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    Stop a carbone e vodka, tagliato di 15 miliardi di euro l’import-export: ecco il quinto pacchetto di sanzioni UE alla Russia

    Bruxelles – Non solo carbone, ma pure trasporti e materiali. Il quinto e ulteriore pacchetto di sanzioni approvato dal Consiglio dell’UE opera una stretta commerciale volta a ridurre le capacità di business del Cremlino così da togliere fonti di finanziamento alla guerra sferrata in Ucraina. Divieto alle esportazioni per complessivi 10 miliardi di euro, cui si aggiunge un divieto alle importazione per un valore di 5 miliardi di euro, per un totale di 15 miliardi di euro in restrizioni. Non ci sono ancora strette su gas e petrolio, come richiede il Parlamento europeo, ma il nuovo set di misure restrittive vede certamente delle novità senza precedenti.
    Carbone, stop a contratti vecchi e nuoviIl principale elemento di questo pacchetto riguarda certamente l’azione dell’UE sul carbone comprato sul mercato dell’est. Si stabilisce il divieto di stipulare nuovi contratti. Così facendo Mosca dovrebbe perdere circa otto miliardi di euro l’anno, secondo le stime della Commissione europea. Mentre per quelli in essere è stata introdotta una moratoria di quattro mesi. Da Bruxelles comunque precisano che la stretta su questa fonte fossile è di fatto iniziata ancora prima dell’adozione del nuovo pacchetto di sanzioni. “Nelle ultime quattro settimane gli acquisti di carbone russo si sono ridotti del 9 per cento in valore e del 20 per cento in volume“, fanno sapere fonti comunitarie, che non si sbilanciano su eventuali passi avanti in materia energetica. In generale, ricordando, “con tutte queste misure dobbiamo stare attenti a non avere conseguenze indesiderate per noi“.
    Restrizione per il settore trasportiPer la prima volta dall’inizio dell’invasione in Ucraina si interviene nel settore trasporti. Si introduce un divieto sul trasporto merci su strada. Riguarda le imprese stabilite in Russia, a cui viene impedito di viaggiare verso il mercato unico europeo. E soprattutto si colpisce “gran parte del trasporto dall’UE alla Russia”. Previste alcune esenzioni per “elementi essenziali”, come i prodotti agricoli e alimentari, e gli aiuti umanitari. Decretato inoltre il divieto di approdo nei porti dell’EU a tutte le imbarcazioni battenti bandiera russa.
    Export, cosa l’Europa non può più vendere Il capitolo più sostanzioso delle misure commerciali che valgono in totale 15 miliardi di euro. Il lavoro tecnico delle 27 delegazioni ha prodotto divieti all’esportazione mirati nelle aree in cui la Russia è vulnerabile a causa della sua elevata dipendenza dalle forniture dell’UE. Ciò include, ad esempio, l’informatica quantistica, semiconduttori avanzati, macchinari sensibili, trasporti e prodotti chimici. Include anche catalizzatori specializzati per l’uso nell’industria delle raffinerie. “Ciò continuerà a degradare la base tecnologica e la capacità industriale della Russia“, assicurano a Bruxelles. Ai divieti di vendite già esistenti vengono aggiunti carburante e additivi per carburante per aerei. Una misura, da sola, che vale 10 miliardi di euro, e che “rappresenta l’intero commercio degli Stati Uniti con la Russia in un anno”. Gradi di paragone non casuali. Quanto deciso, precisano fonti Ue, “è molto più significativo in termini di impatto diretto, perché ovviamente siamo molto più esposti rispetto, ad esempio, agli Stati Uniti o al Regno Unito”.
    Import, cosa l’Europa non può più comprareUlteriori divieti di importazione, per un valore di 5,5 miliardi di euro, riguardano cemento, prodotti in gomma, legno, alcolici (compresa la vodka), liquori, frutti di mare di fascia alta (compreso il caviale). Solo dalla Vodka l’economia russa conoscerà una perdita stimata in 50 milioni di euro l’anno. Oltretutto il superalcolico rappresenta il 98 per cento dell’import totale dell’UE nel settore delle bevande spiritose, e dunque questa singola componente del pacchetto restrittivo da 15 miliardi di euro sull’import-export rappresenta un duro colpo per il mercato russo.

    Per la prima volta toccato anche il settore trasporti. Fermate le merci su strada da e per la Federazione russa. Tutte misure per togliere soldi a Putin da usare per la guerra contro l’Ucraina

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    I crimini di Bucha aumentano le pressioni sull’Europa per l’embargo di petrolio e gas dalla Russia

    Bruxelles – Nuove sanzioni alla Russia per la guerra in Ucraina, senza escludere la fine delle importazioni di idrocarburi in arrivo da Mosca. Sono le immagini delle violenze subite dalla popolazione civile di Bucha, cittadina ucraina a qualche decina di chilometri di Kiev, dalle truppe di Putin in ritirata nel fine settimana a far crescere le pressioni sui governi europei per sanzionare le importazioni energetiche in arrivo dalla Russia.
    “L’Unione Europea continuerà a sostenere l’Ucraina fermamente e farà avanzare, con urgenza, i lavori su ulteriori sanzioni contro la Russia”, ha annunciato durante il consueto briefing di mezzogiorno della Commissione il portavoce per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza Peter Stano. L’intento è di “incrementare l’isolamento della Russia a livello internazionale”, ha continuato il portavoce, pur non specificando la natura delle prossime sanzioni. L’Alto rappresentante Joseph Borrell ha anche condannato le violenze riportate dalle forze di occupazione russe: “I colpevoli di crimini di guerra e altre violazioni, così come gli ufficiali governativi e leader militari coinvolti, verranno ritenuti responsabili”. 
    Una decisione che l’Unione Europea ha cercato di rimandare fino a quanto ha potuto, vista la dipendenza del continente per il 40 per cento dal gas, per circa il 27 per cento dal petrolio e dal 46 per cento di carbone importati da Mosca. La strategia adottata da Bruxelles è quella di diversificare le proprie forniture di idrocarburi (di gas) e spingere sull’energia pulita e rinnovabile, ma entrambe sono soluzioni che non consentono di ridurre la dipendenza dalla Russia dall’oggi al domani. La condanna unanime e l’indignazione internazionale per quelli che molti leader europei hanno denunciato come “crimini di guerra” perpetrati dalle truppe di Putin, dovrebbero infine portarli a invertire la rotta.
    Per settimane, da quando l’invasione dell’Ucraina è iniziata lo scorso 24 febbraio, sull’embargo all’energia è pesato il veto di Paesi come la Germania in primis ma anche dell’Ungheria e la Slovacchia, che hanno portato l’UE a colpire fino a questo momento solo le tecnologie di raffinazione del petrolio che Mosca importa da Bruxelles e a lasciare la banca statale Gazprombank, controllata dell’omonoma compagnia energetica di bandiera, attaccata al sistema delle banche internazionali Swift. L’ipotesi di un quinto pacchetto di sanzioni è sul tavolo di Bruxelles da settimane, anche se mai è stato tanto vicino lo sblocco dell’impasse sulla questione energia. Almeno per quanto riguarda il petrolio.
    Ad aprire in questi termini è stata nel fine settimana la stessa Germania, il cui ministro della difesa Christine Lambrecht ha dichiarato domenica che l’Unione europea deve necessariamente discutere di vietare l’importazione di gas russo, per non lasciare impuniti i crimini dell’esercito di Putin. La Germania è tra i Paesi in Europa più dipendenti dal gas russo, fino a questo momento anche quello più restio alle richieste di imporre un embargo sulle importazioni di energia dalla Russia. Berlino ha avviato un piano di emergenza per ridurre progressivamente le forniture in arrivo, ma chiudere del tutto i rubinetti del gas russo è un’altra questione. All’interno della stessa coalizione di governo si continua a rimanere su posizioni distanti, il ministro dell’Economia Robert Habeck ha ripetuto che la Germania sta progressivamente riducendo la sua dipendenza dall’energia russa ma è da escludere una interruzione nell’immediato. Il presidente francese Emmanuel Macron nel condannare le atrocità commesse ai danni di civili ha impegnato Parigi e l’Unione Europea a discutere “nei prossimi giorni” di nuove sanzioni, e trovare una posizione comune almeno sul carbone e sul petrolio.
    Anche il ministro degli Esteri Luigi Di Maio non ha escluso “che nelle prossime ore possa esserci un dibattito sulla questione delle importazioni di idrocarburi dalla Russia “. Il collega dell’Agricoltura Stefano Patuanelli in un’intervista a La Stampa afferma che un embargo totale del gas russo “è percorribile, perché entriamo in una stagione in cui viene usato meno gas e perché stiamo affrontando bene la diversificazione dei nostri approvvigionamenti”. L’Italia si dice pronta a sostenere un quinto pacchetto di sanzioni concordato a livello europeo, mentre il presidente della Lituania Gitanas Nausėda già venerdì ha fatto sapere che dal primo aprile ha smesso di importare gas naturale russo: la Lituania nel 2015 ha ricevuto il 100% del suo gas naturale dalla Russia e oltre il 60% proveniva ancora dai produttori di energia russi nel 2020. “Se possiamo farlo noi, possono farlo anche gli altri”, ha incalzato Nauseda in un tweet. Il premier di Polonia Mateusz Morawiecki ha esortato gli altri capi di Stato e governo a tenere un nuovo Vertice straordinario, invitandoli “ad agire con decisione e ad attuare azioni che alla fine spezzeranno la macchina da guerra di Putin, confischeranno i beni della Federazione Russa e gli oligarchi depositati nelle banche d’Europa e di rompere questa politica aggressiva di Putin”. Il riferimento, sebbene non esplicito, è a porre fine alle importazioni energetiche, con cui indirettamente l’UE finanzia la guerra di Russia. È probabile che il tema arrivi in discussione lunedì e martedì alla riunione dei ministri europei dell’Eurogruppo e dell’Economia e finanza (ECOFIN) riuniti a Lussemburgo per discutere anche dell’impatto della guerra sull’economia europea.

    Berlino apre a nuove sanzioni contro i crimini di guerra di Putin in Ucraina e a lavorare in modo coordinato con gli altri leader UE per lo stop all’import di gas e petrolio russi. Un quinto pacchetto di misure restrittive sul tavolo di Bruxelles

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    Stop a investimenti nell’energia, beni di lusso e WTO: l’UE vara il quarto pacchetto di sanzioni anti-russe

    Bruxelles – Energia, beni di lusso, trattamento di favore in sede commerciale internazionale. L’UE approva il quarto pacchetto di sanzioni contro la Russia, quale nuova misura per cercare di mettere pressione su Mosca e indurre il Cremlino a porre fine alla guerra in Ucraina. Il nuovo pacchetto di misure colpisce diversi settori, a partire da quello dell’industria delle difesa. Qui è stato concordato il divieto totale di qualsiasi transazione con alcune imprese statali russe, al fine di indebolire il complesso militare-industriale del Cremlino.
    Altra misura di non poco conto il divieto di importazione dell’UE su quei prodotti siderurgici attualmente soggetti alle misure di salvaguardia dell’UE. Questa sanzione, da sola, pesa per circa 3,3 miliardi di euro di mancate entrate per mancato export russo. C’è poi il divieto di ampia portata di nuovi investimenti nel settore energetico russo, con limitate eccezioni per l’energia nucleare civile e il trasporto di determinati prodotti energetici nell’UE. La caratteristica principale di questa misura sta nella parola “nuovi”. Gli investimenti e gli accordi in essere potranno continuare, ma da questo momento in poi nessun nuovo contratto con gli operatori russi, compresi Rosneft e Gazprom-Neft, sussidiaria di Gazprom. Sono vietate tutte le attività ‘upstream’, vale a dire prospezione e produzione petrolifera e di gas.

    Al fine di colpire oligarchi ed élite di Russia, l’UE ha optato in questo nuovo pacchetto di misure restrittive per un divieto europeo all’esportazione di beni di lusso. Sono considerate 20 categorie, come cavalli, caviale, vino e alcolici, tabacco, pelle e cuoio, vestiti e scarpe, tappetti, gioielli e pietre preziose, cristalli, elettronica per uso domestico e riproduzione audio-visiva, orologi, strumenti musicali, equipaggiamento sportivo, auto. “Vogliamo colpire lo stile di vita di un segmento delle persone ricche invece delle persone ordinarie”, confidano fonti UE. Quindi vietata l’esportazione di auto dal costo superiore ai 55mila euro, giusto a titolo di esempio.
    Inoltre, l’elenco delle persone ed entità sanzionate è stato ulteriormente esteso per includere altri 11 oligarchi ed élite imprenditoriali legate al Cremlino, nonché società attive nelle aree militari e di difesa, che sostengono materialmente l’invasione e offrono supporto logistico. Per questi 11 oligarchi scatterà congelamento dei beni e divieto di viaggio. Diversa la situazione per quanti sono in possesso di un passaporto UE. Qui spetterà agli Stati membri stabilire come comportarsi.
    Come annunciato, partono moratorie in sede di WTO. Nel quarto pacchetto di sanzioni l’UE, insieme ad altri membri dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), ha deciso oggi di negare ai prodotti e servizi russi il trattamento della nazione più favorita nei mercati dell’UE.

    Il solo divieto di import di prodotti siderurgici vale 3,3 miliardi di euro, tutti soldi sottratti alle casse di Mosca. Fermato ogni accordo industriale militare

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    È pronto il quarto pacchetto di sanzioni UE contro la Russia: vietati investimenti nel settore energetico e importazioni siderurgiche

    Bruxelles – I leader dell’Unione Europea l’avevano promesso questa notte, al termine della prima discussione del Consiglio informale a Versailles, e in meno di una giornata il quarto pacchetto di sanzioni UE contro la Russia è arrivato. O meglio, è arrivato l’annuncio delle misure restrittive in linea con i partner del G7 che saranno adottate domani (sabato 12 marzo), dopo “le tre ampie ondate di sanzioni che hanno colpito duramente l’economia della Russia”, ha sottolineato nella sua comunicazione la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen.
    Finalmente si inizia a intravedere qualche misura restrittiva sul piano dell’energia: “Proporremo un grande divieto di nuovi investimenti europei nel settore energetico russo“. La motivazione è semplice (la realizzazione meno) ed è legata al fatto che “non dobbiamo alimentare la dipendenza energetica che vogliamo lasciarci alle spalle”, ha sottolineato con forza la leader dell’esecutivo comunitario. Il divieto coprirà tutti gli investimenti, i trasferimenti di tecnologia e i servizi finanziari per l’esplorazione e la produzione di energia. Per colpire ancora di più le fonti di liquidità del regime, sarà anche vietata l’importazione di beni-chiave nel settore siderurgico, privando il settore centrale dell’economia russa di “miliardi di entrate dalle esportazioni e assicurando che i nostri cittadini non sovvenzionino la guerra di Putin”.
    Si continua anche sulla strada della mano pesante contro l’economia e la finanza: “Il rublo è crollato, molte banche russe sono tagliate fuori dal sistema bancario internazionale, le aziende stanno lasciando la Russia” e con il quarto pacchetto di sanzioni UE si vuole “drenare le risorse che usa per finanziare questa guerra barbara“. Tutto questo fino a quando Mosca non mostrerà la “volontà di impegnarsi seriamente nei negoziati per una soluzione diplomatica”. Durissima la misura che nega alla Russia lo status di nazione favorita sui più importanti mercati globali, il che significa che non godrà più dei benefici derivanti dall’appartenenza all’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC): le aziende russe non riceveranno più trattamenti privilegiati e saranno sospesi finanziamenti e prestiti dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale. “La Russia non può violare grossolanamente il diritto internazionale e, allo stesso tempo, aspettarsi di beneficiare dei privilegi di far parte dell’ordine economico internazionale”, mette in chiaro la nota dei leader del G7.
    I ministri delle Finanze, della Giustizia e degli Affari interni del Gruppo dei 7 si incontreranno la settimana prossima per coordinare la task force per individuare nuovi membri dell’oligarchia russa vicina al regime Putin da colpire con le sanzioni e da escludere dal circuito delle criptovalute. Sempre in quest’ottica, il quarto pacchetto di sanzioni vieterà l’esportazione di qualsiasi bene di lusso dai Paesi UE e del G7 verso la Russia, “come un colpo diretto” all’élite russa: “Chi sostiene la macchina da guerra di Putin non sarà più in grado di godere del suo sontuoso stile di vita mentre le bombe cadono su persone innocenti in Ucraina”, ha attaccato von der Leyen.

    The three sweeping waves of sanctions and the extension of their scope this week have hit Russia’s economy very hard.
    The 4th package will be an additional blow to Putin’s regime.
    The invasion of Ukraine has to stop. pic.twitter.com/GFUisNpLWk
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) March 11, 2022

    Sarà presentato domani (12 marzo) il nuovo pacchetto di misure restrittive in coordinamento con il G7. “Non dobbiamo alimentare la dipendenza energetica che vogliamo lasciarci alle spalle”, ha attaccato Ursula von der Leyen

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    “Le sanzioni sono efficaci”, i leader UE lavorano a nuove misure anti-Russia

    Bruxelles – La strategia anti-russa sembra funzionare, tanto che i leader dell’UE lavorano a nuove sanzioni. Il vertice informale del Consiglio europeo in programma domani e venerdì (10 e 11 marzo) servirà a confermare quello che a Bruxelles come nelle altri capitali si continua a ripetere: “Non siamo in guerra contro la Russia”, e non si intende impegnarsi in un conflitto aperto. Anche perché, confidano addetti ai lavori, “fin qui le sanzioni sono efficaci“. Il rublo ha perso valore, le compagnie private in Russia stanno comportandosi di conseguenza.
    Per questo motivo gli ambasciatori hanno messo a punto un nuovo set sanzionatorio che prevede l’aggiunta di nuove 160 persone nella lista nera dell’UE, una moratoria a livello di Organizzazione mondiale del commercio (WTO), e pure una stretta su criptovalute, a cui si guarda con crescente attenzione. Ma c’è anche la questione della banche. Si ragiona alla possibilità di escludere dal circuito internazionale di pagamenti SWIFT gli istituti fin qui risparmiati. Inoltre i leader sono chiamati a dare il beneplacito al divieto di vendita e scambio di materiali sensibili per il settore marittimo.
    Non a caso “parte della discussione dei leader si concentrerà sulle sanzioni”, anticipano fonti qualificate. La strategia non cambia, si vuole indebolire Mosca senza sparare un colpo. “Continuiamo a credere che le nostre sanzioni siano efficaci”.
    Sul fronte energetico non sono attesi grandi passi, almeno non per il momento. I leader, confidano, “credono  che si possano rivedere i criteri esistenti per finanziare le fonti energetiche critiche”. Tradotto: nonostante le voci su creazione di titoli di debito comune, “non avverrà per il momento”. Anche perché la questione prettamente energetica sarà oggetto del vertice formale dei Ventisette in programma il 24 e 25 marzo, quando si entrerà più nel merito delle misure per calmierare i listini energetici per famiglie e imprese sulla scia di quanto già proposto dal team von der Leyen.

    Al vertice informale di Versailles si continuerà con la linea adottata finora per rispondere all’invasione dell’Ucraina. Su energia si torna a parlare a fine mese

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    UE si dice pronta a reagire a Mosca in Ucraina, nuove sanzioni contro Lukashenko

    Bruxelles – Disponibili alla diplomazia, pronti allo scontro. La prima è la via da privilegiare, il secondo la strada da percorrere se fosse necessario. Nei confronti della Russia e nei riguardi delle tensioni che si registrano a est dell’Europa i capi di Stato e di governo confermano di essere pronti a tutto, e quindi ad ogni possibilità. Le conclusioni dell’ultimo vertice del consiglio europeo dell’anno mostrano un’Europa determinata e pronta a reagire nelle intenzioni. Nel documenti si riflettono le diverse anime di un’Europa che in politica estera continua a fare fatica, e che comunque spera di non dover fare davvero sul serio.
    Di fronte alle pressioni di Mosca, che ammassa truppe sul confine con l’Ucraina, una parte dei Ventisette – baltici e blocco dell’est – esorta ad una linea ferma e risoluta, mentre altri, i principali – Italia, Germania, Francia e Spagna – spinge da sempre per mantenere aperto il canale del dialogo. Al termine della discussione i leader confermano la linea che mette tutti d’accordo. La linea dura è pronta, e prevede “serie conseguenze e gravi costi in risposta a ulteriori aggressioni militari” ai danni di Kiev e del suo territorio. Nel pacchetto di azioni anche “misure restrittive coordinate con i partner“.
    L’UE è dunque pronta a reagire con sanzioni, sulla cui natura ed entità nessun leader si sbilancia. La discussione su Ucraina, Bielorussia e attività della Russia in questa zona è stata condotta a porte chiuse nel senso più vero dell’espressione. Sono stati spenti i telefoni cellulari per non far trapelare alcun dettaglio. L’UE non vuole mostrare le carte, perché sa che la posta in gioco è enorme.
    La linea rossa resta l’integrità territoriale dell’Ucraina. “E’ un importante fondamento della pace in Europa e faremo di tutto per mantenere questa inviolabilità”, afferma il cancelliere tedesco, Olaf Scholz. Gli europei hanno già dovuto assistere alla conquista della Crimea da parte dei russi, senza poter muovere un dito. Il fatto che si chiarisca che ogni reazione a dodici stelle sarà comunque preso di concerto coi partner implica la partecipazione della NATO, come conferma anche la stessa alleanza atlantica al termine delle discussioni dei Ventisette. “Qualsiasi ulteriore aggressione contro l’Ucraina avrebbe enormi conseguenze e avrebbe un prezzo elevato. La NATO continuerà a coordinarsi strettamente con le parti interessate e altre organizzazioni internazionali, compresa l’UE”. 
    Soffiano venti di guerra, e a non nasconderlo è il presidente lituano Gitanas Nauseda, tra quelli che non vorrebbe perdere tempo e agire. “Lo scenario peggiore, quello di un conflitto militare, purtroppo non possiamo escluderlo“. Ma l’UE continua a sondare la via non certo più agevole ma sicuramente più percorribile. Il Consiglio europeo “incoraggia gli sforzi diplomatici” innanzitutto. La seconda via, quella del confronto muscolare, dipenderà dalle mosse di Mosca a cui si chiede di “ridurre le tensioni”. Europa pronta a reagire, ma solo se lo richiederà il caso.
    Una linea analoga si adotta per la Bielorussia. Qui si torna a chiedere il rilascio “immediato e incondizionato” degli oppositori del regime di Alexander Lukashenko, per cui chiede “attuazione rapida” delle sanzioni già decretate e di “essere pronti a comminarne delle altre, se necessario”.
    Come per l’Ucraina, anche in Bielorussia sulle risposte l’UE si prepara ad ogni evenienza e studia le mosse degli avversari. Con la differenza che mentre nel primo caso si vuole salvaguardare le frontiere altrui, qui si intende blindare le proprie. I leader insistono sulla necessità di “proteggere efficacemente” i confini esterni dell’UE, e chiedono in tal senso ai propri ministri competenti di “esaminare le misure d’emergenza della Commissione europea“. Sono quelle che intendono, tra le altre cose, permettere agli Stati di chiudere le porte in faccia ai richiedenti asilo usati come ariete, nel caso della Bielorussia.

    I Ventisette mostrano i muscoli e minacciano la linea dura in caso di aggressioni militari nei confronti di Kiev. La diplomazia resta la via maestra, nuovo invito a Minsk per il rilascio degli oppositori

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    L’UE approva quinto pacchetto di sanzioni contro Bielorussia in concerto con Stati Uniti: colpita anche la compagnia aerea Belavia

    Bruxelles – È arrivato il via libera del Consiglio dell’UE al quinto pacchetto di sanzioni contro la Bielorussia e da oggi (giovedì 2 dicembre) altre 17 persone e 11 entità vicine al regime di Alexander Lukashenko saranno colpite dalle misure restrittive dell’Unione Europea. La decisione è stata presa in concerto con i partner degli Stati Uniti, come annunciato dalla portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki.
    Membri della Corte Suprema della Bielorussia, canali di propaganda del regime, funzionari politici, compagnie aeree, tour operator e hotel sono stati inseriti nel nuovo pacchetto di sanzioni, che ha messo al centro la strumentalizzazione delle persone migranti alla frontiera con l’UE. L’intesa politica a Bruxelles era stata raggiunta lo scorso 15 novembre e dopo due settimane e mezzo di lavori sono stati individuati i soggetti da sottoporre al regime restrittivo. Tra questi anche la compagnia aerea di bandiera Belavia, finita nella lista nera dell’UE per essersi resa complice della tratta di esseri umani dai Paesi di origine delle persone migranti verso Minsk (poi trasportate dalle autorità bielorusse ai confini con Polonia e Lituania).
    La decisione di oggi porta a 183 gli individui e 26 le entità colpite dalle sanzione UE, tutti ritenuti responsabili della repressione della società civile, dell’opposizione democratica, dei media indipendenti e dei giornalisti e del contributo all’organizzazione di attraversamenti illegali delle frontiere UE. Le persone fisiche sono soggette a congelamento dei beni e divieto di viaggio, mentre a cittadini e imprese dell’Unione è vietato mettere fondi a loro disposizione.
    “Questa cinica strategia di sfruttamento delle persone vulnerabili è un tentativo ripugnante di sviare l’attenzione dal continuo disprezzo del regime per il diritto internazionale, le libertà fondamentali e i diritti umani in Bielorussia“, ha dichiarato l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. “L’UE è unita nell’affrontare questa sfida e sta usando tutti gli strumenti a sua disposizione”, ha aggiunto Borrell, sottolineando che “questo quinto round di sanzioni è un altro esempio della nostra determinazione ad agire quando i diritti umani vengono violati”.
    Da Washington, la portavoce della Casa Bianca ha ribadito che le sanzioni statunitensi sono “anche in risposta allo spietato sfruttamento da parte del regime di Lukashenko dei migranti vulnerabili” da Paesi terzi. L’obiettivo sarebbe quello di “orchestrare il loro traffico lungo i confini con gli Stati europei”, ha aggiunto Psaki.

    Nel nuovo aggiornamento delle misure restrittive approvato dal Consiglio dell’UE contro il regime di Lukashenko compare anche la compagnia di bandiera per “strumentalizzazione delle persone migranti”

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    Riprendono a Vienna i negoziati sul nucleare iraniano. Ma Teheran non vuole trattare direttamente con gli USA

    Roma – Dopo cinque mesi di interruzione sono ripresi a Vienna i negoziati per riattivare l’accordo internazionale sul programma nucleare dell’Iran. Lo ha annunciato oggi il portavoce della delegazione dell’Unione europea Alain Georges Matton. La ripresa dei lavori della commissione è stata confermata anche dall’agenzia di stampa di Stato iraniana Irna.

    In Vienna, #JCPOA Joint Commission, chaired on behalf of EU High Representatives @JosepBorrellF by @eu_eeas Deputy Secretary General @enriquemora_ , just started. pic.twitter.com/kXtCbQtnEn
    — Alain Georges MATTON 🇪🇺 (@AlainMatton) November 29, 2021

    Un portavoce del governo di Teheran ha riferito che il Paese è “fermamente determinato” a ottenere un buon esito dei negoziati in vista di una revoca delle sanzioni internazionali.
    L’accordo sul nucleare era stato raggiunto nel 2015 con la mediazione dell’UE e dell’ex  rappresentante per la politica estera Federica Mogherini e quando a guidare gli Stati Unti era Barack Obama. Intesa abbandonata dalla presidenza Trump e ora segnata da nuove aperture da parte di Joe Biden. L’accordo era stato sottoscritto da gruppo 5+1, composto da Russia, Cina, Francia, Regno Unito, Germania e Stati Uniti.
    In questa prima fase la delegazione USA guidata dall’inviato speciale per l’Iran, Robert Malley, parteciperà ai colloqui in forma indiretta, con i diplomatici degli altri Paesi che faranno da intermediari.
    Teheran ha sempre rivendicato il diritto a sviluppare un programma nucleare con sole finalità civili, che l’accordo internazionale dovrebbe permettere di monitorare.
    Tuttavia gli ostacoli per un nuovo accordo sono diversi. Da una parte ci sono le forti pressioni di Israele nei confronti dei Paesi occidentali che fin dal 2015 ha contestato l’intesa. Sul fronte opposto l’Iran ha irrigidito la sua posizione, denunciando la controparte statunitense di aver disatteso gli accordi con l’uscita unilaterale nel 2018 e un inasprimento delle sanzioni, motivo che ha portato al rifiuto di Teheran a trattare direttamente con Washington.

    Un portavoce del governo ha dichiarato che il Paese è “fermamente determinato” a un buon esito ma denuncia l’uscita unilaterale degli USA dagli accordi del 2015. Le trattative con l’inviato speciale di Biden saranno mediate dal gruppo dei 5