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    Pronto il 17esimo pacchetto di sanzioni Ue alla Russia: “Mettiamo pressione su Putin”

    Bruxelles – Gli ambasciatori dei Ventisette hanno messo a punto il 17esimo pacchetto di sanzioni contro la Russia, che andranno ora adottate dal Consiglio Affari esteri all’inizio della prossima settimana. Ma le misure restrittive – interpretate a Bruxelles come una risposta al niet di Vladimir Putin sul cessate il fuoco proposto da Volodymyr Zelensky e dagli alleati occidentali dell’Ucraina – non sembrano particolarmente incisive, almeno secondo gli Stati membri fautori di un approccio più muscolare nei confronti di Mosca.La conferma è arrivata stamattina (14 maggio) da fonti diplomatiche: il Coreper (l’organo preparatorio che riunisce i rappresentanti permanenti degli Stati membri) ha dato il disco verde al 17esimo pacchetto di sanzioni contro il Cremlino. Le misure erano state presentate dall’esecutivo Ue lo scorso 7 maggio, per poi essere leggermente modificate negli scorsi giorni dalla presidenza polacca del Consiglio. L’approvazione formale da parte dei ministri degli Esteri dei Ventisette dovrebbe avvenire lunedì prossimo (20 maggio).Le misure sono state confezionate esattamente un mese dopo essere state messe sul tavolo dal capo della diplomazia comunitaria, Kaja Kallas. L’Alta rappresentante sostiene da tempo la necessità di un’ulteriore stretta del regime sanzionatorio a dodici stelle contro la Federazione (l’ultimo pacchetto, il 16esimo, risale a fine febbraio) per mantenere alta la pressione sul Cremlino. “Le sanzioni prosciugano la cassa di guerra della Russia”, ha scritto su X salutando l’approvazione odierna al Coreper.L’Alta rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas (foto: European Council)A livello di contenuti, tuttavia, si tratta di poco più che pallottola spuntata. Un’estensione di misure già esistenti, allargate ad un numero più ampio di persone fisiche e giuridiche. Il che spiegherebbe l’approvazione tutto sommato liscia del pacchetto, che non ha dovuto scontrarsi con l’ormai abituale opposizione ungherese.L’obiettivo delle sanzioni approvate oggi è ancora una volta la cosiddetta “flotta ombra” del Cremlino. Vengono così colpite quasi 200 nuove navi con cui la Federazione elude l’embargo petrolifero imposto dall’Occidente continuando a esportare greggio in giro per il mondo, portando la lista nera dei vascelli fantasma oltre quota 350.Sono inoltre finite nel mirino di Bruxelles 75 persone e aziende coinvolte a vario titolo nel complesso militare-industriale russo, nonché una trentina di imprese che secondo l’Ue continuano a fornire a Mosca beni e tecnologie a doppio uso (civile e militare). Infine, il pacchetto vieta l’esportazione verso la Federazione di alcune sostanze chimiche utilizzate nella produzione di missili.Fuori dalle maglie delle restrizioni sono rimaste, invece, le misure più dure richieste dai “falchi” dell’Ue, baltici e scandinavi in testa. Che guardano oltre e ipotizzano già un 18esimo – sul quale, in effetti, dovrebbero iniziare a breve i lavori degli sherpa – e, magari, anche un 19esimo pacchetto di sanzioni. In cui includere finalmente Rosatom, il gigante statale dell’energia atomica, e l’import di gas naturale liquefatto (gnl).Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto via Imagoeconomica)I Ventisette considerano il round di sanzioni approvato oggi come un modo per mettere pressione su Vladimir Putin, affinché accetti di sedersi al tavolo per negoziare un cessate il fuoco in Ucraina. Come da copione, lo zar ha candidamente ignorato l’ultimatum presentatogli dagli alleati occidentali di Kiev (una sospensione incondizionata delle ostilità per 30 giorni, che sarebbero dovuti scattare l’altroieri), in un inedita dimostrazione di unità da una sponda all’altra dell’Atlantico.Supportato sia dalla coalizione dei volenterosi sia dagli Stati Uniti, il leader ucraino Volodymyr Zelensky ha dato appuntamento al suo omologo russo a Istanbul per incontrarsi di persona domani (15 maggio) e discutere di una tregua al conflitto che infuria da più di tre anni.Le nuove sanzioni arrivano così alla vigilia di quello che, almeno nelle speranze delle cancellerie europee, potrebbe essere il primo round di colloqui diretti tra Russia e Ucraina dal marzo 2022, sotto gli auspici dello stesso mediatore di allora, il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan. E, magari, pure di Donald Trump, che proprio in queste ore sta girando in lungo e in largo gli Stati del Golfo Persico.

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    Ucraina, i Ventisette al lavoro sul 17esimo pacchetto di sanzioni contro Mosca

    Bruxelles – Mentre la Russia continua a bombardare l’Ucraina, l’Ue non ha ancora trovato la quadra per imporre nuove sanzioni su Mosca, mentre il sostegno a Kiev procede ancora a singhiozzo. Le cancellerie stanno lavorando al 17esimo pacchetto di misure restrittive, che potrebbe essere pronto il mese prossimo, ma le difficoltà maggiori si riscontrano ancora sull’utilizzo dei proventi dai capitali russi congelati.È di almeno 34 morti e oltre 110 feriti il bilancio dell’ultimo attacco russo sulla città ucraina di Sumy, poco distante dal confine con la Federazione, condotto ieri (13 aprile) mentre la cittadinanza era riunita per celebrare la domenica delle Palme, ad appena un paio di giorni dalla visita a Mosca dell’inviato speciale della Casa Bianca, Steve Witkoff. L’ennesima strage di civili ha aumentato la pressione politica sui ministri degli Esteri dei Ventisette, riuniti stamattina a Lussemburgo, ma non è stata sufficiente per imprimere una svolta decisiva. Il 17esimo pacchetto di sanzioni contro Mosca è ancora in preparazione e non sarà ultimato prima del mese prossimo, come sottolineato dalla stessa Kaja Kallas.Sanzioni e beni congelati“Tutti gli Stati membri vogliono la pace e tutti appoggiano il cessate il fuoco” accettato dall’ex repubblica sovietica quasi un mese fa, ha dichiarato l’Alta rappresentante (alla sua prima missione nel Granducato). Ma il bombardamento di Sumy “dimostra che i russi non vogliono la pace“, e dunque “l’unico modo per portare la Russia a negoziare è aumentare la pressione“. L’ultimo round di misure restrittive contro la Russia è stato approvato lo scorso febbraio in occasione del terzo anniversario dell’invasione su larga scala dell’Ucraina del 2022.“Stiamo lavorando all’imposizione di sanzioni sul petrolio e sul gas“, ha aggiunto l’ex premier estone auspicando “un pacchetto il più forte possibile“. Stavolta, tra le maglie delle sanzioni potrebbero finire intrappolate anche le navi della cosiddetta “flotta ombra” della Federazione (utilizzata fin qui per aggirare le sanzioni già esistenti) e le importazioni di gas naturale liquefatto (gnl), nonché la società atomica statale Rosatom. Questi, almeno, sarebbero i desiderata dei baltici e degli scandinavi, i più vocali sostenitori dell’Ucraina e i più accaniti detrattori della Russia.Una volta confezionate, ad ogni modo, le nuove misure restrittive dovranno passare per le Forche Caudine dell’unanimità tra le cancellerie. Che, in termini pratici, significa esporle al veto del primo ministro ungherese Viktor Orbán, il cavallo di Troia del Cremlino in seno all’Ue che si è sempre messo di traverso per quanto riguarda il sostegno a Kiev, tanto da far parlare il ministro lituano Kęstutis Budrys di “un’umiliazione per tutti coloro che si impegnano diplomaticamente per fermare questa guerra”.Il primo ministro ungherese Viktor Orbán (foto: European Council)Una questione ancora più spinosa è quella relativa all’utilizzo degli extraprofitti generati dagli interessi sui capitali russi immobilizzati nella giurisdizione dell’Unione (un tesoretto che ammonta a qualcosa come 210 miliardi di euro) per finanziare la resistenza ucraina e la futura ricostruzione del Paese aggredito. La ministra svedese Maria Palmer Stenergard, ad esempio, vorrebbe spingersi fino a sequestrare gli stessi beni congelati.La faccenda è complessa tanto dal punto di vista politico quanto da quello giuridico e in Ue se ne discute da parecchio tempo, ma il tema ha guadagnato nuova urgenza dopo il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, data la prospettiva di una chiusura dei rubinetti a stelle e strisce e l’alleggerimento delle sanzioni a Mosca ventilato recentemente dal tycoon newyorkese.Aiuti militariSul tavolo dei titolari degli Esteri c’erano anche gli aiuti militari a Kiev. “Abbiamo discusso dell’espansione delle missioni già in corso“, ha spiegato il capo della diplomazia a dodici stelle, ma anche di quella “forza di rassicurazione” di cui si sta occupando la coalizione dei volenterosi a egida franco-britannica. In termini finanziari, ha osservato Kallas “quest’anno gli Stati membri hanno già contribuito oltre 23 miliardi di euro”, una cifra superiore a quella versata dai Ventisette nel 2024 (circa 20 miliardi).Ad oggi, ha annunciato, sono stati consegnati circa due terzi dei 2 milioni di proiettili (per un valore totale di 5 miliardi) promessi all’Ucraina dagli Stati membri in quello che resta dell’ambizioso “piano Kallas” da 40 miliardi affossato qualche settimana fa da Italia, Francia e Spagna. L’Alta rappresentante spera di poter arrivare al 100% “nel più breve tempo possibile”.È peraltro di stamattina la notizia che il cancelliere tedesco in pectore, il conservatore Friedrich Merz, sarebbe propenso ad inviare all’ex repubblica sovietica i missili Taurus a lunga gittata, superando il netto rifiuto del Bundeskanzler uscente Olaf Scholz e innescando la risposta del Cremlino che condanna l’ennesima “pericolosa escalation”.Following yesterday’s horrific Russian attack on Sumy, I addressed the EU Foreign Affairs Council online upon @kajakallas invitation.This weekend was Passover and Palm Sunday, and now the Holy Week begins. This should have been a time for peace, but Putin made it a time of… pic.twitter.com/2VVTXzSAPp— Andrii Sybiha (@andrii_sybiha) April 14, 2025Stamattina, il ministro degli Esteri ucraino Andrij Sybiha (collegato da remoto al Consiglio in corso a Lussemburgo) ha invitato i suoi omologhi Ue a recarsi a Kiev in occasione della giornata dell’Europa il prossimo 9 maggio. Da un paio d’anni, l’Ucraina ha anticipato le celebrazioni per la fine della Seconda guerra mondiale dal 9 maggio – data in cui si festeggiava nell’Urss e si festeggia ancora in Russia – all’8, mentre il giorno successivo ricorda la dichiarazione Schuman del 1950 (considerato l’avvio del progetto comunitario) come fanno i Ventisette.Ma sul punto Kallas è stata evasiva: “Ho chiesto a tutti gli Stati membri e alle istituzioni dell’Unione di visitare Kiev quanto più possibile per mostrare la nostra solidarietà”, ha dichiarato ai giornalisti rispondendo ad una domanda sul tema, specificando invece che “non vogliamo che nessun Paese candidato partecipi alle celebrazioni del 9 maggio a Mosca“.

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    L’Ue e gli Stati Uniti sono in disaccordo sulla questione delle sanzioni alla Russia

    Bruxelles – Chiedendo di alleggerire parte delle sanzioni occidentali contro Mosca, Vladimir Putin sembra intenzionato a scavare un altro solco tra le sponde dell’Atlantico. Conta sulle aperture di Donald Trump e spera che Washington cominci a fare pressioni su Bruxelles perché ceda soprattutto sulla riammissione delle banche russe nello Swift. Per ora, dal Vecchio continente emerge la volontà di tenere la barra dritta senza cedere ai ricatti del Cremlino, ma siamo solo all’inizio di una partita geopolitica particolarmente delicata.I desiderata di PutinNelle ultime ore si è tornato a parlare con insistenza di sanzioni alla Russia, soprattutto quelle comminate dall’Ue e codificate in 16 pacchetti (l’ultimo adottato in occasione del terzo anniversario dell’invasione su larga scala dell’Ucraina lo scorso febbraio). Con una mossa da manuale, Vladimir Putin ha sparigliato le carte in tavola tirando in ballo, dopo che si erano conclusi i colloqui di Riad con gli Stati Uniti, la questione dell’allentamento di alcune misure restrittive contro Mosca.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)In un comunicato con cui il Cremlino ha dato il suo resoconto dei negoziati, si menzionano una serie di condizioni poste dalla Federazione per rispettare la tregua appena concordata in Arabia Saudita. Tra tali condizioni, soprattutto, l’abolizione delle restrizioni contro la Rosselkhozbank (la banca agricola nazionale) e altri istituti bancari e assicurativi attivi nel commercio di prodotti agroalimentari e fertilizzanti, nonché di quelle contro produttori, esportatori ed armatori, e la loro riammissione sul sistema Swift, dal quale erano stati estromessi nel 2022.Non così in frettaLo Swift è un sistema informatico che collega oltre 11mila istituti in più di 200 Paesi in tutto il mondo, permettendo loro di scambiarsi qualcosa come 50 milioni di “messaggi finanziari” quotidianamente. La sede legale dell’ente si trova a La Hulpe, poco fuori Bruxelles, ed è pertanto sottoposta al diritto comunitario, incluso l’obbligo di rispettare le sanzioni decise dall’Ue.Secondo la vulgata del Cremlino, il ritiro nel luglio 2023 della Federazione dall’accordo sul grano mediato l’anno prima da Turchia e Onu (quell’iniziativa del Mar Nero che ora Mosca sta cercando di rimettere in piedi) sarebbe dovuto proprio al rifiuto degli europei e dell’amministrazione Usa di Joe Biden di ricollegare le banche russe allo Swift. Ma ora che nello Studio ovale è tornato il tycoon newyorkese, Putin ci sta riprovando. E stavolta potrebbe andargli meglio.Il presidente statunitense Donald Trump (foto: Brendan Smialowski/Afp)Di là dell’Atlantico si stanno infatti moltiplicando le voci possibiliste circa un eventuale alleggerimento del regime sanzionatorio internazionale contro la Russia, da concedere in cambio di un’entrata in vigore rapida del cessate il fuoco parziale concordato in Arabia Saudita. Trump ha dichiarato che “stiamo esaminando” le condizioni poste da Mosca, tenendo di fatto la porta aperta alle richieste di Putin (come si evinceva già dal comunicato diffuso dalla Casa Bianca dopo i colloqui sauditi). Anche il titolare del Tesoro statunitense, Scott Bessent, ritiene che “tutto sia sul tavolo” e che andrebbe iniziata “una lunga discussione” sulle modalità con cui “riportare la Russia nel sistema internazionale“.Le reazioni europeeIl problema è che non si tratta di decisioni che spettano (solo) a Washington. A Bruxelles, al contrario, c’è ben poco entusiasmo per procedere su questa strada. Tanto la Commissione quanto i Ventisette sembrano intenzionati a seguire la linea della fermezza contro l’aggressore russo. Potrebbe trattarsi del momento tanto agognato dalle cancellerie europee, in cui possono far sentire la loro voce nelle trattative sulla guerra d’Ucraina.Dall’esecutivo comunitario si fa sapere che “una delle principali precondizioni” per rivedere o abolire le sanzioni – una decisione che va presa all’unanimità dal Consiglio ogni sei mesi (e già messa a repentaglio più di una volta dall’Ungheria di Viktor Orbán) – sarà “la fine dell’aggressione russa” e “il ritiro di tutte le truppe russe” dall’ex repubblica sovietica. Le misure restrittive in questione puntano del resto a “massimizzare la pressione” su Mosca: se non fossero efficaci, il Cremlino non ci chiederebbe di rimuoverle, si ragiona al Berlaymont. Del medesimo avviso è anche il presidente del Consiglio europeo, António Costa, oggi a Parigi per partecipare alla riunione della coalizione dei volenterosi.The best way to support Ukraine is to stay consistent in our objective to reach a just and lasting peace. This means keeping up the pressure on Russia through sanctions.I will convey this message at today’s Leaders’ meeting on peace and security for #Ukraine organised by… pic.twitter.com/csBYcIbkr1— António Costa (@eucopresident) March 27, 2025Pure tra gli Stati membri il mood sembra il medesimo. Emmanuel Macron, parlando dall’Eliseo accanto a Volodymyr Zelensky, ha detto chiaro e tondo ieri sera che “non elimineremo le sanzioni“, sostenendo che è ancora “troppo presto” per fare alla Federazione una concessione di questo genere. Per il presidente del Senato ceco, Miloš Vystrčil, accettare di rimuovere le sanzioni prima che Mosca interrompa i bombardamenti “è come se un marito picchiasse la moglie e dicesse che si fermerà solo quando la moglie smetterà di chiedere aiuto“. Sotto la spinta soprattutto di alcuni Paesi, come i baltici, si starebbe anzi lavorando in Ue al diciassettesimo pacchetto di sanzioni.Ma la partita diplomatica è complessa e il rischio di mettere il piede in fallo è dietro l’angolo. A Bruxelles c’è la consapevolezza che quelle di Putin potrebbero essere richieste strumentali, una trappola tesa dall’ex agente Kgb ai Ventisette. Se gli europei iniziano a discutere sul rinnovo delle sanzioni, le divisioni interne ai Ventisette faranno il gioco del Cremlino. Viceversa, se l’Ue dimostrasse unità nella fermezza, Mosca avrebbe una scusa per proseguire le trattative a due, dialogando esclusivamente con la Casa Bianca, poiché avrebbe “smascherato” la malafede degli europei.

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    Trump sospende gli aiuti a Kiev (e si prepara per allentare le sanzioni contro Mosca)

    Bruxelles – Il momento che tutti temevano, soprattutto a Kiev, è arrivato. Donald Trump ha sospeso gli aiuti militari per l’Ucraina, in quella che molti interpretano come una mossa per indurre Volodymyr Zelensky ad accettare le condizioni di Washington rispetto all’accordo sulle materie prime critiche e, più in generale, a seguire l’iniziativa della Casa Bianca sui negoziati di pace con la Russia. Russia che, a breve, potrebbe vedersi allentare alcune sanzioni proprio dall’amministrazione a stelle e strisce.Rubinetti chiusi (per ora)Con uno schiocco di dita, una parte importante del flusso degli aiuti militari che sostenevano la resistenza ucraina da tre anni è stata interrotta. Lo stop si applica a tutte le attrezzature militari e le munizioni statunitensi non ancora fisicamente in Ucraina, comprese quelle in transito.Per il momento, la sospensione sarebbe temporanea. Donald Trump rimarrebbe in attesa di sapere se la leadership ucraina, a partire dal suo omologo Volodymyr Zelensky, vuole impegnarsi “in buona fede” per la pace. Cioè per la pace ventilata dal presidente Usa, che dovrebbe includere lo sfruttamento da parte di Washington delle risorse minerarie di Kiev ma nessuna garanzia di sicurezza militare, almeno non dal Pentagono.Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (foto: Sergei Supinsky/Afp)Commentando un’osservazione del presidente ucraino, secondo cui la fine delle ostilità con la Russia è ancora “molto lontana”, il tycoon ha lamentato che “questo tizio non vuole che ci sia la pace finché ha l’appoggio dell’America“. Dall’amministrazione fanno sapere che gli aiuti all’ex repubblica sovietica stanno venendo rimodulati “per garantire che contribuiscano a una soluzione” del conflitto, anziché prolungarlo.Strumento di pressione?Gli ucraini e i loro alleati occidentali (quelli che rimangono) stavano aspettando con terrore questo momento da quando, venerdì scorso, si è consumata la catastrofe diplomatica. Vale a dire da quando l’inquilino della Casa Bianca e il suo numero due, JD Vance, hanno finalmente gettato la maschera tendendo un’imboscata a Zelensky, bullizzandolo e redarguendolo per aver cercato di assicurare la sopravvivenza del suo Paese.Per qualche giorno era parso che si potesse ancora salvare il rapporto tra Washington e Kiev. Sia Trump sia Zelensky avevano ribadito durante il weekend che l’accordo era nell’interesse tanto degli Stati Uniti quanto dell’Ucraina. La chiusura dei rubinetti decisa dall’amministrazione a stelle e strisce potrebbe essere in effetti una mossa per mettere pressione sul governo ucraino, forzandolo a stipulare il patto sui minerali e gli idrocarburi – magari con nuovi termini, ancora più vantaggiosi per Washington – senza avanzare ulteriori pretese.Il presidente statunitense Donald Trump (destra) accoglie nello Studio ovale il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky (foto via Imagoeconomica)Secondo Trump, Zelensky “dovrebbe essere più riconoscente, perché questo Paese è rimasto con loro nella buona e nella cattiva sorte”. “Non dovrebbe essere un accordo così difficile da fare“, ha ragionato il tycoon, aggiungendo che “se qualcuno non vuole fare un accordo, penso che quella persona non resterà in giro molto a lungo”. Una velata invocazione per un cambio di regime a Kiev?In molti, a partire dal capo della Nato Mark Rutte, stanno esortando il presidente ucraino a scusarsi pubblicamente per aver osato rispondere alle accuse false rivoltegli in mondovisione, per riallacciare al più presto i rapporti con l’amministrazione statunitense. Dietro le quinte, sono febbrilmente all’opera i pontieri europei, Giorgia Meloni e Keir Starmer in testa, per ricucire lo strappo e ripristinare le relazioni transatlantiche sconvolte dal primo mese del Trump bis.Allentare le sanzioniMa non finisce qui. Contemporaneamente, Trump starebbe puntando a sospendere alcune delle sanzioni che i suoi predecessori Joe Biden e Barack Obama avevano imposto contro la Russia (le azioni illegali russe in Ucraina sono iniziate nel 2014, durante il secondo mandato di Obama, con l’annessione unilaterale della Crimea e il supporto ai separatisti del Donbass).La Casa Bianca ha incaricato il dipartimento di Stato e quello del Tesoro di redigere una lista delle misure restrittive che potrebbero essere alleggerite, come segno tangibile di buona volontà da parte di Washington nei confronti di Mosca nel quadro della distensione dei rapporti tra le due superpotenze globali seguita all’insediamento del tycoon. Non è ancora chiaro quali ambiti potrebbero essere interessati dalla revisione del regime sanzionatorio Usa, ma potrebbero essere coinvolti tanto degli oligarchi vicini al Cremlino quanto la produzione petrolifera della Federazione.Il presidente russo Vladimir Putin (foto: Sergei Ilnitsky/Afp)Dopo aver minacciato il suo omologo russo Vladimir Putin di inasprire le sanzioni se non avesse accettato di sedersi al tavolo delle trattative per fermare il conflitto nell’ex repubblica sovietica, il presidente statunitense ha cambiato approccio e sembra ora preferire la carota al bastone. In effetti, il bastone lo usa ancora: ma con Kiev, anziché con Mosca.Dal canto suo, Mosca ha già aperto alla cooperazione economica con gli Stati Uniti del dopo-Biden. Negli scorsi giorni ha addirittura offerto a Washington una collaborazione sull’estrazione delle terre rare dai propri giacimenti, dopo il naufragio dell’accordo con l’Ucraina. Come sottolineato dal portavoce del Cremlino Dmitri Peskov, la nuova politica estera a stelle e strisce “è in gran parte allineata con la nostra visione” del mondo. Più di così.Testa sotto la sabbiaNonostante la rapidità e la profondità di questi cambiamenti, di qua dell’Atlantico non sembrano vedersi all’orizzonte grandi novità. Il maxi-pacchetto da 20 miliardi di euro in aiuti militari caldeggiato nei giorni scorsi dall’Alta rappresentante Ue Kaja Kallas è sparito dal radar e non verrà discusso al Consiglio europeo straordinario in calendario per dopodomani (6 marzo), dove pure i leader dei Ventisette discuteranno di difesa e Ucraina.We are living in dangerous times.Europe‘s security is threatened in a very real way.Today I present ReArm Europe.A plan for a safer and more resilient Europe ↓ https://t.co/CYTytB5ZMk— Ursula von der Leyen (@vonderleyen) March 4, 2025La presidente dell’esecutivo comunitario Ursula von der Leyen ha svelato giusto stamattina un piano da 800 miliardi per riarmare il Vecchio continente, ma si tratta di soldi che gli Stati membri useranno per le proprie forze armate. Per quelle di Kiev, almeno per ora, non c’è nulla sul tavolo. L’ennesima vittoria per il primo ministro ungherese Viktor Orbán che, col suo collega slovacco Robert Fico, ha sempre messo i bastoni tra le ruote di Bruxelles ogni volta che cercava di sostenere la resistenza ucraina all’aggressione russa.

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    La Commissione Ue vuole chiarezza dall’Ungheria sul nuovo sistema di visti rapidi per russi e bielorussi

    Bruxelles – È passato appena un mese di presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea per l’Ungheria, e già Budapest ha creato non pochi problemi all’unità dell’Unione nei confronti della Russia. Perché dopo la “missione di pace” del premier ungherese, Viktor Orbán, a Mosca dall’autocrate russo, Vladimir Putin, ora Budapest preoccupa Bruxelles per il potenziale buco che può creare nell’area Schengen, da cui potrebbero penetrare spie russe e bielorusse.La commissaria europea per gli Affari interni, Ylva Johansson“Condivido le preoccupazioni espresse negli ultimi giorni in merito all’estensione del programma ‘Carta Nazionale’ ai cittadini di Russia e Bielorussia, entrato in vigore nei primissimi giorni della vostra presidenza”, è quanto messo nero su bianco dalla commissaria europea per gli Affari interni, Ylva Johansson, in una lettera inviata ieri (primo agosto) al ministro degli Interni ungherese, Sándor Pintér, in cui ha voluto sottolineare come “l’estensione dell’elaborazione agevolata delle domande di permesso di soggiorno e di lavoro dei cittadini di Russia e Bielorussia potrebbe portare a un’elusione di fatto delle restrizioni imposte dall’Unione Europea”. Al centro della nuova contesa tra l’Ungheria di Orbán e la Commissione Ue c’è l’estensione ai cittadini di otto Paesi – prima era disponibile solo per quelli di Serbia e Ucraina – del programma ‘Carta Nazionale’, un sistema di visti rapidi per l’ingresso nel Paese e che consente di lavorare sul territorio nazionale ungherese per un massimo di due anni. Si tratta di un sistema più semplice rispetto al permesso di lavoro o al visto, e consente il ricongiungimento familiare.“Ci sono sempre più segnalazioni di sabotaggi e attacchi alle nostre infrastrutture critiche e altri atti ostili“, ricorda la commissaria Johansson a proposito della messa in campo di “ogni strumento disponibile per garantire la sicurezza dell’area Schengen”, tra cui la sospensione dell’accordo di facilitazione dei visti con la Russia nel settembre di due anni fa e “standard di controllo e vigilanza più elevati” per i cittadini russi in arrivo alle frontiere esterne dell’Unione. È pur sempre vero che gli Stati membri hanno la competenza per il rilascio di visti di lungo soggiorno e permessi di soggiorno, ma l’esecutivo Ue ricorda che i programmi nazionali “devono essere attentamente bilanciati per non mettere a rischio l’integrità del nostro spazio comune senza controlli alle frontiere interne e per considerare debitamente le potenziali implicazioni per la sicurezza“, senza dimenticare l’obbligo di “leale cooperazione” e di non pregiudicare “l’effetto utile delle disposizioni del diritto dell’Unione”, Schengen compreso. In questo quadro l’Ungheria (e tutti i Paesi membri Ue) devono garantire che “i cittadini russi che potrebbero rappresentare spionaggio o altre minacce alla sicurezza siano sottoposti al massimo livello di controllo“.Da sinistra: la commissaria europea per gli Affari interni, Ylva Johansson, e il ministro degli Interni ungherese, Sándor PintérÈ per queste ragioni che la commissaria Johansson chiede al ministro ungherese di rispondere alle domande allegate alla lettera “entro e non oltre il 19 agosto”, per fare chiarezza sul programma ‘Carta Nazionale’ e permettere all’esecutivo Ue di verificare se sia compatibile con il diritto dell’Unione o se metta a rischio il funzionamento complessivo dello spazio Schengen. “L’obbligo di valutare se gli individui che attraversano la frontiera esterna rappresentano una minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza interna, la salute pubblica o le relazioni internazionali è un impegno fondamentale di tutti i membri Schengen” – conclude la titolare per gli Affari interni nel gabinetto von der Leyen – e per Russia e Bielorussia include anche “la piena e leale applicazione delle misure restrittive Ue sul divieto di ingresso o transito nei territori degli Stati membri da parte di alcuni dei suoi cittadini”. Come misura estrema la Commissione Ue potrebbe sospendere lo status Schengen di un Paese (membro Ue), ma si tratterebbe di un caso senza precedenti.

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    Le sanzioni Ue contro la Russia sono state prorogate per altri sei mesi, fino a inizio 2025

    Bruxelles – Avanti per altri sei mesi, almeno fino al 31 gennaio 2025. Il Consiglio dell’Unione Europea ha dato il via libera oggi (22 luglio) alla proroga delle sanzioni Ue contro la Russia, “in vista delle continue azioni che destabilizzano la situazione in Ucraina”. Sanzioni introdotte per la prima volta nel 2014, ma “significativamente” ampliate dal febbraio 2022 “in risposta all’aggressione militare immotivata, ingiustificata e illegale” con 14 pacchetti di misure restrittive.La decisione dei 27 ministri Ue degli Affari esteri si riallaccia alle conclusioni Consiglio Europeo del 27 giugno scorso, quando è stato ribadito il “costante sostegno all’indipendenza, alla sovranità e all’integrità territoriale dell’Ucraina all’interno dei suoi confini riconosciuti a livello internazionale”, con l’ennesima riconferma dell’impegno “incrollabile” dell’Unione a fornire a Kiev “sostegno politico, finanziario, economico, umanitario, militare e diplomatico continuo”.In questo contesto i Ventisette hanno condannato “fermamente” l’escalation delle ostilità da parte del Cremlino, “in particolare l’ulteriore intensificazione degli attacchi contro i civili e le infrastrutture civili e critiche, soprattutto nel settore energetico”. Ecco perché, dopo aver rinnovato le sanzioni Ue in vigore dal 2014 per l’annessione illegale della Crimea, oggi è arrivata la nuova proroga di quelle contenute nei 14 pacchetti adottati tra il 24 febbraio 2022 – il primo dopo l’invasione russa dell’Ucraina – e il 20 giugno 2024, l’ultimo che ha incluso anche le importazioni di gas naturale liquefatto (Gnl).Le sanzioni Ue “attualmente consistono in un ampio spettro di misure settoriali, tra cui restrizioni su commercio, finanza, tecnologia e beni a doppio uso, industria, trasporti e beni di lusso“, e comprendono in particolare il divieto di importazione o trasferimento di petrolio greggio via mare e di alcuni prodotti petroliferi, la disconnessione di diverse banche russe dal sistema Swift e la sospensione delle attività e delle licenze di trasmissione nell’Ue dei canali di disinformazione sostenuti dal Cremlino.Oltre alle sanzioni economiche da Bruxelles sono state messe in atto altre misure in risposta alle azioni destabilizzanti della Russia contro l’Ucraina, come per esempio la sospensione delle relazioni economiche con la Crimea, con la città di Sebastopoli e con le aree non controllate dal governo ucraino nelle regioni di Donetsk, Kherson, Luhansk e Zaporizhzhia, o ancora le misure restrittive individuali contro persone ed entità (che prevedono il congelamento dei beni e restrizioni ai viaggi nei Paesi membri Ue).

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    Accordo sul 14esimo pacchetto di sanzioni alla Russia, l’Ue prende di mira le importazioni di gas da Mosca

    Bruxelles – L’Ue spezza il tabù sul gas russo. Dopo settimane di trattative, gli ambasciatori dei Paesi membri hanno raggiunto oggi (20 giugno) l’accordo sul 14esimo pacchetto di sanzioni alla Russia dall’inizio della guerra di aggressione in Ucraina. Un pacchetto “potente e sostanziale”, lo definisce la presidenza di turno belga del Consiglio dell’Ue nel dare l’annuncio. Per la prima volta, Bruxelles prende di mira le importazioni di Gnl da Mosca, che nel 2023 hanno generato circa 8 miliardi di euro di profitti per il Cremlino.Per l’approvazione ufficiale e la pubblicazione del pacchetto bisognerà aspettare il Consiglio Ue Affari Esteri di lunedì 24 giugno. Ma fonti Ue rivelano già che le sanzioni colpiranno “più di 100 nuove persone ed entità, per un totale di oltre 2200″ e che includono misure per dare un taglio alle “importazioni, investimenti e trasbordi di Gnl”.Perché, anche se dall’inizio del conflitto in Ucraina l’Ue ha ridotto di circa due terzi la sua dipendenza dal gas russo, ha continuato a importarlo e rivenderlo. E così, nonostante il Gnl da Mosca rappresenti solo il 5 per cento del consumo di gas dell’Ue nel 2023, i 20 miliardi di metri cubi di Gnl russo acquistati dai 27 – Belgio, Francia e Spagna i punti di ingresso principali – hanno portato nelle casse del Cremlino profitti per circa 8 miliardi di euro.L’accordo raggiunto oggi dagli ambasciatori Ue non prevede un divieto assoluto di importazione: le aziende europee potranno ancora acquistare il Gnl russo, ma sarà vietata la sua riesportazione (o trasbordo) in altri Paesi. Secondo l’IEEFA (Institute for Energy Economics and Financial Analysis), circa il 21 per cento del Gnl che arriva da Mosca viene poi trasbordato a livello globale. Oltre 4 miliardi di metri cubi.“Questo pacchetto incisivo negherà ulteriormente alla Russia l’accesso alle tecnologie chiave” e “spoglierà la Russia di ulteriori entrate energetiche”, ha esultato con un post su X la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. L’accordo è stato sbloccato dopo la strenua opposizione di Germania e Ungheria: Budapest non voleva ulteriori sanzioni nel settore energetico, Berlino aveva espresso riserve sugli oneri previsti per le aziende europee per evitare che le misure restrittive in essere vengano aggirate.Come spiegano fonti Ue, il 14esimo pacchetto di sanzioni fornisce anche “ulteriori strumenti per evitare l’elusione, soprattutto nel caso di filiali di Paesi terzi di società madri dell’Ue”. A quanto si apprende, a tutela delle imprese Ue sono stati previsti due tipi di rimedi, “in modo che possano agire dinanzi alle corti nazionali per chiedere di essere risarcite”. Da un lato potranno ottenere il risarcimento di danni subiti “a fronte di cause avviate in Paesi terzi da soggetti russi o controllati da russi per contratti o transazioni la cui esecuzione è stata colpita dalle sanzioni europee”. Dall’altro, le imprese europee “saranno tutelate per i danni causati da soggetti russi che hanno beneficiato dei provvedimenti russi di assegnazione in amministrazione temporanea”.

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    Il Parlamento europeo chiede un’applicazione più rigorosa delle sanzioni contro la Russia

    Bruxelles – Le sanzioni ci sono, ma non si applicano. Durante la seduta plenaria odierna (9 novembre) del Parlamento europeo, gli eurodeputati hanno chiesto all’Unione e ai suoi Stati membri di rafforzare e centralizzare il controllo sull’attuazione delle sanzioni contro la Russia, nonché di sviluppare un meccanismo per la prevenzione e il monitoraggio dell’elusione.Il regime di sanzioni applicato dall’Ue contro la Russia presenta varie lacune, che mettono in allarme l’Eurocamera. Quello che manca è soprattutto un’adeguata applicazione delle misure restrittive, ma gli eurodeputati hanno espresso la loro preoccupazione anche sui tentativi di compromettere gli sforzi volti a indebolire strategicamente l’economia e la base industriale russa e a ostacolare la capacità del Paese di condurre la guerra.La Russia finora è stata in grado di eludere le misure comunitarie come il tetto massimo sulle sanzioni petrolifere introdotto dagli Stati membri dell’Ue e il cosiddetto Price Cap Coalition. A questo si aggiunge il problema dell’importazione di prodotti petroliferi realizzati con petrolio russo, attraverso Paesi terzi come l’India, da parte dei Ventisette. In questo modo, la sanzione viene aggirata con una scorciatoria e la quantità di questi prodotti che arrivano in territorio europeo passando da altri Paesi è in crescita. Il problema è lo stesso anche nella direzione opposta: è il caso di alcuni componenti occidentali cruciali, che arrivano ancora in Russia attraverso Paesi come Cina, Turchia, Emirati Arabi Uniti, Kazakistan, Kirghizistan e Serbia.A causa di alcune lacune nelle norme sulle sanzioni, Il Cremlino è riuscito a racimolare fondi per i suoi scopi bellici. L’Unione europea aveva concesso alla Bulgaria un’esenzione unica al divieto sull’acquisto di petrolio russo, grazie alla quale il Paese ha potuto permettere a milioni di barili di raggiungere una raffineria locale di proprietà russa, che ha poi esportato vari combustibili raffinati all’estero, Ue compresa. Secondo Politico, questa scappatoia avrebbe permesso a Putin di raccogliere 1 miliardo di euro. Anche Paesi come l’Azerbaigian starebbero mascherando la provenienza russa del gas per esportarlo nell’Ue. La stessa Unione rimane poi uno dei maggiori clienti di combustibili fossili della Russia, a causa delle continue importazioni di gas da metanodotti e Gnl, nonché di varie eccezioni al divieto di importare petrolio greggio e prodotti petroliferi.Nella risoluzione votata oggi, l’Eurocamera ha poi espresso preoccupazione per il commercio in corso di beni strategici per la guerra tra gli Stati membri dell’Ue e Mosca. Bisognerà fare più attenzione anche a chiudere adeguatamente il mercato comunitario per i combustibili fossili di origine russa, nonché a imporre sanzioni a tutte le principali compagnie petrolifere russe, a Gazprombank, alle loro controllate e ai loro consigli di amministrazione e gestione. Secondo l’Eurocamera, l’Ue ha poi un altro compito: esplorare vie legali che consentano la confisca dei beni russi congelati e il loro utilizzo per la ricostruzione dell’Ucraina.Per portare a termine quanto espresso nella risoluzione, l’Unione europea dovrebbe collaborare con il G7: lo scopo è abbassare sostanzialmente il prezzo massimo del petrolio russo e dei prodotti petroliferi, oltre a imporre un divieto totale sulle importazioni russe di Gnl e Gpl nonché sull’importazione di carburante e altri prodotti petroliferi da paesi Paesi extra-Ue, qualora questi prodotti fossero stati fabbricati utilizzando petrolio russo. Il Parlamento vuole inoltre che l’Unione vieti la spedizione di petrolio russo e le esportazioni di Gnl attraverso i Ventisette e introduca limiti di prezzo e volume sulle importazioni comunitarie di fertilizzanti russi e bielorussi. A questo, gli eurodeputati aggiungono ancora una richiesta, indirizzata soprattutto alla Commissione europea: le sanzioni per includere un divieto totale sulla commercializzazione e sul taglio dei diamanti di origine russa o riesportati dalla Russia nell’Unione europea.
    Le misure restrittive finora applicate alla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina sono lacunose e insufficienti. L’Eurocamera propone di usare i beni russi congelati per ricostruire l’Ucraina