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    Von der Leyen mostra fermezza sull’Ucraina: “A Ginevra punto di partenza, ma mantenere alta la pressione”

    Dall’inviato a Strasburgo – L’Eurocamera riflette sull’impulso dato da Donald Trump per mettere fine al conflitto in Ucraina. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, traccia la linea rossa del blocco UE: “Nulla sull’Ucraina senza l’Ucraina. Nulla sull’Europa senza l’Europa. Nulla sulla NATO senza la NATO”. Un principio che sarebbe stato riconosciuto durante il confronto ristretto con Kiev e Washington a Ginevra. “Credo che ci sia l’opportunità di compiere progressi concreti“, conferma la leader UE.Von der Leyen ha aperto questa mattina (26 novembre) il dibattito all’emiclo di Strasburgo sulla posizione e sul ruolo dell’UE nel piano per la pace in Ucraina, aggiunto in extremis all’agenda della sessione plenaria del Parlamento europeo alla luce dell’iniziativa di mediazione della Casa Bianca. Ha esordito citando “la tempesta di droni e missili russi” che si è abbattuta pochi giorni fa su Ternopil – città ucraina “più vicina al confine polacco che a Kiev -, che ha ucciso 34 cittadini ucraini e ne ha feriti un centinaio. “Un atto di brutalità insensato”, ha attaccato von der Leyen. Al di là degli sforzi diplomatici, “è questa la realtà quotidiana”, ha insistito.Di fronte alla ‘morbidezza’ di Trump – che ha messo sul piatto un documento di 28 punti che sembrava redatto direttamente con Mosca -, von der Leyen chiede di tenere la guardia alta. “Dobbiamo mantenere alta la pressione”, perché “la strategia della Russia non è cambiata: ogni volta che si registrano progressi significativi nei negoziati, la violenza si intensifica“. Tuttavia, la presidente dell’esecutivo UE paga comunque il suo dazio al presidente americano, che ha avuto il merito di “avviare il lavoro su un testo”. Un passo che Bruxelles non è riuscita a compiere in tre anni e mezzo di guerra.“Credo che grazie al lavoro svolto negli ultimi giorni a Ginevra ora abbiamo un punto di partenza“, ha affermato von der Leyen agli eurodeputati. Ma senza fare sconti a Putin e alla Russia, la cui mentalità imperialista “non è cambiata dai tempi di Yalta”. Von der Leyen ha indicato le quattro priorità europee che dovranno riflettersi nel piano di pace. A cascata, la prima è che “qualsiasi accordo garantisca una pace giusta e duratura e assicuri una sicurezza reale per l’Ucraina e l’Europa”. E dunque, non ci può essere “alcuna limitazione alle forze armate ucraine” (il piano di Trump indicava un limite di 600 mila effettivi). Non solo, l’Ucraina “ha bisogno di garanzie di sicurezza solide, a lungo termine e credibili, come parte di un pacchetto più ampio per dissuadere qualsiasi futuro attacco da parte della Russia”.Le garanzie passano per l’integrità territoriale e dal coinvolgimento di UE e NATO nella protezione della sovranità del partner aggredito da Mosca. “Se oggi legittimiamo e formalizziamo l’indebolimento dei confini, apriamo le porte a ulteriori guerre domani”, ha insistito von der Leyen. Nessun passo indietro nemmeno sul futuro di Kiev: “Sovranità significa anche poter scegliere il proprio futuro e l’Ucraina ha scelto un destino europeo“. Una scelta che sarà “parte fondamentale ed essenziale di qualsiasi quadro di garanzia della sicurezza”.C’è poi il nodo delle coperture finanziarie da garantire ad uno Stato logorato da tre anni di conflitto. Servono circa 140 miliardi di euro per i prossimi due anni. Nonostante gli ultimi sviluppi sul piano diplomatico, la Commissione “è pronta a presentare il testo giuridico” per utilizzare gli asset russi congelati sul territorio europeo. “Per essere molto chiari, non vedo alcun scenario in cui i contribuenti europei pagheranno da soli il conto”, ha messo in chiaro von der Leyen tra gli applausi scroscianti dell’Aula.L’ultima priorità da includere in un eventuale accordo con Mosca, su cui l’UE sta lavorando da tempo e su cui la presidente si spende dall’inizio del conflitto in prima persona, riguarda le “decine di migliaia di ragazzi e ragazze” ucraini rapiti dalla Russia. “Ci sono migliaia di mamme e papà che non hanno mai smesso di sperare e di lottare per riportare a casa i loro figli. E l’Europa non smetterà mai di aiutare a realizzare questo obiettivo”, ha promesso la leader UE.

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    Von der Leyen mette sul tavolo tre opzioni per garantire all’Ucraina 130 miliardi nel prossimo biennio

    Bruxelles – Un mese fa, i capi di stato e di governo dell’UE avevano tentennato di fronte alle mostruose necessità economiche dell’Ucraina nel prossimo biennio, e chiesto alla Commissione europea di studiare un ventaglio di opzioni per sostenerla. Oggi (17 novembre), in una lettera spedita alle capitali, Ursula von der Leyen ha messo sul tavolo tre opzioni. Prima, ha incontrato il premier belga, Bart De Wever, per provare a convincerlo che l’unica strada percorribile è quella di utilizzare gli asset congelati (in gran parte in Belgio) della Banca Centrale Russa. L’unica opzione che non graverebbe su bilanci nazionali già compromessi dopo tre anni di conflitto.Secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale – e ipotizzando la fine della guerra entro la fine del 2026 -, attualmente Kiev ha da coprire un buco di circa 135,7 miliardi di euro per i prossimi due anni. Un gap da colmare immediatamente, perché l’Ucraina deve essere equipaggiata per “combattere questa sera”, ha sottolineato von der Leyen. Oltre ad essere tempestivo – la decisione va presa al più tardi entro la fine dell’anno -, il sostegno finanziario dovrebbe essere “altamente agevolato”, data “l’attuale situazione di sostenibilità del debito dell’Ucraina”, flessibile, e ripartito equamente tra gli Stati membri e con i partner internazionali.La prima opzione – la più diretta – prevederebbe che gli Stati membri versino sovvenzioni bilaterali all’Unione, che a sua volta procederebbe a un sostegno a fondo perduto all’Ucraina. Un’opzione – evidenzia la Commissione – che “non comporta nuove passività congiunte, non richiede garanzie o indennizzi supplementari”, ma che “ha un impatto immediato sui bilanci degli Stati membri”. Bisognerebbe fissare un obiettivo minimo di sostegno annuale di 45 miliardi di euro, con l’auspicio che i partner del G7 contribuiscano a finanziare il fabbisogno residuo. L’impatto rispettivo per i Paesi UE sarebbe compreso tra lo 0,16 e lo 0,27 per cento del PIL all’anno.Di spalle, Ursula von der Leyen, insieme ai capi di stato e di governo dell’UE al Consiglio europeo [foto: European Council]La strada alternativa è quella tortuosa di ricorrere al debito comune. Questa seconda opzione consisterebbe nella “concessione da parte dell’Unione di un prestito con ricorso limitato finanziato dall’Unione mediante prestiti sui mercati finanziari“, spiega il documento inviato alle cancellerie europee. Un prestito che l’Ucraina rimborserebbe solo nel caso di un risarcimento da parte della Russia, e che si reggerebbe su “garanzie giuridicamente vincolanti, incondizionate, irrevocabili e su richiesta”, fornite e distribuite tra gli Stati membri in base al loro Reddito Nazionale Lordo (RNL). Le capitali dovrebbero ripagarne gli interessi e – “nello spirito di ripartizione degli oneri” – aumentare proporzionalmente i propri contributi se qualcuno tra i 27 decidesse di tirarsi indietro.Anche in questo caso, gli interessi a carico degli Stati membri “inciderebbero direttamente sul loro disavanzo e sul loro debito“. Per non parlare delle stesse garanzie, anch’esse “suscettibili” di gravare sui bilanci nazionali. Una via d’uscita potrebbe essere che il prestito fosse garantito dal margine di manovra del bilancio dell’UE: in quel caso “non si prevederebbe alcun impatto di questo tipo”, rileva la Commissione. Per mettere a bilancio UE 90 miliardi di euro per i prossimi due anni – e la copertura degli interessi – bisognerebbe modificare il regolamento del Quadro Finanziario Pluriennale, che attualmente “non consente di contrarre prestiti per un Paese terzo”.Le barricate che diversi Paesi membri ergerebbero di fronte a queste due opzioni fanno propendere Bruxelles verso la terza e ultima carta, l’asso nella manica, per quanto rischiosa essa sia. Si tratta di un prestito finanziato con gli asset statali russi congelati sul territorio europeo, che ammontano a oltre 200 miliardi di euro. L’opzione è da mesi al vaglio degli esperti legali dell’esecutivo UE: l’Unione europea stipulerebbe un contratto di debito obbligatorio con i depositari centrali di titoli che detengono attività russe immobilizzate in “diversi Stati membri” a tasso zero, per poi prestare il contante all’Ucraina in diverse tranches. Kiev rimborserebbe il prestito solo una volta che la guerra sarà finita e che la Russia avrà pagato le riparazioni. Solo a quel punto, Bruxelles rimborserebbe a sua volta gli istituti finanziari.Bart De Wever e Ursula von der Leyen a palazzo Berlaymont, sede della Commissione europea, il 14 novembre 2025. (Photo by Nicolas TUCAT / AFP)Il terreno è scivoloso, l’UE rischierebbe “ripercussioni” se il prestito venisse “erroneamente percepito da altri come una confisca”. Dal punto di vista legale, ma anche economico: “Non si può escludere che vi siano potenziali effetti a catena, anche per i mercati finanziari“, ha ammesso ancora von der Leyen, ribadendo al contempo che “la struttura di questa opzione garantisce il pieno rispetto del diritto internazionale in tutti gli scenari”.Ma soprattutto, a livello interno, c’è da superare la strenua opposizione del Belgio, il Paese in cui risiede Euroclear, la società che detiene circa 185 miliardi di Mosca e che sta già utilizzando gli interessi generati da tali asset per sostenere un prestito separato di 45 miliardi di euro per l’Ucraina. Sarebbero gli Stati membri a garantire che l’Unione europea sia in grado di rimborsare Euroclear anche senza ricevere alcun pagamento compensativo da Kiev. “L’esatta portata della copertura del rischio dovrebbe essere definita al fine di garantire la necessaria protezione degli Stati membri esposti, nonché una certezza sufficiente per gli altri Stati membri che forniscono garanzie volontarie”, sottolinea il documento.Inoltre, “in considerazione della necessaria solidarietà tra gli Stati membri, le garanzie potrebbero anche dover coprire i costi e le conseguenze finanziarie derivanti da lodi arbitrali o altre decisioni o procedimenti giudiziari contro uno Stato membro derivanti dal congelamento dei beni sovrani russi”. E il prestito all’Ucraina “dovrebbe essere concepito in modo da preservare la stabilità finanziaria degli istituti finanziari che detengono le attività immobilizzate”.Von der Leyen, e con lei la quasi totalità degli Stati membri – fatta eccezione per chi si oppone in generale a nuovi finanziamenti all’Ucraina -, sperano di scalfire le resistenze belghe, perché quella di ricorrere alle risorse della Banca Centrale Russa è per molte cancellerie l’unica opzione percorribile. Anche perché, a differenza dell’indebitamento sui mercati, le garanzie dei Paesi membri sarebbero in questo caso considerate “come passività potenziali”, senza dunque incidere sui debiti nazionali.

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    Gli asset russi congelati restano l’opzione UE preferita per sostenere Kiev, che preoccupa per la corruzione

    Bruxelles – Prestiti all’Ucraina, nel momento in cui l’Ucraina e la sua leadership vengono travolti da accuse di corruzione. L’Unione europea si scontra con una realtà sempre più complessa, e una situazione dalla quale tirarsi indietro non è possibile. Ecco allora che i prestiti di riparazione concepiti per Kiev, attraverso gli asset russi congelati in Europa, finiscono con il produrre timori per ora velati ma pur esistenti attorno al tavolo dei Ventisette.In Ucraina sarebbe stata messa in piedi una vera e propria organizzazione a delinquere per l’appropriazione indebita nel settore dell’energia. Secondo gli organi anti-corruzione la rete criminale si sarebbe già intascata circa 100 milioni di dollari (circa 86 milioni di dollari), e in queste attività spiccano i nomi di Enerhoatom, l’operatore nucleare nazionale Enerhoatom, e soprattutto i ministri della Giustizia e dell’Energia, Herman Halushchenko e Svitlana Grynchuk, rimossi dall’incarico dal presidente ucraino, Volodomyr Zelensky.Da parte europea arriva la condanna dell’Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE, Kaja, Kallas, che definisce “estremamente deplorevole” la vicenda. “Non ci può essere spazio per la corruzione”, afferma, men che meno adesso, nel bel mezzo di una guerra e di un processo di adesione considerato come in discesa e che impone a Kiev riforme chiare e precisa in materia.Zelensky alla caccia degli asset russi congelati. “Porteranno benefici agli europei e agli ucraini”Zelensky è intervenuto chiedendo e ottenendo la testa dei due ministri coinvolti, e questo è certamente un bene per lui e il suo Paese. Ma le perplessità non mancano. Del resto, ragiona a voce alta Kristunas Vaitiekunas, ministro delle Finanze della Lituania, “quali sono le opzioni? L’Ucraina è l’unica opzione“. La riunione del consiglio Ecofin viene inevitabilmente investita dallo scandalo corruzione in Ucraina, ma a detta della Lituania finché la guerra tra Kiev e Mosca prosegue deve proseguire anche il sostegno europeo.Eelko Heinen, ministro delle Finanze olandese, prova a far finta di niente e minimizzare: “La lotta alla corruzione è una sfida contro cui l’Ucraina deve comunque continuare a impegnarsi”, taglia corto prima di prendere parte ai lavori in programma a Bruxelles.Si può fornire denaro a chi ha persone accusate di corruzione che poi sono chiamate a gestire il denaro ricevuto? Questo il dilemma che aleggia sull’Unione europea, i cui Stati membri però sembrano doversi arrendere alle necessità di un conflitto in corso. Nessuno mette in discussione il sostegno all’Ucraina. Così i nordici e i baltici spingono per l’idea di schema di prestiti di riparazione attraverso gli asset russi congelati. Per la ministra della Finanze finlandese, Riika Purra, è il solo modo per evitare di gravare sui bilanci nazionali. La Lituania condivide questa linea e anche la presidenza danese del Consiglio dell’UE ritiene che i prestiti di riparazione tramite asset russi siano “l’opzione migliore”. Certo, ammette la ministra delle Finanze di Copenhagen, Stephanie Lose, “ci sono questioni da sciogliere”, ma ciò non toglie che “sono ottimista circa la capacità di trovare una  soluzione”, magari già al prossimo vertice dei leader di dicembre (18-19 dicembre).La riunione del consiglio Ecofin del 13 novembre 2025 [foto: European Council]I ministri economici dei Ventisette attendono che la Commissione europea metta sul tavolo la proposta per uno schema di riparazione, e mentre in sede di Ecofin i ministri ragionano tra loro su cosa fare, la presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, anticipa ciò che sarà. Intervenendo in Parlamento europeo riunito a Bruxelles in sessione plenaria anticipa che allo studio ci sono tre opzioni. “La prima opzione è quella di utilizzare la flessibilità di bilancio per raccogliere fondi sui mercati dei capitali. La seconda opzione è quella di concludere un accordo intergovernativo in base al quale gli Stati membri stessi raccolgano il capitale necessario”. C’è poi la terza opzione, quella di “concedere un prestito di riparazione basato sui beni russi congelati”. Questo approccio si baserebbe sul saldo di cassa dei beni congelati. “Concederemmo un prestito all’Ucraina, che l’Ucraina rimborserebbe se la Russia pagasse le riparazioni di guerra”. Se. Per von der Leyen “questo è il modo più efficace per sostenere la difesa e l’economia dell’Ucraina, e il modo più chiaro per far capire alla Russia che il tempo non è dalla sua parte”, ma comunque rimesso alla  prova dei fatti. Se Mosca non paga, l’UE resta in mano di un credito deteriorato. Lo scandalo corruzione e appropriazione indebito in Ucraina esplode nel momento forse meno indicato.

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    L’UE vuole integrare l’Ucraina nel sistema di comunicazione satellitare europeo

    Bruxelles – L’Ucraina parte del sistema di comunicazione satellitare UE. Alla fine la Commissione europea viene in soccorso di Kiev, con la proposta di avviare negoziati con il Paese candidato all’adesione all’Unione europea per permetterne la partecipazione a GOVSATCOM, la rete di comunicazione satellitare sicura europea costituita dalle risorse satellitari esistenti degli Stati membri e degli operatori privati UE, parte del più ampio programma spaziale dell’Unione europea. La decisione presa dalla Commissione europea si inserisce in un contesto aggravato dall’inaffidabilità statunitense. A luglio di questa estate Elon Musk aveva annunciato la disconnessione dell’Ucraina da Starlink, la rete di comunicazione satellitare di proprietà di SpaceX, di proprietà del multimiliardario statunitense. Una decisione che aveva di fatto impedito alle forze armate ucraine di poter tracciare i droni russi, e di fronte alla quale l’UE si era resa disponibile a sostituirsi a Starlink attraverso il programma di osservazione satellitare Copernicus e proprio la rete GOVSATCOM.Oggi la Commissione europea traduce in pratica impegni comunque già assunti in primavera, quando UE e Ucraina hanno firmato un accordo per permettere l’ingresso di Kiev all’interno di Copernicus, programma di base civile ma che si intende convertire in militare. In sostanza quel processo di integrazione economica, industriale, strategica e di difesa dell’Ucraina nell’UE prima di quella politica prosegue. “Questo è un passo decisivo verso un’Europa più forte e unita“, sottolinea il commissario per la Difesa, Andrius Kubilius, convinto che “la partecipazione dell’Ucraina rafforzerà le capacità spaziali sicure dell’Europa in un momento critico”. Al netto dell’entusiasmo però servirà pazienza. E tempo. Il negoziato è tutto da fare. Ai sensi del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, la Commissione, dopo averne proposto l’avvio, dovrà ottenere il via libera del Consiglio, con gli Stati membri chiamati poi ad approvare il testo legislativo sviluppato con i negoziati.

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    Von der Leyen cerca supporto sugli asset russi al Consiglio nordico, dove Mosca è una “minaccia reale”

    Bruxelles – Un confine lungo 1.340 chilometri tra Finlandia e Russia, e un mare – quello di Barents – teatro di imponenti esercitazioni militari da parte di Mosca, fanno dei Paesi scandinavi la prima linea europea quando si tratta di preparazione alle minacce esterne. È lì, al Consiglio Nordico, che la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen cerca conferme alle ultime proposte per accelerare il riarmo del continente e rafforzare il sostegno all’Ucraina. A partire dal piano per utilizzare i 180 miliardi degli asset congelati russi per coprire gli urgenti bisogni finanziari di Kiev. Un piano che procede a rilento, e che rischia di complicare non poco le cose.Von der Leyen ha partecipato alla giornata inaugurale del 77esimo Consiglio Nordico, forum di cooperazione interparlamentare che riunisce Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Svezia e tre territori autonomi di Groenlandia, Isole Fær Øer e Isole Åland. Al Parlamento di Stoccolma, ha incontrato i primi ministri dei Paesi della regione. Una regione che ha definito “la stella polare dell’Europa”, in termini di “prontezza e preparazione attraverso tutta la società”, e nella capacità di “monitoraggio dell’Artico a nord e di deterrenza di un vicino ostile a est”.Nella conferenza stampa congiunta insieme ai leader del Consiglio Nordico, il focus non poteva che essere sulla minaccia russa. “La guerra in Ucraina ha reso la nostra regione un punto caldo”, ha sottolineato il premier finlandese Petteri Orpo. Helsinki, oggetto delle mire imperialiste di Mosca per secoli, fa nomi e cognomi: “La Russia è la minaccia numero uno. Quando la guerra in Ucraina finirà, la Russia sposterà le sue forze militari al di là del nostro confine. È una minaccia reale per noi“, ha indicato chiaramente Orpo.La conferenza stampa congiunta dei leader del Consiglio nordico con la presidente della Commissione europea, Ursula von der LeyenI test nucleari che hanno coinvolto le forze aeree, navali e di terra russe pochi giorni fa, fanno parte di “una lunga tradizione che la Norvegia segue molto da vicino”, ha affermato il premier norvegese, Jonas Gahr Støre. I norvegesi, ha insistito, vivono a “100 chilometri dal più grande arsenale nucleare del mondo”. Il Consiglio Nordico “non ha paura, ma siamo preparati”, ha concluso Gahr Støre.Il vero dibattito, è sullo stallo sulla proposta di utilizzare gli asset della Banca Centrale Russa per finanziare un prestito di riparazione all’Ucraina, che copra i bisogni macro-finanziari del Paese in conflitto per i prossimi due anni. Nonostante il flop del Consiglio europeo, von der Leyen cerca di vedere il bicchiere mezzo pieno: i leader “si sono impegnati a coprire il fabbisogno finanziario dell’Ucraina per il 2026-27“, ha sottolineato. Ma nelle conclusioni del vertice figura solo la generica richiesta di esplorare opzioni, e nessun riferimento al lavoro sugli asset russi. Inviso soprattutto al Belgio, che ne detiene la stragrande maggioranza.Dal Consiglio Artico invece, l’endorsement al lavoro sul ‘prestito di riparazione’ è totale. È “l’unica soluzione ragionevole”, ha affermato Orpo. “Non ci sono alternative”, gli ha fatto eco Mette Frederiksen, premier della Danimarca. La Commissione europea potrà contare su Svezia, Finlandia e Danimarca quando, al prossimo vertice di dicembre, i capi di stato e di governo dell’Ue dovranno per forza esprimersi con chiarezza sulla proposta legislativa su cui sta lavorando l’esecutivo, che a quel punto rischia di essere già in ritardo.Anche perché nessuno dei nordici vuole sentire parlare dell’altra opzione verosimile. Quella di uno strumento di debito comune. E nemmeno la ricca Norvegia, che dell’UE non fa parte, sembra voler dare seguito all’ultima idea che circola a Bruxelles, cioè che proprio Oslo posa fare da garante al prestito all’Ucraina per rassicurare i più scettici.

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    Non solo asset russi immobilizzati, i leader chiedono “opzioni di sostegno” all’Ucraina

    Bruxelles – Alla fine sugli asset russi la montagna non ha prodotto neppure il più classico dei topolini. Sugli aiuti finanziari che l’Unione europea dovrebbe dare all’Ucraina il vertice dei capi di Stato e di governo dell’UE conferisce un mandato alla Commissione europea che è ridotto nella portata, nella definizione e nelle ambizioni iniziali. Si invita l’esecutivo comunitario a “presentare, il prima possibile, opzioni di sostegno finanziario basate su una valutazione delle esigenze” di Kiev. Così recitano le conclusioni di fine lavori relative all’Ucraina, dove non c’è alcun riferimento ai “flussi di cassa generati dagli asset finanziari congelati”, i proventi generati dai beni immobilizzati su suolo europeo.C’è un più generico riferimento a questo aspetto, il vero nodo di una questione giuridicamente e tecnicamente complicata, e questi riferimento si esaurisce nel principio per cui “fatto salvo il diritto dell’UE, i beni della Russia dovrebbero rimanere immobilizzati finché la Russia non cesserà la sua guerra di aggressione contro l’Ucraina e non la risarcirà per i danni causati dalla sua guerra”. L’idea di fondo di far pagare a Mosca di danni di riparazione non scompare, ma scompare per ora il ricorso ai profitti generati dai patrimoni fermi perché fermati.Alla fine, dunque, c’è un impegno politico che è frutto della necessità di ribadire un impegno a sostegno dell’Ucraina di Volodymyr Zelensky e mandare un messaggio alla Russia di Vladimir Putin. Un impegno che però è un rebus, perché queste opzioni che si chiedono al team von der Leyen non ci sono e andranno trovate, oltretutto in fretta, visto che i leader si attendono di poterne discutere già al prossimo vertice del Consiglio europeo di dicembre (18 e 19).Costa accoglie Zelensky al Consiglio Europeo. “Il futuro membro dell’Unione” soddisfatto delle nuove sanzioniIl presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, prova a spacciare il risultato come quel grande successo che alla fine non é: “L’Ucraina disporrà delle risorse finanziarie necessarie per difendersi dall’aggressione russa nel prossimo futuro”, scandisce al termine dei lavori. Probabilmente alla fine l’Europa troverò davvero una quadra e una soluzione, ma al momento così non è. Serve tempo per lavorare, e questo era emerso già prima del vertice dei leader. Al partner Zelensky che chiedeva di registrare progressi sul file, gli europei non potevano non dare qualcosa. Ma il Belgio frena. Del resto il grosso del patrimonio russo a cui eventualmente attingere è presso Euroclear, che custodisce 180 miliardi di euro, un cifra che induce il premier Bart De Wever a chiedere garanzie giuridiche inopponibili, con garanzia di mutualizzazione integrale dei rischi, l’impegno cioé che tutti gli altri Paesi UE forniscano sostegno e paracadute finanziario al Belgio. In assenza di questi aspetti si è scelto per la frenata. Le conclusioni alla fine fanno sì che l’UE ne esca con un timido accordo politico da finalizzare.Per Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea che ora dovrà mettersi al lavoro, quella sul prestito di riparazione da finanziare con i beni russi immobilizzati è stata “una discussione proficua” . Non si sbilancia, non offre anteprima, ma tiene a chiarire che in quello che arriverà sul tavolo “rispetteremo sempre il diritto europeo e internazionale”. Precisazioni non di circostanza, ma legate a un aspetto chiave nella strategia europea ancora tutta da mettere a punto. 

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    Costa accoglie Zelensky al Consiglio Europeo. “Il futuro membro dell’Unione” soddisfatto delle nuove sanzioni

    Bruxelles – L’amicizia tra Unione Europea e Ucraina si fonda anche sulle sanzioni alla Russia e sui soldi per Kyiv. Il presidente del Consiglio Europeo, Antonio Costa, nel punto stampa prima dell’incontro dei leader, ricorda che l’Unione Europea “supporterà l’Ucraina per tutto il tempo necessario e a qualsiasi costo”. Accanto a lui sorride il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, arrivato oggi, 23 ottobre, a Bruxelles per prendere parte al Consiglio Europeo.Al di là delle parole di Costa a sostegno di Kyiv, arrivano anche segnali concreti. Questa mattina i leader europei hanno approvato il diciannovesimo pacchetto di sanzioni contro Mosca. “Sia le sanzioni europee che quelle statunitensi sono fondamentali per la nostra causa”, conferma Zelensky di fronte ai giornalisti. Il pacchetto di misure punitive riduce ancora una volta la possibilità di forniture di gas e GNL russo sul suolo europeo e, come ricordato da Costa, prenderà di mira “la flotta ombra russa, così come il settore bancario ed energetico di Mosca”. Il punto del Consiglio Europeo ancora da chiarire è però come i 27 riusciranno ad utilizzare gli asset russi bloccati per finanziare la spesa pubblica di Kyiv.In queste ore i leader stanno cercando una modalità legale per utilizzare i 180 miliardi russi bloccati in Belgio. Gli asset di Mosca, congelati dal 2022 sono bloccati nell’istituto finanziario belga Euroclear. Muoverli da lì per destinarli allo sforzo bellico ucraino spaventa alcuni capi di Stato, impauriti dalle possibili ripercussioni legali.Costa ha ricordato come in questa giornata verrà presa “la decisione politica per assicurare i bisogni finanziari all’Ucraina nei prossimi due anni”. Decisione che però non sarà semplicissima da ottenere, visto che il Primo ministro belga Bart De Wever ha confermato che “fino a quando non ci saranno garanzie sulla neutralizzazione del rischio e un accordo per una possibile risposta comunitaria alle conseguenze legali, il Belgio non darà il consenso all’utilizzo di questi fondi”.Bart De Wever, Primo ministro (Copyright: European Union)“Il futuro membro dell’Unione”, come Costa ha definito Zelensky, incassa le promesse dell’Unione Europea sperando in novità in giornata. Alle domande sulla fornitura dei missili americani a lungo raggio Tomahawk, risponde: “È una decisione di Trump” e smorza anche il negativo colloquio avuto con il presidente americano la settimana scorsa. L’obiettivo per tutti rimane quello di un cessate il fuoco. Zelensky lo reputa anche oggi “possibile” e Costa lo definisce utile per evitare “l’aumento dei bombardamenti russi contro i civili ci fa essere ancora più convinti della necessità del sostengo a Kyiv”. A livello di cronaca, solo ieri un drone russo ha colpito un asilo, uccidendo un ragazzo di 12 anni e una neonata.

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    L’Ue adotta il 19esimo pacchetto di sanzioni contro la Russia. Kallas: “Allineati con gli Usa”

    Bruxelles – Poche ore prima dell’avvio del vertice Ue, in cui coi leader è presente Volodymyr Zelensky in persona, gli ambasciatori dei Ventisette hanno trovato la quadra per l’adozione del 19esimo pacchetto di sanzioni contro la Russia. L’approvazione formale è stata comunicata stamattina (23 ottobre) dalla presidenza danese del Consiglio e ha fatto seguito alla decisione della Slovacchia di rimuovere il proprio veto, come fanno sapere fonti diplomatiche italiane.Bratislava aveva bloccato le nuove misure restrittive sulla base di preoccupazioni legate principalmente al settore energetico, soprattutto dopo la recente approvazione delle norme sul phase-out dei combustibili fossili russi (adottate col voto contrario, appunto, di Slovacchia e Ungheria). Anche stavolta, come accaduto in passato, il primo ministro Robert Fico ha ottenuto dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen le garanzie che cercava riguardo all’approvvigionamento energetico e al sistema di scambio delle quote di emissioni per edifici e trasporti (Ets2).Cosa contiene il pacchettoL’Alta rappresentante per la politica estera, Kaja Kallas, ha scritto su X che il nuovo pacchetto “colpisce tra le altre cose le banche russe, gli scambi di criptovalute e le entità in India e Cina“, aggiungendo che “l’Ue sta limitando i movimenti dei diplomatici russi per contrastare i tentativi di destabilizzazione”. Il capo della diplomazia a dodici stelle aveva annunciato a inizio settimana di attendersi l’approvazione delle sanzioni – confezionate dall’esecutivo comunitario un mese fa – in concomitanza col summit dei capi di Stato e di governo.Il primo ministro slovacco, Robert Fico (sinistra), e il presidente del Consiglio europeo, António Costa (foto: Consiglio europeo)Il nuovo round di sanzioni punta a colpire, come già i precedenti, gli interessi energetici, finanziari e commerciali della Federazione. Sul primo versante, la novità principale è un divieto graduale di importazione del gas naturale liquefatto (gnl) di Mosca, su due scaglioni: i contratti a breve termine andranno rescissi entro sei mesi, mentre c’è tempo fino al primo gennaio 2027 per quelli a lungo termine. Viene poi inasprito il divieto di fare affari con due compagnie petrolifere russe, mentre si aggiungono altre 117 navi all’elenco della flotta ombra del Cremlino, per un totale di 558 imbarcazioni. Infine, vengono ampliati i criteri per individuare i porti dei Paesi terzi utilizzati per il trasferimento di Uav e missili da o per la Federazione, o per eludere le sanzioni sul greggio di Mosca.Dal punto di vista finanziario, viene introdotto un divieto totale di transazione con cinque banche russe e viene esteso quello già esistente relativamente ai sistemi di pagamento elettronico russi e a quattro banche di Bielorussia e Kazakistan. Limitazioni analoghe vengono introdotte per altre otto entità di Paesi terzi (cinque banche, due commercianti di petrolio e una piattaforma per lo scambio di criptovalute, alcune delle quali basate in Cina e in India), mentre viene introdotto il divieto totale di servizi di cripto-asset nella giurisdizione dell’Ue per cittadini ed entità russi. Introdotto anche un nuovo divieto per gli operatori europei di stipulare contratti economici con nove zone economiche speciali russe, così come il divieto di fornire riassicurazioni a aerei e navi russi nei primi cinque anni successivi alla vendita ad un Paese terzo.Sul piano del commercio, i Ventisette hanno approvato una serie di misure con l’obiettivo di migliorare il contrasto all’elusione delle sanzioni già in vigore. Vengono così individuati 45 nuovi soggetti che favoriscono l’elusione (di cui 17 al di fuori dei confini della Federazione), mentre vengono estesi i divieti di esportazione di prodotti industriali (tra cui sali, gomma, materiali da costruzione e bene tecnologici avanzati) e ad altre categorie di articoli sensibili (ad esempio i beni cosiddetti Chp, per la produzione di elettricità e calore, e quelli a duplice uso militare e civile). Viene inoltre esteso di un ulteriore anno il margine accordato alle imprese europee per disinvestire dalla Russia con l’obiettivo di cessare le attività commerciali nel Paese.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Quanto ai servizi, il nuovo pacchetto prevede un divieto per gli operatori europei di fornire servizi connessi alle attività turistiche nella Federazione, l’estensione del divieto di fornire servizi di intelligenza artificiale, cloud-computing e simili, e l’obbligo di richiedere l’autorizzazione per tutti i servizi ancora consentiti (cioè non esplicitamente proibiti) e rivolti a persone o entità russe.Un’ultima novità è l’introduzione di un meccanismo per limitare la circolazione dei diplomatici russi, che prevede un sistema per cui gli Stati membri potranno notificare l’ingresso o il transito del personale diplomatico di Mosca sul proprio territorio alla Commissione, la quale potrà autorizzare le cancellerie ad adottare misure nazionali appropriate. Infine, il pacchetto comprende anche l’introduzione di nuovi elenchi relativi ai bambini ucraini rapiti dalle truppe di occupazione e di elenchi relativi al settore di ricerca e sviluppo militare della Russia.La sponda di WashingtonIl tempismo con cui è arrivato il disco verde da parte dei Ventisette per il nuovo round di misure restrittive è politicamente rilevante, dal momento che giusto ieri l’amministrazione statunitense ha comminato per la prima volta delle sanzioni ai danni delle due principali compagnie petrolifere russe, Rosneft e Lukoil. La mossa, annunciata dal segretario al Tesoro Scott Bessent, segnala un sostanziale cambio di passo da parte del presidente Donald Trump, dopo mesi in cui era parso adottare una posizione più morbida nei confronti del Cremlino (dal faccia a faccia con Vladimir Putin in Alaska alle ritrosie sulla fornitura dei missili Tomahawk a Kiev).Il presidente statunitense Donald Trump (foto via Imagoeconomica)Evidentemente, il tycoon è stato irritato dalle reticenze del suo omologo russo a porre fine alla guerra e ad incontrarsi personalmente a Budapest. Quel bilaterale, sbandierato come l’ennesima vittoria diplomatica del presidente Usa (nonché come successo personale del premier ungherese Viktor Orbán), è sfumato nelle scorse ore proprio a causa dell’indisponibilità dello zar ad accettare compromessi sulla fine del conflitto, a partire dal cessate il fuoco e dal congelamento della linea del fronte.Kallas ha colto la palla al balzo e ha rivendicato la ritrovata unità d’intenti sulle due sponde dell’Atlantico nei confronti del Cremlino. “Siamo molto felici dei segnali che riceviamo dall’America riguardo alle sanzioni sulla Russia”, ha dichiarato arrivando al vertice. “Penso sia un importante segnale di forza, che siamo allineati sulla questione“, ha aggiunto.Un altro tema sul tavolo dei leader Ue (di cui si discute da tempo) è quello del prestito per le riparazioni a Kiev, che andrebbe sostenuto coi proventi degli attivi russi congelati attualmente detenuti dall’istituto belga Euroclear. “Ci sono ancora alcune questioni che dobbiamo affrontare“, ammette Kallas, ma “il messaggio fondamentale è che la Russia è responsabile dei danni causati in Ucraina e deve pagare per quei danni”. L’Alta rappresentante riconosce i dubbi del governo belga, che non intende assumersi da solo la responsabilità giuridica di un’azione così forte: “Tutti sono d’accordo che nessun Paese dovrebbe sostenere i rischi o questo onere da solo“, ragiona, e garantisce che si sta lavorando ad un meccanismo per fornire garanzie al Belgio e assicurare la condivisione del rischio tra i Ventisette.