More stories

  • in

    Afghanistan, UE discute con i talebani a Doha

    Bruxelles – A Bruxelles si affrettano a precisare che l’avvenimento “non è un riconoscimento” del governo provvisorio, ma a Doha, in Qatar, l‘UE discute con i talebani. Si tratta di “un incontro informale”, tenuto “a livello tecnico” con la mediazione dell’emirato del Golfo, e che serve a cercare accordi.
    Dopo la caduta del governo filo-occidentale e il ritorno al potere dei talebani, l’Aghanistan è diventato un vero e proprio rompicapo per diplomazia e non solo. Da una parte c’è la necessità di sminare una crisi migratoria, dall’altra parte la difficoltà nell’individuare un interlocutore. L’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE, Josep Borrell, ha scelto la strada della realpolitik: occorre discutere con chi comanda.
    La linea dell’UE è quella del dialogo e dell’accordo, laddove possibile. Un riconoscimento comunque de facto, anche se per ora a Bruxelles lo smentisco. E’ vero, l’UE discute con i talebani ma lo fa a livello di “inviati speciali e rappresentanti per l’Afghanistan”.
    L’incontro-confronto non è un’iniziativa dell’Unione europea. Nella capitale del Qatar si trovano anche inviati speciali degli Stati Uniti. Le due delegazioni occidentali discutono sulla possibilità di garantire accesso umanitario nel Paese, favorire l’uscita dal Paese di chi lo desidera, evitare la proliferazione del terrorismo.
    Intanto la Commissione europea annuncia un pacchetto di aiuti da un miliardo di euro per l’Afghanistan e i Paesi vicini. “Dobbiamo fare tutto il possibile per evitare un grave collasso umanitario e socioeconomico in Afghanistan”, sottolinea la presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, piuttosto preoccupata. Con l’approssimarsi dell’inverno “l’assistenza umanitaria da sola non sarà sufficiente per evitare la carestia e una grave crisi umanitaria“.
    UE schierata con il popolo afghano, e allo stesso tempo contro chi lo comanda. “Il popolo afghano non dovrebbe pagare il prezzo delle azioni dei talebani”, aggiunge von der Leyen. Parole che dimostrano tutta la difficoltà dell’Unione europea a gestire il dossier afghano.

    Incontro informale e a livello tecnico in Qatar per garantire assistenza umanitaria. Con l’inviato speciale europeo anche uomini della missione degli Stati Uniti. Von der Leyen teme la carestia. “Pronto un miliardo di euro”

  • in

    La Francia prova a frenare il Consiglio commercio e tecnologia UE-USA

    Bruxelles – È il giorno dell’inaugurazione del Consiglio per il commercio e la tecnologia UE-Stati Uniti (TCC) a Pittsburgh, in Pennsylvania. Ma c’è un Paese in Europa che non sta festeggiando: la Francia, che anzi sta cercando di frenare quanto più possibile le prospettive di lungo respiro dell’organismo, progettato per coordinare la cooperazione tra le due sponde dell’Atlantico nell’ambito tecnologico e digitale.
    Alla base di questa posizione – in contrasto con gli altri 26 Stati membri UE – ci sono le frizioni di Parigi con le istituzioni europee, che non si sarebbero spese abbastanza per difendere gli interessi francesi (e di conseguenza europei) nella disputa sui sottomarini. L’accordo tra Gran Bretagna, Australia e Stati Uniti, noto come AUKUS, è stato sì causa di tentennamenti da parte della Commissione Europea sulla possibilità di rinviare la prima riunione del TCC, ma alla fine l’esecutivo comunitario ha stabilito che il nuovo sodalizio internazionale non ha ripercussioni così pesanti su Bruxelles da poter mettere in discussione il partenariato con Washington.
    Secondo quanto riportato da alcune fonti di Bruxelles a Reuters, il governo di Parigi voleva eliminare dalla dichiarazione congiunta il riferimento a un secondo incontro del TCC nella primavera del 2022, ma anche la proposta di un’alleanza sulla catena di approvvigionamento di semiconduttori, in cui UE e Stati Uniti si definiscono “reciprocamente dipendenti”. L’approccio francese spingerebbe verso una maggiore cautela nelle relazioni europee con Washington, con il rapporto di fiducia tra le due sponde dell’Atlantico che dovrebbe essere ricostruito su nuove basi.
    In attesa della dichiarazione congiunta (fonti dell’esecutivo comunitario hanno confermato che non è prevista una conferenza stampa), il tema più caldo sul tavolo oggi riguarda proprio la carenza di microchip e l’approvvigionamento sul medio termine. I funzionari della Commissione hanno fatto sapere che Washington e Bruxelles si confronteranno per unire le forze e “parlare insieme” con i produttori e i partner globali. Altre questioni di principale interesse sono lo sviluppo e i limiti da porre all’uso dell’intelligenza artificiale e la concorrenza ed esportazione di nuove tecnologie.
    Per l’Unione Europea, a co-presiedere alla riunione inaugurale del Consiglio per il commercio e la tecnologia saranno i vicepresidenti esecutivi della Commissione UE Margrethe Vestager (per il Digitale) e Valdis Dombrovskis (per l’Economia). Le controparti statunitensi saranno il segretario di Stato, Antony Blinken, la segretaria per il Commercio, Gina Raimondo, e la rappresentante per il Commercio, Katherine Tai.

    Secondo quanto riportano le fonti di Bruxelles, dopo la disputa sui sottomarini il governo di Parigi ha provato a modificare la dichiarazione congiunta che sarà pubblicata al termine della riunione inaugurale del TCC a Pittsburgh

  • in

    Telefonata Biden Macron: nessuna scusa, ma volontà di ricucire

    Bruxelles – Joe Biden e Emmanuel Macron tornano a parlarsi. Dopo la crisi diplomatica dovuta all’annuncio dell’accordo a tre tra USA, UK e Australia sulla difesa chiamato AUKUS, che ha tagliato fuori un’importante fornitura di sottomarini francesi a Camberra, i due presidenti hanno avuto una conversazione al telefono per ricucire lo strappo. Nel comunicato congiunto viene specificato che a richiedere l’incontro è stato Joe Biden, che ha ritenuto necessario “discutere le implicazioni di quanto annunciato il 15 settembre”. I due leader si incontreranno a fine ottobre a Bruxelles. Anche i rispettivi ministri degli Esteri, Jean-Yves Le-Drian e Antony Blinken, hanno avuto modo di confrontarsi al margine della riunione del consiglio di Sicurezza dell’ONU.
    Biden ha confermato “l’importanza strategica del coinvolgimento della Francia e dell’Europa nell’Indo Pacifico, nel quadro operativo della Strategia recentemente pubblicata dall’Unione europea”, riconoscendo anche l’importanza di “una difesa europea più forte e capace”, a patto che sia complementare e non alternativa alla NATO.
    Le ultime righe del comunicato parlano direttamente al cuore della Francia. Gli Stati Uniti si impegnano a supportare le operazioni anti-terrorismo degli Stati europei nel Sahel, dove le truppe di Parigi sono presenti con l’operazione Barkhane (ora in via di ridimensionamento) dal 2014.
    Cosa emerge dalla telefonata tra Biden e Macron
    Dopo la telefonata, Emmanuel Macron ha acconsentito al ritorno dell’ambasciatore francese a Washington. Le sorti della rappresentanza transalpina in Australia non vengono nominate. Scott Morrison, Primo Ministro del Paese oceanico, ha dichiarato di aver più volte tentato di contattare l’Eliseo, senza ricevere risposta. Sebbene non lo possa dare a vedere, i malumori di Parigi resteranno e con l’Australia si può permettere di portare avanti per un altro po’ il gelo diplomatico.
    Durante il briefing per i giornalisti alla Casa Bianca, la segretaria per la Stampa Jen Psaki ha affermato che “il tono della conversazione è stato amichevole”, ma ha eluso la domanda di un giornalista che chiedeva se da parte del presidente americano ci fossero state delle scuse formali. Quanto emerge dalla telefonata tra Biden e Macron è che le concessioni fatte alla Francia bastano a far rientrare la crisi e che i due sono d’accordo su una maggiore collaborazione, ma gli Stati Uniti non sono affatto pentiti dell’accordo con Londra e Canberra.
    Le concessioni a Francia e Unione europea
    La Francia accetta i pegni di pace, che riguardano i principali dossier sul tavolo dell’Eliseo. Supporto alla missione nel Sub-sahara, che in questo momento stenta a proseguire nonostante l’uccisione del capo di Al Quaeda in Mali da una parte. Dall’altra c’è il placet di Biden allo sviluppo di una difesa europea che dovrebbe necessariamente vedere la Francia come capofila.
    A mettere di buon umore l’Eliseo c’è anche la telefonata del 22 settembre tra Emmanuel Macron e Narendra Modi. Il premier indiano ha parlato di approfondire la collaborazione tra India e Francia per “un Indo Pacifico aperto e inclusivo” – nell’ambito delle iniziative europee nell’area.

    Spoke with my friend President @EmmanuelMacron on the situation in Afghanistan. We also discussed closer collaboration between India and France in the Indo-Pacific. We place great value on our Strategic Partnership with France, including in the UNSC.
    — Narendra Modi (@narendramodi) September 21, 2021

    Secondo la stampa francese, la telefonata potrebbe essere il primo passo per sostituire l’Australia con l’India come potenziale acquirente di una nuova commessa di sottomarini francesi –  per Le Figaro questa volta potrebbe trattarsi di sottomarini nucleari. Un accordo che si andrebbe a sommare a quello già in vigore tra Dehli e Parigi, che prevede l’acquisto di sei sottomarini diesel classe Scorpene, per un totale di 5 miliardi di dollari.

    La telefonata tra Joe Biden ed Emmanuel Macron riporta l’ambasciatore francese negli USA dopo alcune concessioni a Francia ed Europa sul dossier della difesa comune e dell’impegno americano nel Sahel

  • in

    Il Consiglio commercio e tecnologia UE-Stati Uniti rischia di saltare per la disputa sui sottomarini francesi

    Bruxelles – Rischia di slittare o addirittura di saltare la data dell’inaugurazione del Consiglio per il commercio e la tecnologia UE-Stati Uniti (TCC), l’organismo progettato per coordinare e rafforzare la cooperazione tra le due sponde dell’Atlantico nell’ambito tecnologico e digitale. La causa dei tentennamenti da parte dell’Unione Europea è la disputa sui sottomarini francesi, meglio nota come AUKUS, il nuovo sodalizio strategico tra Australia, Regno Unito e Stati Uniti.
    Secondo quanto riferito ieri (martedì 21 settembre) dal portavoce della Commissione UE, Eric Mamer, durante il punto quotidiano con la stampa a Bruxelles, l’esecutivo UE sta analizzando “le conseguenze di AUKUS e il possibile impatto sulla data prevista” per la riunione inaugurale. Nonostante il portavoce non abbia fornito indicazioni precise su quando sarà resa nota la decisione, una comunicazione è attesa verosimilmente entro la fine di questa settimana: mercoledì prossimo, 29 settembre, i vicepresidenti esecutivi della Commissione UE Margrethe Vestager (per il Digitale) e Valdis Dombrovskis (per l’Economia) sono attesi a Pittsburgh (Pennsylvania) per co-presiedere al Consiglio.
    “Cerchiamo informazioni, che analizzeremo sul piano del significato per l’Unione Europea, visto che non riguarda solo la Francia”, ha specificato Mamer: “Solo quando avremo preso una decisione a riguardo, torneremo sulla questione della data” della prima riunione del TCC. Parole che hanno avuto un’eco nei palazzi delle istituzioni europee, come conferma l’appello di questa mattina del gruppo del Partito Popolare Europeo: “Il Consiglio UE-Stati Uniti per il commercio e la tecnologia deve dare risultati la prossima settimana a Pittsburgh”, si legge sul profilo Twitter. “Le aziende su entrambe le sponde dell’Atlantico si aspettano un forte partenariato”, che dovrebbe “aiutare le imprese dell’UE ad avere successo”.

    The EU-US Trade Technology Council must deliver results next week in Pittsburgh🇺🇸.
    Businesses on both sides of the Atlantic expect a strong TTC partnership.
    We must help EU🇪🇺 businesses to succeed!
    Only by working together can we succeed and solve global challenges. pic.twitter.com/zaLKB3TBH9
    — EPP Group (@EPPGroup) September 22, 2021

    La Commissione Europea ha fatto sapere che dovrà valutare il significato di AUKUS prima di confermare la data inaugurale del Consiglio commercio e tecnologia a Pittsburgh prevista per il prossimo 29 settembre

  • in

    Dialogo Serbia-Kosovo, si stringe la collaborazione tra UE e Stati Uniti per risolvere un confronto sempre più teso

    Bruxelles – Sembrano lontani i tempi in cui l’Unione Europea e gli Stati Uniti di Donald Trump si davano battaglia diplomatica sui Balcani. È passato solo un anno dai colloqui tra Serbia e Kosovo mediati da Washington che hanno rischiato di far saltare l’intero processo di mediazione UE, ma il clima politico è cambiato totalmente. “Con l’amministrazione di Joe Biden si apre uno degli scenari di cooperazione più stretta di sempre e abbiamo già visto che insieme possiamo stimolare progressi importanti nella regione”, ha confermato il rappresentante speciale dell’UE per il dialogo Pristina-Belgrado, Miroslav Lajčák.
    Parole che gettano un ponte tra le due potenze anche sul fronte della stabilizzazione dei Balcani Occidentali e che hanno trovato una sponda nella controparte statunitense durante l’evento online The Belgrade-Pristina dialogue: Getting back on track?, organizzato oggi (lunedì 13 settembre) dal think tank European Policy Centre (EPC). “Vogliamo vedere tutti i Paesi della regione entrare a far parte dell’Unione Europea, non solo Serbia e Kosovo”, ha dichiarato il vice-segretario aggiunto dell’Ufficio per gli Affari europei ed eurasiatici del Dipartimento di Stato, Gabriel Escobar.
    I relatori dell’evento organizzato dall’EPC The Belgrade-Pristina dialogue: Getting back on track? (13 settembre 2021)
    Per quanto riguarda il dialogo tra Pristina e Belgrado, Escobar ha promesso di sostenere “con tutti gli sforzi possibili” il lavoro dei colleghi europei, per “convincere le due parti che un accordo di normalizzazione dei rapporti è l’unico futuro auspicabile“. Nonostante ci sia preoccupazione “per i pochi progressi” nell’ultimo anno, Washington aiuterà il processo “sia con messaggi politici, sia vigilando che gli accordi raggiunti finora siano implementati”. In ultima battuta, il vice-segretario Escobar ha anticipato che potrebbe fare presto un viaggio in Serbia e in Kosovo con Lajčák, a seconda degli sviluppi della pandemia COVID-19.
    Proprio il rappresentante speciale dell’UE ha voluto ricordare i “risultati concreti per la vita delle persone” ottenuti in 10 anni di dialogo facilitato da Bruxelles: dalle elezioni municipali nel nord del Kosovo, al transito di merci e persone dalla frontiera, fino al controllo territoriale da parte delle autorità di Pristina e lo scambio di informazioni a livello giudiziario. Ma adesso arriva la parte più difficile: “Dobbiamo trovare un accordo sulla normalizzazione dei rapporti tra le due parti e implementare gli accordi già raggiunti”, ha indicato Lajčák.
    Più facile a dirsi che a farsi, considerati gli sviluppi politici degli ultimi mesi. Con l’elezione del nuovo primo ministro kosovaro, Albin Kurti, i rapporti tra Pristina e Belgrado sono diventati sempre più tesi, come hanno confermato gli ultimi due incontri di alto livello a Bruxelles. Il rappresentante speciale dell’UE cerca di vedere il bicchiere mezzo pieno (“Dopo lo stop per le elezioni, ora abbiamo due interlocutori con mandati forti, con cui possiamo interfacciarci e trovare dei compromessi”), ma è innegabile che il confronto si stia incrinando come non succedeva da prima della ripresa dei colloqui nel luglio del 2020.
    Lo ha sottolineato anche l’eurodeputata tedesca e relatrice sul Kosovo per il Parlamento Europeo, Viola von Cramon-Taubadel (Verdi/ALE), intervenuta nel corso dell’evento di EPC: “I due governi avranno anche un forte mandato, ma le elezioni municipali di metà ottobre in Kosovo e le elezioni presidenziali in Serbia del prossimo anno ci fanno temere che soprattutto da parte serba venga meno il supporto al compromesso con la controparte kosovara”. L’arma a disposizione dell’UE per stimolare la “volontà politica delle due parti” è l’erogazione dei fondi previsti dallo strumento di assistenza pre-adesione IPA III, che possono essere sospesi in caso di “regresso democratico”.
    La presidente del Kosovo, Vjosa Osmani, con il commissario europeo per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi
    Non che le notizie che arrivano dai Balcani siano incoraggianti. In un’intervista per il quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung, la presidente del Kosovo, Vjosa Osmani, ha ribadito il rifiuto di Pristina alla creazione della Comunità delle municipalità serbe nel Paese, prevista dall’accordo del 2013 del dialogo mediato dall’UE. Secondo Osmani, per la Serbia si tratterebbe solo della “fase preliminare della creazione di una seconda Republika Srpska” (l’entità a maggioranza serba della Bosnia ed Erzegovina) e “noi non vogliamo un altro Stato che non funziona, come quello bosniaco”.
    La presidente kosovara ha poi ricordato l’illegittimità della decisione contenuta nell’accordo del 2013 secondo una sentenza del 2015 della Corte Costituzionale di Pristina e ha escluso che si formi “una struttura mono-etnica di potere nel nostro Paese”. Parole che provocheranno presto una scia di polemiche a Belgrado e che renderanno ancora più necessaria la pressione congiunta di Bruxelles e Washington per superare lo stallo sui Balcani.

    Durante un evento organizzato dall’European Policy Centre, il rappresentante speciale UE Lajčák e il vice-segretario del Dipartimento di Stato Escobar hanno confermato l’impegno congiunto per raggiungere un accordo di normalizzazione dei rapporti tra Pristina e Belgrado

  • in

    Consiglio commercio e tecnologia UE-Stati Uniti: Vestager e Dombrovskis a Pittsburgh il 29 settembre per l’inaugurazione

    Bruxelles – È tutto pronto per l’inaugurazione del Consiglio per il commercio e la tecnologia UE-Stati Uniti (TCC), l’organismo progettato per coordinare e rafforzare la cooperazione tra le due sponde dell’Atlantico nell’ambito tecnologico e digitale. La prima riunione inaugurale si terrà il 29 settembre a Pittsburgh (Pennsylvania), ha reso noto la portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale statunitense, Emily Horne.
    Per l’Unione Europea, a presiedere il TCC saranno i vicepresidenti esecutivi della Commissione UE Margrethe Vestager (per il Digitale) e Valdis Dombrovskis (per l’Economia), mentre le controparti statunitensi saranno il segretario di Stato, Antony Blinken, la segretaria per il Commercio, Gina Raimondo, e la rappresentante per il Commercio, Katherine Tai. La scelta della città per l’inaugurazione non è casuale: “Pittsburgh si è reinventata come hub per la tecnologia e l’industria d’avanguardia, investendo nei lavoratori e costruendo legami con i partner europei”, spiega il comunicato.
    All’interno del Consiglio per il commercio e la tecnologia sono stati istituiti dieci gruppi di lavoro, che affronteranno una serie di sfide: dalla cooperazione sugli standard tecnologici alla sicurezza della catena di approvvigionamento, fino ai cambiamenti climatici e le tecnologie verdi. Al centro della collaborazione tra Stati Uniti e Unione Europea ci saranno la governance dei dati, la gestione delle piattaforme online, la digitalizzazione delle piccole e medie imprese e l’uso improprio della tecnologia contro la sicurezza e i diritti umani.
    “Questa riunione inaugurale segna il nostro impegno comune a espandere e approfondire il commercio e gli investimenti transatlantici e ad aggiornare le regole per l’economia del ventunesimo secolo“, si legge in una dichiarazione congiunta dei co-presidenti. “Entrambi i governi sono impegnati per garantire che i risultati di questa cooperazione sostengano una crescita su larga scala in entrambe le economie e siano coerenti con i nostri valori condivisi”.
    La nascita del Consiglio per il commercio e la tecnologia
    Il primo annuncio della volontà di mettere in campo un organismo che favorisca la collaborazione sulle tecnologie critiche e la convergenza su standard comuni tra le due sponde dell’Atlantico era arrivata durante la conferenza stampa post-summit UE-Stati Uniti dello scorso 15 giugno. Il confronto tra la rappresentante statunitense per il Commercio Tai e il vicepresidente della Commissione UE Dombrovskis – che aveva portato a un’intesa di cooperazione sulla disputa Boeing-Airbus – era stato proficuo per delineare la strategia di rafforzamento dei rapporti sul fronte della tecnologia e della digitalizzazione.
    Il via libera all’istituzione del Consiglio era arrivato ufficialmente due giorni più tardi, come uno dei risultati raggiunti dal confronto tra la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, del Consiglio Europeo, Charles Michel, e degli Stati Uniti, Joe Biden, a Bruxelles. Da von der Leyen era stato definito “un eccellente incontro tra amici e alleati” ed era stato salutato dal Parlamento Europeo come l’inizio di una nuova “rotta democratica per il futuro digitale del pianeta”. Secondo il presidente del comitato speciale sull’Intelligenza artificiale in un’era digitale (AIDA), Dragoș Tudorache, il TTC dovrà porre particolare attenzione sulle questioni relative all’intelligenza artificiale, all’Internet delle cose e alle tecnologie emergenti.

    L’organismo è stato progettato per coordinare la cooperazione transatlantica e sarà co-presieduto anche dai due vicepresidenti della Commissione UE. Istituiti 10 gruppi di lavoro per affrontare le sfide nell’ambito tecnologico e digitale

  • in

    UE: “Pronti ad impegnarci con i talebani, ma il dialogo dipende da loro”

    Bruxelles – Con i talebani bisognerà avere a che fare, ma la qualità e la quantità del dialogo dipenderà da come i nuovi leader dell’Afghanistan affronteranno alcuni temi cruciali.
    Così un alto funzionario dell’Unione europea spiega le future relazioni che potranno svilupparsi con la nuova amministrazione del Paese asiatico: “Dovremo avere relazioni con i talebani, perché rappresentano una forza che è nel futuro dell’Afghanistan, che sarà centrale nel nuovo governo”. Però per l’UE il dialogo, la sua qualità, sarà strettamente legata alle scelte che i talebani faranno nei prossimi giorni, quando si installeranno al potere. “Noi vogliamo che scelgano di continuare nella scia di aperture degli ultimi 20 anni, nei riguardi delle donne, del rispetto dei diritti umani, della possibilità di lasciare il Paese per chi lo vorrà”, spiega la fonte. Se la strada sarà questa allora “potremo sviluppare dei rapporti, altrimenti potrebbe essere molto difficile, sta a loro decidere”.
    L’Unione vuole avere un ruolo “di aiuto – spiega il funzionario -, vogliamo svolgere un’azione di assistenza umanitaria, ma i nostri operatori devono poter essere liberi di agire”.
    A Bruxelles si aspetta dunque di vedere che governo si formerà, che programma avrà e ci sarà molta attenzione in particolare sui diritti delle donne, “sulla loro possibilità di accedere all’istruzione”. Insomma, la qualità del rapporto con l’Unione “dipende da loro, dai talebani”.

    “Con loro dovremo avere delle relazioni perché saranno al centro del nuovo governo. Ma dobbiamo capire come vogliono affrontare alcuni temi di diritti civili, come quelli delle donne”

  • in

    Afghanistan, al vertice straordinario del G7 l’UE chiederà l’estensione della scadenza del 31 agosto per l’evacuazione

    Bruxelles – La parola è d’ordine è “evacuazione”. Evacuazione del personale e dei cittadini afghani che hanno collaborato per vent’anni con le forze statunitensi, europee e della NATO, da completarsi quanto più possibile entro una settimana esatta a partire da oggi. Sarà questo il tema centrale del vertice straordinario dei leader del Gruppo dei Sette, che inizierà fra poche ore (15.30 italiane) in forma virtuale.
    Ma fa già discutere e preoccupare la scadenza fissata dal regime dei talebani per il ritiro delle truppe occidentali dal Paese. Dopo Francia, Germania e Regno Unito, anche l’Unione Europea chiederà al vertice del G7 di estendere la data oltre il 31 agosto, per portare a termine tutte le operazioni di evacuazione all’aeroporto internazionale di Kabul. Per il momento rimane contrario il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, anche considerate le minacce talebane di ritorsioni se dal primo settembre saranno ancora presenti contingenti militari stranieri in Afghanistan, come confermato ieri (23 agosto) da un portavoce ai microfoni di Sky News.
    A Bruxelles la questione crea particolare apprensione ed è probabile che durante il vertice del G7 i due rappresentanti dell’Unione – il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, e la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen – insisteranno su una linea comune di rafforzamento dell’impegno per mettere in sicurezza tutti i membri dello staff ancora sul territorio afghano. Funzionari UE hanno riferito che la priorità per l’Unione è che le operazioni di evacuazione e l’assistenza umanitaria possano continuare, anche se si dovesse andare oltre la data del 31 agosto.
    Circa 400 persone tra staff locale della delegazione UE e rispettive famiglie sono già state evacuate (il portavoce della Commissione, Eric Mamer, ha annunciato che tutto il personale afghano che ha collaborato con le delegazioni UE è in salvo), ma gli stessi funzionari non hanno voluto riportare quante ne rimangano ancora da imbarcare verso l’Europa.
    Sul tavolo ci sarà poi il tema di se e come affrontare le future discussioni politiche con il regime dei talebani. Sempre secondo le fonti europee, si dovrebbe impostare un dialogo su tre pilastri: rispetto dei diritti umani dei gruppi vulnerabili e delle donne, lotta alla corruzione interna e impegno a non fare di nuovo del Paese “terreno fertile” per terroristi e traffici illeciti. Su questo aspetto Bruxelles non nega che “Cina e Russia sono parte della questione“, dal momento in cui tutti gli attori internazionali hanno interessi per un Afghanistan stabile, “magari con obiettivi diversi”.

    At today’s @G7 Leaders call, I will announce an increase in the humanitarian support for Afghans, in and around the country, from #EU budget from over €50m to over €200m.
    This humanitarian aid will come on top of Member States’ contributions to help the people of Afghanistan.
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) August 24, 2021

    Un’altra priorità per l’Unione riguarda gli aiuti umanitari per i cittadini afghani “dentro e intorno al Paese”, come anticipato dalla presidente von der Leyen su Twitter. “Alla riunione del G7 annuncerò un aumento del sostegno dal bilancio dell’UE“, da 50 a oltre 200 milioni di euro. A questo sostegno comunitario si aggiungeranno i contributi dei singoli Stati membri UE.
    Qui si apre l’ultima questione, che interessa da molto vicino le istituzioni europee e che negli ultimi giorni ha già sollevato polemiche all’interno dell’Unione. Si tratta della gestione dei flussi migratori dall’Afghanistan che si intensificheranno con l’inizio del governo talebano. Non è un caso se la presidente della Commissione ha fatto riferimento ad aiuti “intorno al Paese”. Come riferiscono i funzionari UE, il primo obiettivo sarà quello di sostenere i programmi umanitari nei Paesi confinanti (in particolare Iran e Pakistan), per renderli “soluzioni più credibili” agli occhi degli afghani rispetto al “consegnarsi nelle mani di trafficanti”.
    Prima di discutere sulla possibilità di una ridistribuzione dei profughi tra Paesi membri UE (“la situazione è ancora troppo fluida per tracciare le dimensioni dei flussi”, riferiscono le fonti di Bruxelles), si guarda alla Turchia. Il presidente Recep Tayyp Erdogan ha già riferito che la capacità di ricezione del Paese “è limitata”, dal momento in cui è già ospitato un “gran numero” di migranti. Mentre il presidente del Consiglio UE Michel “rimane in contatto con Erdogan per discutere dei limiti di accoglienza di Ankara”, questo pomeriggio i leader del G7 proveranno a tracciare alternative percorribili.

    Per Bruxelles le priorità rimangono la messa in sicurezza di staff locale e delegazione europea anche oltre la scadenza fissata dai talebani, aiuti umanitari alla popolazione civile “dentro e intorno al Paese” e la gestione dei flussi migratori