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    Le industrie della Spagna di Sanchez arricchiscono Putin: acquisti massicci di Gnl russo

    Bruxelles – Anche la Spagna di Pedro Sanchez finanzia il presidente russo Vladimir Putin e la sua macchina da guerra. Strano, eppur vero. Le aziende iberiche stanno acquistando il gas naturale liquefatto (Gnl) russo, e in modo massiccio. Accordi commerciali e politiche di approvvigionamento energetico che fanno storcere il naso Juan Ignacio Zoido Álvarez, europarlamentare spagnolo del Ppe che chiede conto alla Commissione europea e domanda anche eventuali provvedimenti. Provvedimenti però che non ci saranno. Perché, ricorda, la commissaria per l’Energia Kadri Simson, nella risposta fornita all’interrogazione parlamentare, “finora il Gnl russo non è stato soggetto a sanzioni, il che significa che alle società non è vietato acquistarlo“.Le imprese spagnole dunque non stanno violando alcuna norma Ue né aggirando le sanzioni decretate dall’Unione europea nei confronti della Russia e del suo presidente. Il governo di Madrid, a sua volta, non può impedire alle imprese spagnole di fare affari con i russi. E’ vero, ricorda Simson, che l’ultima proposta della Commissione per il 14esimo pacchetto di sanzioni comprende, tra le altre cose, restrizioni al trasbordo di Gnl russo nei porti europei”. Tuttavia il pacchetto proposto “richiede ancora l’adozione all’unanimità del Consiglio”.L’unica cosa che l’esecutivo può fare, e Simson assicura che il team von der Leyen “continuerà” a farlo, è  “invitare gli Stati membri e le imprese” a smettere di acquistare gas naturale liquefatto russo e a non firmare nuovi contratti per Gnl con società russe una volta scaduti quelli esistenti. La Commissione può fare pressione sul governo Sanchez affinché faccia pressione sulle imprese spagnole, ma in assenza di divieti e sanzioni è tutto rimesso alla singola compagnia.Con l’Unione europea impegnata a indebolire l’economia russa e minare le capacità di finanziare l’esercito russo per la guerra in Ucraina, il risultato, denuncia l’europarlamentare spagnolo, è che la Spagna “ora importa più gas naturale liquefatto dalla Russia di qualsiasi altro paese europeo”. Fornisce anche i dati, che sono quelli dell’Istituto di economia energetica e analisi finanziaria (Ieefa). Emerge che la quantità di gas russo in arrivo nei porti spagnoli “ha registrato nuovi massimi, aumentando del 30 per cento nel 2023 ed è aumentata per due anni consecutivi”.Zoido Álvarez critica e accusa il governo del proprio Paese di “chiudere un occhio”, ma esaminando il rapporto citato dall’europarlamentare emerge che fin qui non c’è solo la Spagna ad aver continuato a fare affari con il regime di Putin. L’Ieefa certifica sì che tra gennaio e settembre 2023 la Spagna risulta il principale importatore di Gnl russo tra i paesi dell’UE, con 5,21 miliardi di metri cubi importati. Ma ci sono anche altri che stanno continuando ad alimentare la macchina da guerra russa: la Francia di Emmanuel Macron (3,19 miliardi di metri cubi acquistati) e il Belgio (commesse per 3,14 miliardi di metri cubi).Sulla Spagna pesa anche la rivendita all’interno dell’Ue. L’Ieefa rileva nero su bianco come la Spagna acquisti il Gnl russo per poi rivenderlo a un terzo degli Stati membri dell’Ue, nello specifico a Italia, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Lituania, Paesi Bassi e Svezia.

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    Spagna, Irlanda e Norvegia formalizzano il riconoscimento della Palestina. E annunciano: “Risponderemo alle provocazioni di Israele”

    Bruxelles – Da oggi (28 maggio) i Paesi membri delle Nazioni Unite che riconoscono ufficialmente lo Stato palestinese diventano 145. Più di tre quarti, su un totale di 193. Spagna, Irlanda e Norvegia hanno formalizzato la decisione annunciata lo scorso 22 maggio. E da Madrid, la promessa che arriverà una risposta coordinata con Dublino e Oslo alle “provocazioni e falsità spregevoli” diffuse dal ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, per screditare i tre governi.Ha aperto le danze Pedro Sanchez, che dal palazzo della Moncloa ha annunciato in mattinata “la decisione storica”, presa con “un unico obiettivo: aiutare israeliani e palestinesi a raggiungere la pace”. Per il premier socialista spagnolo il riconoscimento dello Stato di Palestina “non è solo una questione di giustizia storica rispetto alle legittime aspirazioni del popolo palestinese”, ma “l’unico modo per andare verso l’unica soluzione possibile per realizzare un futuro di pace: quello di uno Stato palestinese che conviva accanto allo Stato di Israele in pace e sicurezza”. Uno Stato, quello palestinese, con Gerusalemme Est come capitale, l’Autorità Palestinese come autorità nazionale e i confini del 1967, ha precisato ancora Sanchez.Poche ore dopo, gli annunci da Oslo e Dublino. “La Norvegia è stata uno dei più ferventi difensori di uno Stato palestinese per più di 30 anni”, ha dichiarato il ministro degli Esteri, Espen Barth Eide, in un comunicato, denunciando la mancanza di “impegno costruttivo” da parte di Israele per la soluzione a due Stati. “Il giorno in cui la Norvegia riconosce ufficialmente la Palestina come Stato è un giorno speciale per le relazioni Norvegia-Palestina”, ha proseguito. Contemporaneamente, il gabinetto del primo ministro irlandese, Simon Harris, ha formalizzato il riconoscimento della Palestina come Stato sovrano e indipendente, annunciando che nominerà un ambasciatore a Ramallah.L’obiettivo di questa decisione è “mantenere viva la speranza – ha dichiarato Harris -, credere che una soluzione a due Stati sia l’unico modo per Israele e Palestina di vivere fianco a fianco in pace e sicurezza”. Il capo del governo centrista irlandese ha invitato poi il suo omologo israeliano Benjamin Netanyahu ad “ascoltare il mondo e porre fine alla catastrofe umanitaria” in corso a Gaza. In un comunicato, il vicepremier Micheal Martin ha promesso: “Il riconoscimento della Palestina non è la fine di un processo; è l’inizio”.Il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, mostra le foto degli ostaggi nelle mani di Hamas al Consiglio Ue Affari Esteri, 22/01/24 (Photo by JOHN THYS / AFP)Tutto questo mentre, dal suo account X, il ministro degli esteri di Tel Aviv, Israel Katz, continuava a sparare a zero sui tre Paesi che secondo Israele “hanno deciso di premiare Hamas”. Il bersaglio principale è Madrid e la vicepremier spagnola, Yolanda Diaz, che pochi giorni fa aveva recitato lo slogan filo-palestinese “Dal fiume al mare, la Palestina sarà libera”. Per Katz la leader di Sumar è come la guida suprema dell’Iran, Ali Khamenei, e il leader di Hamas, Yahya Sinwar, perché chiede “l’eliminazione di Israele e la creazione di uno stato terrorista islamico palestinese dal fiume al mare”. E prosegue: “Primo Ministro Sanchez ,se non licenzi il tuo vice e annunci il riconoscimento di uno Stato palestinese, sei complice nell’istigazione al genocidio ebraico e dei crimini di guerra“.Alle accuse israeliane, che l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, ha definito “aggressioni verbali assolutamente ingiustificate ed estreme“, ha dato una prima risposta il ministro degli Esteri spagnolo, José Manuel Albares. “Ho parlato con i miei colleghi irlandese e norvegese, i quali stanno ricevendo attacchi e fake news infami” da parte di Katz – ha dichiarato il suo omologo spagnolo -, “abbiamo deciso di dare una risposta coordinata”. Una risposta che sia però “serena e ferma” e che arriverà “nel momento adeguato, quando decideremo noi”. Albares ha infine accusato Katz di utilizzare queste “provocazioni” per sviare l’attenzione da quel che sta succedendo a Gaza.I membri dell’Onu a riconoscere lo Stato palestinese potrebbero presto diventare 146: il governo sloveno valuterà già giovedì prossimo la possibilità di inoltrare la questione del riconoscimento al Parlamento, che in tal caso potrebbe procedere al voto entro il 13 giugno. “Nel frattempo, continueremo a coordinarci con un gruppo di Paesi che la pensano allo stesso modo per creare la massima pressione per un cessate il fuoco immediato e il rilascio degli ostaggi” a Gaza, ha dichiarato il capo del governo, Robert Golob. La Slovenia non sarebbe solo il 146esimo Paese membro dell’Onu a riconoscere la Palestina: Lubiana fa parte – fino alla fine del 2025 – dei membri non permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

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    Spagna, Irlanda e Norvegia annunciano il riconoscimento dello Stato di Palestina. Israele: “Hanno scelto di premiare Hamas”

    Bruxelles – I due Paesi Ue più attivi in solidarietà del popolo palestinese rompono gli indugi e annunciano il riconoscimento dello Stato di Palestina. Spagna e Irlanda compiranno il passo formale il prossimo 28 maggio. Con loro anche la Norvegia: i tre vanno così ad aggiungersi ai 140 Paesi nel mondo che già attribuiscono alla Palestina lo status di entità statale. Ira di Israele: “Questi Paesi hanno scelto di premiare Hamas”. E richiama a Tel Aviv gli ambasciatori a Dublino e Oslo.Il primo ministro spagnolo, Pedro Sanchez, annuncia il riconoscimento della Palestina al Congresso dei deputati (Photo by Thomas COEX / AFP)I primi ministri di Spagna, Irlanda e Norvegia hanno annunciato il riconoscimento sulla base dei confini del 1967 in contemporanea: Pedro Sanchez si è presentato al Congresso dei deputati di Madrid, mentre il primo ministro irlandese Simon Harris e quello norvegese Jonas Gahr Støre hanno convocato due conferenze stampa. “E’ giunto il momento di passare dalla parole ai fatti. Per la pace, per la giustizia e per la coerenza”, ha dichiarato Sanchez in Aula. Per il premier norvegese la decisione è figlia del fatto che “non può esserci pace in Medioriente se non c’è riconoscimento“. Dello stesso avviso Harris: “Il riconoscimento dello Stato di Palestina rappresenta un sostegno inequivocabile alla soluzione dei due Stati” ed è “l’unica via credibile verso la pace tra Israele e Palestina”, ha dichiarato.Tutti e tre hanno poi auspicato che altri Paesi seguano la strada tracciata da Madrid, Dublino e Oslo. A partire dalla Slovenia, che nei mesi scorsi si è detta pronta a riconoscere unilateralmente la Palestina e che dovrebbe procedere entro il 13 giugno – quando il Parlamento di Lubiana voterà sulla questione -, ma anche Belgio, Lussemburgo e Portogallo, Paesi che tentennano tra l’azione unilaterale e la posizione ufficiale del blocco Ue, pronta a riconoscere Ramallah solo una volta che sarà inserita nel processo di una soluzione a due Stati. La mossa compiuta oggi dai due Paesi Ue e dalla Norvegia prova a invertire il ragionamento: la soluzione a due Stati non può che partire dal riconoscimento dello Stato palestinese.Il primo ministro irlandese Simon Harris (C), affiancato dal ministro degli Affari Esteri, Michel Martin (R), e dal ministro dei Trasporti, Eamon Ryan (L),  annunciano il riconoscimento della Palestina (Photo by Paul FAITH / AFP)Anche perché la posizione di Bruxelles – condivisa peraltro con gli Stati Uniti – è nei fatti sbarrata dalla riluttanza del governo israeliano di Benjamin Netanyahu, che ha ribadito a più riprese la propria opposizione alla soluzione a due Stati. “Con questo passo significativo, Spagna, Irlanda e Norvegia hanno dimostrato ancora una volta il loro incrollabile impegno per la soluzione a due Stati e per garantire al popolo palestinese la giustizia da tempo attesa”, ha commentato il ministero degli Esteri dell’Autorità Nazionale Palestinese, sottolineando inoltre come il riconoscimento della Palestina sia “in linea con il diritto internazionale e con tutte le risoluzioni delle Nazioni Unite in materia”.Dei 27 Paesi Ue, la Svezia era stata finora l’unico ad aver proceduto al riconoscimento della Palestina mentre era membro del blocco, nel 2014. Mentre Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Ungheria, Malta, Romania, Polonia e Slovacchia hanno fatto questo passo prima di entrare nell’Unione. Con l’annuncio di Spagna e Irlanda, saranno ora 11 le capitali Ue a riconoscere Ramallah, ancora meno della metà. E soprattutto, alla conta mancano ancora Parigi, Berlino e Roma.Il primo ministro norvegese, Jonas Gahr Store (R), e il ministro per gli Affari esteri, Espen Barth Eide, annunciano il riconoscimento della Palestina (Photo by Erik Flaaris Johansen / NTB / AFP) / Norway OUTLa Francia di Emmanuel Macron ha già sostenuto di essere pronta a “contribuire” al riconoscimento di uno Stato palestinese, “sia in Europa che in seno al Consiglio di sicurezza dell’Onu”. Mentre Italia e Germania, seppur non ostili all’idea, la vincolano al contemporaneo riconoscimento da parte di Israele. Nulla di più lontano, a giudicare dalla reazione di Tel Aviv all’annuncio di Spagna, Irlanda e Norvegia: il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, ha già richiamato in patria gli ambasciatori a Dublino e Oslo, minacciando di fare lo stesso con il corpo diplomatico israeliano a Madrid.“Israele non rimarrà in silenzio di fronte a coloro che minano la sua sovranità e mettono in pericolo la sua sicurezza”, ha dichiarato Katz in una nota, sostenendo che in questo modo i tre Paesi “hanno scelto di premiare Hamas e l’Iran” nonostante “il più grande massacro di ebrei dai tempi dell’Olocausto“. Per il ministro il riconoscimento unilaterale della Palestina “mina le possibilità di pace e mette in discussione il diritto di Israele alla pace”. Katz va oltre, minacciando “ulteriori gravi conseguenze” nei confronti dei tre Paesi. Che altro non hanno fatto che uniformarsi ai 139 Paesi membri dell’Onu che già hanno riconosciuto lo Stato di Palestina. Circa il 70 per cento di chi siede all’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

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    Spagna e Irlanda chiedono una verifica degli impegni sui diritti umani previsti dall’accordo di associazione Ue-Israele

    Bruxelles – In una lettera recapitata direttamente alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, i governi di Spagna e Irlanda chiedono di fare luce “con urgenza” sugli obblighi previsti dall’Accordo di associazione Ue-Israele in materia di diritti umani. Perché “considerata la diffusa preoccupazione per le possibili violazioni del diritto internazionale umanitario” a Gaza, per i due premier, Pedro Sanchez e Leo Varadkar, potrebbe esserci margine per rivedere la relazione privilegiata con Tel Aviv.Nel clima di crescente pressione internazionale nei confronti di Israele perché metta fine alle devastanti operazioni militari nella Striscia di Gaza, i due governi europei che dal 7 ottobre si sono mostrati maggiormente sensibili alle sofferenze palestinesi hanno deciso di rompere gli indugi e mettere sul piatto uno strumento che l’Ue potrebbe usare per fare leva su Tel Aviv. Perché l’Accordo di Associazione, in vigore dal 2000, prevede una serie di agevolazioni commerciali che per l’economia di Israele – per cui l’Ue è il primo partner commerciale – sono di vitale importanza.

    Il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez (a destra) e il premier irlandese, Leo Varadkar (Photo by Thomas COEX / AFP)Ma gli accordi di Associazione stipulati dall’Ue nel mondo, non solo quello con Israele, si fondano sui valori comuni condivisi di democrazia e rispetto dei diritti umani, dello Stato di diritto e delle libertà fondamentali. Il momento scelto da Sanchez e Varadkar è pregnante, perché “l’ampliamento dell’operazione militare israeliana nell’area di Rafah rappresenta una minaccia grave e imminente che la comunità internazionale deve affrontare con urgenza”.Dopo aver ricordato le 28 mila vittime dei bombardamenti sulla Striscia di Gaza, i 67 mila feriti e lo sfollamento forzato di quasi 2 milioni di persone, Spagna e Irlanda hanno ricordato inoltre a von der Leyen – che dopo un iniziale supporto infervorato per la causa israeliana ha diminuito progressivamente le proprie uscite sul conflitto – che la Corte Internazionale di Giustizia ha ordinato a Israele di adottare “misure provvisorie per impedire che vengano commessi atti di genocidio” e azioni “immediate ed efficaci per assicurare servizi di base e assistenza umanitaria urgentemente necessari a Gaza”. Dove le Nazioni Unite stimano che il 90 per cento della popolazione si trovi già in una situazione di grave insicurezza alimentare, con il serio rischio di carestia.Niente di più distante dal rischio di catastrofe umanitaria che provocherebbe “l’imminente minaccia di operazioni militari israeliane a Rafah”. Per tutte queste ragioni, il governo socialista spagnolo e quello di centro-destra irlandese hanno chiesto alla Commissione europea di “verificare con urgenza se Israele stia rispettando i suoi obblighi, anche nell’ambito dell’Accordo di associazione Ue-Israele, che fa del rispetto dei diritti umani e dei principi democratici un elemento essenziale delle relazioni”. E di proporre al Consiglio eventuali “misure appropriate da prendere in considerazione“.

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    Venezuela, dalla Conferenza dei donatori oltre 2,5 miliardi a sostegno di rifugiati e migranti

    (Da sinistra) Janez Lenarčič, commissario europeo per la gestione delle crisi, Josep Borell, alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza UE, Jutta Urpilainen, commissario europeo per le partnership internazionali – Fabiana Luca 27 maggio 2020 L’iniziativa promossa da Unione europea e Spagna, con il sostegno dell’Agenzia ONU per i rifugiati (UNHCR) e dell’Organizzazione […]

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    Spagna, Sànchez non rinuncia all’incarico ma chiude a Podemos

    A new tragedy in the Mediterranean. By not deciding on an new asylum & migration policy as proposed by the… Se il signor “Cippomic” va in Questura può mostrare agli agenti direttamente il tweet in cui mi dà del “LURIDO COGL… Quindi erano cittadini statunitensi e non nordafricani?? E adesso?? RT : The Brexit Party […]