di tutte le sanzioni internazionali.Il presidente russo Vladimir Putin (foto: Imagoeconomica)Quanto al cessate il fuoco, il capo-negoziatore russo Vladimir Medinsky (lo stesso che aveva guidato la squadra russa nella prima fase dei colloqui di Istanbul tre anni fa) ha messo sul tavolo la proposta di una tregua parziale di due e o tre giorni, da attivarsi solo in determinate aree del fronte durante i negoziati.Questo secondo round di colloqui a Istanbul ha avuto luogo all’indomani del più ampio attacco ucraino sul suolo della Federazione dall’inizio dell’invasione su larga scala, che avrebbe portato alla distruzione di decine di bombardieri. Così, tra le richieste avanzate dal Cremlino figura anche “il rifiuto da parte di Kiev di intraprendere attività sovversive e di sabotaggio contro la Russia”.Richiesta destinata a cadere nel vuoto, dato che proprio oggi i servizi di intelligence di Kiev hanno rivendicato il terzo attacco al ponte di Kerch dal 2022. L’infrastruttura, che collega direttamente la Federazione alla penisola nel Mar Nero, è fondamentale per rifornire le truppe russe nel sud dell’Ucraina. Nel frattempo, l’esercito di Mosca continua la sua lenta avanzata nella regione ucraina di Sumy, dove non si fermano i bombardamenti.