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    Dal petrolio russo che l’Ue compra ancora rischi per l’accordo sui dazi con gli Usa

    Bruxelles – Commercio Unione europea-Stati Uniti, nella questione dazi ora rischia di pesare il petrolio russo. L’accordo politico annunciato dalle parti a fine luglio ancora non è entrato a regime e già tutto potrebbe essere rimesso in discussione, visto che il presidente Usa, Donald Trump, è deciso a ‘punire’ quanti acquistano energia da Mosca e dai suoi fornitori, Gazprom e Lukoil. Una decisione in tal senso è già stata presa nei confronti dell’India e adesso la ‘scure anti-Putin’ di Washington potrebbe abbattersi sull’Europa a dodici stelle e i suoi Stati membri.La linea della Casa Bianca è stata già espressa, ma è il minaccioso messaggio del senatore repubblicano Lindsey Graham a gettare ombre sull’immediato futuro. “La decisione del presidente Trump di attaccare i paesi che sostengono la macchina da guerra di Putin acquistando petrolio russo a basso costo è una svolta”, premette. Quindi l’avvertimento per l’Ue: “Ai miei amici europei che hanno aiutato l’Ucraina, dico che lo apprezzo molto. Tuttavia, né a me né ad altri sfugge che state acquistando petrolio dall’India, che l’India originariamente acquistava dalla Russia. Stiamo osservando. Tutto questo deve finire subito”.President Trump’s decision to go after countries that prop up Putin’s war machine by buying cheap Russian oil is a gamechanger. These countries are about to pay a long overdue and heavy price.To my European friends who have been helping Ukraine, it is much appreciated.…— Lindsey Graham (@LindseyGrahamSC) August 6, 2025Ue sotto osservazione, dunque. Un messaggio che si inserisce nel delicato quanto sempre più complicato accordo sui dazi rimesso subito in discussione. Trump ha già avvertito che l’Ue deve mantenere l’impegno di fare acquisti di energia dagli Usa per 750 miliardi di dollari, o le tariffe del 15 per cento verranno aumentate al 35 per cento. Il richiamo sul petrolio russo si inserisce inevitabilmente nel contesto e nelle condizioni dell’intesa raggiunta con la Commissione europea.E’ un dato di fatto che gli Stati membri dell’Ue continuino ad acquistare ancora gas e petrolio russi. In maniera minima e residuale, certo, ma comunque si garantiscono ancora introiti al Cremlino. Secondo la tabella di marcia europea il conto sarà estinto a zero non prima della fine del 2027. Un elemento noto, ma che ora l’amministrazione americana potrebbe utilizzare a proprio vantaggio per non applicare un accordo sui dazi che fatica a decollare e che produce nervosismo a Bruxelles.I dazi per le auto ancora non sono scesi dal 27,5 per cento al 15 per cento, e ancora non è chiaro se i semiconduttori saranno parte dell’accordo. “Abbiamo un accordo politico e lavoriamo per stabilizzarlo”, si limita a commentare Olof Gill, portavoce dell’esecutivo comunitario per il Commercio. Per quanto riguarda il momento in cui entreranno in vigore i termini dell’accordo e cosa riguarderanno “non possiamo dare una risposta”, ammette. “Le domanda vanno rivolte agli Stati Uniti, adesso tutto dipende da loro”. L’accordo annunciato è sempre più un grande punto interrogativo.

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    Mattarella, Tajani e Crosetto nella lista dei “russofobi” stilata dal Cremlino, richiamato l’ambasciatore russo a Roma

    Bruxelles –E’ crisi diplomatica tra Italia e Russia, con il governo di Roma che richiama l’ambasciatore russo dopo che il capo dello Stato Sergio Mattarella è finito in una lista nera del Cremlino dove sono elencati funzionari occidentali “russofobi”. Un’iniziativa cui segue unanime condanna del mondo politico nostrano.La narrativa russa e la propaganda putiniana passano anche per la compilazione di liste di personalità e profili non graditi allo zar come che quella fa infuriare le autorità italiane. L’ultimo elenco delle personalità non gradite al Cremlino colpisce quanti sono accusati di usare un linguaggio “odioso” e “russofobo” nelle loro apparizioni pubbliche, incluso il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, appunto.Lo scorso 24 luglio, il nome dell’inquilino del Quirinale è stato inserito nella lista di proscrizione del Cremlino insieme a quelli del ministro degli Esteri Antonio Tajani e del responsabile della Difesa Guido Crosetto, scatenando le reazioni bipartisan della politica italiana.La premier Giorgia Meloni ha derubricato l’accaduto come “l’ennesima operazione di propaganda” russa, mentre oggi (30 luglio) il titolare della Farnesina ha convocato l’ambasciatore della Federazione a Roma, definendo la mossa “una provocazione contro la Repubblica e il popolo italiano“. Per Nicola Zingaretti, capopattuglia del Partito democratico all’Eurocamera di Strasburgo, si tratta di “un atto grave e inaccettabile” che configura “un attacco ai valori democratici e alle istituzioni che difendiamo con fermezza”.Il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani (foto: Sara Minelli via Imagoeconomica)All’origine dell’iscrizione in questo elenco c’è un passaggio del discorso tenuto dal capo dello Stato lo scorso 5 febbraio all’università di Aix-Marseille. Nell’accettare un’onorificenza honoris causa, Mattarella ha ricordato come negli anni Trenta del Novecento si sia assistito ad “un progressivo sfaldarsi dell’ordine internazionale, che mise in discussione i principi cardine della convivenza pacifica, a cominciare dalla sovranità di ciascuna nazione nelle frontiere riconosciute“.Sottolineando come le “guerre di conquista” scaturite dal “criterio della dominazione” furono al centro del “progetto del Terzo Reich in Europa“, il presidente ha dichiarato che “l’odierna aggressione russa all’Ucraina è di questa natura“. La portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, alzò la voce nei giorni successivi, bollando le osservazioni di Mattarella come “invenzioni blasfeme” e minacciando non meglio specificate “conseguenze”.Nella lista sono menzionati anche il suo omologo francese Emmanuel Macron, il cancelliere tedesco Friedrich Merz, l’Alta rappresentante per la politica estera dell’Ue, Kaja Kallas, e il Segretario generale della Nato Mark Rutte.

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    Zelensky annuncia nuovi colloqui a Istanbul tra Ucraina e Russia

    Bruxelles – Per la terza volta nell’arco di tre mesi, le squadre negoziali di Ucraina e Russia si incontreranno domani a Istanbul per tentare di rompere l’impasse diplomatica. In agenda nuovi scambi di prigionieri, la restituzione dei minori ucraini rapiti e un incontro al massimo livello tra i presidenti dei due Paesi belligeranti. Ma su quest’ultimo punto, così come sull’intesa per un cessate il fuoco, le aspettative sono piuttosto basse.L’annuncio è arrivato nella tarda serata di ieri (21 luglio) da parte di Volodymyr Zelensky. In un post su X, il presidente ucraino ha riportato il suggerimento di Rustem Umerov, ex ministro della Difesa e ora a capo del Consiglio nazionale di sicurezza, di “tenere una nuova riunione dei rappresentanti in Turchia” per ridare linfa alla pista negoziale tra Kiev e Mosca.“L’agenda da parte nostra è chiara: il ritorno dei prigionieri di guerra, il ritorno dei bambini rapiti dalla Russia e la preparazione di un incontro tra i leader“, ha specificato Zelensky, rivelando che l’incontro tra le delegazioni è stato fissato per domani (23 luglio) a Istanbul, nella stessa sede dei due precedenti round di colloqui svoltisi rispettivamente a metà maggio e a inizio giugno. Anche stavolta, a guidare il team ucraino sarà proprio Umerov.I held a meeting on the outcomes Ukraine needs from the negotiation efforts.Secretary of the National Security and Defense Council of Ukraine, Rustem Umerov, reported on the implementation of the agreements reached at the second meeting with the Russian side in Istanbul, as… pic.twitter.com/0JQ1fGyaPC— Volodymyr Zelenskyy / Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) July 22, 2025Da parte russa non è ancora giunta conferma ufficiale sulla data dei colloqui, anzi sono trapelate informazioni discordanti sui media nazionali. L’agenzia Tass ha diffuso la medesima versione ucraina, parlando di un solo giorno di negoziati previsto per domani, mentre la Ria ha riportato di colloqui previsti per giovedì e venerdì (24 e 25 luglio).Ad ogni modo, per quanto la notizia che gli emissari dei due Paesi belligeranti si siederanno nuovamente al tavolo delle trattative sia indiscutibilmente positiva di per sé, sono in realtà piuttosto basse le aspettative per una svolta decisiva sulla fine della guerra, a quasi tre anni e mezzo dal suo inizio nel febbraio 2022.I due precedenti incontri a Istanbul si sono risolti in altrettanti buchi nell’acqua, almeno per quanto riguarda la ricerca di un’intesa su un’eventuale tregua, dal momento che le posizioni rimangono inconciliabili sia nel merito sia nel metodo. Lo ha ribadito anche oggi, per l’ennesima volta, il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov, sostenendo di non aspettarsi “progressi miracolosi” viste le rivendicazioni “diametralmente opposte” delle due cancellerie.Il presidente russo Vladimir Putin (foto via Imagoeconomica)Nel merito, i rispettivi desiderata sono vicendevolmente irricevibili: tra le altre cose, Kiev vuole un cessate il fuoco immediato e totale, delle garanzie di sicurezza e la libertà di poter entrare nella Nato e nell’Ue, laddove Mosca esige la smilitarizzazione e neutralizzazione dell’avversario, il ritiro delle truppe ucraine dalle quattro oblast’ parzialmente occupate (per annetterle al proprio territorio, insieme alla Crimea) e la cessazione degli aiuti militari occidentali.Quanto al metodo, è la stessa opportunità di sospendere al più presto i combattimenti come prerequisito per avviare i negoziati, come richiesto dal Paese aggredito, a non essere condivisa dalla Russia, la quale non ritiene di dover far tacere le armi finché non sia stato raggiunto un accordo di pace complessivo e duraturo che risolva quelle che la Federazione descrive come le “cause alla radice” della crisi.Un obiettivo, quello di un accordo globale, che continua però a rimanere una chimera. Per centrarlo servirebbe, come punto di partenza, un faccia a faccia tra Zelensky e Putin. Sul punto, da tempo il primo tira la giacca al secondo. Ma l’inquilino del Cremlino non vuole saperne, ritenendo illegittimo l’omologo perché, insiste, il suo mandato è scaduto nel maggio 2024 (peccato che, a causa dell’invasione russa, in Ucraina sia in vigore la legge marziale, che impedisce di indire nuove elezioni).Il presidente statunitense Donald Trump (foto via Imagoeconomica)Del resto, nei confronti del presidente russo sembra aver esaurito la pazienza persino Donald Trump. Dopo aver seguito per mesi un approccio decisamente morbido con Mosca, il capo della Casa Bianca ha recentemente minacciato di colpirla con “pesanti sanzioni” se non verranno fatti progressi significativi nei negoziati verso la pace entro la fine di agosto.Nel frattempo, il fronte degli alleati europei di Kiev mantiene la linea dura. Vinta l’opposizione della Slovacchia, l’Ue ha adottato la scorsa settimana il suo 18esimo pacchetto di sanzioni, con cui mira a colpire soprattutto i settori energetico e bancario russi. E nel nuovo progetto di bilancio comunitario post-2027, Ursula von der Leyen ha proposto la creazione di un fondo speciale da 100 miliardi di euro destinato al sostegno dell’Ucraina.Quanto ai colloqui di Istanbul in calendario per domani, il titolare degli Esteri francese Jean-Noël Barrot li considera potenzialmente “lodevoli”, ma solo “se porteranno ad un incontro a livello di capi di Stato, in vista della conclusione di un cessate il fuoco“. “Sono passati ormai cinque mesi da quando l’Ucraina ha accettato un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni che consenta l’apertura dei negoziati, perché non negoziamo sotto le bombe, e aspettiamo da cinque mesi che Vladimir Putin accetti lo stesso principio“, incalza il capo della diplomazia d’Oltralpe dall’Ucraina, dove si trova in missione.

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    Trump si riallinea sull’Ucraina: armi a Kiev e sanzioni a Mosca. L’Ue cerca l’accordo sul 18esimo pacchetto

    Bruxelles – Nuova giravolta di Donald Trump, che riporta gli Stati Uniti con entrambi i piedi nel fronte occidentale che si oppone alla logorante guerra di Russia in Ucraina. Il presidente americano ha annunciato ieri sera (14 luglio) che invierà “le armi migliori” a Kiev – pagate dagli alleati europei – e ha minacciato Mosca di severe sanzioni se non verrà raggiunta la pace entro 50 giorni.Un decisi cambio di strategia, dopo il controverso taglio alle forniture militari all’Ucraina a cui l’amministrazione americana aveva dato il via libera solo due settimane fa. L’accordo messo a terra durante la visita a Washington del segretario generale della Nato, Mark Rutte, prevede l’invio – “entro pochi giorni”, ha promesso il tycoon – di ulteriori batterie antiaeree Patriot, finanziati da alcuni dei partner dell’Alleanza atlantica. Rutte ha confermato che un numero significativo di alleati, tra cui Germania, Finlandia, Danimarca, Svezia, Norvegia, Paesi Bassi e Canada, è pronto a coprire le spese nell’ambito dell’accordo.Non solo, Trump si è detto “molto scontento” del comportamento di Vladimir Putin e ha lanciato un ultimatum a Mosca: se non si arriverà a una pace entro 50 giorni, gli Stati Uniti imporranno “dazi molto rigidi”. Dazi del 100 per cento sulle esportazioni russe e sanzioni secondarie contro i partner commerciali del Cremlino, in primis Cina e India.L’Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, Kaja Kallas, a Bruxelles, 15/07/25Questa mattina, al suo arrivo al Consiglio Ue Affari Esteri, l’Alta rappresentante Kaja Kallas ha salutato con favore il rinnovato impegno statunitense e ha rilanciato sul diciottesimo pacchetto di sanzioni europee al Mosca e sul tetto al prezzo del greggio russo: i 27 sono “molto, molto vicini” all’accordo sul nuovo round di misure restrittive – presentato a inizio giugno, ma c’è da superare il veto dell’Ungheria – e non hanno abbandonato l’idea di ridurre da 60 a 45 dollari al barile il tesso massimo per il prezzo del petrolio russo. “Spero che troveremo un accordo ora, anche se gli americani non sono a bordo, ma gli altri Paesi del G7 lo sono, allora andremo avanti con questa cosa”, ha affermato il capo della diplomazia europea.Le ha fatto eco la presidenza danese del Consiglio dell’Ue: il ministro degli Esteri di Copenaghen, Lars Løkke Rasmussen, ha sottolineato l’importanza di “sfruttare lo slancio creato anche dai nuovi messaggi di Trump di ieri” per aumentare la pressione sulla Russia e strappare un accordo a 27 sulle nuove sanzioni.

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    Europarlamento: Fermiamo la deriva autoritaria in Georgia

    Bruxelles – Il Parlamento europeo condanna le modalità di svolgimento delle scorse elezioni del 2024 in Georgia. I deputati hanno approvato oggi (9 luglio), con una larga maggioranza, un testo che afferma come queste elezioni, “hanno segnato una chiara svolta verso un governo autoritario nel Paese candidato all’Ue”. La relazione afferma che, queste elezioni “irregolari” hanno spianato la strada al partito Sogno Georgiano al potere per “prendere il controllo illecitamente delle istituzioni statali e rimuovere le garanzie democratiche, portare avanti una legislazione repressiva e opprimere gli oppositori politici, i giornalisti e i manifestanti pacifici”.Il Parlamento chiede che si torni su di un percorso democratico e all’integrazione euro-atlantica dando una decisa virata dalle potiche del governo attuale che mette anche in discussione il percorso di adesione del Paese all’Ue. E come già dichiarato nel 2024, gli eurodeputati rinnovano il loro appello affinché si svolgano nuove elezioni parlamentari in Georgia sotto il monitoraggio internazionale e nazionale indipendente. Ed aggiunge, che finché le nuove elezioni non saranno annunciate, il Parlamento continuerà a non riconoscere il regime a Parlamento e Presidente a partito unico ora al potere, e invita l’Ue e gli Stati membri a imporre sanzioni personali bilaterali e coordinate contro i principali dirigenti del partito Sogno Georgiano e i responsabili del declino democratico del Paese. Inoltre chiede una revisione immediata della politica Ue con la Georgia e dell’accordo economico bilaterale.La relatrice del rapporto, Rasa Juknevičienė (PPE, Lituania) in un’accorato commento sostiene che “purtroppo, non abbiamo potuto valutare alcun progresso da parte della Georgia perché, da leader ispiratore tra i Paesi dell’Europa dell’Est, a Tbilisi è arrivata una brutale dittatura. Dall’adozione di questa relazione in commissione (nell’ottobre 2024), la situazione è peggiorata: quasi tutti i leader dell’opposizione sono stati arrestati e sono in carcere. I media indipendenti sono sull’orlo del collasso. Le più grandi organizzazioni della società civile subiscono minacce e gravi restrizioni legali”. La relatrice ammonisce poi che “la Georgia è un esempio di come un Paese possa essere catturato dagli interessi russi dall’interno senza che venga sparato un colpo. Ma il popolo georgiano non si arrende, continua a protestare ogni giorno, da oltre 200 giorni, nonostante la violenta repressione. L’Ue e i suoi Stati membri devono intervenire prima che sia troppo tardi. Lo dobbiamo ai coraggiosi georgiani che lottano per un futuro libero e pro-europeo”.

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    La Bce: “Con la Cina nel Wto meno democrazia nel mondo in nome del commercio, ma l’Ue ha le sue colpe”

    Bruxelles – L’ingresso della Cina nell’organizzazione mondiale per il commercio (Wto) ha segnato un arretramento del livello democratico dei partner commerciali dell’Ue. Questo sostiene la Banca centrale europea, in un’analisi pubblicata sul blog della Bce, che rappresenta un attacco frontale alla Repubblica popolare e al suo modello politico.Commercio e libero scambio fanno bene all’economia e al quieto vivere, permettendo rapporti cordiali e prosperità. Questo il credo dietro l’azione dell’Unione europea, a cui ora però, la Bce ‘fa le pulci’. Il risultato è che con il libero scambio senza ‘se’ e senza ‘ma’ è che a rimetterci sono valori, principi e diritti. In sostanza, col troppo libero commercio a rimetterci è la democrazia.La questione di fondo è la seguente: perché il profilo democratico dei partner commerciali europei è diminuito negli ultimi 25 anni? Per la Bce “è possibile che questo sviluppo sia interamente dovuto alla Cina“. Come viene messo in risalto, dopo aver trascorso decenni al di fuori del sistema commerciale internazionale, nel 2001 la Cina è entrata a far parte dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. “Dato il punteggio molto basso della Cina” nell’indice commerciale ponderato per la democrazia, “è possibile che il deterioramento osservato nel profilo democratico delle importazioni dell’Ue sia interamente dovuto al commercio dell’UE con questo partner molto influente“, afferma la Bce.I presidenti di Cina e Russia, Xi Jinping e Vladimir Putin, tra i generali durante la parata miliare a Mosca per le celebrazioni della grande vittoria [foto: imagoeconomica]C’è però un problema di fondo che riguarda un più generale deterioramento globale e scelte proprie dell’Unione europea, quella di non isolare governi autoritari e illiberali. “Commerciare con i dittatori equivale a generare profitti per regimi che spesso hanno un’esplicita agenda espansionistica e militarista“, rileva l’analisi della Bce. Decidere di non chiudere le porte a determinati soggetti produce “l’aumento del rischio geopolitico ha implicazioni per tutti gli aspetti dell’ordine economico globale”. Nella lista degli aspetti figurano la politica monetaria, la stabilità finanziaria e i flussi di capitali internazionali, “soprattutto per un’economia aperta come quella europea”. In definitiva, che si tratti della Turchia dell’anti-democratico Erdogan, dell’Israele guidato da un Benjamin Netanyahu accusato di crimini contro l’umanità e o della Russia di Putin, cambia poco: “Questo può potenzialmente diventare una sfida esistenziale per l’Ue”.La Cina può aver giocato un ruolo, ma per l’Ue la sfida “più ovvia” in materia di contratti e accordi commerciali “riguarda la sua reputazione di unione economica e politica basata sui valori”. In tal senso, rileva ancora la Bce, “il declino della qualità della governance democratica del suo partner commerciale medio dal 1999 può essere percepito come incoerente con gli obiettivi di politica commerciale sostenibile dell’Ue, volti al rispetto dei diritti democratici, umani e sociali”. Considerando che negli ultimi 25 anni l’Unione “ha commerciato sempre più con autocrati e dittatori”, questo aspetto “non può essere rivendicato con successo dall’Ue”.

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    L’Armenia verso la liberalizzazione dei visti con l’Ue (ma sempre all’ombra di Mosca)

    Bruxelles – L’Ue e l’Armenia “non sono mai state così vicine”. È il messaggio di speranza consegnato dall’Alta rappresentante Kaja Kallas a Yerevan, dove ha condotto una visita di due giorni conclusasi oggi. Il Paese caucasico sta cercando di abbandonare l’orbita russa e di entrare in quella europea, ma il cammino da fare è ancora lungo. E passa per la normalizzazione dei rapporti col vicino Azerbaigian dopo decenni di guerra, nonché per la difesa dalle “minacce ibride” russe.Parlando accanto al suo omologo armeno Ararat Mirzoyan, il capo della diplomazia a dodici stelle ha annunciato ieri (30 giugno) che la Commissione europea ha “adottato la sua proposta per il piano d’azione per la liberalizzazione dei visti” coi Ventisette, un primo passo simbolico per continuare ad accorciare le distanze tra Yerevan e Bruxelles.Un passo richiesto a gran voce dallo stesso premier armeno Nikol Pashinyan, il cui governo a gennaio ha iniziato a muoversi nella direzione dell’adesione all’Ue, ottenendo lo scorso marzo il via libera del Parlamento nazionale. Nei prossimi mesi la popolazione dovrebbe esprimersi sulla questione tramite referendum.It was a great pleasure to welcome HR/VP @kajakallas to Yerevan both for a very timely & symbolic visit, with an enhanced agenda & important deliverables.We share the vision of deeper partnership & stronger engagement for more resilient democracy & peace. pic.twitter.com/7B4zlgfKzA— Ararat Mirzoyan (@AraratMirzoyan) June 30, 2025“L’Ue e l’Armenia non sono mai state così vicine, avete lanciato il processo di adesione all’Ue, e diamo il benvenuto alla vostra intenzione di approfondire la nostra partnership“, si è congratulata Kallas. L’Alta rappresentante ha svelato anche l’imminente lancio di un nuovo partenariato e l’avvio del piano di resilienza e crescita per il 2024-2027 da circa 270 milioni di euro (messo sul tavolo nell’aprile 2024), nonché la partecipazione dell’Armenia alle missioni Ue nel mondo.Il supporto di Bruxelles alla fragile democrazia caucasica comprende anche, tra le altre cose, il finanziamento dei media indipendenti, il sostegno agli sfollati del Nagorno-Karabakh – una provincia separatista dell’Azerbaigian a maggioranza armena, al centro di un conflitto decennale con Baku conclusosi nell’autunno 2023 con la riconquista dell’exclave armena da parte dell’esercito azero – e la cooperazione militare coi Ventisette.Ma il percorso di Yerevan verso l’ingresso in Ue è ancora lungo, accidentato e tutto in salita. C’è molto da fare a livello domestico per allineare l’Armenia all’acquis communautaire, il corpo giuridico dell’Unione cui tutti i Paesi candidati devono conformarsi in qualunque ambito, dall’energia al commercio passando per lo Stato di diritto.Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan (foto: Leon Nea/Afp)Poi c’è la politica estera e di sicurezza. Sul Paese guidato da Pashinyan pendono almeno due grosse spade di Damocle, rappresentate dai rapporti con l’Azerbaigian e con la Russia. A detta di Mirzoyan, i colloqui per la normalizzazione con Baku stanno procedendo. L’obiettivo è la firma di un trattato di pace il prima possibile, magari entro la fine dell’anno.Bruxelles “sostiene” il processo, ha ribadito Kallas, che deve basarsi sul “rispetto della sovranità, dell’integrità territoriale e dell’inviolabilità dei confini”. Lo sostiene anche, o forse soprattutto, “dal punto di vista dei progetti di connettività verso l’Asia Centrale“, cioè quelli recentemente messi nero su bianco dall’esecutivo comunitario con la Strategia per il Mar Nero che vede coinvolte, appunto, sia Baku sia Yerevan.Potrebbero essere ancora più problematici, invece, i legami con Mosca. La Federazione è l’alleato storico dell’Armenia (un’ex repubblica sovietica ancora dipendente dalla Russia soprattutto per le esportazioni e per l’approvvigionamento energetico), ma da tempo Pashinyan sta cercando di sganciare Yerevan dal Cremlino e di collocarla nell’orbita occidentale.Il presidente russo Vladimir Putin (foto: Vyacheslav Prokofyev/Sputnik via Afp)Soprattutto dopo che l’esercito russo non è intervenuto in Nagorno-Karabakh al fianco dei separatisti armeni, come avrebbe dovuto fare in base agli obblighi del trattato di difesa collettiva (Csto) di cui fanno parte diversi ex membri dell’Urss. Dal febbraio 2024, il Paese caucasico ha di fatto congelato la propria partecipazione nell’alleanza militare, annunciando di volerla abbandonare al più presto.Anche per questo, Kallas ha esortato il suo omologo a non abbassare la guardia e tenere d’occhio le “minacce ibride” poste dall’ingombrante vicino russo, incluse la disinformazione e le ingerenze del Cremlino nell’intera regione, come visto nei processi elettorali e politici in diversi Paesi dalla Georgia alla Moldova e fino alla Romania.Mirzoyan ha recepito il messaggio, ingiungendo a Mosca di tenersi alla larga dalle vicende domestiche dell’Armenia. A partire dall’arresto dell’arcivescovo Bagrat Galstanyan, figura di spicco della Chiesa apostolica armena e leader dell’opposizione antigovernativa, per il suo presunto coinvolgimento in un tentativo di colpo di Stato che Yerevan non esclude possa essere sostenuto proprio dal Cremlino.

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    Orbán si sfila, l’Ue rinnova i 17 pacchetti di sanzioni alla Russia per altri sei mesi

    Bruxelles – Alla fine è andato tutto liscio, e le sanzioni che l’Unione europea ha imposto alla Russia negli ultimi tre anni resteranno in vigore. Più liscio del previsto, perché il preventivato scontro con il primo ministro ungherese, VIktor Orbán, non c’è stato. L’accordo politico sulla proroga dei 17 pacchetti di sanzioni per altri sei mesi è arrivato, un po’ a sorpresa, in tarda serata, allo scadere del Consiglio europeo di ieri (26 giugno).Lo scorso gennaio, l’ultima volta che i 27 avevano dovuto ripetere l’esercizio di proroga semestrale delle misure restrittive contro Mosca, Budapest aveva tenuto tutti col fiato sospeso fino all’ultimo minuto, per poi farsi da parte e consentire il via libera all’unanimità. Lasciando però intendere che avrebbe potuto mettersi di traverso in futuro. Ma Orbán guarda a Washington, e in questo momento Trump non solo non sembra intenzionato a sospendere le sanzioni imposte a livello di G7, ma ha chiesto che sia l’Europa a insistere ulteriormente. Il premier magiaro “non ha la sponda degli Stati Uniti“, afferma una fonte diplomatica.E infatti, incalzato dal presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, il leader sovranista non ha sollevato obiezioni. L’Ue assicura così i 17 pacchetti già in vigore mentre cerca l’accordo – sempre con l’Ungheria – sul diciottesimo. Dopo l’endorsement politico dei capi di stato e di governo, oggi gli ambasciatori degli Stati membri avvieranno le procedura per il rinnovo delle sanzioni, in vista dell’adozione formale in agenda già lunedì 30 giugno. Ben in anticipo rispetto alla scadenza del 31 luglio, che avrebbe decretato la cancellazione di un’ampia gamma di misure settoriali, tra cui restrizioni in materia di scambi, finanza, energia, tecnologia e beni a duplice uso civile/militare, industria, trasporti e beni di lusso.Le sanzioni economiche comportano inoltre il divieto di importazione o trasferimento di petrolio per via marittima dalla Russia all’Ue e l’esclusione dal sistema SWIFT di diverse banche russe. Senza una proroga, andrebbero in fumo i circa 210 miliardi di euro di attività della Banca centrale russa congelati da Bruxelles.