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    Macron in visita ad Astana per accelerare il partenariato strategico con il Kazakistan. L’Ue osserva attenta

    Bruxelles – Tra la Francia e il Kazakistan c’è comunanza di intenti non solo in ambito economico e commerciale, ma anche sulla politica internazionale. In occasione del quinto anniversario della firma del Trattato di partenariato strategico tra i due Paesi, ieri (primo novembre) il presidente francese, Emmanuel Macron, si è recato in visita ad Astana per incontrare il presidente della Repubblica del Kazakistan, Kassym-Jomart Tokayev, e per firmare una serie di contratti in settori che vanno dall’energia, al farmaceutico, fino all’aerospaziale. È però il tema dei minerali essenziali per le tecnologie energetiche pulite (di cui la regione è ricca) a costituire la parte più importante dei colloqui. “La forza del nostro partenariato dimostra che sono stati adottati i giusti assi d’interesse strategici, ma anche la necessità di completarli e accelerarli”, ha dichiarato Macron al fianco del suo omologo kazako.Da sinistra: il presidente francese, Emmanuel Macron, e il presidente del Kazakistan, Kassym-Jomart Tokayev, ad Astana il primo novembre 2023 (credits: Ludovic Marin / Afp)Quella ad Astana è solo la prima tappa del viaggio di capo di Stato francese in Asia Centrale (che prosegue in Uzbekistan), una delle ex-Repubbliche sovietiche che ha attirato nuova attenzione da parte dell’Occidente dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina. Nonostante la sua vicinanza con la Russia (e la Cina), il Kazakistan non si è schierato con Mosca, sotto lo sguardo attento dell’Unione Europea e in particolare di Macron. “I due capi di Stato hanno sottolineato la loro ferma adesione al diritto internazionale e ai principi internazionali della Carta delle Nazioni Unite, in particolare il rispetto della sovranità, dell’indipendenza, dell’integrità territoriale e dell’inviolabilità delle frontiere internazionalmente riconosciute da tutti gli Stati”, si legge nella dichiarazione congiunta di Macron e Tokayev. “Hanno espresso la loro profonda preoccupazione sulla situazione in Ucraina, sulle sue conseguenze umanitarie, sulle sue ripercussioni sull’economia mondiale e sulla sicurezza alimentare dei Paesi più vulnerabili”, continua la nota.Durante l’incontro con Tokayev, Macron ha annunciato accordi commerciali, inclusa una dichiarazione di intenti per una partnership nel tanto ricercato settore delle terre rare e dei metalli rari. Oltre a essersi complimentato per la posizione sull’invasione della Russia in Ucraina: “La Francia valorizza il cammino che state seguendo per il vostro Paese, rifiutando di essere vassallo di qualsiasi potenza e cercando di costruire relazioni numerose ed equilibrate con i diversi Paesi”. Il Kazakistan, ricco di petrolio, era già emerso come fornitore sostitutivo di greggio per i Paesi europei che hanno interrotto le forniture russe e come collegamento importante nella nuova rotta commerciale Cina-Europa, che aggira la Russia. Riguardo l’incontro il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha commentato che il Kazakistan, in quanto Stato sovrano, è libero di sviluppare legami con qualsiasi Paese. Non sembra però dello stesso avviso il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, che la settimana scorsa aveva affermato che l’Occidente sta cercando di allontanare da esso i “vicini, amici e alleati” della Russia.Oltre alla Francia, l’importanza del Kazakistan per l’UeIl Kazakistan è un partner importante non solo per Macron, ma per tutta l’Unione Europea. Lo scopo dell’Ue è quello di sostituirsi alla Russia come primo partner economico e commerciale dei cinque Paesi dell’Asia Centrale (Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan). La chiave di volta per questa operazione sarebbe proprio la Repubblica kazaka, dove l’Ue ha già raggiunto questo obiettivo, rappresentando il 40 per cento del suo commercio estero. “Una cosa è assolutamente certa, il nostro rapporto è forte e sta diventando ancora più forte“, aveva dichiarato il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, al termine dell’incontro con il presidente kazako ad Astana il 27 ottobre dello scorso anno, in occasione della prima riunione regionale di alto livello dei Cinque dell’Asia Centrale.Da sinistra: il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, e il presidente del Kazakistan, Kassym-Jomart Tokayev, ad Astana (27 ottobre 2022)L’Unione è anche il primo investitore straniero in Kazakistan, rappresentando il 48 per cento dei flussi totali di investimenti diretti esteri. A rappresentare il quinto maggiore investitore straniero in Kazakistan è proprio la Francia, soprattutto a causa del coinvolgimento delle società energetiche TotalEnergies nel massiccio progetto del giacimento petrolifero offshore di Kashagan. A sigilliare ancora di più il rapporto dei due Paesi c’è anche il tema dell’energia nucleare: il Kazakistan fornisce circa il 40 per cento di uranio alla Francia e la francese Orano gestisce già una joint venture con la sua azienda nucleare statale Kazatomprom. Inoltre, l’azienda energetica francese Edf è in corsa per costruire la prima centrale nucleare del Kazakistan, con un progetto che dovrebbe essere deciso in un referendum quest’anno. Gli scambi bilaterali tra Parigi e Astana sono arrivati a 5,3 miliardi di euro nel 2022, principalmente negli idrocarburi.Nel dicembre 2015, l’Unione Europea e il Kazakistan hanno firmato un accordo di partenariato e cooperazione rafforzato (Epca). Entrato in vigore il primo marzo 2020, è il primo di questo tipo con un partner dell’Asia Centrale e ha permesso di rafforzare le relazioni tra i Ventisette e Astana. Il 7 novembre 2022, la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il primo ministro del Kazakistan, Alikhan Smailov, hanno firmato un memorandum d’intesa (MoU) sui partenariati strategici su materie prime sostenibili, batterie e catene di valore dell’idrogeno rinnovabile. Non solo. In quanto “hub per la connettività dei trasporti tra Oriente e Occidente“, la Repubblica kazaka è considerata da Bruxelles lo snodo fondamentale su cui investire nella regione dell’Asia Centrale attraverso il Global Gateway, la nuova strategia europea per promuovere collegamenti intelligenti, puliti e sicuri nei settori del digitale, dell’energia e dei trasporti e rafforzare i sistemi di salute, istruzione e ricerca in tutto il mondo.
    L’incontro si è concentrato principalmente sul tema delle materie prime essenziali per le tecnologie energetiche pulite, di cui la regione orientale è ricca. Dopo la prima tappa kazaka il viaggio del presidente francese in Asia Centrale prosegue in Uzbekistan

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    Von der Leyen chiama Washington contro Putin e Hamas: “L’Europa e gli Stati Uniti insieme per plasmare il futuro”

    Bruxelles – “È nostro dovere che l’Europa e gli Stati Uniti contribuiscano a plasmare la storia del futuro“: nel think-tank fortino dei conservatori americani, quell’Hudson Institute che fu presieduto tra gli altri da Ronald Reagan, l’invettiva della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, è un ritorno a quella retorica atlantista di opposizione tra il bene e il male, tra l’Occidente democratico e le forze autocratiche.A Washington per il vertice Ue-Usa con il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, e Joe Biden, von der Leyen è stata invitata da John Walters, presidente dell’Hudson Institute, a tenere un discorso sugli stravolgimenti geopolitici degli ultimi tempi, dalla guerra in Ucraina al riaccendersi della questione israelo-palestinese. “Gli eventi delle ultime settimane in Medio Oriente e degli ultimi anni nell’Europa dell’Est dimostrano che la lotta che l’Europa e gli Stati Uniti hanno combattuto negli ultimi settant’anni non è mai scomparsa”, ha esordito la leader Ue, citando Reagan e il suo impegno per la riunificazione della Germania alla fine degli anni ’80:  “Credeva che la comunità atlantica fosse la casa della democrazia”, l’ha omaggiato von der Leyen.Le crisi in Ucraina e in Israele, “per quanto diverse, chiedono all’Europa e all’America di prendere posizione e di restare unite”, ha proseguito. Perché così come Putin “vuole cancellare l’Ucraina dalla carta geografica”, Hamas, “sostenuto dall’Iran”, vuole cancellare Israele. Per von der Leyen “la Russia e Hamas sono simili”, perché entrambi hanno “deliberatamente cercato civili innocenti, compresi neonati e bambini, per ucciderli e prenderli in ostaggio”. Una barbarie che rischia di “diffondersi dall’Europa, al Medio Oriente e all’Indo Pacifico”, vola a “sovvertire l’ordine esistente”. L’ordine per il cui “mantenimento e creazione sono state sacrificate tante vite nei nostri continenti”.Per questo “tocca” ancora una volta “a noi occidentali” contribuire alla vittoria dell’Ucraina e alla de-escalation nella polveriera medio orientale. A Kiev le due sponde dell’Atlantico hanno già assicurato 90 miliardi di dollari, di cui 27 miliardi in assistenza militare. In Medio Oriente “l’instabilità può essere contenuta” facilitando il dialogo tra Israele e i suoi vicini: “Questo periodo di guerra deve essere anche un momento di diplomazia implacabile”, ha dichiarato von der Leyen. Sull’Ucraina la leader Ue è convinta che debba essere rispolverata la strategia della “deterrenza”, l’idea di “fornire l’equipaggiamento militare necessario per scoraggiare futuri attacchi russi”. Per farlo, è necessario aumentare la spesa per la difesa e alimentare l’industria bellica. In sinergia con gli Stati Uniti, “il nostro più antico e forte alleato”.La retorica è dura, con toni militaristi: Ue e Usa devono difendere oggi più che mai quell’ordine di pace conquistato insieme nella seconda guerra mondiale, quando “la democrazia vinse sul fascismo e sull’autocrazia”. Ecco perché Washington non deve tentennare sul rinnovo al sostegno militare e finanziario a Kiev, così come non lo farà Bruxelles. Perché è qui che viene fuori “il meglio del partenariato transatlantico, una partnership per la libertà, la pace e la prosperità”.
    Nel suo discorso all’Hudson Institute, la presidente della Commissione europea lancia l’appello all’alleato a stelle e strisce: “Gli Stati Uniti rinnovino il sostegno finanziario e militare a Kiev”. E accusa il Cremlino: “Russia e Hamas sono simili”

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    Zelensky fa visita alla Nato, l’Ucraina ha bisogno di missili a lungo raggio e sistemi di difesa per resistere all’inverno

    Bruxelles – La prima volta di Volodymir Zelensky al quartier generale dell’Alleanza atlantica a Bruxelles. Una visita a sorpresa, resa necessaria perché il presidente ucraino teme che l’inverno alle porte – e la rinnovata attenzione internazionale sul Medio Oriente – possano minare la resistenza di Kiev contro l’invasore russo. “Sono qui per preparare la resilienza dell’Ucraina” in vista della stagione fredda, ha dichiarato al suo arrivo.Ai ministri della difesa Nato e al segretario generale, Jens Stoltenberg, Zelensky ha chiesto “tre cose concrete”: sistemi di difesa aerea, missili a lungo raggio e artiglieria. Stoltenberg ha fugato ogni dubbio sul supporto dell’occidente all’Ucraina. Anche ora che si è riacceso il conflitto israelo-palestinese. “Le azioni parlano più forte delle parole, gli alleati stanno incrementando il supporto all’Ucraina”, ha dichiarato il segretario generale. Il motivo è tanto chiaro quanto semplice: “È nel nostro interesse nazionale”. Belgio e Danimarca hanno confermato la fornitura degli aerei militari F-16, ma dal 2024-25, il Canada ha annunciato 10 milioni di dollari in equipaggiamento militare invernale, la Germania addirittura un pacchetto da 1 miliardo per migliorare i sistemi di difesa (Patriots e Iris-T). Il Regno Unito ha promesso lo stanziamento di ulteriori 100 milioni di euro, Washington più di 200 milioni di dollari in difesa aerea, missili e munizioni.“La Russia sta aumentando gli attacchi alle infrastrutture ed è pronta a usare un’altra volta l’inverno come un’arma da guerra”, ha avvisato Stoltenberg. Ecco perché soprattutto sistemi di difesa aerea efficaci sono necessari per difendere le infrastrutture energetiche e portuali dagli attacchi russi. Ma l’Occidente – garantisce Stoltenberg – “avrà le capacità di affrontare la situazione anche in Medio oriente“.L’appello a “non lasciare sola la popolazione di Israele” è arrivato in primis proprio da Zelensky, perché Kiev sa meglio di qualsiasi altro “cosa vuol dire subire un attacco terroristico”. Sulla risposta militare che il governo Netanyahu sta conducendo, Stoltenberg ha dichiarato che “Israele ha il diritto di difendersi, hanno sofferto un attacco terroristico tremendo”. Ma il capo della Nato si accoda alle raccomandazioni già espresse dal segretario generale dell’Onu, António Guterres, e dal capo della diplomazia europea, Josep Borrell: “Mi aspetto che la risposta sia proporzionata” e che Israele “faccia il possibile per prevenire la morte di civili innocenti“. Domani (12 ottobre) il ministro della Difesa israeliano, Yoav Galan, informerà i ministri Nato sulla situazione nel Paese.Meno sul velluto Lloyd Austin, il segretario alla difesa a stelle e strisce: “Ciò che farà o non farà” Israele è una scelta che spetta alle autorità di Tel Aviv, ma intanto gli Stati Uniti hanno già inviato aiuti militari, inclusi i sistemi Iron Dome, per “assicurarci che Israele abbia ciò che è necessario per difendere i suoi cittadini“. Austin ha lanciato un monito a tutta la regione araba: “Per chiunque pensi di cercare di approfittare dell’agonia in Israele, per cercare di allargare questo conflitto o cercare di spargere più sangue, abbiamo una sola parola: non fatelo”.
    Il presidente ucraino, a sorpresa al vertice dei ministri della Difesa dell’Alleanza atlantica, ha invitato i leader occidentali a “non lasciare sola la popolazione di Israele”. Stoltenberg: “La Russia userà ancora l’inverno come arma da guerra, stiamo incrementando il supporto” all’Ucraina.

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    Ucraina, i dubbi della Corte dei conti Ue sull’assistenza da 50 miliardi per la ricostruzione

    Bruxelles – C’era e c’è la necessità di sostenere l‘Ucraina, perché il Paese “ha continuato a subire enormi danni a causa della guerra di aggressione della Russia”, ma in questa corsa alla solidarietà e al sostegno probabilmente si è agito troppo in fretta col rischio di aver promesso qualcosa che difficilmente si potrà mantenere. Questo il giudizio della Corte dei conti europea nella valutazione dell’istituzione del Fondo per l’Ucraina da 50 miliardi di euro. I conti, in sostanza, non tornano.I revisori Ue di Lussemburgo ricordano che la valutazione rapida dei danni e dei bisogni dell’Ucraina condotta dalla Banca mondiale stima che il fabbisogno totale di ricostruzione sarà equivalente a 384 miliardi di euro nei prossimi 10 anni (2023-2033), di cui 142 miliardi di euro per il periodo 2023-2027. Inoltre, il 30 marzo 2023 il Fondo monetario internazionale “ha stimato che il deficit di finanziamento dello Stato fino al 2027 avrebbe raggiunto i 75,1 miliardi di euro e ha concordato con l’Ucraina un programma quadriennale di 14,4 miliardi di euro per sostenere la stabilità e la ripresa economica”. Ciò si traduce in un gap finanziario residuo di circa 60,7 miliardi di euro. E’ qui che si pongono i problemi. Non è chiaro se e come questo ‘buco’ di bilancio potrò essere colmato. Secondo la Commissione, il “fabbisogno di ripresa rapida” dell’Ucraina, pari a circa 50 miliardi di euro, porta il deficit di finanziamento totale a 110 miliardi di euro entro il 2027. Per la Corte dei conti dell’Ue, “a causa della situazione in rapida evoluzione in Ucraina, queste stime rappresentano una valutazione delle esigenze in un momento specifico , e sono soggetti a rivalutazione“.Con i 50 miliardi di euro previsti per lo strumento per l’Ucraina, l’Ue da sola coprirebbe il 45 per cento di questo deficit di finanziamento da 110 miliardi di euro entro il 2027. Ma mancano studi e documentazioni che l’esecutivo comunitario non ha prodotto. Ha assunto impegni e basta. Come spiega il rapporto della Corte dei conti dell’Ue, “in assenza di una valutazione d’impatto e di un documento analitico che presenti le prove alla base della proposta e le stime dei costi, non è stato possibile valutare se il contributo previsto di 50 miliardi di euro da parte dello strumento per l’Ucraina sia adeguato rispetto al Un deficit di finanziamento di 110 miliardi di euro, ovvero rispetto al fabbisogno complessivo di ricostruzione di 142 miliardi di euro per il periodo 2023-2027″. Ma non finisce qui. Perché fin qui il grosso degli aiuti sono militari. Nella proposta per un Fondo per l’Ucraina “non risulta inoltre chiaro se e in che modo altri strumenti dell’UE (aiuti umanitari, assistenza agli sfollati ucraini e assistenza militare) e/o altri donatori consentirebbero di coprire le restanti esigenze”. Inoltre, in questo suo esercizio, la Commissione ha affermato che il contributo dello strumento per l’Ucraina tiene conto della capacità di assorbimento del paese. Tuttavia, “la Commissione non ha fornito un calcolo della capacità di assorbimento del paese, né un’analisi di come tale capacità è stata valutata“.Nei confronti dell’Ucraina, dunque, si stanno riconoscendo troppe concessioni. La situazione in atto sembra aver lasciato campo aperto a canali troppo preferenziali. Da qui l’invito a considerare l’ipotesi di “limitare i finanziamenti eccezionali per un periodo determinato (ove concesso), al fine di rivalutare se la situazione in Ucraina lo giustifichi ancora”. C’è il sospetto che l’Ue si stia esponendo troppo. Tanto è vero che nel sostegno all’Ucraina, per ciò che riguarda i prestiti che Kiev dovrà rimborsare, si chiede anche di “integrare la garanzia del ‘margine di manovra’ con garanzie aggiuntive, quali accantonamenti, per coprire un default improvviso e inaspettato da parte dell’Ucraina”. In questo si esorta la Commissione a “rendere pubblica un’analisi del ‘margine di manovra’ nella prossima relazione annuale sulle passività potenziali
    L’Europa da sola potrebbe soddisfare solo il 45 per cento dei bisogni di Kiev, e la Commissione non ha prodotto valutazioni e documentazioni utili. L’invito alle correzioni del caso

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    Da Strasburgo il presidente ceco incalza i governi sull’allargamento: “Il successo dei Paesi candidati sarà anche nostro”

    Bruxelles – “L’anno prossimo segnerà il ventesimo anniversario dell’adesione all’Ue di dieci Stati membri, tra cui la Repubblica ceca. In un certo senso, abbiamo recentemente raggiunto la maggiore età come membri della famiglia europea. Non siamo né nuovi né inesperti”, ha ricordato il presidente della Repubblica Ceca Petr Pavel, durante la seduta plenaria del Parlamento europeo di oggi (4ottobre) a Strasburgo.
    Potrebbe essere di questi giorni, secondo Politico, la decisione della Commissione di iniziare i colloqui di adesione dell’Ucraina all’Unione europea a fine anno, a conferma del fatto che il tema dell’allargamento è molto discusso in questo periodo. Proprio il progetto dell’Unione europea di allargarsi ad altri Paesi europei è stato uno dei temi chiave del discorso di Pavel all’Eurocamera: “L’allargamento dovrebbe essere visto come un’opportunità per ricalibrare l’idea europea. Dovrebbe essere vista come un’opportunità per realizzare un’Unione più unificata ed efficiente. Un’Unione che resta ambiziosa e competitiva. Un’Unione più flessibile e proattiva. Un’Unione in grado di reagire rapidamente quando necessario. Un’Unione di cui siamo tutti orgogliosi”.
    Ed è proprio l’Ucraina a fornire al presidente ceco l’esempio per dimostrare l’importanza dell’allargamento, ricordando come aprire le porte dell’Ue alle zone a est può significare anche più sicurezza per i cittadini comunitari, come sta dimostrando l’invasione russa: “Ora è più evidente che mai che la garanzia della pace non può limitarsi solo ai nostri confini. Sono infatti convinto che tutti i paesi dei Balcani occidentali e del Trio associato debbano perseguire una piena prospettiva europea. Non è solo un nostro dovere morale. Nel lungo termine, si tratta di un investimento nella sicurezza e nella resilienza dell’Europa e dei suoi cittadini. Abbiamo già perso troppo tempo. È nel nostro interesse che i paesi candidati abbiano successo. Il loro successo sarà il nostro stesso successo“, ha aggiunto. L’allargamento è il processo che consente agli Stati di aderire all’Unione europea, dopo che questi hanno soddisfatto una serie di condizioni politiche ed economiche. Qualsiasi Stato europeo che rispetti i valori democratici dell’Unione e si impegni a promuoverli può presentare domanda di adesione all’Ue. Nel 2004 si è compiuta la più grande fase di allargamento della storia dell’Unione europea, che ha visto l’adesione di dieci Paesi: Polonia, Ungheria, Slovenia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Lettonia, Estonia, Lituania, Cipro e Malta.

    A vent’anni dall’ingresso della Repubbblica Ceca nell’Unione europea, Petr Pavel ha ricordato di fronte all’Eurocamera che allargare i confini ad altri Stati è “un’opportunità”

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    Ucraina, saldo il sostegno dell’Occidente, ma le armi scarseggiano: “Il fondo del barile è ora visibile”

    Bruxelles – Urge un più stretto coordinamento sugli aiuti all’Ucraina e forti pressioni sulla Russia tramite le sanzioni. È quanto hanno concordato oggi (3 ottobre) la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il Presidente del Consiglio europeo Charles Michel in un colloquio telefonico, organizzato da parte statunitense, con i Capi di Stato e di Governo di Stati Uniti, Italia, Francia, Germania, Regno Unito, Canada, Giappone, Polonia e Romania e il Segretario Generale della Nato Jens Stoltenberg. “I leader hanno confermato l’urgenza di uno stretto coordinamento in merito all’assistenza all’Ucraina in tutte le sue dimensioni in questa ulteriore fase del conflitto e hanno al tempo stesso reiterato la necessità di continuare a mantenere forte pressione sulla Russia tramite un impianto sanzionatorio che si sta rivelando molto efficace”, si legge in una nota di Palazzo Chigi. Sia il presidente degli Stati Uniti Joe Biden sia la presidente del consiglio italiano Giorgia Meloni, durante il colloquio, hanno ribadito il loro sostegno all’Ucraina “finché sarà necessario e con l’obiettivo di raggiungere una pace giusta, duratura e complessiva”.
    L’annuncio è arrivato insieme alla notizia, riportata dal The Guardian, secondo la quale Nato e Regno Unito hanno avverito che le potenze militari occidentali stanno esaurendo le munizioni da dare all’Ucraina per fronteggiare l’invasione russa. I governi e i produttori di armi per la difesa ora devono “aumentare la produzione a un ritmo molto più rapido”, ha annunciato Rob Bauer, il più alto funzionario militare della Nato. “Il fondo del barile è ora visibile“, ha aggiunto, in relazione al fatto che l’Ucraina spara migliaia di proiettili al giorno. Molti dei quali provengono dalla stessa Nato.

    I leader dei Paesi occidentali confermano le sanzioni alla Russia e il sostegno militare al Paese invaso “con l’obiettivo di raggiugere una pace giusta”

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    I ministri degli Esteri dei 27 nella capitale dell’Ucraina in guerra. Borrell: “L’impegno più forte è la futura adesione all’Ue”

    Bruxelles – Una data storica. La prima volta di un Consiglio Affari Esteri dell’Ue fuori dai confini comunitari, la prima volta in un Paese candidato, la prima volta in uno Stato in guerra. Da Kiev, i ministri dei 27 e l’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, riaffermano “l’unità” dei Paesi membri nel supporto all’Ucraina.
    Sul tavolo del vertice informale il sostegno militare promesso a Kiev per i prossimi 4 anni – 5 miliardi all’anno attraverso l’European Peace Facility -, l’impegno per una pace giusta secondo le dieci condizioni della formula del presidente Volodymyr Zelensky e il processo di adesione dell’Ucraina al blocco dei 27. Quest’ultimo punto, ha dichiarato in conferenza stampa Borrell, “è l’impegno più forte in termini di sicurezza che possiamo dare all’Ucraina”.
    Per poter entrare a far parte dell’Ue a tempo di record – il presidente ucraino ha evidenziato la necessità di iniziare i negoziati sull’adesione entro quest’anno – Kiev deve soddisfare i criteri di adesione e realizzare le sette priorità indicate da Bruxelles. Priorità che spaziano dalla riforma del sistema giudiziario e della legislazione dei media, dalla lotta alla corruzione al potere degli oligarchi e al rispetto dei diritti delle minoranze. “È troppo presto per dire se tutti e 7 i criteri sono stati soddisfatti, da parte nostra saremo pronti quando l’Ucraina sarà pronta”, ha commentato il commissario Ue per l’Allargamento, Olivér Várhelyi.
    Josep Borrell e Volodymyr Zelensky
    Sul sostegno allo resistenza militare ucraina, il punto sottolineato dal capo della diplomazia europea è che non si tratta di fare qualcosa di nuovo, ma di “fare di più e più velocemente” quello che l’Unione europea sta già facendo. Borrell ha già proposto una sezione dello European Peace Facility dedicata a Kiev, con cui l’Ue metterebbe sul piatto 5 miliardi all’anno per quattro anni, e ha indicato l’obiettivo di “addestrare 40 mila soldati nei prossimi mesi, incluso l’addestramento speciale per i piloti di aerei da combattimento”. Oltre alla fornitura di armi e munizioni e all’addestramento dell’esercito ucraino, Zelensky e Borrell hanno insistito sull’aumento della “capacità produttiva congiunta dell’industria della difesa“.
    Borrell si augura in più di finalizzare entro l’anno l’accordo tra i 27 sulla revisione del quadro finanziario pluriennale, che prevederebbe la mobilitazione di 50 miliardi di euro per l’Ucraina in sette anni. Ma un accordo all’unanimità non sarà facile, visto l’ostruzionismo a oltranza dell’Ungheria. E la fresca elezione del filo-russo Robert Fico in Slovacchia.
    Bilaterale tra Zelensky E Tajani: l’Italia ricostruirà la cattedrale di Odessa
    La priorità che appare ancora lontana all’orizzonte è quella della pace: per Zelensky “occorre coinvolgere il maggior numero possibile di leader e Stati” nell’attuazione della formula di pace in dieci punti, che il presidente ucraino ha presentato ormai un anno fa al G20 in Indonesia. “Abbiamo preso nota che la formula di Zelensky è l’unica discussa nei vertici internazionali – ha sottolineato Borrell – ed è quindi l’unica valida”. Anche il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ha ribadito il suo endorsement alla formula di Pace in 10 punti e in un bilaterale con il presidente ucraino ha assicurato che Roma “continuerà a lavorare per dialogare con partner e interlocutori globali, inclusa la Cina, per la sua attuazione”.
    Nell’incontro con Zelensky, il ministro ha promesso che l’Ucraina e la sua ricostruzione avranno la massima priorità durante la Presidenza italiana del G7, nel 2024. Tajani ha dichiarato che “è stato raggiunto un accordo per la ricostruzione della cattedrale di Odessa“, spiegando che “l’Italia darà i migliori architetti per la ricostruzione di questa cattedrale. A margine del bilaterale, Zelensky ha insignito Tajani dell’onorificenza dell’Ordine di Jaroslav il Saggio, un riconoscimento che viene conferito per i servizi resi allo Stato e al popolo ucraino.

    Al vertice informale di Kiev Zelensky ha indicato tre priorità per l’Ucraina: l’aumento di produzione bellica congiunta, l’impegno per l’attuazione della formula di pace in dieci punti e il via ai negoziati per l’adesione di Kiev all’Ue entro quest’anno. Tajani: “l’Ucraina al centro della presidenza italiana del G7”

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    Ucraina: sì del Consiglio Ue all’estensione della protezione temporanea fino al 2025

    Bruxelles – Il Consiglio Ue ha deciso di estendere la protezione temporanea per i rifugiati ucraini proposta dalla Commissione lo scorso 19 settembre. L’accordo politico c’è, quindi, e si attendono soltanto la revisione legale e la traduzione in tutte le lingue comunitarie per poter adottare formalmente la decisione. La protezione, attiva il 4 marzo 2022, è stata prorogata automaticamente ogni anno. La scadenza attuale doveva essere, quindi, il 4 marzo 2024, ma grazie alla decisione odierna (28 settembre) del Consiglio, adesso gli ucraini in fuga dalla guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina potranno goderne fino al 4 marzo 2025. “L’Ue sosterrà il popolo ucraino per tutto il tempo necessario. La proroga dello status di protezione offre certezza agli oltre 4 milioni di rifugiati che hanno trovato un rifugio sicuro nell’Ue”, ha dichiarato Fernando Grande-Marlaska Gómez, ministro degli Interni spagnolo ad interim. 
    Il sistema della protezione temporanea garantisce protezione immediata e collettiva (senza cioè la necessità di esaminare domande individuali) agli sfollati che non sono in grado di ritornare nel paese di origine. Questo allevia, quindi, la pressione sui sistemi di asilo nazionali e consente agli sfollati di godere di diritti armonizzati in tutta l’Ue. Residenza, accesso al mercato del lavoro e all’alloggio, assistenza medica, assistenza sociale e accesso all’istruzione per i bambini sono quindi diritti di cui potranno goderne, almeno per un altro anno, i rifugiati ucraini in tutti i ventisette Stati dell’Unione.  

    Oltre 4 milioni di rifugiati sono accolti nell’Unione grazie a questa misura dall’inizio dell’invasione russa