in

Quindici anni dopo. L’Ue sempre al fianco della Georgia contro la Russia per riconquistare l’integrità territoriale

Bruxelles – Era il 7 agosto 2008 e, in un certo senso, la Russia forniva già un’anteprima di quello che avrebbe fatto qualche anno più tardi sul territorio dell’Ucraina. Sono passati esattamente 15 anni da quando i carri armati russi entravano in Georgia per mettere a tacere con la forza le rivendicazioni di Tbilisi sui due territori separatisti sostenuti dal Cremlino – l’Abkhazia a nord-ovest e l’Ossezia del Sud (per i georgiani Samkhret Oseti) nel nord – ma per l’Unione Europea non è un’opzione far venire meno il supporto all’alleato caucasico nel ribadire ogni giorno la propria sovranità e integrità territoriale. “Il sostegno dell’Ue alla Georgia rimane saldo, siamo al fianco del coraggioso popolo georgiano che ha scelto un percorso pro-Ue e pro-Nato“, ha scritto questa mattina il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, su X (piattaforma precedentemente conosciuta come Twitter), ricordando l’anniversario di una delle pagine più controverse della storia recente europea.

Scritte contro la Russia durante le proteste a Tbilisi il 7 marzo 2023

Perché 15 anni fa il mondo è rimasto quasi inerme di fronte all’invasione armata di un Paese sovrano, durata solo cinque giorni per il cessate il fuoco invocato dai georgiani per scongiurare il peggio, ovvero l’occupazione militare russa della capitale Tbilisi. Al contrario di quanto accaduto dal 24 febbraio 2022 in Ucraina, dai Paesi membri Ue e dagli Stati Uniti non era arrivato nessun sostegno alla Georgia né l’isolamento della Russia, ma esclusivamente un impegno diplomatico da parte dell’allora presidente di turno francese del Consiglio dell’Ue, Nicolas Sarkozy, per negoziare le condizioni del cessate il fuoco. Da allora – ma più verosimilmente proprio dal 24 febbraio dello scorso anno – a Bruxelles la musica è cambiata e per Tbilisi è pieno il sostegno alla sovranità e all’integrità territoriale, ma anche al cammino di avvicinamento all’Unione Europea iniziato a tutti gli effetti dopo pochi giorni dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina.

Dal 2008 “le vite georgiane sono sotto la minaccia di una pesante presenza militare russa nelle regioni occupate”, ha attaccato sempre oggi il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, chiedendo nuovamente a Mosca di “rispettare i suoi obblighi internazionali”. Sullo stesso tono l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, che in una nota ha ribadito come “l’impegno dell’Unione Europea per la risoluzione pacifica del conflitto in Georgia è più forte che mai“. Il punto di partenza è proprio l’accordo in sei punti del 12 agosto 2008, violato dalla Russia con la “continua presenza militare” nelle due regioni separatiste: “Persistono gli ostacoli al ritorno degli sfollati interni e dei rifugiati nei loro luoghi di origine”, a cui si sommano “restrizioni alla libertà di movimento e detenzioni illegali”, ha ribadito Borrell. La presenza di 200 osservatori civili della Missione di monitoraggio Eumm in Georgia – il cui mandato è stato rinnovato fino a dicembre 2024 – “ha contribuito alla stabilizzazione e alla sicurezza”, dal momento in cui quella dell’Ue rimane “l’unica missione internazionale sul campo per facilitare una vita sicura e normale per le comunità locali che vivono su entrambi i lati delle linee di confine amministrativo con l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud”.

Tbilisi, Georgia (agosto 2023)

Dopo i conflitti degli anni Novanta con le due regioni separatiste (1991-1992 in Ossezia del Sud e 1991-1993 in Abkhazia) a seguito dell’indipendenza della Georgia nel 1991 dall’Unione Sovietica, sul terreno la situazione è rimasta di fatto congelata per 15 anni, con le truppe della neonata Federazione Russa a difendere i secessionisti all’interno del territorio rivendicato. Il tentativo di riaffermare il controllo di Tbilisi sulle due regioni nell’estate del 2008 – voluto dall’allora presidente Mikheil Saakashvili – determinò il 7 agosto una violenta reazione russa non solo nel respingere l’offensiva dell’esercito georgiano, ma portando anche all’invasione del resto del territorio nazionale con carri armati e incursioni aeree. La guerra durò solo cinque giorni, ma le città di Zugdidi, Gori, Senaki e Poti (a ridosso delle due autoproclamate Repubbliche separatiste) rimasero occupate per settimane dall’esercito invasore anche dopo il cessate il fuoco. Non solo, da allora la Russia di Vladimir Putin riconosce l’indipendenza di Abkhazia e Ossezia del Sud e ha dislocato migliaia di soldati nei due territori per aumentare la propria sfera d’influenza nella regione della Ciscaucasia, in violazione degli accordi del 12 agosto.

L’attacco della Russia alla Georgia nel 2008 fu determinato anche da motivazioni strategiche e politiche. Dopo la cosiddetta ‘Rivoluzione delle rose’ del 2003 con cui Saakashvili ha pacificamente preso il potere e iniziato un decennio di rinascita economica e sociale, Tbilisi ha sancito nella propria Costituzione nazionale l’aspirazione alla candidatura sia all’Unione Europea sia alla Nato. Una decisione che ha reso ancora più tese le relazioni con Mosca, nonostante gli stretti rapporti commerciali ed economici, e che ha portato a un primo risultato tangibile con la richiesta di adesione all’Ue il 3 marzo 2022. Tuttavia, in linea con il parere della Commissione, al vertice dei leader del 23 giugno è stato deciso di garantire non lo status di Paese candidato ma la “prospettiva europea” e da allora è iniziato il lavoro per l’allineamento alle priorità definite da Bruxelles. Lo scorso 22 giugno la Commissione ha delineato in un rapporto orale i progressi compiuti sullo stato di avanzamento delle riforme: su 12 priorità, al momento solo 3 sono state completate. L’appuntamento è ora per ottobre con l’annuale Pacchetto sull’allargamento Ue, ma la presidente della Georgia, Salomé Zourabichvili, alla sessione plenaria di maggio dell’Eurocamera ha chiesto di concedere entro il 2023 lo status di Paese candidato come “riconoscimento delle lotte del nostro popolo, dell’identità e dell’importanza dell’Ue”.

Il difficile cammino della Georgia verso l’Ue

Per l’Unione Europea la Georgia rimane uno dei Paesi partner più complessi da gestire, a causa dello scollamento tra una popolazione a stragrande maggioranza filo-Ue e un governo quantomeno controverso sulle tendenze filo-russe (anche se poi ha fatto richiesta di aderire all’Unione per i timori sollevati dall’espansionismo del Cremlino concretizzatosi il 24 febbraio 2022 in Ucraina). Tra le notizie che hanno sollevato più preoccupazioni a Bruxelles va ricordata la ripresa dei voli tra Georgia e Russia dopo la decisione di Mosca di eliminare il divieto in vigore, ma anche il ritiro del partito al potere a Tbilisi, Sogno Georgiano, come membro osservatore del Partito del Socialismo Europeo (Pes) a causa dell’avvicinamento del premier Irakli Garibashvili (che ha partecipato alla convention dei conservatori europei e statunitensi a Budapest) all’omologo ungherese, Viktor Orbán.

A cavallo della decisione di Bruxelles di giugno 2022 di non concedere ancora alla Georgia lo status di candidato all’adesione, a Tbilisi si sono svolte due grandi manifestazioni pro-Ue: una ‘marcia per l’Europa’ per ribadire l’allineamento del popolo georgiano ai valori dell’Unione e una richiesta di piazza di dimissioni del governo per aver fallito l’obiettivo sulla candidatura all’adesione. I tratti comuni di queste manifestazioni sono state le bandiere – bianca e rossa delle cinque croci (nazionale) e con le dodici stelle su campo blu (dell’Ue) – cartelli con rivendicazioni europeiste e l’inno georgiano intervallato dall’Inno alla Gioia (quello ufficiale dell’Unione Europea). Ora l’attenzione è tutta rivolta all’esito delle valutazioni della Commissione e alla decisione del Consiglio di dicembre sul percorso di allineamento di Tbilisi alle priorità per la candidatura all’adesione Ue. In caso di nuovo responso negativo si potrebbe assistere ad ancora più rabbia sociale contro il governo e al rischio di un crescente risentimento verso Bruxelles, con conseguenze al momento non prevedibili sull’appuntamento elettorale per il rinnovo del Parlamento georgiano nel 2024.

Le proteste dei manifestanti georgiani a Tbilisi contro il progetto di legge sulla “trasparenza dell’influenza straniera”, 7 marzo 2023 (credits: Afp)

Non va dimenticato che solo cinque mesi fa sono scoppiate dure proteste popolari contro un controverso progetto di legge sulla ‘trasparenza dell’influenza straniera’ di filo-russa memoria, voluta proprio dal premier Garibashvili per registrare tutte le organizzazioni che ricevono più del 20 per cento dei loro finanziamenti dall’estero come ‘agente straniero’ (in modo simile a quanto in vigore in Russia dal primo dicembre dello scorso anno). Dopo l’approvazione in prima lettura da parte del Parlamento decine di migliaia di cittadini georgiani sono scesi in piazza con le bandiere della Georgia e dell’Unione Europea – gridando slogan come Fuck Russian law e tappezzando la città di insulti a Putin – sostenuti sia dalle istituzioni comunitarie sia dalla presidente Zourabichvili. Dopo due giorni di proteste ininterrotte il partito Sogno Georgiano ha ritirato il progetto di legge, ma senza sconfessare la propria iniziativa. Il leader del partito al potere è l’oligarca Bidzina Ivanishvili, che compare nella risoluzione non vincolante del Parlamento Europeo in cui è richiesto alla Commissione di imporre nei suoi confronti sanzioni personali.

“Siamo al fianco del coraggioso popolo georgiano che ha scelto un percorso pro-Ue e pro-Nato”, ribadisce il leader del Consiglio, Charles Michel, ricordando l’anniversario dell’invasione russa del Paese caucasico a sostegno delle Repubbliche separatiste dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud


Source: https://www.eunews.it/category/politica-estera/feed


Tagcloud:

Al vertice in Arabia Saudita 42 Paesi sostengono l’integrità territoriale dell’Ucraina. E c’è anche la Cina

Bruxelles scioglie la riserva sull’evacuazione dal Niger. La delegazione Ue e la missione Eucap rimangono nel Paese