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    Allargamento, la commissaria Ue Kos: “Si aprano i negoziati con Ucraina e Moldova entro novembre”

    Bruxelles – L’Ue potrebbe aprire a breve i negoziati di adesione con Ucraina e Moldova. Ne è convinta Marta Kos, commissaria all’Allargamento nel von der Leyen bis. Parlando oggi (20 ottobre) coi giornalisti in Lussemburgo, dov’era in corso un Consiglio Affari esteri, Kos ha notato che “la Commissione ha completato l’esame di tutta la legislazione” di Kiev e Chișinău e che “entro novembre, il Consiglio avrà la possibilità di avviare tutti e sei i cluster negoziali” con entrambi i Paesi candidati.A quel punto, ha specificato la commissaria, “tutto sarà pronto, dopo aver completato questo processo, per accelerare le riforme“. Sono mesi che i vertici comunitari lodano i progressi compiuti da entrambi gli Stati sulla strada dell’adesione al club a dodici stelle. Rimane ancora del lavoro da fare, certo: “Dobbiamo porre rimedio alla corruzione e rafforzare le istituzioni e, soprattutto, lo Stato di diritto“, concede Kos (memore, ad esempio, del passo falso compiuto da Volodymyr Zelensky sulle agenzie anti-corruzione ucraine). Ma la direzione è chiara, così come la rapidità con cui le due cancellerie stanno macinando riforme su riforme – e vincendo elezioni su elezioni – per entrare in Ue il prima possibile.Il primo ministro ungherese Viktor Orbán (foto: European Council)D’altro canto, da questo lato della barricata il problema rimane sempre lo stesso. E ha un nome e un cognome: Viktor Orbán. Da tempo il primo ministro ungherese si è messo di traverso sull’avvicinamento dell’Ucraina all’Unione, adducendo come giustificazione il timore che Kiev “porterebbe la guerra in Europa” (sic). Per anni, i Ventisette sono rimasti bloccati dall’ostruzionismo di Budapest (che ha trovato una solida sponda a Bratislava e, potenzialmente, una nuova a Praga quando il nazional-populista Andrej Babiš formerà un governo). Essendo le pratiche di Kiev e Chișinău accoppiate informalmente, l’opposizione di Orbán blocca entrambe.Ma ora a Bruxelles la musica sembra in procinto di cambiare. Il presidente del Consiglio europeo, António Costa, sta esplorando misure innovative per evitare di ricorrere all’unanimità per l’apertura di ogni cluster negoziale ed aggirare così il veto dell’autoritario premier magiaro. A rigor di trattati, questa opzione non sarebbe prevista. Ma anche al Berlaymont la misura è talmente colma nei confronti di Orbán che la Commissione ha dato di fatto il suo placet a questo escamotage politico-legale dalle implicazioni ancora poco chiare.Kos ha confermato che l’esecutivo comunitario sta vagliando “tutte le possibilità” per dare il disco verde all’avvio dei negoziati. Secondo la commissaria, “Ucraina e Moldova hanno dato risultati positivi” e, visto che si dovrebbe trattare di un processo basato sul merito, non c’è motivo per rallentarlo oltre. Del resto, continua, “l’Ungheria non si è opposta al riconoscimento dello status di candidato” a Kiev e dunque, dice, è legittimo aspettarsi che sosterrà anche l’apertura dei cluster. Se Budapest nutre “preoccupazioni riguardo alla minoranza in Ucraina, possiamo affrontare la questione”, aggiunge, sottolineando tuttavia che i rappresentanti della minoranza ungherese nel Paese “non hanno espresso nemmeno una lamentela” quando li ha incontrati di recente.Dopo la riforma del 2020, l’adesione di un Paese terzo all’Ue può avvenire in seguito alla chiusura di 33 capitoli negoziali (ciascuno affronta un aspetto specifico dell’acquis communautaire, vale a dire delle norme europee) suddivisi in sei cluster tematici. Per l’apertura di ciascun cluster è prevista l’unanimità degli Stati membri, così come è necessario un voto unanime per la decisione finale di ammettere il Paese candidato nel club a dodici stelle. Un meccanismo farraginoso, come riconosciuto anche dall’Alta rappresentante Kaja Kallas: “Ci sono ostacoli nel nostro processo decisionale e ci stiamo lavorando”, ha confermato al termine della riunione odierna in Lussemburgo.

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    Trump duro con Zelensky all’incontro alla Casa Bianca. L’Ue alla finestra

    Bruxelles – L’incontro di venerdì 17 ottobre tra il presidente statunitense Donald Trump e il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky è stato “turbolento”. Questa la descrizione arrivata dal Financial Times, che in queste ore sta diffondendo una serie di indiscrezioni sulla riunione tra i due leader. A quanto emerge, Trump avrebbe più volte utilizzato argomentazioni “filo-russe” per convincere Zelensky a porre fine al conflitto. La giravolta diplomatica di Trump è arrivata dopo la telefonata avuta giovedì con il suo omologo russo, Vladimir Putin. Dal colloquio telefonico sarebbero emersi i primi spiragli per un incontro tra i due leader, questa volta sul suolo dell’Unione Europea, a Budapest.La decisione non è stata accolta con entusiasmo a Bruxelles, anche se questa mattina l’Alta rappresentante dell’Unione, Kaja Kallas, a margine del Consiglio dell’UE Affari Esteri in corso, si è dichiarata favorevole a ogni possibile avanzamento dei colloqui di pace. Kallas ha precisato: “Siamo positivi rispetto a qualsiasi progresso”. Il possibile arrivo di Putin a Budapest è stato definito con diplomatica cautela “non bello da vedere”, considerato che sul presidente russo pende un mandato di arresto della Corte penale internazionale. Kallas ha inoltre aggiunto che, in ogni caso, “verrà valutato l’esito dell’incontro”.EU prepares a new blow to the Kremlin: 19th sanctions package could be approved as early as ThursdayAccording to Kaja Kallas, the European Union may adopt its 19th package of sanctions against Russia as soon as this Thursday. Among the key topics under discussion is action… pic.twitter.com/tBjfIaoLMS— NEXTA (@nexta_tv) October 20, 2025Niente Tomahawk, in cambio una proposta irricevibileL’incontro tra Zelensky e Trump alla Casa Bianca può già essere ricondotto a un insuccesso, almeno dal punto di vista di Kyiv. L’intenzione ucraina era quella di ottenere i missili statunitensi a lungo raggio Tomahawk, un’arma strategica per colpire in profondità le difese russe. La trattativa, secondo le fonti interne consultate dal Financial Times, si sarebbe però trasformata in una “litigiosa discussione”, con Trump che “imprecava continuamente”.Il presidente americano ha spinto per il raggiungimento di un accordo di pace rapido, minacciando Zelensky di accettare un “deal” con Putin. “Se (Putin, ndr) lo vorrà, vi distruggerà”, ha sentenziato Trump nello Studio Ovale. Il punto su cui Trump ha insistito sarebbe stato la cessione completa degli oblast di Luhansk e Donetsk, oggi controllati solo per l’80 per cento da Mosca. In cambio di questa resa, Kyiv otterrebbe piccoli territori nelle regioni meridionali di Zaporizhzhia e Kherson.La proposta è, per gli ucraini, ampiamente insufficiente. “Cedere (il Donbass, ndr) alla Russia senza combattere è inaccettabile per la società ucraina, e Putin lo sa”, ha affermato Oleksandr Merezhko, presidente della Commissione per gli Affari Esteri del parlamento ucraino. L’iniziativa rappresenta, in ogni caso, uno dei primi piccoli spiragli russi all’interno delle trattative.La giravolta di TrumpIl clima teso è apparso in controtendenza rispetto alle recenti dichiarazioni del presidente americano. Nelle ultime settimane, il tycoon aveva insistito sulla qualità dell’esercito ucraino, “se vorranno, riconquisteranno tutti i territori occupati”, e aveva screditato Mosca per le sue difficoltà economiche, affermando che “è vicina al collasso”. Per interpretare le parole del presidente, però, è sempre più utile il dogma coniato dalla giornalista americana Salena Zito: “Bisogna prendere Trump seriamente, non letteralmente”. I cambi di maglia così repentini nascondono, a volte, un’obiettivo a lungo termine: l’accordo finale.La pressione di Bruxelles su MoscaIn Europa, intanto, le vie diplomatiche latitano e dunque l’Unione Europea si organizza per mettere pressione su Mosca. Nel Consiglio Affari Esteri di queste ore si discuterà dell’approvazione del diciannovesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia e di un rafforzamento del sostegno all’economia ucraina. Al meeting parteciperà anche il ministro degli Esteri ucraino Andrii Sybiha. Parallelamente, nel Consiglio dell’UE sull’Energia, è stata adottata dai Paesi membri la posizione sul regolamento per la cessazione delle forniture di gas russo all’Unione Europea. L’idea è quella di fermare qualsiasi tipo di approvvigionamento entro il 2027.

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    La NATO ora accelera sulla difesa anti-droni. Rutte: “Avanti con nuove misure”

    Bruxelles  – La NATO andrà avanti con sistemi di difesa anti-droni, e in questo “non ci saranno duplicazioni” né sovrapposizioni con l’Unione europea. Il segretario generale dell’Alleanza atlantica, Mark Rutte, ostenta sicurezza e determinazione. Al termine della riunione dei ministri della Difesa parla alla stampa, ma è alla Russia che in realtà si rivolge. Tutto il lavorio dell’Organizzazione ruota attorno a Mosca e al suo operato, nel rispetto di una missione e di una vocazione mai perse, neppure dopo caduta della cortina di ferro.Non entra nel merito di un piano di fatto messo a punto, non vuole offrire vantaggi al nemico, ma Rutte chiarisce senza girarci troppo attorno che la NATO “metterà in atto una serie di ulteriori misure anti-droni che rafforzeranno, estenderanno e accelereranno la nostra capacità di contrastare questa minaccia”. Non si perde tempo, visto che “sistemi di test” risultano in funzione mentre lo stesso Rutte parla ai giornalisti. “Innovazione e adattamento fanno parte del DNA della NATO”, ricorda il segretario generale dell’Organizzazione, che assicura come “continueremo a imparare dalla cooperazione con l’Ucraina, ad accelerare la nostra innovazione e a rafforzare la collaborazione con il settore privato”.Il segretario generale della NATO, Mark Rutte [Bruxelles, 15 ottobre 2025]La strategia concordata con gli alleati prevede sviluppo di nuovi sistemi attraverso “cicli rigorosi e ripetuti di test, prove ed esercitazioni”, a cui si aggiungeranno meccanismi di approvvigionamento comuni per facilitare un rapido accesso alle tecnologie più efficaci. Nella perenne e oggi rinnovata sfida a Mosca, Rutte ringrazia e punzecchia il presidente russo Putin. Le violazioni dello spazio aereo europee da parte di velivoli senza pilota “hanno messo in evidenza l’efficacia della nostra postura di deterrenza e difesa, fornendo al contempo un ulteriore impulso a migliorarla”.Difesa armata e presenza non espansionisticaNelle logiche proprie del confronto e dello scontro la narrativa viene rimodulata e rimodellata in automatico, e il segretario generale della NATO fa prova di grande capacità retorica nella scelta di un linguaggio certamente di propaganda – o contro-propaganda – ma comunque ben scelto. Intanto cerca di rassicurare spiegando che “la NATO è un’alleanza di difesa e rimarrà un’alleanza di difesa“, salvo poi dire che però ci si armerà. I ministri della Difesa dei 32 alleati “hanno ribadito che stanno aumentando gli investimenti nella difesa, potenziando la produzione nel settore della difesa e intensificando” il sostegno all’Ucraina. Avanti con la difesa armata e potenziata, dunque.C’è poi la questione della presenza sull’intero scacchiere internazionale. Rutte ha già avuto modo di dire che la NATO non ha intenzione di espandersi nel quadrante di sud-est ma di avere lì degli amici, e tanto basta per mettere in chiaro che si presidierà, pronti a intervenire. “Atlantico e Indo-Pacifico non dobbiamo vederli come versanti isolati“, quanto interconnessi. E’ convinzione di Rutte che “se la Cina volesse attaccare Taiwan la Russia sarebbe obbligata ad attaccare su un altro fronte“. Parole che dimostrano come la NATO viva sul ‘chi va là’, in stato di allerta perenne, e per questo si vuole essere pronti.Ucraina, gli europei acquistino USAInfine il capito Ucraina. I ministri della Difesa della NATO ribadiscono la volontà di continuare a sostenere Kiev, ma questo sostegno passa inevitabilmente per Casa Bianca, Pentagono e industria a stelle e striscei. “Molti sistemi di difesa aerea sono già stati forniti all’Ucraina, ora ci sono delle tecnologie che solo gli Stati Uniti possono fornire, come ad esempio gli intercettori per i sistemi Patriot”, taglia corto Rutte. Questo implica che gli europei devono comprarli per darli all’Ucraina, e che i membri UE della NATO devono dirottare e distogliere acquisti dalle proprie industria in barba alla voglia di stimolare il comparto pesante europeo.Gli Stati Uniti hanno ripreso a fornire supporto militare essenziale, letale e non letale all’Ucraina, finanziato dagli Alleati, con già due miliardi di dollari impegnati. Ad oggi, sottollinea Rutte, “più della metà dei Paesi membri della Nato ha aderito” alla Purl Initiative, lo speciale programma che per l’appunto consente agli alleati di finanziare la fornitura di equipaggiamenti militari statunitensi essenziali per la difesa dell’Ucraina. Una buona notizia per Kiev, certamente, e per il suo presidente Volodymir Zelenski, che venerdì incontrerà il presidente USA Donald Trump per cercare di definire il futuro scenario del conflitto russo-ucraina e, auspicabilmente, post-conflitto e condizioni di pace.

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    Come l’UE vuole utilizzare 175 miliardi di asset russi congelati per finanziare l’Ucraina

    Bruxelles – La questione di cosa fare degli asset statali russi congelati sul territorio europeo tiene banco da tempo a Bruxelles. È un tema decisamente politico, ma con forti implicazioni legali ed economiche. Ora però, di fronte alle ingenti necessità dell’Ucraina – si parla di 52 miliardi di euro in sostegno al bilancio e 80 miliardi di assistenza militare fino al 2027 – e al progressivo disimpegno statunitense, la Commissione europea ha deciso di rompere gli indugi.Al vertice informale di Copenaghen, ha ricevuto un primo endorsement di massima dai capi di stato e di governo dei 27 per lavorare su una proposta legislativa. L’obiettivo è utilizzare i 175 miliardi di euro di proprietà della Banca Centrale Russa, ma custoditi per la maggior parte da Euroclear a Bruxelles, senza che dal punto di vista legale si configuri alcuna confisca. Il terreno è spinoso, ma – sostiene un alto funzionario della Commissione europea – “crediamo di aver trovato il modo per farlo senza violare il diritto internazionale”.Alla base del ragionamento, Bruxelles pone le conclusioni del Consiglio europeo di un anno fa, che scrivono nero su bianco che “i beni della Russia dovrebbero rimanere bloccati fino a quando la Russia non avrà cessato la sua guerra di aggressione nei confronti dell’Ucraina e non l’avrà risarcita per i danni causati da tale guerra”. Questo principio è in sostanza la garanzia di sicurezza su cui poggia il complesso escamotage in cantiere. Insieme al fatto che – spiega un alto funzionario – l’Ue non toccherebbe il credito che Mosca detiene sulla società belga di servizi finanziari, ma il corrispettivo contante accumulatosi negli ultimi tre anni e mezzo. “Il contante appartiene a Euroclear”, sostiene Bruxelles.Ursula von der Leyen al vertice informale di Copenaghen, 1/10/2025L’idea è allora far sì che Euroclear investa tale contante in un contratto di debito dedicato all’Unione, e che quest’ultima possa prestarlo all’Ucraina a tasso zero e in diverse tranche “a seconda delle necessità”. Kiev rimborserebbe il prestito solo una volta che la guerra sarà finita e che la Russia avrà pagato le riparazioni. A quel punto, Bruxelles rimborserebbe a sua volta Euroclear. Un “prestito per le riparazioni”, come l’aveva definito Ursula von der Leyen nel suo discorso sullo stato dell’Unione, lo scorso 10 dicembre.Affinché la costruzione regga, “avremo bisogno di garanzie da parte degli Stati membri”, illustra ancora un alto funzionario. Garanzie emesse bilateralmente, fino all’intero ammontare dei fondi, con una struttura simile a quella implementata con il fondo SURE da 100 miliardi attivato nel 2020 durante la pandemia di Covid-19. Secondo la Commissione il rischio di tali garanzie rimarrebbe “limitato” e “sotto il controllo degli Stati membri”. Ovvero, si materializzerebbe solo nel caso in cui i 27 decidessero di revocare le sanzioni all Russia – e dunque scongelarne gli asset statali – senza che Mosca abbia risarcito l’Ucraina.Ecco perché, insieme alla proposta per l’utilizzo degli asset, “è importante modificare il regime di sanzioni per evitarne il rilascio accidentale”. Qui sta forse il passaggio più delicato. In sostanza, per ridurre al minimo i rischi per gli Stati membri, la Commissione europea sta pensando di eliminare il voto all’unanimità per la proroga delle sanzioni che si tiene ogni sei mesi. “Non lo proporremmo se non pensassimo che sia possibile”, garantisce la fonte. La possibilità è ammessa dall’articolo 31 del Trattato sull’Unione europea, che al punto 2 prevede che il Consiglio dell’Unione europea possa deliberare a maggioranza qualificata in politica estera e dunque anche in materia di sanzioni. La valutazione dell’esecutivo Ue è che lo stesso regime di sanzioni può essere modificato aggirando l’unanimità.Tra i 27, che a Copenaghen hanno dato un timido supporto di principio alla Commissione, il scetticismo non manca. Il primo a frenare è il premier belga, Bart de Wever, preoccupato per via della parte consistente delle risorse russe ferme nel suo Paese. Anche la Francia invita alla calma. “L’Europa deve restare un posto attrattivo e affidabile”, le preoccupazioni del presidente Emmanuel Macron, che proprio al vertice informale ha sottolineato l’importanza di fare le cose per bene. “Se ci sono regole, vanno rispettate“. Danimarca e Lettonia hanno ricordato il nodo giuridico della questione, ma espresso fiducia sul fatto che la Commissione possa trovare la quadra, e attendono la proposta dall’esecutivo comunitario.Di rischi, ne esistono altri: Putin ha già firmato un decreto che gli permetterebbe di confiscare beni stranieri in Russia, e non è da sottovalutare inoltre un problema di credibilità finanziaria e di fiducia nei mercati e nell’euro. Per ora, la Commissione europea ha intenzione di procedere. I capi di stato e di governo riapriranno la questione già al prossimo Consiglio europeo, il 23-24 ottobre. Se effettivamente daranno un mandato all’esecutivo per presentare una proposta legislativa, l’obiettivo di Bruxelles è procedere spediti per azionare il prestito “all’inizio del secondo trimestre del prossimo anno“. Intorno al quarto anniversario dell’aggressione della Russia in Ucraina.

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    Orban chiude (di nuovo) all’Ucraina: “Nessuna adesione all’UE, rispettare le regole per avviare negoziati”

    Bruxelles – L’Ucraina Stato membro dell’Unione europea è qualcosa che non si può fare. L’Ungheria di Viktor Orban si oppone con rinnovata forza all’ipotesi di un ingresso nell’UE, che il primo ministro ungherese respinge in modo categorico: “Per l’Ucraina chiediamo un accordo strategico, è giusto sostenerla, ma la membership è troppo“, taglia corto al suo arrivo a Copenhagen per il vertice informale del Consiglio europeo. E’ solo la premessa, peraltro nota, a quello che ne segue subito dopo: la chiusura ad ipotesi di scorciatoie per l’avvio dei capitoli negoziali. “C’è un procedimento giuridico molto rigido e dobbiamo attenerci a quello”, sostiene ancora Orban, che sfida tutti i partner.La riunione informale dei capi di Stato e di governo vuole essere per il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, l’occasione per provare ad aprire i primi capitoli negoziali per l’adesione all’UE aggirando il vincolo dell’unanimità, questione a cui nessuno ufficialmente si oppone in linea di principio, eccezione fatta per l’Ungheria e il suo primo ministro Orban. Quando questi fa riferimento al rispetto delle regole, peraltro non proprio chiarissime, lascia intendere di essere pronto anche a ricorsi in caso di soluzioni considerate dal governo di Budapest come contro le stesse regole.Al di là degli aspetti giuridici c’è una chiusura netta da parte di Orban, che non lo nasconde né si nasconde: “L’Ucraina non ha i soldi per potersi mantenere, dobbiamo aiutarla noi. E’ un fatto finanziario”, ricorda alla stampa al suo arrivo per i lavori. Un eventuale ingresso di Kiev nell’UE “porterebbe la guerra nell’Unione europea e i soldi degli europei in Ucraina”. Niente da fare, dunque.Le posizioni di Orban si scontrano con quelle degli altri leader, riassunte dalla premier lettone, Evika Silina, convinta del fatto che “dobbiamo integrare Moldova e Ucraina, e aprire il cluster 1“, l’insieme dei capitoli che riguardano i diritti fondamentali (giustizia, magistratura, appalti, controllo finanziario, statistiche). E’ esattamente il lavoro su cui si concentra parte del vertice dei leader, chiamati a fare i conti con Orban, che con la testa è però a Praga. Il 3 e 4 ottobre si tengono le elezioni politiche, e il capo di governo ungherese attende con impazienza il voto. “Spero che i patrioti cechi vincano, spero che Babis possa tornare” al governo, dice riferendosi al leader di Ano, Andrej Babis, contrario al sostegno militare a Kiev e all’avvio accelerato dell’adesione dell’Ucraina.

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    Ucraina, von der Leyen alla Cina: “Usate la vostra influenza per portare la Russia ai negoziati”

    Bruxelles – Dopo accuse e sanzioni per l’appoggio offerto a Mosca nella sua guerra contro l’Ucraina adesso l‘Unione europea tenta la via della diplomazia, domandando alla Cina di sfruttare il suo peso per portare il leader del Cremlino al tavolo delle trattative. La riunione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite diventano l’occasione per un bilaterale tra la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, e il primo ministro cinese, Li Qiang, dove provare a discutere di Ucraina.“Ho chiesto alla Cina di usare la sua influenza per contribuire a porre fine alle uccisioni e incoraggiare la Russia a sedersi al tavolo dei negoziati“, fa sapere von der Leyen al termine dell’incontro con il capo del governo della Repubblica popolare. “È giunto il momento della diplomazia”, continua la presidente dell’esecutivo comunitario, convinta che un’iniziativa cinese chiara “invierebbe un segnale forte al mondo”.Von der Leyen chiede dunque aiuto a Pechino per chiudere il conflitto che si trascina da febbraio 2022, e poco importa se tra le parti restano tensioni. Negli ultimi mesi Bruxelles ha apertamente attaccato la Cina per il sostegno offerto alla Russia di Putin, arrivando a includere il Paese asiatico nella lista dei nemici dell’Unione europea. La presidente della Commissione UE tenta la via del pragmatismo, consapevole di una posizione geografica e di forza politico-economica che fa di Pechino uno degli attori chiave della regione, con una capacità di azioni e pressione che gli europei non hanno.“Ho accolto con favore la dichiarazione del primo Ministro Li secondo cui sia l’Europa che la Cina condividono l’interesse a mantenere la pace nel mondo”, continua von der Leyen, che esprime una volta di più anche la linea dell’Unione europea a favore di negoziati anche in caso di conflitto in corso.

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    Pronto il 19esimo pacchetto di sanzioni Ue alla Russia. Von der Leyen: “Le minacce aumentano, aumentiamo la pressione”

    Bruxelles – Energia, banche e criptovalute. Nel 19esimo pacchetto di sanzioni europee alla Russia c’è tutto quello che Ursula von der Leyen aveva anticipato pochi giorni fa al presidente statunitense Donald Trump, a partire dal cambio di marcia verso l’abbandono del gas naturale liquefatto russo. “Negli ultimi mesi la Russia ha dimostrato tutto il suo disprezzo per la diplomazia e il diritto internazionale”, ha affermato la leader Ue. Oltre ai pesanti raid su abitazioni civili e edifici governativi in Ucraina, il presunto disturbo al Gps dell’aereo della presidente della Commissione europea e le violazioni dello spazio aereo polacco e rumeno.Se “le minacce alla nostra Unione aumentano, noi rispondiamo aumentando la pressione”, ha proseguito von der Leyen. Alla fine, la stretta sugli import energetici dalla Russia arriva: “È ora di chiudere il rubinetto. Siamo pronti a farlo. Abbiamo risparmiato energia, diversificato le forniture e investito in fonti a basse emissioni di carbonio come mai prima d’ora”, ha assicurato la leader rivelando il divieto di importazione di GNL russo a partire dal primo gennaio 2027. Un anno prima dunque, rispetto al calendario previsto da REPowerEU.In più, von der Leyen ha annunciato l’abbassamento al tetto sul prezzo del petrolio russo a 47,6 dollari al barile. L’Unione stringe le maglie sulle principali compagnie energetiche del Cremlino: Rosneft e Gazprom Neft saranno “soggette al divieto totale di transazioni“, mentre saranno congelati i beni sul territorio europeo a “raffinerie, commercianti di petrolio e società petrolchimiche nei Paesi terzi, compresa la Cina”. Nella lista nera dell’Ue finiscono altre 118 navi della flotta fantasma con cui il Cremlino aggira le sanzioni sul greggio. In totale, Bruxelles ha individuato e sanzionato oltre 560 imbarcazioni.La seconda traccia seguita dalla Commissione europea sono le “scappatoie finanziarie utilizzate da Mosca per eludere le sanzioni”. E dunque, divieti di transazioni per altre banche in Russia e in Paesi terzi e “per la prima volta le nostre misure restrittive colpiranno le piattaforme per le criptovalute“. Infine, come sottolineato dall’Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, Kaja Kallas, “dobbiamo interrompere le forniture all’industria militare russa, in modo che non possa alimentare la sua macchina da guerra”. Il 19esimo pacchetto aggiunge ulteriori prodotti chimici, componenti metallici, minerali ai divieti di esportazione. “Stiamo rafforzando i controlli sulle esportazioni verso entità russe, cinesi e indiane“, ha spiegato Kallas: nell’elenco delle misure restrittive finiscono 45 nuove società in Russia e in Paesi terzi. “Il nostro messaggio è chiaro: chi sostiene la guerra della Russia e cerca di eludere le nostre sanzioni ne subirà le conseguenze”, ha proseguito il capo della diplomazia europea.Parallelamente, von der Leyen ha annunciato che “presto” la Commissione europea presenterà una proposta per l’utilizzo dei profitti generati dagli asset russi congelati in Ue per finanziare la spesa militare dell’Ucraina. La presidente della Commissione europea si è rivolta alle capitali: “Conto ora su di voi per un’adozione rapida del pacchetto”.

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    Ucraina, per Commissione e Parlamento è ora di aprire i negoziati di adesione sul ‘cluster 1’

    Bruxelles – Sostegno all’Ucraina, militare, economico e ancor più politico. Di fronte a un conflitto russo-ucraino ancora in corso e dagli scenari di difficile definizione, il Parlamento europeo chiede l’apertura dei negoziati di adesione per mettere ancora più sotto pressione l’aggressore russo e ribadire che il Paese non è zona d’influenza del Cremlino. A mettere sotto assedio il Consiglio e il consesso degli Stati membri, che sul tema devono deliberare all’unanimità, è l’Aula dell’europarlamento e la Commissione europea, unite nel chiedere un cambio di passo.“E’ tempo di aprire i negoziati sul cluster 1“, scandisce l’Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE, Kaja Kallas. Il cluster 1 è l’insieme dei capitoli che riguardano i diritti fondamentali (giustizia, magistratura, appalti, controllo finanziario, statistiche) e da cui solitamente si inizia il processo vero e proprio di avvicinamento all’Unione europea. “L’adesione dell’Ucraina all’UE è una questione di sopravvivenza e di sicurezza di lungo periodo“, aggiunge Marta Kos, la commissaria per l’Allargamento che si rivolge all’Aula immediatamente dopo Kallas. “In questo momento un segnale di sostegno non è solo simbolico ma strategico“, insiste Kos.Il dibattito d’Aula sull’Ucraina [Strasburgo, 9 settembre 2025]L’invito ad avviare i negoziati viene sostenuto dalle principali forze politiche all’interno dell’emiciclo. Popolari (PPE), socialisti (S&D) e conservatori (ECR) si esprimono a favore dell’apertura dei primi capitoli negoziali, con Verdi e liberali (RE) che pur non esprimendosi direttamente a favore non hanno nulla da obiettare e anzi insistono sulla necessità di “sostegno” a Kiev. Alla fine a pronunciarsi contro le richieste di Commissione UE e resto dell’Aula sono i sovranisti (PfE) e i nazionalisti euro-scettici (ESN).Dalle fila de laSinistra ‘no’ anche del Movimento 5 Stelle: “Voteremo contro contro il rapporto sull’adesione dell’Ucraina in UE“, anticipa Danilo Della Valle. La relazione, ricorda per spiegare le ragioni della contrarietà dei pentastellati, “ribadisce la richiesta di una maggiore assistenza militare e cooperazione in materia di difesa, compresa l’integrazione dell’industria degli armamenti ucraina nei quadri dell’UE e della NATO. Non prevede nessuna richiesta di cessate il fuoco o di apertura formale dei negoziati”.Il dibattito d’Aula su un tema che comunque mostra posizioni diverse registra anche nuovi, ennesimi, malumori contro l’Ungheria di Viktor Orban. Nella necessaria ricerca di un consenso unanime sul tema dell’allargamento è Budapest che punta i piedi, fin dal primo momento dal via libera per poter procedere ai negoziati con Kiev. Una linea non più accettabile per Pekka Toveri e il suo PPE: “L’Ungheria lavora con la Russia per sabotare il processo di adesione dell’Ucraina“, denuncia. Contrattacca Kinga Gal (PfE), ungherese di Fidesz, partito di governo di Orban: “L’Ucraina è lontana dall’essere pronta. L’adesione è un errore politico“.Metsola: “Per l’Ucraina adesione all’UE e pace, ma non ad ogni costo”Nell’emiciclo tutt’altro che gremito di Strasburgo i toni del dibattito si surriscaldano quando dai banchi dei liberali Petras Austrevivius propone di “estendere il sistema di difesa, ampliare l’esercito comune”, realizzare “cielo sicuro in Ucraina” e lo “schieramento di soldati in Ucraina“. Richieste che trovano la sponda di Sandra Kalniete (PPE): “Continuiamo ad armare l’Ucraina, e integriamola nell’industria della difesa” europea, propone. Parole che producono la levata di scudi dell’ultra-destra: “L’unico motivo di sicurezza per l’Europa è un ritorno dell’Ucraina alla neutralità”, sostiene Hans Neuhoff (ESN). Mentre Kinga Gal avverte: “Così si avvicina la guerra” all’Unione europea.Thijs Reuten, a nome dei socialisti, chiede all’Unione europea tutta un cambio di passo vero. Questo implica accesso di Kiev nel club a dodici stelle, certo, perché “il nostro sostegno alla sua adesione è incrollabile”. Ma “è tempo che l’Europa non si limiti a sostenere, ma assuma un ruolo guida”. Perché fin qui, lamenta, “il ciclo è sempre lo stesso: gli Stati Uniti accennano alla pressione, Putin finge i negoziati, l’Europa esita, e quindi Putin intensifica la sua azione”.