More stories

  • in

    Quindici anni dopo. L’Ue sempre al fianco della Georgia contro la Russia per riconquistare l’integrità territoriale

    Bruxelles – Era il 7 agosto 2008 e, in un certo senso, la Russia forniva già un’anteprima di quello che avrebbe fatto qualche anno più tardi sul territorio dell’Ucraina. Sono passati esattamente 15 anni da quando i carri armati russi entravano in Georgia per mettere a tacere con la forza le rivendicazioni di Tbilisi sui due territori separatisti sostenuti dal Cremlino – l’Abkhazia a nord-ovest e l’Ossezia del Sud (per i georgiani Samkhret Oseti) nel nord – ma per l’Unione Europea non è un’opzione far venire meno il supporto all’alleato caucasico nel ribadire ogni giorno la propria sovranità e integrità territoriale. “Il sostegno dell’Ue alla Georgia rimane saldo, siamo al fianco del coraggioso popolo georgiano che ha scelto un percorso pro-Ue e pro-Nato“, ha scritto questa mattina il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, su X (piattaforma precedentemente conosciuta come Twitter), ricordando l’anniversario di una delle pagine più controverse della storia recente europea.
    Scritte contro la Russia durante le proteste a Tbilisi il 7 marzo 2023
    Perché 15 anni fa il mondo è rimasto quasi inerme di fronte all’invasione armata di un Paese sovrano, durata solo cinque giorni per il cessate il fuoco invocato dai georgiani per scongiurare il peggio, ovvero l’occupazione militare russa della capitale Tbilisi. Al contrario di quanto accaduto dal 24 febbraio 2022 in Ucraina, dai Paesi membri Ue e dagli Stati Uniti non era arrivato nessun sostegno alla Georgia né l’isolamento della Russia, ma esclusivamente un impegno diplomatico da parte dell’allora presidente di turno francese del Consiglio dell’Ue, Nicolas Sarkozy, per negoziare le condizioni del cessate il fuoco. Da allora – ma più verosimilmente proprio dal 24 febbraio dello scorso anno – a Bruxelles la musica è cambiata e per Tbilisi è pieno il sostegno alla sovranità e all’integrità territoriale, ma anche al cammino di avvicinamento all’Unione Europea iniziato a tutti gli effetti dopo pochi giorni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina.
    Dal 2008 “le vite georgiane sono sotto la minaccia di una pesante presenza militare russa nelle regioni occupate”, ha attaccato sempre oggi il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, chiedendo nuovamente a Mosca di “rispettare i suoi obblighi internazionali”. Sullo stesso tono l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, che in una nota ha ribadito come “l’impegno dell’Unione Europea per la risoluzione pacifica del conflitto in Georgia è più forte che mai“. Il punto di partenza è proprio l’accordo in sei punti del 12 agosto 2008, violato dalla Russia con la “continua presenza militare” nelle due regioni separatiste: “Persistono gli ostacoli al ritorno degli sfollati interni e dei rifugiati nei loro luoghi di origine”, a cui si sommano “restrizioni alla libertà di movimento e detenzioni illegali”, ha ribadito Borrell. La presenza di 200 osservatori civili della Missione di monitoraggio Eumm in Georgia – il cui mandato è stato rinnovato fino a dicembre 2024 – “ha contribuito alla stabilizzazione e alla sicurezza”, dal momento in cui quella dell’Ue rimane “l’unica missione internazionale sul campo per facilitare una vita sicura e normale per le comunità locali che vivono su entrambi i lati delle linee di confine amministrativo con l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud”.
    Tbilisi, Georgia (agosto 2023)
    Dopo i conflitti degli anni Novanta con le due regioni separatiste (1991-1992 in Ossezia del Sud e 1991-1993 in Abkhazia) a seguito dell’indipendenza della Georgia nel 1991 dall’Unione Sovietica, sul terreno la situazione è rimasta di fatto congelata per 15 anni, con le truppe della neonata Federazione Russa a difendere i secessionisti all’interno del territorio rivendicato. Il tentativo di riaffermare il controllo di Tbilisi sulle due regioni nell’estate del 2008 – voluto dall’allora presidente Mikheil Saakashvili – determinò il 7 agosto una violenta reazione russa non solo nel respingere l’offensiva dell’esercito georgiano, ma portando anche all’invasione del resto del territorio nazionale con carri armati e incursioni aeree. La guerra durò solo cinque giorni, ma le città di Zugdidi, Gori, Senaki e Poti (a ridosso delle due autoproclamate Repubbliche separatiste) rimasero occupate per settimane dall’esercito invasore anche dopo il cessate il fuoco. Non solo, da allora la Russia di Vladimir Putin riconosce l’indipendenza di Abkhazia e Ossezia del Sud e ha dislocato migliaia di soldati nei due territori per aumentare la propria sfera d’influenza nella regione della Ciscaucasia, in violazione degli accordi del 12 agosto.
    L’attacco della Russia alla Georgia nel 2008 fu determinato anche da motivazioni strategiche e politiche. Dopo la cosiddetta ‘Rivoluzione delle rose’ del 2003 con cui Saakashvili ha pacificamente preso il potere e iniziato un decennio di rinascita economica e sociale, Tbilisi ha sancito nella propria Costituzione nazionale l’aspirazione alla candidatura sia all’Unione Europea sia alla Nato. Una decisione che ha reso ancora più tese le relazioni con Mosca, nonostante gli stretti rapporti commerciali ed economici, e che ha portato a un primo risultato tangibile con la richiesta di adesione all’Ue il 3 marzo 2022. Tuttavia, in linea con il parere della Commissione, al vertice dei leader del 23 giugno è stato deciso di garantire non lo status di Paese candidato ma la “prospettiva europea” e da allora è iniziato il lavoro per l’allineamento alle priorità definite da Bruxelles. Lo scorso 22 giugno la Commissione ha delineato in un rapporto orale i progressi compiuti sullo stato di avanzamento delle riforme: su 12 priorità, al momento solo 3 sono state completate. L’appuntamento è ora per ottobre con l’annuale Pacchetto sull’allargamento Ue, ma la presidente della Georgia, Salomé Zourabichvili, alla sessione plenaria di maggio dell’Eurocamera ha chiesto di concedere entro il 2023 lo status di Paese candidato come “riconoscimento delle lotte del nostro popolo, dell’identità e dell’importanza dell’Ue”.
    Il difficile cammino della Georgia verso l’Ue
    Per l’Unione Europea la Georgia rimane uno dei Paesi partner più complessi da gestire, a causa dello scollamento tra una popolazione a stragrande maggioranza filo-Ue e un governo quantomeno controverso sulle tendenze filo-russe (anche se poi ha fatto richiesta di aderire all’Unione per i timori sollevati dall’espansionismo del Cremlino concretizzatosi il 24 febbraio 2022 in Ucraina). Tra le notizie che hanno sollevato più preoccupazioni a Bruxelles va ricordata la ripresa dei voli tra Georgia e Russia dopo la decisione di Mosca di eliminare il divieto in vigore, ma anche il ritiro del partito al potere a Tbilisi, Sogno Georgiano, come membro osservatore del Partito del Socialismo Europeo (Pes) a causa dell’avvicinamento del premier Irakli Garibashvili (che ha partecipato alla convention dei conservatori europei e statunitensi a Budapest) all’omologo ungherese, Viktor Orbán.
    A cavallo della decisione di Bruxelles di giugno 2022 di non concedere ancora alla Georgia lo status di candidato all’adesione, a Tbilisi si sono svolte due grandi manifestazioni pro-Ue: una ‘marcia per l’Europa’ per ribadire l’allineamento del popolo georgiano ai valori dell’Unione e una richiesta di piazza di dimissioni del governo per aver fallito l’obiettivo sulla candidatura all’adesione. I tratti comuni di queste manifestazioni sono state le bandiere – bianca e rossa delle cinque croci (nazionale) e con le dodici stelle su campo blu (dell’Ue) – cartelli con rivendicazioni europeiste e l’inno georgiano intervallato dall’Inno alla Gioia (quello ufficiale dell’Unione Europea). Ora l’attenzione è tutta rivolta all’esito delle valutazioni della Commissione e alla decisione del Consiglio di dicembre sul percorso di allineamento di Tbilisi alle priorità per la candidatura all’adesione Ue. In caso di nuovo responso negativo si potrebbe assistere ad ancora più rabbia sociale contro il governo e al rischio di un crescente risentimento verso Bruxelles, con conseguenze al momento non prevedibili sull’appuntamento elettorale per il rinnovo del Parlamento georgiano nel 2024.
    Le proteste dei manifestanti georgiani a Tbilisi contro il progetto di legge sulla “trasparenza dell’influenza straniera”, 7 marzo 2023 (credits: Afp)
    Non va dimenticato che solo cinque mesi fa sono scoppiate dure proteste popolari contro un controverso progetto di legge sulla ‘trasparenza dell’influenza straniera’ di filo-russa memoria, voluta proprio dal premier Garibashvili per registrare tutte le organizzazioni che ricevono più del 20 per cento dei loro finanziamenti dall’estero come ‘agente straniero’ (in modo simile a quanto in vigore in Russia dal primo dicembre dello scorso anno). Dopo l’approvazione in prima lettura da parte del Parlamento decine di migliaia di cittadini georgiani sono scesi in piazza con le bandiere della Georgia e dell’Unione Europea – gridando slogan come Fuck Russian law e tappezzando la città di insulti a Putin – sostenuti sia dalle istituzioni comunitarie sia dalla presidente Zourabichvili. Dopo due giorni di proteste ininterrotte il partito Sogno Georgiano ha ritirato il progetto di legge, ma senza sconfessare la propria iniziativa. Il leader del partito al potere è l’oligarca Bidzina Ivanishvili, che compare nella risoluzione non vincolante del Parlamento Europeo in cui è richiesto alla Commissione di imporre nei suoi confronti sanzioni personali.

    “Siamo al fianco del coraggioso popolo georgiano che ha scelto un percorso pro-Ue e pro-Nato”, ribadisce il leader del Consiglio, Charles Michel, ricordando l’anniversario dell’invasione russa del Paese caucasico a sostegno delle Repubbliche separatiste dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud

  • in

    L’appello della presidente della Georgia alla plenaria del Parlamento Ue: “Status di candidato entro fine 2023”

    Bruxelles – C’è un solo Paese che è sulla strada dell’Unione Europea, ma non ha ancora ottenuto lo status di candidato all’adesione. È la Georgia, uno dei partner più europeisti nelle aspirazioni della popolazione, ma allo stesso tempo più complicato nella gestione dei rapporti con il governo in carica. “Aldilà delle passioni politiche tutti i georgiani condividono la speranza di ritrovare la famiglia europea, è una scelta legittima e che non prevede alternative, perché si basa su valori, storia, lotte e determinazione per il futuro comuni”, è stato il messaggio della presidente della Georgia, Salomé Zourabichvili, dal cuore dell’Unione Europea, intervenendo alla sessione plenaria del Parlamento Europeo nell’emiciclo di Bruxelles. Con un chiaro messaggio per il prossimo futuro: “C’è un’unica strada da percorrere, garantire alla Georgia entro la fine dell’anno lo status di Paese candidato all’adesione Ue“.
    La presidente della Georgia, Salomé Zourabichvili, alla sessione plenaria del Parlamento Europeo (31 maggio 2023)
    Era da 13 anni che un leader georgiano non interveniva al Parlamento Europeo – l’ultima volta era stato Mikheil Saakashvili il 22 novembre 2010, le cui condizioni di salute in carcere oggi preoccupano gli eurodeputati – e il ritorno non poteva essere più d’impatto. “Sarebbe il riconoscimento delle lotte del nostro popolo, dell’identità e dell’importanza dell’Ue, è una richiesta come membri della stessa famiglia“, ha ricordato Zourabichvili, riconoscendo “le nostre lacune” sulla strada verso l’adesione: “Tanto deve essere ancora fatto, è il compito comune nei prossimi mesi per non perdere una seconda opportunità che il popolo stavolta non ci perdonerebbe“. Anche la numero uno dell’Eurocamera, Roberta Metsola, ha ribadito la necessità di “spingere di più per dare lo status di candidato” alla Georgia, per non rischiare di perdere un popolo fortemente europeista: “Vi sosterremo nel viaggio per diventare parte dell’Ue, ma serve più decisione sulle riforme-chiave“.
    La Georgia ha fatto richiesta di adesione all’Ue il 3 marzo dello scorso anno. Tuttavia, in linea con il parere della Commissione, al vertice dei leader del 23 giugno è stato deciso di garantire non lo status di Paese candidato ma la ‘prospettiva europea” con 12 riforme-chiave sullo Stato di diritto e le libertà fondamentali da implementare prima della concessione dello status. Proprio ai “12 passi richiesti” ha fatto riferimento nel suo intervento la presidente Zourabichvili, che non li considera un vincolo ma “raccomandazioni di essere fedeli alla nostra identità e riconciliarci con essa“. L’obiettivo è quello di “vedere una Georgia libera in un’Europa libera, l’unica strada per farlo è far parte nell’Ue”, è stata l’esortazione della leader georgiana.
    Le proteste pro-Ue dei manifestanti georgiani a Tbilisi, 7 marzo 2023 (credits: Afp)
    A questo si ricollega la questione delle minacce della Russia, Paese con cui confina a nord. Nell’agosto del 2008 l’esercito russo aveva invaso (per cinque giorni) la Georgia e da allora Mosca riconosce i territori separatisi dell’Ossezia del Sud e dell’Abkhazia come Stati indipendenti e nell’area sono ancora dislocati migliaia di soldati russi, per aumentare la sfera d’influenza nella regione della Ciscaucasia. “Quando invoco il futuro europeo della Georgia, lo faccio anche per gli abitanti delle regioni di Abkhazia e Tskhinvali [capitale dell’Ossezia del Sud, ndr], non sono in vendita”, ha attaccato Zourabichvili da Bruxelles. La presidente della Georgia ha fatto anche riferimento alla guerra russa in Ucraina e alla politica di espansionismo intrinseca di Mosca: “Le politiche di appeasement non hanno mai funzionato, è la sua natura imperialistica che le fa portare avanti attacchi contro i vicini“, perché “il Paese più grande al mondo non accetta di avere dei confini”.
    La complessa strada della Georgia nell’Ue
    Per l’Unione Europea la Georgia rimane uno dei Paesi partner più complessi da gestire, a causa dello scollamento tra una popolazione a stragrande maggioranza filo-Ue e un governo quantomeno controverso sulle tendenze filo-russe (anche se poi ha fatto richiesta di aderire all’Unione per i timori sollevati dall’espansionismo del Cremlino concretizzatosi il 24 febbraio 2022 in Ucraina). Tra le ultime notizie che hanno sollevato più preoccupazioni va ricordato il ritiro del partito al potere a Tbilisi, Sogno Georgiano, come membro osservatore del Partito del Socialismo Europeo (Pes), a causa delle frizioni sempre più evidenti per l’avvicinamento all’Ungheria di Viktor Orbán (il premier Irakli Garibashvili ha recentemente partecipato alla convention dei conservatori europei e statunitensi a Budapest). Ma anche la ripresa dei voli tra Georgia e Russia dopo la decisione di Mosca di eliminare il divieto in vigore.
    A cavallo della decisione di Bruxelles di giugno 2022 di non concedere ancora alla Georgia lo status di candidato all’adesione, a Tbilisi si sono svolte due grandi manifestazioni pro-Ue: una ‘marcia per l’Europa’ per ribadire l’allineamento del popolo georgiano ai valori dell’Unione e una richiesta di piazza di dimissioni del governo per aver fallito l’obiettivo sulla candidatura all’adesione. I tratti comuni di queste manifestazioni sono state le bandiere – bianca e rossa delle cinque croci (nazionale) e con le dodici stelle su campo blu (dell’Ue) – cartelli con rivendicazioni europeiste e l’inno georgiano intervallato dall’Inno alla Gioia (quello ufficiale dell’Unione Europea).
    Quasi tre mesi fa sono scoppiate dure proteste popolari contro un controverso progetto di legge sulla ‘trasparenza dell’influenza straniera’ di filo-russa memoria, voluta proprio dal premier Garibashvili per registrare tutte le organizzazioni che ricevono più del 20 per cento dei loro finanziamenti dall’estero come ‘agente straniero’ (in modo simile a quanto in vigore in Russia dal primo dicembre dello scorso anno). Dopo l’approvazione in prima lettura da parte del Parlamento decine di migliaia di cittadini georgiani sono scesi in piazza con le bandiere della Georgia e dell’Unione Europea, gridando slogan come Fuck Russian law, sostenuti sia dalle istituzioni comunitarie sia dalla presidente Zourabichvili. Dopo due giorni di proteste ininterrotte il partito Sogno Georgiano ha ritirato il progetto di legge, ma senza sconfessare la propria iniziativa. Il leader del partito al potere è l’oligarca Bidzina Ivanishvili, che compare nella risoluzione non vincolante del Parlamento Europeo, in cui è richiesto alla Commissione di imporre nei suoi confronti sanzioni personali.

    La leader georgiana Salomé Zourabichvili si è rivolta alle istituzioni comunitarie direttamente dall’emiciclo di Bruxelles: “Tanto deve essere ancora fatto, è il nostro compito comune nei prossimi mesi per non perdere una seconda opportunità che il popolo non ci perdonerebbe”

  • in

    Bruxelles avverte la Georgia sull’allineamento alle sanzioni internazionali sul transito aereo dalla Russia

    Bruxelles – Un richiamo a rispettare i principi e doveri della Politica estera e di sicurezza comune dell’Ue per i Paesi che aspirano ad aderire all’Unione, un’esortazione a chiudere le porte a qualsiasi forma di elusione delle sanzioni internazionali e a mezzi “ormai non a norma di sicurezza”. Da Bruxelles arrivano pressanti richieste alla Georgia, Paese aspirante candidato all’adesione Ue dal 4 marzo 2022, ad allinearsi al regime di misure restrittive contro la Russia anche sul livello dell’aviazione civile, in risposta alla decisione di Mosca di eliminare il divieto di volo verso la Georgia.
    Scritte contro la Russia durante le proteste a Tbilisi del 7 marzo 2023
    L’appello è arrivato oggi (11 maggio) dal portavoce del Servizio Europeo per l’Azione Esterna (Seae), Peter Stano, rispondendo alle domande della stampa a proposito della notizia sulla decisione delle autorità russe di togliere il divieto tra i due Paesi. “Ne prendiamo atto”, ha commentato seccamente il portavoce, approfittando però dell’occasione per richiamare all’ordine i partner georgiani sullo stesso tema, ma da un’angolatura differente: “Dobbiamo ricordare che a causa delle guerra illegale di aggressione della Russia in Ucraina, l’Ue e i partner internazionali hanno introdotto sanzioni contro il settore dell’aviazione russa e non permettiamo voli da, per e sulla Russia“. La questione non riguarda solo i Ventisette, ma anche e soprattutto i Paesi candidati all’adesione Ue (come la Serbia, unico Paese europeo che autorizza la sua compagnia di bandiera Air Serbia a volare sulle città russe) e aspiranti tali: “L’Ue incoraggia la Georgia ad allinearsi alle sanzioni esistenti contro la Russia, bisogna rimanere vigili rispetto a qualsiasi possibile tentativo di aggirarle“, ha incalzato Stano.
    C’è poi anche una questione di sicurezza che si solleva sul sorvolo di velivoli russi nei cieli dei Paesi partner dell’Unione. Come evidenziato anche dall’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile (Icao) esistono “significativi rischi” che un Paese come la Georgia potrebbe correre se autorizzasse “mezzi ormai non a norma di sicurezza”. È qui che si inserisce la questione più volte rimarcata dalla Commissione Europea sull’impatto delle sanzioni internazionali sull’economia e l’industria di Mosca: “La Russia non è in grado di aggiornare il 95 per cento dei mezzi della propria flotta aerea“. O, in altre parole, il Paese non riesce a “mantere il livello sufficiente di standard di sicurezza” nel settore dell’aviazione civile.
    La situazione politica in Georgia
    Le proteste dei manifestanti georgiani a Tbilisi contro il progetto di legge sulla ‘trasparenza dell’influenza straniera’, 7 marzo 2023 (credits: Afp)
    Per l’Unione Europea la Georgia rimane uno dei Paesi partner più complessi da gestire, a causa dello scollamento tra una popolazione a stragrande maggioranza filo-Ue e un governo quantomeno controverso sulle tendenze filo-russe (anche se poi ha fatto richiesta di aderire all’Unione per i timori sollevati dall’espansionismo del Cremlino concretizzatosi il 24 febbraio 2022 in Ucraina). L’ultima notizia è il ritiro del partito al potere a Tbilisi, Sogno Georgiano, come membro osservatore del Partito del Socialismo Europeo (Pes), a causa delle frizioni sempre più evidenti per le politiche contestate da tutta l’Unione e per l’avvicinamento all’Ungheria di Viktor Orbán (il premier Irakli Garibashvili ha recentemente partecipato alla convention dei conservatori europei e statunitensi a Budapest).
    Due mesi fa sono scoppiate dure proteste popolari contro un controverso progetto di legge sulla ‘trasparenza dell’influenza straniera’ di filo-russa memoria, voluta proprio dal premier Garibashvili per registrare tutte le organizzazioni che ricevono più del 20 per cento dei loro finanziamenti dall’estero come ‘agente straniero’ (in modo simile a quanto in vigore in Russia dal primo dicembre dello scorso anno). Dopo l’approvazione in prima lettura da parte del Parlamento decine di migliaia di cittadini georgiani sono scesi in piazza con le bandiere della Georgia e dell’Unione Europea, gridando slogan come Fuck Russian law, sostenuti sia dalle istituzioni comunitarie sia dalla presidente del Paese, Salomé Zourabichvili. Dopo due giorni di proteste ininterrotte il partito Sogno Georgiano ha ritirato il progetto di legge, ma senza sconfessare la propria iniziativa. Il leader del partito al potere è l’oligarca Bidzina Ivanishvili, che compare nella risoluzione non vincolante del Parlamento Europeo, in cui è richiesto alla Commissione di imporre nei suoi confronti sanzioni personali.
    In questo scenario non va dimenticato il rapporto particolarmente delicato della Georgia con la Russia, Paese con cui confina a nord. La candidatura all’adesione Ue e Nato – sancita dalla Costituzione nazionale – da tempo è causa di tensioni con il Cremlino. Nell’agosto del 2008 l’esercito russo aveva invaso (per cinque giorni) la Georgia e da allora Mosca riconosce i territori separatisi dell’Ossezia del Sud e dell’Abkhazia come Stati indipendenti. Nell’area sono ancora dislocati migliaia di soldati russi, per aumentare la sfera d’influenza nella regione della Ciscaucasia. Ecco perché anche la questione dell’allineamento alle sanzioni internazionali contro la Russia nel settore dell’aviazione civile da parte di Tbilisi viene considerato essenziale da Bruxelles per tagliare ogni rapporto equivoco con il Cremlino e per proseguire con decisione sulla strada della candidatura per l’adesione all’Unione Europea.

    In qualità di Paese che aspira a diventare candidato all’adesione all’Unione, Tbilisi è chiamata a impedire “qualunque tentativo di elusione” anche nel settore dell’aeronautica civile. A causa delle misure restrittive Mosca non è in grado di aggiornare “il 95% della propria flotta”

  • in

    Ue contro Lukashenko sulla visita ai separatisti dell’Abhkazia: “Viola sovranità della Georgia e diritto internazionale”

    Bruxelles – Il silenzio dell’autoproclamato presidente della Bielorussia, Alexander Lukashenko, sulla scena internazionale è tornato a rompersi e le provocazioni fanno un rumore assordante. “L’Unione Europea condanna duramente la visita di Lukashenko in Abhkazia, viola la sovranità della Georgia e il diritto internazionale”, ha attaccato il portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna (Seae), Peter Stano, parlando oggi (giovedì 29 settembre) con la stampa europea e ribadendo che “ha comunque perso da tempo qualsiasi legittimità anche in Bielorussia”.
    Le accuse da Bruxelles hanno rinforzato quelle di Tbilisi, dopo il volo dell’autocrate bielorusso nell’autoproclamata Repubblica Autonoma di Abkhazia per incontrare le autorità di Sokhumi. “Si tratta di una violazione inaccettabile della legge georgiana sui territori occupati, dei principi delle nostre relazioni bilaterali e del diritto internazionale”, ha denunciato su Twitter la presidente della Georgia, Salomé Zourabichvili. Il governo georgiano ha esortato Minsk a rispettare la sovranità e l’integrità territoriale del Paese caucasico all’interno dei suoi confini riconosciuti a livello internazionale e di non intraprendere azioni che contraddicano i principi fondamentali del diritto internazionale.
    Nell’agosto del 1992 era scoppiato un conflitto tra l’esercito georgiano e i separatisti abkhazi (sostenuti dalla Russia), durato oltre un anno. Sedici anni dopo, sempre nel mese di agosto l’esercito di Vladimir Putin aveva invaso per cinque giorni il territorio della Georgia. Da allora Tbilisi ha di fatto perso il controllo non solo dell’Abkhazia, ma anche dell’Ossezia del Sud, che sono state riconosciute come Stati indipendenti dalla Russia, con il dispiegamento di migliaia di soldati nell’area per aumentare la propria influenza nella regione della Ciscaucasia (dove è stato represso nel sangue l’indipendentismo ceceno con due guerre tra il 1994 e il 2009). Nessuna delle due autoproclamate Repubbliche è riconosciuta come indipendente e sovrana dalla comunità internazionale.

    I strongly condemn Aleksandr Lukashenko’s visit to occupied Abkhazia. This is an unacceptable violation of Georgia’s Law on Occupied Territories and of the principles of our bilateral relations and international law.
    — Salome Zourabichvili (@Zourabichvili_S) September 28, 2022

    Ma non è solo la questione georgiana a sollevare preoccupazioni per l’atteggiamento di Lukashenko. Come riportano le fonti del Presidium del Consiglio di coordinamento dell’opposizione bielorussa, Minsk sarebbe pronta a ospitare oltre 120 mila soldati russi nella campagna militare invernale in Ucraina tra novembre e febbraio, in particolare tra i 300 mila riservisti richiamati alle armi da Putin la settimana scorsa. In aggiunta, l’autoproclamato presidente bielorusso potrebbe anche impegnarsi a fornire 100 mila soldati per una nuova offensiva “su larga scala”, dopo sette mesi di invasione che non stanno dando i risultati sperati dal Cremlino. “Ogni soldato russo deve lasciare la Bielorussia, non possiamo permettere che la Russia continui a usare il nostro Paese come base per gli attacchi contro l’Ucraina“, ha denunciato la presidente ad interim della Bielorussia riconosciuta dall’Unione Europea, Sviatlana Tsikhanouskaya: “Se le forze armate russe invieranno truppe mobilitate e ulteriori attrezzature sul nostro territorio, i bielorussi faranno tutto il possibile per sabotare la loro macchina da guerra”.

    Every Russian soldier must leave Belarus. We can’t allow 🇷🇺 to continue using our country as a staging ground for attacks on 🇺🇦. If the 🇷🇺 armed forces send mobilized troops & more equipment to our territory, Belarusians will do everything possible to sabotage their war machine. pic.twitter.com/ZGo4j4On8C
    — Sviatlana Tsikhanouskaya (@Tsihanouskaya) September 29, 2022

    Il portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna, Peter Stano, ha attaccato l’autoproclamato presidente bielorusso, volato nel territorio separatista riconosciuto da Mosca e pronto a ospitare oltre 120 mila riservisti russi nella campagna militare invernale in Ucraina

  • in

    La Georgia ha presentato la richiesta formale per ottenere lo status di Paese candidato all’adesione UE

    Bruxelles – Se c’è un processo che la Russia, scatenando la guerra in Ucraina, ha suo malgrado stimolato è quello dell’allargamento dell’Unione Europea. Intendiamoci, non è un “allargamento a Est” o una provocazione contro Vladimir Putin, come in tanti sarebbero già pronti a bollare. Si tratta piuttosto di una chiara risposta dei Paesi vicini alla Russia rispetto al futuro assetto geopolitico che vedono per il proprio Paese: sempre più distante da Mosca e sempre più legato a Bruxelles. La dimostrazione è arrivata da due richieste formali di adesione all’UE nel giro di quattro giorni: lunedì (28 febbraio) quella dell’Ucraina sotto l’assedio russo, oggi (giovedì 3 marzo) quella di una Georgia che teme che il disegno del “nuovo mondo” di Putin cancelli anche la sua indipendenza. Per la stessa ragione ci si aspetta che anche la Moldavia possa seguire presto l’esempio.
    Il primo ministro della Georgia, Irakli Garibashvili, e il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel
    “Un giorno storico per la Georgia”, così lo ha definito il primo ministro, Irakli Garibashvili, firmando la domanda di adesione all’UE. “Siamo uno Stato europeo, siamo sempre appartenuti alla cultura e allo spazio civile europeo e la nostra storia di lotte e battaglie per la libertà è una prova che questi valori sono racchiusi nella nostra identità”, ha spiegato il premier georgiano, indicando i motivi che racchiudono la scelta di diventare uno Stato membro dell’UE. Democrazia, Stato di diritto, diritti umani e buon governo “sono già diventati l’essenza della nostra esistenza quotidiana”, in particolare da quando nel 2016 è entrato pienamente in vigore (dopo due anni di provvisorietà) l’Accordo di associazione politica ed economica UE-Georgia: “Da allora ci siamo assunti l’enorme responsabilità di iniziare con successo il nostro viaggio di integrazione europea”, ha sottolineato Garibashvili. Con questa “nuova pietra miliare” sulla strada verso l’UE, “stiamo introducendo norme e standard europei in ogni campo della nostra vita politica, economica e sociale“, ha concluso il premier georgiano. Anche se non passa inosservato il riferimento ai “compatrioti abkhazi e osseti”, ovvero gli abitanti delle due regioni rivendicate da Tbilisi, Abkhazia e Ossezia del Sud.
    Per i Ventisette ora si apre un nuovo file da considerare nel vasto capitolo dell’allargamento dell’Unione, all’interno di una dinamica che però si è completamente rivoluzionata rispetto a solo una settimana fa. “La richiesta di adesione dell’Ucraina e della Georgia, e quella eventuale della Moldavia, mostrano che c’è un desiderio genuino e un successo dell’UE come progetto di pace e prosperità“, ha rivendicato il portavoce della Commissione Europea, Eric Mamer, durante il punto quotidiano con la stampa di Bruxelles. La collega Ana Pisonero, responsabile per la Politica di vicinato e l’allargamento, ha precisato che “le richieste di unirsi sono sempre ben accette, ma prevedono comunque un lungo processo”. Per quanto riguarda la richiesta di Kiev, dopo le vibranti parole del presidente Volodymyr Zelensky e il supporto del Parlamento Europeo, “si è messo in moto il processo con le discussioni del Consiglio“, ha aggiunto la portavoce dell’esecutivo UE.
    A una domanda sul futuro dell’allargamento UE ai Paesi che già hanno iniziato il processo (e la possibile fiducia tradita), Mamer ha voluto precisare che “la richiesta dell’Ucraina e della Georgia è legittima e non è legata alle prospettive del Balcani Occidentali“. Tuttavia, “alla luce di quanto accaduto questa settimana, mi sembra ancora più evidente che il discorso dovrà riprendere in modo deciso e superando le attuali divisioni tra Stati membri”, ha aperto il portavoce della Commissione, sottolineando comunque che l’esecutivo comunitario ha sempre spinto con forza questo processo. Stiamo parlando di Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia (più la Turchia, i cui negoziati sono però cristallizzati dalla politica del presidente Erdoğan). Serbia e Montenegro stanno portando avanti i negoziati di adesione rispettivamente da otto e dieci anni, mentre il pacchetto Albania-Macedonia del Nord è bloccato dal 2018 prima per il veto di Francia-Paesi Bassi-Danimarca ai danni di Tirana e poi per quello attuale della Bulgaria contro Skopje. La Bosnia ed Erzegovina ha fatto domanda di adesione nel 2016, mentre il Kosovo ha solo firmato l’Accordo di stabilizzazione e associazione.
    Per diventare un Paese membro dell’UE, il primo passo è la proposta formale di candidatura all’adesione (Georgia e Ucraina, in questo caso). Dopo il superamento dell’esame dei criteri di Copenaghen – le basilari condizioni democratiche, economiche e politiche – si arriva alla firma dell’Accordo di stabilizzazione e associazione, un accordo bilaterale tra UE e Paese richiedente. A questo punto si può presentare la vera e propria domanda di adesione all’Unione e, una volta accettata, viene conferito lo status di Paese candidato. Segue la raccomandazione della Commissione al Consiglio UE di avviare i negoziati: solo quando viene dato il via libera all’unanimità dai Paesi membri si possono aprire i capitoli di negoziazione (in numero variabile). Alla fine di questo processo si arriva alla firma del Trattato di adesione.

    Sull’onda dell’invasione russa dell’Ucraina, il premier del Paese caucasico, Irakli Garibashvili, ha firmato la lettera per chiedere a Bruxelles di diventare membro dell’Unione Europea. La stessa richiesta è arrivata da Kiev il 28 febbraio