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    L’opposizione iraniana a Bruxelles: “Basta concessioni, sostenete la popolazione”

    Bruxelles – ‘Stop alle esecuzioni in Iran!’, ‘attivate il meccanismo di sanzioni ora!’. Sono decine di migliaia (la polizia belga parla di 10mila persone in tutto), arrivano da tutta Europa, per gridare e manifestare l’indignazione per un regime, quello al potere in Iran, lasciato ancora troppo libero di agire. L’opposizione iraniana in esilio chiede all’Unione europea un cambio di passo: la fine dell’appeasement – vale a dire dialogo e concessioni in cambio di nessuno scontro – per una politica di sostegno della popolazione, così da rovesciare il potere dall’interno. “La società iraniana è in uno stato di instabilità e l’unica soluzione è la Terza Opzione, né pacificazione né guerra, ma un cambio di regime da parte del popolo e della sua resistenza organizzata”, scandisce Maryam Rajavi, presidente eletta del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana (CNRI), che esorta l’UE a “designare le Guardie Rivoluzionarie (IRGC) come organizzazione terroristica”. Ancora: “Non tardate oltre a far rispettare le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite contro i progetti nucleari del regime”, l’altro suggerimento alla politica a dodici stelle. Perché, spiega, “concedere più tempo a questo regime porterà ancora una volta alla guerra, e questo non deve mai essere permesso”.Iran, l’opposizione al regime degli Ayatollah sfila a Bruxelles: “L’Ue riconosca le Guardie della rivoluzione come terroristi”Il discorso viene pronunciato sotto l’Atomium, la grande struttura realizzata per l’esposizione universale del 1958 e tra i luoghi simbolo di Bruxelles. E’ qui che si sono ritrovati gli iraniani esuli proveniente da Germania, Francia, Italia, e tutta Europa. Ed è da qui che poi le persone hanno sfilato verso il centro città.  “Questa immensa presenza di iraniani provenienti da fuori l’Iran dimostra che esiste effettivamente un’alternativa democratica al regime crudele e criminale dei mullah”, il commento di Guy Verhofstadt, ex primo ministro belga e parlamentare europeo di lungo corso, presente al raduno. Verhofstadt chiede all’UE di agire nei confronti dell’Iran come fatto con la Russia: non solo sanzioni individuale ma pure “sui suoi rami vitali finanziari, come le banche e il settore petrolifero“.Il consiglio nazionale della resistenza iraniana viene visto come “alternativa” possibile e credibile all’attuale regime al potere in Iran. Non a caso Verhofstad chiede un “dialogo strutturato” con il CNRI. Il piano in dieci punti che vuole fare del Paese una repubblica allineata ai valori occidentali (parità di genere vera, con libertà di abbigliamento e uguale carriera, rispetto dei diritti umani con tanto di sottoscrizione della dichiarazione universale, separazione tra Stato e religione) rappresenta le garanzie per un Iran a prova di futuro. Gli iraniani arrivano a Bruxelles per dire all’UE e ai suoi Stati che esiste un altro Iran, ma che serve il contributo europeo.

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    Diritti umani, l’Ue sanziona l’Iran per la repressione transnazionale dei dissidenti

    Bruxelles – L’Unione europea ha imposto nuove sanzioni contro l’Iran per le continue violazioni dei diritti umani. Le misure restrittive colpiscono otto individui e una rete criminale, responsabili della repressione transnazionale portata avanti dalla Repubblica islamica, tramite cui gli ayatollah silenziano oppositori e dissidenti all’estero.Le nuove sanzioni sono state decise oggi (15 luglio) dai ministri degli Esteri dei Ventisette riuniti a Bruxelles, durante una sessione del Consiglio i cui piatti principali sono stati la guerra d’Ucraina – alla luce dell’apparente riallineamento della Casa Bianca dalla parte di Kiev e contro Mosca – e la crisi mediorientale, con le diplomazie europee che hanno accolto positivamente l’accordo sull’ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza stipulato la scorsa settimana dall’Alta rappresentante Kaja Kallas col governo israeliano.Con le misure restrittive odierne, Bruxelles cerca di colpire la capacità di Teheran di praticare la cosiddetta repressione transnazionale, vale a dire di mettere a tacere le voci critiche nei confronti del regime iraniano al di fuori dei confini di quest’ultimo. Si tratta di un fenomeno preoccupante e in crescita, di cui si sta occupando anche l’Eurocamera (Eunews ha intervistato la relatrice dell’Aula, Chloé Ridel, per comprendere meglio questo argomento).L’eurodeputata Chloé Ridel (Ps/S&D), relatrice dell’Aula sulla repressione transnazionale (foto: Philippe Stirnweiss/Parlamento europeo)Nello specifico, l’Ue ha comminato sanzioni contro otto individui e un’entità iraniani, macchiatisi di gravi abusi ai danni di oppositori politici, dissidenti e attivisti in giro per il mondo, in particolare esecuzioni e uccisioni extragiudiziali, sommarie e arbitrarie, nonché sparizioni forzate. Le misure comprendono il congelamento dei beni e il divieto di fornire ai bersagli del pacchetto assistenza economica e finanziaria diretta o indiretta, nonché l’impossibilità per i soggetti coinvolti di entrare nel territorio dell’Unione.A fare le spese del regime sanzionatorio a dodici stelle sono la rete Zindashti, un’organizzazione collegata al ministero dell’Intelligence e della sicurezza di Teheran (Mois) e considerata un gruppo criminale dall’Ue, e diversi suoi membri: il capo Naji Ibrahim Sharifi-Zindashti e i suoi collaboratori Abdulvahap Kocak, Ali Esfanjani, Ali Kocak, Ekrem Oztunc e Nihat Asan. Costoro sarebbero implicati, tra le altre cose, nell’assassinio del dissidente iraniano Mas’ud Molavi Vardanjani e del proprietario dell’emittente televisiva iraniana Gem TV, Saeed Karimian, uccisi in Turchia rispettivamente nel 2019 e 2017.Oltre a loro, sono finiti nel mirino dell’Ue anche Mohammed Ansari, uno dei leader della Forza Quds del Corpo delle Guardie rivoluzionarie islamiche, e Reza Hamidiravari, ufficiale d’intelligence che, secondo Bruxelles, supervisiona le operazioni portate avanti dalla rete Zindashti per conto del Mois.L’Alta rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas (foto: Consiglio europeo)Parlando ai giornalisti al termine della sessione odierna, Kallas ha ribadito per l’ennesima volta la linea dell’Ue rispetto alla recente escalation militare tra Israele e Iran, ribattezzata guerra dei 12 giorni: la Repubblica islamica “non deve possedere armi nucleari”, ha scandito, sottolineando che l’unica strada per raggiungere questo obiettivo è quella diplomatica.Il cessate il fuoco negoziato da Donald Trump “è fragile ma presenta un’opportunità per continuare il dialogo”, ha proseguito, aggiungendo che Teheran “dovrà accogliere di nuovo gli ispettori dell’Onu”. Un punto, quest’ultimo, su cui però la dirigenza iraniana non sembra voler cedere.

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    Orbán si sfila, l’Ue rinnova i 17 pacchetti di sanzioni alla Russia per altri sei mesi

    Bruxelles – Alla fine è andato tutto liscio, e le sanzioni che l’Unione europea ha imposto alla Russia negli ultimi tre anni resteranno in vigore. Più liscio del previsto, perché il preventivato scontro con il primo ministro ungherese, VIktor Orbán, non c’è stato. L’accordo politico sulla proroga dei 17 pacchetti di sanzioni per altri sei mesi è arrivato, un po’ a sorpresa, in tarda serata, allo scadere del Consiglio europeo di ieri (26 giugno).Lo scorso gennaio, l’ultima volta che i 27 avevano dovuto ripetere l’esercizio di proroga semestrale delle misure restrittive contro Mosca, Budapest aveva tenuto tutti col fiato sospeso fino all’ultimo minuto, per poi farsi da parte e consentire il via libera all’unanimità. Lasciando però intendere che avrebbe potuto mettersi di traverso in futuro. Ma Orbán guarda a Washington, e in questo momento Trump non solo non sembra intenzionato a sospendere le sanzioni imposte a livello di G7, ma ha chiesto che sia l’Europa a insistere ulteriormente. Il premier magiaro “non ha la sponda degli Stati Uniti“, afferma una fonte diplomatica.E infatti, incalzato dal presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, il leader sovranista non ha sollevato obiezioni. L’Ue assicura così i 17 pacchetti già in vigore mentre cerca l’accordo – sempre con l’Ungheria – sul diciottesimo. Dopo l’endorsement politico dei capi di stato e di governo, oggi gli ambasciatori degli Stati membri avvieranno le procedura per il rinnovo delle sanzioni, in vista dell’adozione formale in agenda già lunedì 30 giugno. Ben in anticipo rispetto alla scadenza del 31 luglio, che avrebbe decretato la cancellazione di un’ampia gamma di misure settoriali, tra cui restrizioni in materia di scambi, finanza, energia, tecnologia e beni a duplice uso civile/militare, industria, trasporti e beni di lusso.Le sanzioni economiche comportano inoltre il divieto di importazione o trasferimento di petrolio per via marittima dalla Russia all’Ue e l’esclusione dal sistema SWIFT di diverse banche russe. Senza una proroga, andrebbero in fumo i circa 210 miliardi di euro di attività della Banca centrale russa congelati da Bruxelles.

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    Vertice Ue, la Slovenia pronta alla linea dura su Israele: “Provvedimenti a 27 o saranno presi dai singoli Stati”

    Bruxelles – Di fronte a quello che sta accadendo a Gaza per mano di Israele e del suo governo “se l’Ue non prende provvedimenti tangibili entro i prossimi giorni gli Stati membri dovranno farlo singolarmente per mettere pressione“. Alla fine la Slovenia rompe gli indugi, con il primo ministro Robert Golob che arriva a Bruxelles per il vertice del Consiglio europeo deciso a quel cambio di passo già chiesto dal suo governo e non ancora avvenuto.Il summit dei capi di Stato e di governo, tra le altre cose, si trova a dover affrontare il nodo Israele nell’ambito del più ampio dibattito sul Medio Oriente. Sullo sfondo ci sono le violazioni dei diritti umani compiute dall’attuale amministrazione israeliana, con le condanne del caso che però dividono l’Ue. La frammentazione è tale da portare alla rottura. Il leader sloveno è pronto a chiedere ai colleghi che condividono la sua impostazione ad agire se dalla riunione non dovesse arrivare il via libera a provvedimenti.Il re di Giordania critica Israele e sprona l’Ue: “A Gaza una versione vergognosa dell’umanità”“Entro i prossimi giorni”, l’aut-aut imposto da Golob per sanzioni contro il governo israeliano, vuole dire che i leader devono dare il via libera di principio per permettere ai ministri degli Esteri di lavorarci. “Purtroppo alcuni Stati, anche importanti, antepongono i propri interessi ai diritti umani“, lamenta e critica il primo ministro sloveno. Un attacco a quei Paesi – Germania, Austria, Italia, Ungheria, Grecia, Romania e Lituania – che si oppongono all’idea di procedere contro lo Stato ebraico.Dall’altra parte, con la Slovenia si uniscono alla linea sanzionatoria Belgio, Irlanda, Francia, Svezia e Spagna. E’ proprio il primo ministro spagnolo, Pedro Sanchez, a chiedere “immediatamente” di mandare un segnale chiaro al governo di Israele. “Non ha alcun senso aver imposto 18 pacchetti di sanzioni contro la Russia per la sua aggressione all’Ucraina e poi l’Europa, con un doppio standard, non e’ neppure in grado di sospendere un accordo di associazione quando viene violato in modo palese l’articolo 2 sul rispetto dei diritti umani da parte, in questo caso, di Israele”, tuona il leader spagnolo, giunto a Bruxelles con l’intenzione di chiedere di “sospendere l’accordo di associazione con Israele“.

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    Il Regno Unito impone sanzioni contro due ministri estremisti del governo di Israele

    Bruxelles – Cinque alleati internazionali dell’Unione europea hanno imposto sanzioni contro i due ministri più estremisti del governo di Israele. Regno Unito, Canada, Norvegia, Australia e Nuova Zelanda compiono finalmente un passo che a Bruxelles non è ancora riuscito, nonostante l’ex Alto rappresentante per gli Affari esteri, Josep Borrell, l’avesse suggerito quasi un anno fa.Il ministro delle Finanze israeliano, Bezalel Smotrich, e il ministro per la Sicurezza, Itamar Ben-Gvir, sono responsabili di “incitazione alla violenza e di gravi violazioni dei diritti umani dei palestinesi“, sostengono i cinque Paesi che hanno deciso di congelare i beni dei due membri dell’esecutivo di Benjamin Netanyahu e di vietare loro l’ingresso sul territorio nazionale.“La retorica estremista che sostiene lo sfollamento forzato dei palestinesi e la creazione di nuovi insediamenti israeliani è spaventosa e pericolosa. Queste azioni sono inaccettabili“, si legge nella dichiarazione congiunta. I due ministri sono entrambi leader del partito Sionismo Religioso, il cui programma prevede esplicitamente l’annessione della Cisgiordania e il pieno controllo israeliano del territorio compreso tra il mar Mediterraneo e il fiume Giordano. Rifiuta l’idea di uno Stato Palestinese e chiede la cancellazione degli Accordi di Oslo del 1993, con cui Israele e l’allora Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp) si impegnarono per un reciproco riconoscimento.Benjamin Netanyahu e Bezalel Smotrich (Photo by RONEN ZVULUN / POOL / AFP)Dall’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre 2023, Smotrich e Ben Gvir hanno indurito sempre di più la propria retorica anti-palestinese, arrivando ad affermare il primo che affamare la popolazione di Gaza potrebbe essere giustificabile e il secondo che bisognerebbe espellere i palestinesi dalla Striscia. Ben Gvir ha addirittura lasciato il governo quando è stato pattuito il cessate il fuoco, rientrando a farne parte una volta saltato l’accordo. “Abbiamo discusso ampiamente la questione con il governo israeliano, ma i responsabili delle violenze continuano ad agire con incoraggiamento e impunità“, sostengono Londra, Oslo e gli altri partner.Secondo i dati delle Nazioni Unite, nell’ultimo anno e mezzo sono stati compiuti oltre 1.900 attacchi contro civili palestinesi da coloni israeliani estremisti. “Il governo israeliano deve rispettare gli obblighi che gli incombono in virtù del diritto internazionale e lo esortiamo ad adottare misure significative per porre fine alla retorica estremista, violenta ed espansionista”, prosegue la dichiarazione congiunta. I cinque governi alleati di Tel Aviv sottolineano che “le misure odierne sono rivolte contro individui che, a nostro avviso, minacciano la sicurezza di Israele e la sua posizione nel mondo”.Le risposte dei due ministri non stupiscono: “La Gran Bretagna ha già tentato una volta di impedirci di colonizzare la culla della nostra patria e non glielo permetteremo di nuovo. Siamo determinati a continuare a costruire”, ha scritto su X Smotrich. Mentre Ben-Gvir ha preferito un altro riferimento religioso: “Abbiamo superato il Faraone, supereremo anche il Muro di Starmer”, ha commentato.In chiusura alla dichiarazione congiunta, il riferimento a Gaza: “Le misure odierne si concentrano sulla Cisgiordania, ma ovviamente non possono essere considerate separatamente dalla catastrofe di Gaza“, scrivono i cinque governi, che ribadiscono a Tel Aviv l’opposizione a qualsiasi “trasferimento illegale di palestinesi da Gaza o all’interno della Cisgiordania” e a qualsiasi “riduzione del territorio della Striscia di Gaza”.Salta all’occhio l’assenza di Stati Uniti ed Unione europea dalla decisione congiunta di alcuni dei loro maggiori partner internazionali. Nel regime Ue di sanzioni per violazioni dei diritti umani, sono già presenti nove individui e cinque entità legati alle colonie illegali israeliane nei territori palestinesi occupati. L’idea di aggiungere i due ministri è stata già rilanciata allo scorso Consiglio Affari Esteri da diversi governi – Svezia, ma anche Francia, Spagna, Irlanda e Slovenia -, ma per ora non se n’è fatto nulla. Alla prossima riunione dei ministri degli Esteri dei 27, il 23 giugno, in ballo c’è la possibile revisione dell’Accordo di associazione con Israele a causa di violazioni dei diritti umani. C’è da aspettarsi che, ora che il passo è stato già compiuto da altri, la possibilità di sanzionare i ministri di Netanyahu si faccia più concreta anche a Bruxelles.

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    Albuquerque: “Con 16esimo pacchetto sanzioni finanziarie alla Russia per 228 miliardi di euro”

    Bruxelles – Il 16esimo pacchetto Ue di sanzioni contro la Russia vale almeno 228 miliardi di euro. A tanto ammontano le risorse bloccate e rese impossibili da usare per Mosca, assicura la commissaria per i Servizi finanziari, Maria Luís Albuquerque. La portata delle sanzioni, sottolinea nella risposta offerta ad una precisa richiesta che arriva dai banchi dei popolari (Ppe), riguarda però solo il settore finanziario. Con l’insieme di misure varate a fine febbraio, “circa 28 miliardi di euro di attività private sono stati congelati nell’Ue nell’ambito di misure individuali e oltre 200 miliardi di euro di attività della Banca centrale russa sono stati immobilizzati nell’ambito di sanzioni settoriali”. Da qui il valore da 228 miliardi di euro, limitato però solo ad una parte di uno dei tanti pacchetti Ue, peraltro neppure l’ultimo.Al 16esimo pacchetto di sanzioni se n’è aggiunto un altro varato il 20 maggio, con la Commissione europea al lavoro per un 18esimo pacchetto su cui non ci si sbilancia. “Non abbiamo una scadenza prestabilita” per chiuderlo e metterlo sul tavolo, premette Anitta Hipper, portavoce dell’Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Kaja Kallas. “Vogliamo che sia solido, e sostenuto da tutti gli Stati membri” quando arriverà il momento di proporlo in Consiglio, precisa. In Commissione “stiamo lavorando” e a tempo debito arriverà l’insieme delle nuove misure restrittive.Secondo le prime indiscrezioni l’esecutivo comunitario sta ragionando a restrizioni per Nord Stream, il gasdotto che collega la Russia alla Germania passando per il mar baltico, ulteriori restrizioni al settore bancario russo e una riduzione del tetto del prezzo del petrolio greggio.

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    Siria, Ue al lavoro per i rimpatri. Frontex: “Oltre mille ritorni da marzo”

    Bruxelles – Oltre mille rimpatri volontari dal territorio dell’Unione europea a casa, la Siria. Frontex, l’Agenzia di guardia costiera e di frontiera dell’Ue, da marzo ad oggi sta aiutando a ripristinare una situazione di normalità al Paese dopo la caduta del regime di Bashar Al-Assad, permettendo a quanti hanno goduto di protezione di ricominciare nel nuovo corso nazionale. Quattordici gli Stati membri da cui Frontex ha agevolato il trasferimento di cittadini siriani verso il Medio Oriente, spiega la stessa Agenzia.“Questo importante traguardo riflette l’impegno continuo per garantire rimpatri sicuri e dignitosi”, sottolinea Hans Leijtens il direttore esecutivo Frontex. “Tornare a casa è un’aspirazione profondamente umana. Per molti, significa ricongiungersi con la famiglia, riprendere in mano la propria vita e ritrovare la propria dignità”. L’attività dell’Agenzia dell’Ue si aggiunge a quella degli organismi internazionale. In particolare, sottolinea il commissario per gli Affari interni e l’immigrazione, Magnus Brunner, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) stima che “oltre 356.200 siriani siano tornati in Siria attraverso i paesi vicini dall’inizio di dicembre 2024 e che quasi 890mila sfollati interni siano tornati nella loro regione di origine dal novembre 2024″. Questa la fotografia fornita nella sua risposta all’interrogazione parlamentare depositata per fare un punto della situazione. Per quanto riguarda l’aspetto legato ai richiedenti asilo, “l’Ue si impegna a contribuire a creare le condizioni per un ritorno sicuro, volontario e dignitoso dei rifugiati“.L’Ue sta scommettendo (al buio) sulla nuova leadership in SiriaPer questo serve un Paese stabile, politicamente solido e inclusivo. L’Unione europea scommette sulla nuova leadership, e in segno di buona fede le sanzioni decretate in passato e rimaste in vigore per tutti questi anni sono state eliminate. In occasione dell’ultimo Consiglio Ue Affari esteri, i ministri degli Esteri degli Stati membri dell’Ue hanno deciso di rimuovere dalla lista nera europea 24 entità soggette al congelamento di fondi e risorse economiche. Molte di queste entità sono banche, tra cui la Banca Centrale della Siria, o società che operano in settori chiave per la ripresa economica della Siria.La scelta del resto trova la sua logica nella necessità di creare le condizioni per fare del Paese un luogo sicuro e stabile dove tornare a vivere, e il rilancio economico in tal senso rappresenta un elemento chiave per convincere i rifugiati siriani a tornare. Dall’Ue però nessun assegno in bianco: il Consiglio dell’Ue si dice “pronto a introdurre nuove misure restrittive” nei confronti di chi viola i diritti umani e alimenta l’instabilità in Siria. Un concetto ribadito anche dallo stesso Brunner: “Il sostegno dell’Ue e la sospensione delle sanzioni sono commisurati agli sviluppi nel Paese“.

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    In Irlanda è pronta una legge per vietare le importazioni dagli insediamenti israeliani nella West Bank

    Bruxelles – L’Irlanda potrebbe diventare il primo Stato membro dell’Ue a vietare l’importazione di beni prodotti negli insediamenti israeliani nei territori palestinesi occupati. Il governo irlandese presenterà domani (27 maggio) una proposta di legge che, se approvata, renderebbe reato l’acquisto di prodotti israeliani provenienti dalla Cisgiordania e da Gerusalemme Est, aree considerate illegalmente occupate dallo Stato ebraico secondo il diritto internazionale.Il disegno di legge, annunciato dal tánaiste e ministro degli Esteri e del Commercio Simon Harris, si inserisce in un contesto di crescente attenzione internazionale sulla situazione a Gaza. “È evidente che si stanno commettendo crimini di guerra: i bambini vengono affamati e il cibo è usato come arma”, ha dichiarato Harris al Financial Times: “Il mondo non ha fatto abbastanza, e dobbiamo agire”. La proposta irlandese rappresenta il primo tentativo concreto all’interno dell’Ue di introdurre una restrizione commerciale mirata nei confronti degli insediamenti israeliani.Insediamenti israeliani in CisgiordaniaIl disegno di legge prevede il divieto di importazione di beni fisici come datteri, arance, olive, legname e cosmetici, provenienti da insediamenti israeliani. A rimanere esclusi dal provvedimento sarebbero invece i prodotti realizzati da aziende palestinesi nella stessa area, come l’olio d’oliva Zaytoun. Tra il 2020 e il 2024, il valore complessivo delle importazioni irlandesi da questi territori è stato di appena 685.000 euro, ma la portata del provvedimento è considerata altamente simbolica. Oltre ai beni materiali, è in corso un dibattito giuridico sull’inclusione dei servizi, come turismo e tecnologia. Più di 400 accademici e giuristi irlandesi hanno firmato una lettera aperta a sostegno dell’estensione del divieto anche a settori come l’ospitalità, sottolineando come non vi siano ostacoli insormontabili nel diritto irlandese, europeo o internazionale a un provvedimento di questo tipo. Se inclusi, i servizi potrebbero coinvolgere aziende come Airbnb, che ha la propria sede europea a Dublino e sarebbe quindi soggetta alla normativa irlandese. Nel 2019, Airbnb aveva inizialmente annunciato il ritiro delle sue inserzioni nei territori occupati, salvo poi fare marcia indietro in seguito a cause legali, decidendo infine di devolvere i profitti derivanti da quelle attività a organizzazioni umanitarie. Harris ha dichiarato di non avere obiezioni politiche all’estensione del divieto ai servizi, confermando di aver ricevuto pareri legali secondo cui l’inclusione sarebbe attualmente impossibile.Sebbene il commercio sia una competenza dell’Unione Europea, esistono eccezioni in cui gli Stati membri possono agire autonomamente, specialmente in situazioni considerate di “straordinaria gravità”. A tal fine, l’Irlanda si richiama a un parere consultivo emesso lo scorso anno dalla Corte internazionale di giustizia, secondo cui gli Stati devono “adottare misure per impedire relazioni commerciali o d’investimento che contribuiscano al mantenimento della situazione illegale nei territori palestinesi occupati”.A livello comunitario, il provvedimento giunge pochi giorni dopo che una maggioranza di Stati membri ha votato per una revisione dell’accordo di associazione Ue-Israele del 1995. Una richiesta simile, avanzata da Irlanda e Spagna nel febbraio 2024, era stata in precedenza respinta dalla Commissione europea. L’esecutivo comunitario ha dichiarato che commenterà la proposta solo dopo che sarà adottata dal parlamento irlandese e formalmente trasmessa a Bruxelles. “Vogliamo fare qualcosa di significativo, ma un’azione collettiva dell’Unione avrebbe un impatto molto più forte“, ha osservato Harris.