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    È stallo sul memorandum d’intesa con la Tunisia. Nuova missione di von der Leyen, Meloni e Rutte

    Bruxelles – Che le parti non fossero così vicine si era percepito dal silenzio delle ultime due settimane, dopo che all’ultimo Consiglio Europeo del 29-30 giugno i leader Ue avevano dato ormai per chiuso l’accordo con la Tunisia. Ma ora arriva la conferma. C’è bisogno di una nuova missione di Ursula von der Leyen, Giorgia Meloni e Mark Rutte per “portare il lavoro a un passo successivo”.
    Da sinistra: il primo ministro dei Paesi Bassi, Mark Rutte, la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, il presidente della Tunisia, Kais Saied, e la prima ministra dell’Italia, Giorgia Meloni, a Tunisi (11 giugno 2023)
    La presidente della Commissione Europea, accompagnata dai primi ministri di Italia e Olanda, incontrerà il presidente tunisino, Kais Saied, domenica pomeriggio (14 luglio), in un secondo round dopo la prima visita congiunta dello scorso 11 giugno. Un mese fa i tre avevano concordato con le autorità tunisine di portare avanti il lavoro su un pacchetto di partenariato globale fondato su cinque pilastri: sviluppo economico, scambi e investimenti, accordi sulle energie rinnovabili, gestione dei flussi migratori, mobilità e formazione nell’ambito della partnership per i talenti. L’obiettivo di Bruxelles era firmare il memorandum d’intesa sulla partnership prima del vertice dei 27 leader europei di fine giugno. Alla vigilia del Consiglio Ue il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, era pronto a volare a Tunisi per finalizzarlo ma – non senza imbarazzo – ha dovuto annullare la trasferta a causa delle celebrazioni della festa islamica del sacrificio. Il motivo sembra però essere piuttosto l’assenza di un accordo definitivo: “Le discussioni sono ancora in corso“, ha ammesso oggi (14 luglio) la portavoce della Commissione Ue, Dana Spinant.
    In base ai termini attuali dell’accordo, l’Ue sarebbe pronta a mobilitare immediatamente 150 milioni di euro di supporto al budget di Tunisi e 105 milioni per la gestione della migrazione, di cui 60 per il controllo dei confini. E 900 milioni di euro di assistenza macrofinanziaria, vincolati allo sblocco del maxiprestito da 1,9 miliardi che il Fondo Monetario Internazionale sta negoziando con Saied dallo scorso ottobre. In cambio dell’impegno del presidente tunisino a continuare a fermare le partenze dei barconi e a trasformare la Tunisia in una sorta di piattaforma dove rispedire le persone migranti che arrivano in modo irregolare, che verrebbero sottoposte alle procedure d’asilo nel Paese nordafricano. Le persone migranti a cui fosse riconosciuto il diritto d’asilo verrebbero ripresi dagli Stati membri, gli altri resterebbero in Tunisia.
    L’accordo con Saied e le violazioni dei diritti umani in Tunisia
    Ma una fetta importante della popolazione locale non vuole le persone migranti subsahariane. E il populista Saied lo sa, tant’è che da mesi soffia sul fuoco del malcontento nazionale con pericolose dichiarazioni pubbliche. A febbraio aveva evocato la teoria complottista della sostituzione etnica, per poi ribadire a più riprese che la Tunisia “non accetterà mai di essere il guardiano dei confini di nessun Paese, né accetterà l’insediamento di migranti sul proprio territorio”. Da settimane si succedono episodi di violenza nei confronti di persone migranti, soprattutto nella zona di Sfax, città da cui partono la maggior parte delle imbarcazioni dirette verso l’Italia. E le autorità tunisine, per abbassare la tensione, stanno deportando centinaia di migranti verso la zona desertica al confine con la Libia, lasciandoli alla mercé di gruppi armati e trafficanti.
    La prima ministra italiana, Giorgia Meloni, e il presidente della Tunisia, Kais Saied, a Tunisi (11 giugno 2023)
    C’è da chiedersi se l’Unione Europea chiuderà un occhio sul rispetto dei diritti umani, mettendoli sull’altare della riduzione della pressione migratoria ai propri confini. Bruxelles è già stata avvisata dall’inviato speciale per il Mediterraneo Centrale e Occidentale dell’Unhcr, Vincent Cochetel, sul fatto che qualsiasi accordo sulla migrazione con Saied “deve essere fermato senza un effettivo rispetto dei diritti di migranti e richiedenti asilo”. Dalla Commissione Ue assicurano che “il partenariato con la Tunisia è basato ovviamente sul rispetto dei diritti dell’uomo e della dignità dei migranti” e che l’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, è pronto a sollevare il tema in occasione del prossimo Consiglio d’Associazione Ue-Tunisia. Che potrebbe tenersi entro la fine dell’anno, ma ancora non c’è alcuna data.

    L’obiettivo iniziale era di finalizzare l’accordo prima del Consiglio Europeo di fine giugno, ma la data continua a slittare. Nel Paese nord-africano aumentano le tensioni tra popolazione locale e persone migranti subsahariane: per l’Unhcr l’Ue non può ignorare il rispetto dei diritti umani

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    Semiconduttori, energie pulite e abolizione delle restrizioni ai prodotti alimentari da Fukushima al vertice Ue-Giappone

    Bruxelles – Una riunione di alto livello per approfondire una cooperazione sempre più stretta tra due alleati distanti geograficamente ma vicinissimi sul piano strategico. Il 29° vertice Ue-Giappone è stato un’occasione per i leader dell’Unione e del Paese asiatico per mettere in fila le priorità del partenariato, dalle materie prime critiche all’Alleanza verde, dai semiconduttori alle tecnologie per l’energia pulita, fino all’eliminazione delle restrizioni europee sulle importazioni alimentari dopo l’indicente nucleare di Fukushima.
    Da sinistra: il primo ministro del Giappone, Fumio Kishida, il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, e la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen (13 luglio 2023)
    “La cooperazione Ue-Giappone è più forte e positiva che mai, Tokyo è uno degli alleati più stretti nell’area dell’Indo-pacifico e oggi abbiamo concordato di lavorare per garantire più sicurezza e di lavorare per generare più opportunità per le nostre imprese”, ha aperto la conferenza stampa post-vertice il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel. Parole confermate dalla numero uno della Commissione Ue, Ursula von der Leyen: “È stato un ottimo summit con risultati tangibili, siamo più vicini che mai”. In primis sul piano del digitale e della tecnologia d’avanguardia, considerato il lavoro del partenariato digitale Ue-Giappone: “Accelereremo la nostra cooperazione sulla trasformazione digitale“, con attenzione particolare sulle “infrastrutture di comunicazione aperte, sicure, innovative e resilienti” e la “mitigazione dei rischi e la governance dell’intelligenza artificiale”, si legge nella dichiarazione congiunta del vertice. La presidente della Commissione ha anche ricordato gli “ottimi progressi sulla connettività, che stanno portando a risultati significativi”, come per esempio il cavo sottomarino artico di 14 mila chilometri che permetterà di bypassare la Russia e il Canale di Suez.
    Al fianco dell’agenda digitale c’è l’Alleanza verde che sta spingendo il lavoro congiunto sulla transizione climatica ed energetica. Gli obiettivi  sono stati definiti al vertice Ue-Giappone dello scorso anno e adesso è il momento della messa a terra degli impegni, come dimostrato dal Memorandum di cooperazione sull’idrogeno firmato nel dicembre 2022. “Intensificheremo la cooperazione in settori quali le tecnologie di rete, l’efficienza energetica, l’idrogeno a basse emissioni di carbonio e rinnovabile, l’eolico off-shore e tecnologie di cattura, utilizzo e stoccaggio del carbonio“, hanno messo in chiaro i tre leader nella dichiarazione congiunta, che specifica anche un lavoro ad hoc sulle catene di approvvigionamento, l’uso e il riciclaggio sostenibile delle batterie. “Siamo motori della protezione del pianeta“, ha rivendicato Michel, mentre von der Leyen ha ricordato anche il lavoro dei due partner “in tutto il mondo con il Global Gateway e le iniziative da parte giapponese”, come i progetti idroelettrici in Vietnam “per liberare la regione dal carbone”.
    Da sinistra: la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, il primo ministro del Giappone, Fumio Kishida, e il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel (13 luglio 2023)
    Per la transizione energetica sono però vitali le materie prime critiche e i semiconduttori, su cui “mostriamo dipendenze simili“, ha sottolineato la numero uno della Commissione: “Abbiamo bisogno di de-risking sulla catena di approvvigionamento soprattutto dalla Cina per prodotti che sono vitali per le nostre economie, come per esempio le materie prime critiche”. Ecco perché è cruciale non solo il dialogo bilaterale sull’economia Ue-Giappone, ma anche il rafforzamento della cooperazione ad hoc su materie prime e semiconduttori. “L’accordo rappresenta un’opportunità per approfondire la cooperazione su questioni essenziali per la transizione verde e digitale delle nostre industrie“, si legge nel testo finale del vertice a proposito della collaborazione sulle materie prime, che “consentirà di condividere informazioni e approfondire le rispettive conoscenze in materia di gestione dei rischi della catena di approvvigionamento, innovazione, riciclaggio e circolarità”. Sui semiconduttori è invece in atto una “cooperazione approfondita su un meccanismo di allerta precoce” in caso di carenze, grazie al memorandum di cooperazione Ue-Giappone siglato il 12 maggio 2022 a Tokyo.
    Il commercio alimentare Ue-Giappone ristabilito
    A margine del vertice Ue-Giappone è arrivata anche una notizia particolarmente attesa da Tokyo, ovvero l’eliminazione delle restrizioni europee all’importazione di prodotti alimentari a seguito dell’incidente nucleare di Fukushima. “Permetterà la ripresa dei territori colpiti dal disastro”, ha spiegato in conferenza stampa il primo ministro giapponese, Fumio Kishida. La revoca delle misure “deriva dai risultati positivi dei controlli effettuati sui prodotti dalle autorità giapponesi e dagli Stati membri”, si legge nella nota dell’esecutivo Ue.
    Dopo l’incidente del 2011 l’Unione Europea aveva adottato misure per proteggere la salute dei cittadini comunitari dalla possibile contaminazione radioattiva di alimenti e mangimi importati dal Giappone e ha imposto test approfonditi di radioattività sui prodotti alimentari prima dell’esportazione. Le misure sono state riesaminate ogni due anni e a oggi (dopo l’ultima revisione del 2021) erano rimaste restrizioni solo a funghi selvatici, specie ittiche e piante commestibili selvatiche. “È una decisione basata sulla scienza e sulle evidenze dell’Agenzia per l’energia nucleare”, ha messo in chiaro von der Leyen al termine del vertice Ue-Giappone, sottolineando che il sistema di monitoraggio “rigoroso” delle autorità giapponesi dal 2011 è “un’altra dimostrazione di affidabilità” dei rapporti di Bruxelles con Tokyo. Ora che le restrizioni sono state completamente abolite, “è importante che il governo giapponese continui a monitorare la produzione nazionale per verificare la presenza di radioattività”, incluso il pesce, i prodotti della pesca e le alghe marine “vicine al sito di rilascio dell’acqua di raffreddamento contaminata”, specifica la Commissione Ue.

    Al centro dell’ultima riunione di alto livello tra i leader dell’Unione e di Tokyo è stata rafforzata la cooperazione in campo digitale e delle tecnologie per la transizione verde, con l’attenzione rivolta soprattutto alla catena di approvvigionamento di materie prime critiche e all’Alleanza verde

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    Niente invito all’adesione, ma garanzie di sicurezza G7 e un Consiglio ad hoc. I risultati del vertice Nato sull’Ucraina

    Bruxelles – È andato tutto come previsto, nonostante le forti pressioni del presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky. Al vertice di Vilnius dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (Nato) non è arrivato un invito a Kiev per l’adesione, né sotto forma di una tabella di marcia né di tempistiche definite. Perché sono pochi gli alleati che si vogliono sbilanciare sull’ingresso del Paese mentre continua la guerra con la Russia, anche se nessuno rinnega il processo considerato ormai praticamente irreversibile di avvicinamento dell’Ucraina all’Alleanza Atlantica. Eppure c’è stato qualcosa di più, proprio per rendere manifesto al leader ucraino che il futuro ingresso è a portata, ma serve tempo. Parallelamente al comunicato del secondo giorno di vertice Nato, i leader del G7 (Canada, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Italia e Stati Uniti) hanno pubblicato una dichiarazione in cui si impegnano a fornire “garanzie di sicurezza a lungo termine” a Kiev, anche nel caso si ripeta un’aggressione al Paese.
    La foto di famiglia del vertice Nato di Vilnius (12 luglio 2023)
    “Oggi l’Ucraina è più vicina che mai alla Nato“, ha messo in chiaro oggi (12 luglio) il segretario generale dell’Alleanza, Jens Stoltenberg, in conferenza stampa congiunta con il presidente Zelensky, ribandendo però che il processo di adesione dell’Ucraina potrà iniziare solo “quando tutti gli alleati decideranno che le condizioni sono state soddisfatte”. Da Vilnius arriva comunque “il messaggio di unità più forte possibile” e anche le garanzie di sicurezza del G7 “vanno in questa direzione”, ha assicurato Stoltenberg.
    Proprio nella dichiarazione del Gruppo dei Sette si legge che sarà garantita la “fornitura continua” di equipaggiamento militare moderno, con “priorità alla difesa aerea, all’artiglieria e al fuoco a lungo raggio, ai veicoli blindati e ad altre capacità chiave, come l’aviazione da combattimento”. Sarà sostenuto lo sviluppo della base industriale ucraina e l’addestramento delle forze militare, oltre alla cooperazione in materia di intelligence. Nel caso di un nuovo futuro attacco armato russo, “intendiamo consultarci immediatamente con l’Ucraina per determinare i passi successivi più appropriati”, mettono in chiaro i sette leader. Da parte di Kiev, invece, è richiesta la prosecuzione dell’attuazione delle riforme delle forze dell’ordine, del sistema giudiziario, della lotta alla corruzione, della governance aziendale, dell’economia, del settore della sicurezza e della gestione dello Stato, ma anche la modernizzazione del settore della difesa “rafforzando il controllo civile democratico delle forze armate”. Questo sforzo “sarà portato avanti mentre l’Ucraina persegue un percorso verso la futura adesione alla comunità euro-atlantica“, è l’ulteriore rassicurazione fornita al presidente Zelensky dopo le dure critiche per l’assenza di un riferimento netto all’ingresso Nato del Paese nelle conclusioni del vertice di Vilnius.
    Da sinistra: il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, il primo ministro del Giappone e presidente di turno del G7, Fumio Kishida, e il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky (credits: Andrew Caballero-Reynolds / Afp)
    “Questa dichiarazione è aperta a tutti i Paesi che vogliono supportare l’Ucraina“, ha messo in chiaro il primo ministro giapponese e presidente di turno del G7, Fumio Kishida, annunciando la dichiarazione dei leader dei sette Paesi più industrializzati al mondo. Parole confermate dal presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, che ha precisato come “non possiamo aspettare per impegnarci sul lungo termine per rendere sicura l’Ucraina contro qualsiasi aggressione”. Per l’inquilino della Casa Bianca “il futuro dell’Ucraina è nella Nato, non è una sorpresa per nessuno, ma serve un percorso per l’adesione mentre intraprende il percorso riforme”. Nonostante non abbia raggiunto il risultato dichiarato di vedere l’invito ad aderire all’Alleanza Atlantica, il presidente ucraino Zelensky è sembrato piuttosto rassicurato dall’impegno del Gruppo dei Sette: “È un pacchetto importante di garanzie di sicurezza sul lungo termine, ora ci coordineremo con il G7 per estendere l’accordo con altri partner-chiave”, ha rimarcato il numero uno di Kiev davanti ai sette leader e ai rappresentanti delle istituzioni Ue.
    “L’Unione Europea sarà un partner fondamentale in questo sforzo”, è la rassicurazione della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, commentando la dichiarazione dei leader del G7: “Abbiamo fornito al coraggioso popolo ucraino sostegno umanitario, assistenza finanziaria sostanziale, armi e addestramento, oggi ci impegniamo per la sicurezza a lungo termine e la prosperità economica dell’Ucraina all’interno della comunità euro-atlantica”. Da parte di Bruxelles ci sarà il continuo rafforzamento delle sanzioni contro la Russia e il sostegno degli “ammirevoli sforzi di riforma” che sbloccheranno anche l’adesione di Kiev all’Ue. “La nuova realtà geopolitica sfida l’ordine internazionale basato sulle regole, l’Ue e la Nato stanno rafforzando la loro cooperazione e sono unite a sostegno dell’Ucraina”, ha twittato il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel.
    Il nuovo Consiglio Nato-Ucraina
    La prima riunione del Consiglio Nato-Ucraina a Vilnius, 12 luglio 2023 (credits: Ludovic Marin / Afp)
    “Buon pomeriggio, benvenuti a questa prima riunione del Consiglio Nato-Ucraina“, sono le prime parole pronunciate dal segretario generale Stoltenberg nel corso dell’inaugurazione del nuovo format che porterà i 31 alleati e Kiev a stringere sempre di più i rapporti nell’ottica del futuro allargamento dell’Alleanza Atlantica: “Questo è davvero un momento storico, siamo seduti fianco a fianco come pari per affrontare la nostra visione comune della sicurezza euro-atlantica“. Alla sessione inaugurale del Consiglio hanno partecipato tutti i leader dell’Alleanza e il presidente ucraino Zelensky, che ha voluto rimarcare come il nuovo format “non è uno strumento di partecipazione, ma di integrazione” del Paese nell’Alleanza.
    Perché un organismo di collegamento tra l’Alleanza Atlantica e Kiev già esisteva – la commissione Nato-Ucraina – ma da mesi non era più considerato sufficiente per gli obiettivi comuni. Secondo quanto si legge nel comunicato finale del vertice di Vilnius, il Consiglio è “un nuovo organismo congiunto in cui gli alleati e l’Ucraina siedono come membri paritari per promuovere il dialogo politico, l’impegno, la cooperazione e le aspirazioni euro-atlantiche dell’Ucraina all’adesione Nato. Le stesse parole sono state utilizzate dal segretario generale Nato nel corso della prima riunione di oggi: “Ci incontriamo da pari a pari, attendo con ansia il giorno in cui ci incontreremo come alleati“, perché durante il vertice nella capitale lituana “abbiamo riaffermato che l’Ucraina diventerà un membro dell’Alleanza”.

    Nonostante le insistenze del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, al summit dell’Alleanza Atlantica di Vilnius non sono state definite tempistiche per l’ingresso. Ma l’avvicinamento di Kiev è dato dal nuovo format “da pari” e dal sostegno militare “a lungo termine” del Gruppo dei Sette

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    Al Vertice Ue von der Leyen promette una proposta per usare gli asset russi congelati per l’Ucraina

    Bruxelles – La Commissione europea presenterà una proposta su come utilizzare i beni russi congelati per la ricostruzione dell’Ucraina. Al Vertice europeo che si è tenuto ieri e oggi (29 e 30 giugno) a Bruxelles “abbiamo discusso degli asset russi congelati e abbiamo intenzione di presentare una proposta. Ci concentreremo prudentemente sugli extra profitti derivanti dalle attività congelate della Banca centrale russa”, ha confermato la  presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in conferenza stampa al termine della due giorni di Vertice europeo.
    Di approccio prudente parla von der Leyen dal momento che la questione è particolarmente divisiva e complessa, e ci sono opinioni diverse e diverse opzioni sul tavolo su come sfruttarli. Tra queste, l’ipotesi di tassarli, anche se l’idea è di trovare un consenso tale da farlo tutti insieme, a Ventisette. Il tema dell’uso dei proventi ricavati dagli asset russi congelati per contribuire ad aiutare l’Ucraina nella ricostruzione è abbastanza controverso, perché può comportare dei rischi per l’attrattività internazionale dell’euro.
    La Commissione europea sta lavorando a una proposta, dunque. Ma lo fa con prudenza, per cercare una soluzione a 27 che metta d’accordo tutti. Von der Leyen ha fatto il punto su quanto ottenuto sulla Russia durante l’attuale presidenza di Svezia alla guida dell’Ue, che si concluderà tra poche ore per lasciare il posto alla Spagna. “Abbiamo anche compiuto progressi nel sanzionare la Russia. La scorsa settimana abbiamo adottato l’undicesimo pacchetto di sanzioni che mira sostanzialmente a scappatoie e all’elusione delle sanzioni. Sotto la sua Presidenza, abbiamo compiuto solidi progressi in materia di responsabilità, nel nostro lavoro per consegnare alla giustizia i crimini della Russia”. Non cuna proposta, in questo momento, che possa diventare legge” sull’utilizzo degli asset russi congelati per la ricostruzione dell’Ucraina.

    L’annuncio della presidente della Commissione europea al termine del Consiglio europeo

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    Il vertice dei leader Ue dà il via libera alla nuova strategia dell’Unione sulla Cina: de-risking e relazioni equilibrate

    Bruxelles – In un Consiglio Europeo dominato dalla questione migrazione, il capitolo sulla Cina rimane quasi ai margini, almeno se confrontato con le attese fino a un mese fa. Eppure il contenuto è un orientamento strategico dell’Unione non di poco conto, che costituirà per il prossimo futuro la base di partenza su cui impostare qualsiasi discorso e confronto con Pechino: “Nonostante i diversi sistemi politici ed economici, l’Unione Europea e la Cina hanno un interesse comune a perseguire relazioni costruttive e stabili, ancorate al rispetto dell’ordine internazionale basato sulle regole, all’impegno equilibrato e alla reciprocità”, si legge nelle conclusioni del vertice dei leader Ue.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen (29 giugno 2023)
    Come affermato per la prima volta nel discorso programmatico della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, sulle direttrici strategiche per il riorientamento dei rapporti Ue-Cina lo scorso 30 marzo, i Ventisette confermano che l’Unione “continuerà a impegnarsi con la Cina per affrontare le sfide globali”, ma soprattutto incoraggia Pechino a “intraprendere azioni più ambiziose in materia di cambiamenti climatici e biodiversità, salute e preparazione alle pandemie, sicurezza alimentare, riduzione delle catastrofi, riduzione del debito e assistenza umanitaria”. La discussione strategica tra i 27 capi di Stato e di governo si è dimostrata un lavoro “rapido” sia nel lavoro per avere “una posizione unica”, ma anche per concordare conclusioni che mettessero in chiaro come Pechino sia “contemporaneamente partner, concorrente e rivale sistemico” e che gli Stati membri devono tenere un “approccio politico multiforme”.
    Questo discorso riguarda prima di tutto l’aspetto economico e commerciale: “L’Unione Europea cercherà di garantire condizioni di parità, in modo che le relazioni commerciali ed economiche siano equilibrate, reciproche e reciprocamente vantaggiose”. L’obiettivo dichiarato è quello di “ridurre le dipendenze e le vulnerabilità critiche, anche nelle catene di approvvigionamento”, così come “diversificare dove necessario e appropriato”. La stella polare – discussa anche nel confronto del 6 aprile a Pechino tra la presidente della Commissione Ue von der Leyen, quello francese, Emmanuel Macron, e quello cinese, Xi Jinping – rimane il fatto che “l’Unione Europea non intende disaccoppiarsi o ripiegarsi su se stessa“. O, come ripete la numero uno dell’esecutivo comunitario, “de-risking, non disaccoppiamento”, che significa “ridurre le vulnerabilità dal punto di vista delle nostre relazioni economiche” come sulle materie prime critiche necessarie per la produzione di tecnologia pulita. Un tema su cui “c’è ampio consenso sia tra i governi Ue sia con i nostri partner G7”, ha messo in chiaro von der Leyen.

    Ue e Cina su politica estera e interna (cinese)
    Ma nelle conclusioni del vertice rientrano anche tematiche di natura puramente politica. In primis quella del controverso rapporto tra Pechino e Mosca, che Bruxelles sta cercando di spezzare per assicurarsi un alleato di peso per spingere la Russia a cessare la sua invasione dell’Ucraina: “In qualità di membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, la Cina ha una responsabilità speciale nel sostenere l’ordine internazionale basato sulle regole”, ricordano i leader Ue, facendo riferimento alla “pressione” che Xi Jinping dovrebbe esercitare su Vladimir Putin perché “cessi la sua guerra di aggressione e ritiri immediatamente, completamente e incondizionatamente le sue truppe dall’Ucraina”. Sempre sul piano delle relazioni esterne viene messo nero su bianco il fatto che “i mari della Cina orientale e meridionale sono di importanza strategica per la prosperità e la sicurezza regionale e globale” e che l’Unione “è preoccupata per le crescenti tensioni nello Stretto di Taiwan“. In questo senso il Consiglio “si oppone a qualsiasi tentativo unilaterale di cambiare lo status quo con la forza o la coercizione” e “riconferma la coerente politica di una sola Cina”.
    In ultima istanza non manca il riferimento al rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, con un riferimento alla ripresa del dialogo sui diritti umani con la Cina. In ogni caso i Ventisette ribadiscono le preoccupazioni per “il lavoro forzato, il trattamento dei difensori dei diritti umani e delle persone appartenenti a minoranze e la situazione in Tibet e nello Xinjiang“, ma anche il rispetto dei “precedenti impegni della Cina in materia di impegni assunti dalla Cina in relazione a Hong Kong”.

    Nelle conclusioni del Consiglio Europeo trova spazio anche il capitolo sulle relazioni con Pechino, sulla base dei risultati del viaggio Macron-von der Leyen del 6 aprile: “È contemporaneamente partner, concorrente e rivale sistemico, serve un approccio politico multiforme”

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    Prima del Consiglio Ue von der Leyen sente i leader di Kosovo e Serbia. Borrell: “Stati membri stanno perdendo la pazienza”

    Bruxelles – Scende in campo la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, per cercare di dare il colpo definitivo ai rischi dell’aumento delle tensioni tra Kosovo e Serbia. “Ho sottolineato l’urgente necessità di una de-escalation e del ritorno al dialogo facilitato dall’Ue sulla normalizzazione delle relazioni con la Serbia”, ha reso noto oggi (27 giugno) in un tweet la stessa numero uno dell’esecutivo comunitario dopo la telefonata con il primo ministro del Kosovo, Albin Kurti, e poco prima di fare lo stesso con il presidente della Serbia, Aleksandar Vučić. Colloqui che arrivano alla vigilia del Consiglio Europeo del 29-30 giugno, quando i capi di Stato e di governo dei 27 Paesi membri Ue troveranno anche la questione delle violenze degli ultimi mesi nel nord del Kosovo e della tensione tra Pristina e Belgrado sul tavolo delle discussioni.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il primo ministro dell’Albania, Edi Rama (27 giugno 2023)
    È la seconda volta che la presidente von der Leyen affronta la questione da quando il 26 maggio sono scoppiate le violente proteste nel nord del Kosovo che hanno portato a un aggravamento della situazione nella regione. “Le recenti tensioni sono preoccupanti, mi associo agli appelli rivolti a tutte le parti ad abbandonare lo scontro e ad adottare misure urgenti per ristabilire la calma“, aveva messo in chiaro la leader della Commissione presentando il nuovo piano di crescita per i Balcani Occidentali lo scorso 31 maggio. Da allora però è passato quasi un mese e sono stati pochi i segnali di riduzione delle provocazioni tra Pristina e Belgrado. Ma – come ha messo in chiaro l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, in un punto stampa con il primo ministro dell’Albania, Edi Rama, al termine dell’incontro di oggi – “gli Stati membri stanno perdendo la pazienza davanti a una situazione che continua a deteriorarsi“. Della questione i 27 governi ne hanno discusso ieri (26 giugno) al Consiglio Affari Esteri, trovandosi d’accordo sul fatto che “le parti devono permettere la de-escalation della situazione e trovare una via basata sulla tabella di marcia proposta loro la settimana scorsa” alla riunione di emergenza a Bruxelles.
    A proposito delle discussioni a livello Ue, saranno proprio i 27 capi di Stato e di governo ad affrontare direttamente la questione tra giovedì e venerdì. Come emerge dall’ultima bozza delle conclusioni visionata da Eunews, il Consiglio Europeo “condanna i recenti episodi di violenza nel nord del Kosovo e chiede un’immediata attenuazione della situazione, sulla base degli elementi chiave già delineati dall’Unione europea il 3 giugno 2023″, in riferimento alla dichiarazione dell’alto rappresentante Borrell sulle violenze di inizio mese. La specifica sulla data è una novità rispetto alla prima versione delle conclusioni, ma non è l’unica. Spicca in particolare l’esortazione a entrambe le parti a “creare le condizioni per elezioni anticipate in tutti e quattro i comuni del nord del Kosovo” (Zubin Potok, Zvečan, Leposavić e Kosovska Mitrovica), mentre rimane la minaccia velata che “la mancata attenuazione delle tensioni avrà conseguenze negative”. Uguale il passaggio sulla necessità della ripresa del dialogo facilitato dall’Ue e la “rapida attuazione dell’Accordo sul percorso di normalizzazione e del relativo Allegato di attuazione” (ripetitivamente l’accordo di Bruxelles del 27 febbraio che ha definito gli impegni specifici per Serbia e Kosovo e l’intesa sull’allegato di implementazione raggiunta a Ohrid il 18 marzo). Ma nell’ultima bozza è stato incluso anche l’esplicito riferimento alla “istituzione dell’Associazione/Comunità dei Comuni a maggioranza serba“.
    L’arresto/sequestro di tre poliziotti kosovari dai servizi di sicurezza serbi nell’area di confine tra Serbia e Kosovo (14 giugno 2023)
    Anche il premier albanese Rama da Bruxelles ha messo in guardia sugli “effetti devastanti che un’ulteriore deterioramento della situazione potrebbe avere non solo in Kosovo e Serbia, ma in tutta la regione” dei Balcani Occidentali. Parole di soddisfazione sono state rivolte a Belgrado per aver risolto l’ultimo episodio di tensione – la liberazione di ieri dei tre poliziotti kosovari arrestati/rapiti dalle forze di sicurezza serbe il 14 giugno – ma “ora è tempo per una de-escalation urgente e immediata”, ha rimarcato il primo ministro: “Questa situazione non può impattare in modo negativo la regione, abbiamo molto da fare dopo tanti progressi, non può cadere tutto come un castello di sabbia”. Ecco perché l’idea condivisa da Tirana è quella di “una conferenza di massimo livello con Ue e Stati Uniti, che porti i leader dei due Paesi allo stesso tavolo“, è quanto avanzato da Rama. Da quel tavolo il premier Kurti e il presidente Vučić “non devono andarsene prima di aver trovato un accordo, altrimenti rischieranno di incorrere in conseguenze negative e spiacevoli per tutti”.
    Cosa sta succedendo tra Serbia e Kosovo
    Lo scorso 26 maggio sono scoppiate violentissime proteste nel nord del Kosovo da parte della minoranza serba a causa dell’insediamento dei neo-eletti sindaci di Zubin Potok, Zvečan, Leposavić e Kosovska Mitrovica. Proteste che si sono trasformate il 29 maggio in una guerriglia che ha coinvolto anche i soldati della missione internazionale Kfor a guida Nato (30 sono rimasti feriti, di cui 11 italiani). Una situazione deflagrata dalla decisione del governo Kurti di forzare la mano e far intervenire le forze speciali di polizia per permettere l’ingresso nei municipi ai sindaci eletti lo scorso 23 aprile in una tornata particolarmente controversa: l’affluenza al voto è stata tendente all’irrisorio – attorno al 3 per cento – a causa del boicottaggio di Lista Srpska, il partito serbo-kosovaro vicino al presidente serbo Vučić e responsabile anche dell’ostruzionismo per impedire ai sindaci di etnia albanese (a parte quello di Mitrovica, della minoranza bosniaca) di assumere l’incarico. Dopo il dispiegamento nel Paese balcanico di 700 membri aggiuntivi del contingente di riserva Kfor e una settimana di apparente stallo, nuove proteste sono scoppiate a inizio giugno per l’arresto di due manifestanti accusati di essere tra i responsabili delle violenze di fine maggio e per cui la polizia kosovara viene accusata di maltrattamenti in carcere.
    Scontri tra i manifestanti serbo-kosovari e i soldati della missione Nato Kfor a Zvečan, il 29 maggio 2023 (credits: Stringer / Afp)
    A gravare su una situazione già tesa c’è stato un ulteriore episodio che ha infiammato i rapporti tra Pristina e Belgrado: l’arresto/rapimento di tre poliziotti kosovari da parte dei servizi di sicurezza serbi lo scorso 14 giugno. Un evento per cui i due governi si sono accusati a vicenda di sconfinamento delle rispettive forze dell’ordine, in una zona di confine tra il nord del Kosovo e il sud della Serbia scarsamente controllata dalla polizia kosovara e solitamente usato da contrabbandieri che cercano di evitare i controlli di frontiera. Dopo settimane di continui appelli alla calma e alla de-escalation non ascoltati né a Pristina né a Belgrado, per Bruxelles si è resa necessaria una nuova soluzione ‘tampone’, ovvero convocare una riunione d’emergenza con il premier Kurti e il presidente Vučić per cercare delle vie percorribili per ritornare fuori dalla “modalità gestione della crisi” e rimettersi sul percorso della normalizzazione dei rapporti intrapreso tra Bruxelles e Ohrid. A pochi giorni dalla riunione a Bruxelles del 22 giugno è arrivata la scarcerazione dei tre poliziotti kosovari da parte della Serbia, ma la tensione tra Pristina e Belgrado rimane ancora alta e per il momento non è stato deciso nulla sulle nuove elezioni nel nord del Kosovo.

    La presidente della Commissione Ue ha telefonato al premier kosovaro, Albin Kurti, e al presidente serbo, Aleksandar Vučić, per ribadire “l’urgente necessità di una de-escalation e del ritorno al dialogo”. Nella bozze di conclusioni del vertice dei leader Ue inserito un punto specifico

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    Riforme, adesione e 50 miliardi al 2027 per la ricostruzione. Il futuro dell’Ucraina nell’Ue secondo von der Leyen

    Bruxelles – Corrono lungo due direttrici parallele gli sforzi per la ricostruzione internazionale dell’Ucraina e quelli per l’adesione di Kiev all’Unione Europea. “Ogni giorno vediamo la volontà degli ucraini di rinascere dalle ceneri, nei campi di battaglia, nelle strade e ovunque per costruire il proprio futuro”, ha sottolineato oggi (21 giugno) la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, alla Conferenza internazionale sulla ripresa dell’Ucraina a Londra, parlando dei tentativi dei cittadini “non solo per ricostruire quello che c’era, ma anche per rimodellare il proprio Paese, stanno immaginando di nuovo il proprio futuro con le energie pulite e con le bandiere dell’Ue sventolare sopra le proprie città”.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, alla Conferenza internazionale sulla ripresa dell’Ucraina Londra (21 giugno 2023)
    Rispondendo alla richiesta del presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, di “passare dai principi agli accordi, dagli accordi a veri e propri piani concreti”, la numero uno dell’esecutivo comunitario ha messo in chiaro a Londra che lo sforzo internazionale servirà per “rendere possibile il sogno di un’Ucraina più pulita, più verde e più moderna, l’ultima eredità di questa atroce guerra”. In primo luogo c’è l’aspetto finanziario “come comunità coordinata sotto forma di una piattaforma innovativa che veicolerà fondi per le riforme e le priorità” di Kiev, in modo tale che “gli aiuti vadano esattamente dove l’Ucraina ne ha più bisogno”. Se per il 2023 la Commissione Ue ha già messo sul piatto 18 miliardi di euro – “e abbiamo chiuso il gap di deficit con altri donatori” – è la prospettiva di medio periodo che preoccupa Bruxelles. Secondo le stime fornite dalla stessa presidente von der Leyen, al 2027 l’Ucraina avrà un buco di 60 miliardi di euro e 50 miliardi per i bisogni immediati: “Al momento è previsto un totale di 110 miliardi di euro“. È per questo motivo che nella proposta di revisione del bilancio pluriennale Ue 2021-2027 presentata ieri (20 giugno) dalla Commissione Ue, “ho proposto ai Ventisette di coprirne il 40 per cento, con 50 miliardi di euro per l’Ucraina”.
    Quanto ricordato da von der Leyen di fronte alla platea di donatori internazionali è la proposta di un nuovo strumento nel budget Ue, una riserva che “assicurerà costante supporto finanziario fino al 2027” e che sarà alimentata in tre modi: “Sovvenzioni dirette dal bilancio dell’Unione, prestiti raccolti sui mercati finanziari e mobilitando gli asset russi congelati”. A proposito di questo ultimo punto la presidente della Commissione Ue ha anticipato che “presenteremo una proposta sugli asset russi prima della pausa estiva“. Gli sforzi sul piano economico – “per ogni passo verso di noi, noi dobbiamo fare un passo verso l’Ucraina” – porteranno a un lavoro in stretto contatto con Kiev, per mettere a terra “un piano di investimenti e riforme, che diventerà una bussola per i donatori internazionali, anche privati, che hanno bisogno di trasparenza, chiarezza e prevedibilità”.
    Sono proprio la trasparenza e la prevedibilità a collegare l’aspetto economico con quello più prettamente politico. Perché, come gli investimenti, anche il percorso di avvicinamento dell’Ucraina all’Unione Europea dipenderà dalla capacità di Kiev di mettere a terra le riforme richieste da Bruxelles. “Non ho dubbio che l’Ucraina sarà parte dell’Unione”, ha confermato ancora una volta la presidente von der Leyen, proprio nel giorno in cui il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, ha riferito al Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper) la presentazione orale dei rapporti sullo stato dell’implementazione delle riforme in Ucraina, Georgia e Moldova. Un aggiornamento che sarà presentato dallo stesso commissario anche al Consiglio Affari Generali informale di domani (22 giugno) – quando si conosceranno maggiori dettagli a riguardo – ma su cui la numero uno dell’esecutivo comunitario ha fornito un’anteprima a Londra: “Abbiamo visto un’impressionante velocità e risultati nel mezzo della guerra, in particolare nell’area delle riforme in ambito giudiziario, dell’anticorruzione, delle leggi sui media e sulle minoranze“. In attesa di conoscere il contenuto della presentazione orale – a cui seguirà il consueto rapporto scritto nel Pacchetto allargamento di ottobre, prima delle discussioni in Consiglio sull’avvio dei negoziati entro la fine dell’anno – “con queste riforme Kiev manda un forte messaggio agli investitori internazionali sulla trasparenza e il funzionamento delle istituzioni necessarie per investire nel Paese”, ha ribadito con forza von der Leyen.

    Alla Conferenza internazionale a Londra la presidente della Commissione Europea ha illustrato le basi su cui si imposterà il sostegno internazionale per sostenere Kiev “non solo a raggiungere la pace, ma anche per ricostruire il Paese che i cittadini stanno immaginando”

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    Si chiude il tour di von der Leyen in America Latina con l’impegno a concludere l’accordo con il Mercosur entro fine anno

    Bruxelles – Idrogeno, materie prime critiche e un impegno a concludere quanto prima – possibilmente entro l’anno – l’accordo commerciale con il blocco del Mercosur, in stallo dal 2019. Si è chiuso ieri (15 giugno) a Città del Messico il tour dell’America Latina che da lunedì a giovedì ha impegnato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in Brasile, Argentina, poi ancora Cile e, infine, Messico. Un vero e proprio tour organizzato con l’obiettivo di rafforzare le relazioni con i principali Paesi della regione e gettare le basi per preparare il vertice Ue-Celac (Comunità di Stati Latinoamericani e dei Caraibi) che sarà ospitato nella capitale d’Europa il 17 e 18 luglio.
    Con l’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, l’Unione europea sta passo dopo passo cercando di rivoluzionare la sua strategia per una dimensione esterna e vuole rafforzare la cooperazione con i Paesi ‘like minded’, ovvero i Paesi che la pensano allo stesso e modo e che, più nella sostanza, sono in grado di fornire all’Europa nuove fonti commerciali e di minerali critici necessari per la sua transizione verde e contribuire a ridurre la sua dipendenza dalla Russia e anche dalla Cina. Il viaggio di von der Leyen anticipa il Vertice di luglio con la regione e segue l’adozione con l’alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, di una comunicazione congiunta con una nuova agenda rinnovata con la regione.
    Luiz Inácio Lula da Silva, a destra, e Ursula von der Leyen
    La leader dell’Esecutivo comunitario ha annunciato negli ultimi quattro giorni una serie di progetti e iniziative d’investimento nella regione attraverso Global Gateway, la strategia di finanziamento da 300 miliardi di euro con cui l’Unione europea aspira a dar vita a una alternativa alla Via della Seta cinese. Di questi 300 miliardi di euro, lo ha ripetuto von der Leyen in tutte e quattro le tappe del suo viaggio, circa 10 miliardi sono mobilitati per la regione dell’America Latina e dei Caraibi. Nell’idea di Bruxelles, questi 10 miliardi saranno integrati da investimenti privati ​​e dai contributi degli Stati membri dell’UE.
    Lunedì a Brasilia, von der Leyen in conferenza stampa al fianco del presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva ha in sostanza ricordato quanto è importante la cooperazione tra Unione europea e Brasile per affrontare la sfida del cambiamento climatico. Bruxelles sostiene finanziariamente il Fondo amazzonico e l’obiettivo di porre fine alla deforestazione entro il 2030. Ma von der Leyen ha ricordato anche che “il Brasile è anche una superpotenza nelle energie rinnovabili, producendo l’87 per cento della sua elettricità da fonti rinnovabili”, ha osservato, e ha annunciato il lancio di un nuovo progetto faro di Global Gateway sull’idrogeno. “Con questo, l’Europa investirà 2 miliardi di euro per sostenere la produzione brasiliana di idrogeno verde e per promuovere l’efficienza energetica nel vostro settore”, ha affermato. I due leader hanno discusso inoltre di commercio e investimenti, sottolineando l’ambizione di concludere l’accordo Ue-Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay) “il prima possibile, al più tardi entro la fine dell’anno”. Von der Leyen lo ha descritto come “più di un accordo commerciale”, affermando che si trattava di un impegno a lungo termine e di una piattaforma di dialogo.
    Ma una delle principali ragioni del viaggio di von der Leyen era quello di mettere le basi per una cooperazione commerciale rafforzata sulle materie prime critiche che sono indispensabili per la doppia transizione verde e digitale. L’Ue stima che grazie agli accordi commerciali già in essere, gli scambi bilaterali di beni sono aumentati del 40 per cento dal 2018 al 2022, con un totale di scambi bilaterali di beni e servizi pari a 369 miliardi di euro nel 2022. Il rafforzamento dei partenariati commerciali con la regione è la chiave per non perdere la corsa all’approvvigionamento di materie prime critiche per la transizione. Bruxelles sta lavorando per rafforzare partnership commerciali strategiche con quei Paesi che possono aiutare l’Unione nella corsa alle materie prime: il Cile, ad esempio, è il secondo produttore al mondo di litio, che viene usato per la produzione delle batterie.
    Il presidente argentino Alberto Ángel Fernández, a destra, e Ursula von der Leyen
    Martedì von der Leyen ha siglato a Buenos Aires un Memorandum d’intesa sulle materie prime critiche tra Unione europea e Argentina insieme al presidente, Alberto Fernandez, costruito su cinque aree di cooperazione strategica. Per von der Leyen “si tratta di un’iniziativa davvero vincente. È un grande passo avanti per le ambizioni climatiche dell’UE ed è vantaggioso per l’Argentina in quanto attore globale chiave nella transizione verso l’energia pulita.
    Una partnership basata su impegni condivisi per un futuro più verde, digitale e resiliente per tutti”. Stima che solo la domanda europea di litio entro il 2030 sarà 12 volte maggiore di quanto non sia oggi. “Quindi il protocollo d’intesa che abbiamo appena firmato, ma anche l’accordo UE-Mercosur, renderanno possibili flussi di investimenti cruciali”, ha concluso.
    Il presidente cileno, Gabriel Boric, e la presidente Ursula von der Leyen
    Con il presidente cileno, Gabriel Boric, von der Leyen mercoledì ha poi annunciato di aver concordato di lavorare a un partenariato strategico sulle materie prime sostenibili e sull’intera catena del valore. “Promuoveremo l’approvvigionamento e l’estrazione mineraria rispettosi dell’ambiente e dei mezzi di sussistenza delle vostre comunità. E lavoreremo con voi per sviluppare l’intera catena del valore qui in Cile”, ha spiegato. Non solo materie prime critiche. Ue e Cile hanno lanciato anche il primo Fondo per l’idrogeno rinnovabile, che sarà dotato di un budget iniziale di 225 milioni di euro, per sostenere lo sviluppo di questa industria strategica in Cile.
    Ursula von der Leyen, a sinistra, e Andrés Manuel López Obrador
    A chiudere il cerchio, ieri, l’incontro a Città del Messico con il presidente messicano, Andrés Manuel López Obrador, con il quale però non c’è stata ieri alcuna conferenza stampa congiunta. Al termine dell’incontro solo una dichiarazione comune in cui i due leader hanno ricordato l’importanza di sviluppare un partenariato politico, commerciale e di cooperazione più approfondito e di concludere entro la fine dell’anno un accordo globale aggiornato. Entrambi i presidenti hanno identificato il Messico come un hub energetico, industriale e logistico strategico per rifornire i mercati nordamericani ed europei, con un alto potenziale nell’energia dell’idrogeno verde, e hanno convenuto che gli investimenti europei saranno importanti per contribuire al suo sviluppo.

    Brasile, Argentina, poi Cile e Messico. Un viaggio in quattro tappe della presidente della Commissione europea per preparare il vertice Ue-Celac (Comunità di America Latina e dei Caraibi) che sarà ospitato nella capitale d’Europa il 17 e 18 luglio