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    Ue “al fianco” del popolo iraniano, sanzionati altri 29 individui per la morte di Mahsa Amini e le violenze in piazza

    Bruxelles – Ferma condanna “dell’inaccettabile e violenta repressione” delle manifestazioni in Iran. Il Consiglio Affari Esteri riunito a Bruxelles ha deciso oggi (14 novembre) di sanzionare altre 29 persone e tre entità per il ruolo nella morte di Mahsa Amini, la 22enne morta lo scorso 16 settembre in carcere a Teheran dopo essere stata arrestata dalla polizia religiosa per non aver indossato correttamente l’hijab e nella repressione delle proteste che vanno avanti senza sosta da oltre un mese.
    Tra gli ultimi nomi aggiunti all’elenco di individui soggetti a misure restrittive (che si traducono in un divieto di viaggio e congelamento dei beni), come si legge in una nota del Consiglio Ue, c’è anche il ministro dell’Interno iraniano, Ahmad Vahidi, che è anche responsabile della LEF, le forze dell’ordine iraniane. Presi di mira altri quattro membri della squadra che ha arrestato arbitrariamente Mahsa Amini, i capi provinciali delle LEF e del Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche (IRGC), nonché il generale di brigata Kiyumars Heidari, il comandante della Le forze di terra dell’esercito iraniano, per il loro ruolo “nella brutale repressione delle recenti proteste”, scoppiate nel Paese a seguito dell’uccisione della donna. Bruxelles prende di mira anche l’emittente televisiva di Stato iraniana Press TV responsabile “della produzione e della trasmissione delle confessioni forzate dei detenuti” e Vahid Mohammad Naser Majid, il capo della polizia informatica iraniana per la sua responsabilità nell’arrestare arbitrariamente persone per aver espresso critiche online al regime iraniano.
    Il regime di sanzioni per i diritti umani applicato in Iran include anche il divieto di esportazione in Iran di apparecchiature che potrebbero essere utilizzate per la repressione interna e di apparecchiature per il monitoraggio delle telecomunicazioni. Con l’aggiornamento della lista, l’elenco dei soggetti alle misure restrittive dell’UE sale a quota 126 persone e 11 entità. “L’UE condanna fermamente l’inaccettabile e violenta repressione dei manifestanti. Siamo con il popolo iraniano e sosteniamo il suo diritto a protestare pacificamente e ad esprimere liberamente le sue richieste e opinioni. Oggi stiamo imponendo ulteriori sanzioni ai responsabili della repressione dei manifestanti iraniani”, commenta l’alto rappresentato Ue per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell.

    Dal Consiglio Affari Esteri via libera a nuove restrizioni contro individui ed entità coinvolte con “la violenta repressione”. Nell’elenco anche il ministro dell’Interno iraniano, Ahmad Vahidi

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    Per von der Leyen è tempo di sanzioni Ue contro Teheran per la repressione delle donne iraniane

    Bruxelles – Difendere i valori in cui l’Europa crede e difendere chi si batte per proteggerli anche fuori dall’Europa. Come “le coraggiose” donne iraniane che attraverso settimane di proteste e manifestazioni “chiedono libertà e uguaglianza”. Per Ursula von der Leyen è arrivato il momento di sanzionare i responsabili della repressione delle donne iraniane.
    E’ durante il discorso alla Conferenza degli ambasciatori Ue, che la presidente della Commissione europea ha condannato la repressione di “migliaia di manifestanti pacifici che vengono picchiati e detenuti: uomini e donne, avvocati e giornalisti, attivisti e cittadini comuni” che protestano da settimane per la morte della 22enne Mahsa Amini, uccisa lo scorso 16 settembre in carcere a Teheran dopo essere stata arrestata dalla polizia religiosa (la cosiddetta polizia della moralità) per non aver indossato correttamente l’hijab.
    “Questo è un grido per l’uguaglianza, è un grido per i diritti delle donne”, ha detto la presidente, precisando che il messaggio dell’Unione europea di fronte alla repressione deve essere dobbiamo chiedere che la violenza si fermi. Le donne devono avere la possibilità di scegliere. E dobbiamo ritenere responsabili coloro che sono responsabili della repressione delle donne”. Per questo, è arrivato il momento di sanzionare le persone che sono responsabili. “La scioccante violenza inflitta al popolo iraniano non può rimanere senza risposta e dobbiamo lavorare insieme sulle sanzioni”, ha dichiarato, aprendo di fatto all’idea che l’Ue possa imporre sanzioni contro i funzionari iraniani coinvolti nella repressione. Secondo quanto riportano fonti Ue a Bloomberg, il pacchetto di misure restrittive dovrebbe coinvolgere 15 tra persone ed entità iraniane legate alla morte di Amini e potrebbe essere adottato già la prossima settimana, se sarà raggiunto un accordo unanime tra i Ventisette.
    Un’idea che l’Europarlamento, per primo, ha sostenuto approvando lo scorso 6 ottobre a Strasburgo un atto di indirizzo per chiedere provvedimenti immediati contro il regime degli Ayatollah nell’ambito del regime globale di sanzioni dell’UE in materia di diritti umani. Gli europarlamentari hanno chiesto “un’indagine imparziale, efficace e soprattutto indipendente” sulle accuse di tortura e maltrattamento. Un invito rivolto a Nazioni Unite, e in particolare al Consiglio per i diritti umani. Per le autorità iraniane, invece, l’invito a rilasciare i manifestanti e ritirare ogni accusa nei loro confronti.

    Durante il discorso alla Conferenza degli ambasciatori Ue, la presidente della Commissione europea condanna la repressione di “migliaia di manifestanti pacifici” che vengono picchiati e detenuti in Iran per la morte della 22enne Mahsa Amini, uccisa lo scorso 16 settembre in carcere a Teheran dopo essere stata arrestata dalla polizia religiosa per non aver indossato correttamente l’hijab

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    Il Parlamento Ue ai leader: “Preparare risposta a eventuale attacco nucleare russo”

    dall’inviato a Strasburgo – Sostegno per la difesa dell’Ucraina, ancora di più. L’imperativo è “aumentare massicciamente l’assistenza militare, in particolare nelle aree richieste dal governo” di Volodymyr Zelenskyy ucraino. L’Aula del Parlamento europeo vuole dai Ventisette una risposta ancora più ferma e decisa, e nella risoluzione approvata a larghissima maggioranza (504 voti a favore, 26 contrari e 36 astensioni) si invita anche ad andare oltre l’ottavo pacchetto di sanzioni. Paesi UE e i partner internazionali sono invitati a “preparare una risposta rapida e decisiva nel caso in cui la Russia dovesse condurre un attacco nucleare” contro l’Ucraina.
    E’ forse questo il messaggio politico più forte del testo licenziato a Strasburgo, da dove arriva comunque la richiesta ad “adottare ulteriori severe sanzioni” quale risposta ai referendum indetti da Putin per annettere gli oblast di Donetsk, Kherson, Luhansk e Zaporizhzhia. Un modo per dimostrare unità di intenti con Commissione e Consiglio sull’ottavo pacchetto di misure sanzionatorie e magari inasprirlo ancora di più. Ma di fronte alle ” irresponsabili e pericolose”  minacce russe di ricorrere all’utilizzo di armi nucleari si avverte la necessità di lavorare già a contromisure adeguate, con l’auspicio di non dovervi mai ricorrere.
    In parallelo, continuare nell’assistenza militare. “E’ chiaro che la fine della guerra dipende esclusivamente da quante armi l’Occidente saprà dare all’Ucraina“, scandisce Siegfried Muresan, vice presidente del gruppo dei popolari (Ppe), che insiste lungo il solco tracciato ormai da mesi. L’impegno dell’Ue a rifornire quanto più possibile Kiev è stato assunto da mesi, e ora si intende andare avanti. C’è la sensazione che l’avanzata russa abbia perso di slancio, e che questo sia il momento di insistere. Mosse delicate ma obbligate dalla situazione. “Un attacco nucleare non dissuaderà l’Unione Europea dal fornire ulteriore assistenza all’autodifesa dell’Ucraina”, il messaggio che arriva da Strasburgo.

    La richiesta nella risoluzione approvata a larga maggioranza. Si invita anche a intensificare il rifornimento di armi all’Ucraina, e di essere pronti a nuove sanzioni

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    Velo islamico, Parlamento Ue chiede sanzioni per il regime iraniano. Il gruppo ID critica l’Aula

    dall’inviato a Strasburgo – Sanzionare i funzionari iraniani coinvolti nella morte di Mahsa Amini e nelle violenze contro i manifestanti. Il Parlamento europeo si rivolge ai capi di Stato e di governo dell’Ue, riuniti a Praga e pronti a ritrovarsi a Bruxelles per il vertice di fine mese, per chiedere provvedimenti immediati contro il regime degli Ayatollah nell’ambito del regime globale di sanzioni dell’UE in materia di diritti umani. L’Aula approva, per alzata di mano, il testo di condanna per la morte della 22enne lo scorso 16 settembre in carcere a Teheran dopo essere stata arrestata dalla polizia religiosa per non aver indossato correttamente l’hijab, il velo islamico imposto alle donne. Gli europarlamentari chiedono “un’indagine imparziale, efficace e soprattutto indipendente” sulle accuse di tortura e maltrattamento. Un invito rivolto a Nazioni Unite, e in particolare al Consiglio per i diritti umani. Per le autorità iraniane, invece, l’invito a rilasciare i manifestanti e ritirare ogni accusa nei loro confronti.
    Nel giorno in cui il Parlamento Ue si schiera con la società civile e con le donne dell’Iran, si consuma lo strappo con le forze sovraniste. Al termine della sessione di voto il gruppo Identità e democrazia (Id), dove siede la Lega, denuncia e condanna l’atteggiamento degli altri gruppi, rei di aver compiuto “atti antidemocratici”. Quello che è accaduto, la denuncia del gruppo, è l’”averci impedito di firmare e sostenere la risoluzione comune” sulla morte di Mahsa Amini e la repressione delle donne manifestanti per i diritti in Iran. Per gli europarlamentari di Identità e democrazia si tratta di “un ultimo tentativo di mantenere il cordone sanitario attorno al gruppo ID” anche su una questione come quella del velo islamico e l’Iran, e la che bollano come “una vergogna”.
    Intanto il Parlamento lancia un messaggio ai capi di governo. Sulla proposta di sanzioni e condanna dovrà esprimersi a breve il nuovo esecutivo tricolore. Gli italiani del gruppo Id avranno modo di esprimersi in quell’occasione, in forza della coalizione con Forza Italia e Fratelli d’Italia.

    L’Eurocamera chiede indagini Onu sulla morte di Mahsa Amini, i sovranisti denunciano la negata possibilità di sottoscrivere la risoluzione. “Vergogna”.

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    L’Ue reagisce all’escalation in Ucraina con l’ottavo pacchetto di sanzioni: price cap a petrolio e stop a europei nei Cda russi

    Bruxelles – Dal sesto all’ottavo pacchetto di sanzioni, passando dal maintenance and alignement (aggiornamento e allineamento, un sorta di ‘sesto e mezzo’), per colpire il Cremlino immediatamente dopo la nuova escalation in Ucraina, caratterizzata dai referendum farsa di annessione dei territori occupati dalla Russia, l’arruolamento di 300 mila riservisti, le minacce di uso dell’arma nucleare e il sabotaggio ai gasdotti Nord Stream. “La Russia ha portato l’invasione dell’Ucraina a un nuovo livello, siamo determinati a far pagare al Cremlino questa ulteriore escalation“, ha attaccato senza troppi giri di parole la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen.
    Il cuore del nuovo pacchetto di sanzioni contro la Russia è un’ulteriore limitazione degli scambi commerciali, che “costerà al Cremlino altri 7 miliardi di euro in entrate“. Le proposte dettagliate ancora non sono state rese note, ma dal discorso della numero uno della Commissione e dell’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, si iniziano a intravedere le direttrici dell’intervento. Prima di tutto un isolamento ulteriore dell’economia russa, per privare il complesso militare del Cremlino di tecnologie-chiave: “Si tratta di ulteriori prodotti per l’aviazione, componenti elettronici e sostanze chimiche specifiche”, ha anticipato von der Leyen. Ma soprattutto, nel pacchetto sarà introdotto un “tetto massimo di prezzo del petrolio russo per i Paesi terzi”, per annullare i profitti del Cremlino derivanti dalla vendita di combustibili fossili. “Abbiamo già deciso di vietare il trasporto di greggio russo via mare nell’Unione Europea a partire dal 5 dicembre”, ha ricordato von der Leyen – fornendo per la prima volta una data precisa alla decisione sul sesto pacchetto approvato a giugno. “Stiamo gettando le basi legali per questo tetto al prezzo del petrolio”, è l’annuncio che però ancora rimane molto vago.
    Sarà poi vietato ai cittadini europei di fornire servizi e sedere negli organi direttivi delle imprese statali russe, perché Mosca “non dovrebbe beneficiare delle conoscenze e delle competenze europee”, e saranno anche intensificati gli sforzi per reprimere l’elusione delle misure restrittive: “Stiamo aggiungendo una nuova categoria, con cui saremo in grado di schedare le persone che aggirano le nostre sanzioni“, per esempio chi acquista beni nell’Ue e li porta in Russia passando da Paesi terzi. “Credo che avrà un grande effetto deterrente, rendendo a Putin ancora più difficile sostenere la guerra”, ha concluso la presidente della Commissione.
    “Il Cremlino sta seguendo lo stesso schema che abbiamo già visto in Georgia nel 2008 e in Crimea nel 2014“, ha messo in chiaro l’alto rappresentante Borrell: “Sono sicuro di poter parlare a nome degli Stati membri dell’Unione Europea, che nessuno di loro riconoscerà il risultato falsificato dei referendum farsa” nelle province ucraine occupate di Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia. Ribadendo che “le nostre sanzioni stanno funzionando”, Borrell ha illustrato l’aggiornamento dell’elenco dei sanzionati, che “già ora conta più di 1.300 tra individui ed entità“. Saranno colpiti dalle sanzioni “tutti coloro che sono coinvolti nell’occupazione e nell’annessione illegale di aree dell’Ucraina da parte della Russia”, vale a dire le autorità russe per procura a Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia e i responsabili dell’organizzazione dei referendum farsa. Saranno poi inclusi i funzionari di alto livello del ministero della Difesa russo e “coloro che sostengono le forze armate russe fornendo attrezzature e armi dell’esercito, compresi missili e aerei da combattimento”, o che “partecipano al reclutamento” dei riservisti. Infine sarà prevista una nuova stretta sulla propaganda e la disinformazione di regime e ai donatori nelle aree occupate.
    A completare il quadro sulle sanzioni contro la Russia, il commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni, ha elencato i dati del crollo dell’economia del Cremlino: “Le importazioni dall’Ue sono diminuite di circa il 50 per cento nel periodo marzo-giugno, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, la nostra quota di importazioni di gas dalla Russia è diminuita dal 45 per cento prima della guerra al 14 di oggi“. Ancora più impressionante è quanto riporta il commissario italiano sull’industria civile di Mosca: “Le poche auto oggi prodotte sono prive di airbag, Abs e marmitte catalitiche, mentre i dati dell’estate indicavano un calo delle vendite di oltre il 70 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso a causa del crollo della produzione”. Un chiaro segno che “la nostra risposta comune sta funzionando”, come dimostrano anche le recenti mosse di Putin, “dall’interruzione delle consegne di gas attraverso Nord Stream 1, fino alla mobilitazione dei riservisti e ai falsi referendum nei territori occupati”, ha ribadito Gentiloni.

    La Commissione ha annunciato nuove misure restrittive contro “tutti coloro che sono coinvolti nell’aggressione armata e nell’annessione illegale di territori ucraini”. La presidente von der Leyen ha annunciato che la nuova stretta alle importazioni “costerà al Cremlino altri 7 miliardi di euro”

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    Le previsioni dell’Ue sull’impatto delle sanzioni sulla Russia: “Il Pil crollerà dell’11 per cento, peggio della caduta dell’Urss”

    Bruxelles – Peggio della caduta dell’Unione Sovietica. Le sanzioni internazionali stanno colpendo la Russia con una violenza mai vista prima nella storia, dopo anni in cui Mosca affronta una recessione economica. La conferma arriva dal vicedirettore generale per l’Europa orientale e l’Asia centrale del Servizio europeo per l’azione esterna (Seae), Luc Pierre Devigne, nel corso di un’audizione alla sessione congiunta della commissione Affari esteri (Afet) e della sottocommissione per la Sicurezza e la difesa (Sede) del Parlamento Ue. “Le nostre sanzioni funzionano, la Russia affronta una recessione dagli anni Novanta e ora ci aspettiamo un crollo del Pil nazionale dell’11 per cento, ancora maggiore rispetto a quello della caduta dell’Urss“.
    Nel corso dell’audizione parlamentare Devigne si è soffermato sulle motivazioni per cui è necessario un nuovo round di misure restrittive internazionali contro il Cremlino, ormai in difficoltà evidente sia sul fronte economico, sia su quello militare: “La Russia è sempre più isolata, partner importanti come Cina e India hanno dichiarato che questi non possono essere tempi di guerra e il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, ha annunciato che i territori strappati all’Ucraina non saranno riconosciuti”. Come già ha spiegato recentemente anche il premier italiano dimissionario, Mario Draghi, e ancor prima il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, “dobbiamo essere ancora più risoluti e continuare sulla strada delle sanzioni contro la Russia, che si stanno dimostrando efficaci”, ha ribadito con forza Devigne, precisando agli eurodeputati che “non posso rivelarne il contenuto per non mettere a repentaglio la loro efficacia e per non impattare sul costo di ciò che potrebbe essere sanzionato”.
    A determinare decisione di un nuovo round di misure restrittive (arrivate a sei pacchetti e un ultimo a luglio definito maintenance and alignement, aggiornamento e allineamento) è l’ulteriore escalation militare in Ucraina, con i referendum-farsa nelle autoproclamate Repubbliche filo-russe e la mobilitazione parziale dei riservisti dichiarata da Vladimir Putin, con annesse minacce nucleari all’Occidente. “Qualsiasi riferimento all’uso di armi nucleari o di azioni contro gli impianti nucleari in Ucraina pone la Russia ai margini della civiltà”, ha attaccato il vicedirettore generale del Seae. Minacce che in ogni caso “non indeboliranno la nostra decisione di continuare sulla strada delle sanzioni” e che, al contrario, stanno portando l’esecutivo comunitario a valutare la proposta di una nuova tranche di aiuti militari a Kiev attraverso lo strumento dell’European Peace Facility, rende noto Devigne.
    Il momento è cruciale per la guerra in Ucraina perché, “senza successi militari, Putin continua sulla strada dell’escalation, cercando di intimidire l’Ucraina e i Paesi che la supportano”. Le contraddizioni sono evidenti, considerato il fatto che si parla di circa 300 mila coscritti, “anche se il Cremlino riporta di aver perso solo seimila soldati e parte del decreto di mobilitazione è secretata”. La stessa mobilitazione “parziale” potrebbe essere un modo per “non far capire al popolo russo quanto la situazione sia grave”, ma nonostante questo è già iniziata l’ondata di proteste: “Più di duemila persone sono state arrestate, ma molte di più se ne vanno dal Paese”, ha ricordato Devigne, facendo riferimento alle “file chilometriche di auto ai confini e i voli aerei andati esauriti”. Mentre l’esercito ucraino continua nella propria avanzata nella controffensiva a est, “l’escalation di Putin dimostra che la Russia sta attraversando una crisi, o quantomeno un momento critico, visto che sono state anche rafforzate le sanzioni per chi si arrende o rifiuta di arruolarsi”, ha concluso il proprio intervento il vicepresidente del Seae.

    Il vicedirettore generale per l’Europa orientale e l’Asia centrale del Servizio europeo per l’azione esterna, Luc Pierre Devigne, ribadisce che “le misure restrittive funzionano”, perché colpiscono un Paese che “affronta una recessione dagli anni Novanta e ora viene abbandonato da Cina e India”

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    Le Maire: “Le sanzioni contro la Russia funzionano”

    Bruxelles – “Le sanzioni contro la Russia funzionano“. Bruno Le Maire vuole essere chiaro. “La Russia è in recessione, e questo dimostra che le nostre misure stanno dando i loro frutti”. Il ministro delle Finanze francese lo dice in modo chiaro e inequivocabili. Difende con forza i sei pacchetti di misure restrittive contro Mosca per l’aggressione dell’Ucraina, e invita a tenere il punto, a non avere ripensamenti. Perché la strategia a dodici stelle per fiaccare la macchina bellica russa può funzionare solo se si marcia compatti e determinati. Nel parlare alla stampa, al suo arrivo a Praga per i lavori dell’Eurogruppo, in realtà si rivolge a forze politiche scettiche e opinione pubblica. “Non ascoltate le bugie di quanti dicono che le nostre sanzioni non hanno effetti“, insiste il ministro francese.
    La sottolineatura vale in particolare per l’Ungheria, Paese partner meno convinto tra i Ventisette di come si stia gestendo la situazione, soprattutto sul piano energetico. Budapest di fatto ha rotto le righe, e ha iniziato a muoversi in modo tutto proprio, siglando nuovi accordi Gazprom e parlando di “fallimento” dell’Ue di fronte ad una guerra in Ucraina che, nonostante una risposta senza precedenti, va avanti. Un Orban-pensiero affidato come da prassi ormai consolidata al suo portavoce, Zoltan Kovacs.

    PM Orbán: Due to sanctions and war, Europe might run out of energy. There are 11,000 sanctions in force against RUS, but the war is still ongoing, the attempts to weaken Russia have failed. 1/2
    — Zoltan Kovacs (@zoltanspox) September 8, 2022

    Nel rivendicare con convinzione che le sanzioni contro la Russia funzionano, e nell’invito a non dare credito a chi sostiene il contrario, le parole di Le Maire irrompono anche nella campagna elettorale italiana. La Lega sta sostenendo la necessità di rivedere l’impianto sanzionatorio dell’Ue nei confronti di Mosca. Matteo Salvini sta costruendo buona parte del programma sulla natura penalizzante e controproducente dei sei pacchetti fin qui approvati, portata avanti nei comizi e rilanciata sui social.

    Gabriele Miccini, titolare del mobilificio Giessegi di Appignano (Macerata): “Le sanzioni ci uccidono, così i miei operai rischiano il posto di lavoro. L’unico che la pensa come me è Salvini”. pic.twitter.com/KX0CFSdI9m
    — Matteo Salvini (@matteosalvinimi) September 8, 2022

    La Francia tiene il punto. Se anche l’Italia saprà farlo anche dopo il voto del 25 settembre è tutto da scoprire. Nel frattempo i partner europei insistono con quanto fatto finora.

    Il ministro delle Finanze francese: “Mosca in recessione, non credete alle bugie di quanti dicono che le nostre sanzioni non hanno effetti”

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    Energia, sanzioni e politica estera, se l’India complica i piani dell’UE nei confronti di Mosca (e non solo)

    Bruxelles – Unione europea e India, due attori diversi per diverse strategie che rischiano di scontrarsi tra loro. A cominciare dall’atteggiamento da tenere nei confronti della Russia. L’UE ha adottato sanzioni senza precedenti per rispondere all’aggressione in Ucraina, e ha intrapreso la via della riduzione di acquisti energetici da Gazprom e Rosfnet, i giganti di gas e petrolio facenti capo al Cremlino. Non solo. Il blocco a dodici stelle ha anche decretato la messa al bando del carbone russo. Al 28esimo parallelo si tende ad agire in modo diametralmente opposto. Da parte indiana c’è “interesse ad acquistare petrolio e carbone russi a basso costo colpiti dalle sanzioni occidentali imposte in risposta all’invasione russa dell’Ucraina”. Questo recita un documento di lavoro del Parlamento europeo, da cui emerge la complessità di relazioni bilaterali e un partner che complica i piani del vecchio Continente.
    Il nodo indiano è legato alla Nazione stessa e alle sue traiettorie di sviluppo. Ci sono livelli di crescita importanti, a ritmi serrati. “Si prevede che l’India diventerà la terza economia più grande del mondo entro la metà degli anni Trenta” di questo secolo. Un processo che richiede un decennio, anno più, anno meno. A patto che ci siano le condizioni energetiche necessarie. Il nodo è economico e politico. L’India ha bisogno di crescere per poter diventare una potenza e accrescere il proprio peso sullo scacchiere internazionale. In prospettiva, “il consumo energetico indiano è destinato a crescere più rapidamente di quello di qualsiasi altra grande economia“, rileva il documento dell’Europarlamento. “Ma il Paese dipende dalle importazioni di energia”.
    Anche l’Unione europea è fortemente dipendente dall’energia, ma ha scelto di fare a meno del mercato russo. Ha avviato una corsa a nuovi fornitori, innescando una domanda e mettendo in moto il mercato. In questa corsa agli approvvigionamenti ha liberato l’offerta di Mosca, lasciando campo libero ai concorrenti. L’India pensa di approfittarne. Non sfugge a Bruxelles che “l‘India, non ha condannato la guerra della Russia all’Ucraina“. Si considera questa linea come il proseguimento “non allineamento in stile Nehru”.Secondo questa lettura, “è proprio questo approccio multipolare che consente all’India di giocare una parte contro l’altra per massimizzare i propri interessi”.
    Conprensibile che il governo indiano voglia agire in nome delle proprie strategie e delle proprie necessità, ma se è vero che da parte indiana c’è “interesse ad acquistare petrolio e carbone russi a basso costo colpiti dalle sanzioni occidentali imposte in risposta all’invasione russa dell’Ucraina”, allora la strategia dell’UE rischia di indebolirsi. Non è chiaro, perché cifre non ve ne sono nel documento dell’Europarlamento, se gli acquisti indiani siano in grado di compensare i mancati introiti europei, ma la voglia di isolare Mosca e fiaccarla da un punto di vista economico rischia di saltare.
    Così come rischiano di saltare le già complicate relazioni con il partner asiatico, membro del G20. L’UE sta faticosamente cercando di negoziare accordi commerciali con Nuova Delhi. Congelati nel 2013, sono stati rilanciati solo quest’anno. Se è la Commissione europea a negoziare a nome degli Stati i partenariati commerciali, il Parlamento ha comunque voce in capitolo. La procedura di “approvazione”, in cui è richiesto il consenso dell’Aula, si applica in caso di adesione di nuovi Stati membri dell’UE e negli accordi commerciali internazionali tra l’UE e i paesi terzi o i gruppi di paesi. 
    Prima della pausa estiva, il 5 luglio 2022, l’Eurocamera ha adottato una risoluzione sulla futura cooperazione commerciale e di investimento UE-India in cui si sottolinea la necessità che le due parti cooperino per affrontare le ripercussioni che la guerra della Russia all’Ucraina”. Nella stessa risoluzione, se da una parte il Parlamento UE “riconosce la posizione neutrale dell’India fin dalla sua indipendenza”, dall’altra parte “deplora la titubanza dell’India nel condannare l’aggressione militare della Federazione russa contro l’Ucraina”.
    L’India dunque complica i piani dell’UE, sotto diversi aspetti. La risposta all’aggressione russa dell’Ucraina, la portata delle sanzioni, le relazioni bilaterali, i rapporti inter-istituzionali tutti comunitari.

    Un documento di lavoro del Parlamento europeo rileva come da parte indiana c’è “interesse ad acquistare petrolio e carbone russi a basso costo colpiti dalle sanzioni occidentali imposte in risposta all’invasione russa dell’Ucraina”