La Turchia andrà al ballottaggio. Erdoğan non supera il 49,3 per cento e rischia la rimonta dello sfidante Kılıçdaroğlu
Bruxelles – L’appuntamento con la storia per la Turchia è rimandato di un altro paio di settimane. Il primo turno delle elezioni presidenziali non ha consegnato un vincitore e il prossimo 28 maggio gli elettori saranno chiamati a tornare alle urne per scegliere il nuovo presidente della Repubblica. Il ballottaggio sarà tra il leader in carica, Recep Tayyip Erdoğan, e il candidato dell’opposizione unita, l’economista Kemal Kılıçdaroğlu.
Sostenitori del presidente Recep Tayyip Erdoğan ad Ankara (credits: Adem Altan / Afp)
Come da previsioni al primo turno di ieri (14 maggio) si è confermato lo scenario più verosimile, ovvero un testa a testa tra i due candidati più forti ma senza che nessuno dei due sia riuscito a superare la soglia del 50 per cento dei voti necessari per farsi eleggere già presidente. Erdoğan in realtà ci è andato molto vicino, fermandosi al 49,37 per cento delle preferenze, secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Anadolu. Sotto le aspettative Kılıçdaroğlu, che ha visto il proprio margine di scarto sul presidente in carica erodersi nelle ultime settimane e al primo turno ha incassato il 44,99 per cento dei voti degli elettori. Il restante 5,64 per cento è andato al candidato del Partito della Patria Muharrem İnce (0,43) – il cui nome, nonostante il ritiro di venerdì scorso (11 maggio) dalla corsa elettorale, è rimasto sulle schede – e all’indipendente Sinan Oğan sostenuto dall’Alleanza Ata (5,21). Mancano però ancora i voti dei residenti all’estero, sui quali c’è molta incertezza e sui quali Erdoğan ancora riserva qualche speranza.
Al secondo turno del 28 maggio sarà decisivo l’indirizzo dei voti di chi ha sostenuto Oğan – che si è riservato qualche giorno per prendere una decisione sul sostegno a uno dei due candidati – ma non è da escludere che il testa a testa tra Erdoğan e Kılıçdaroğlu spinga gli elettori incerti a fare una scelta di campo che rispecchi un giudizio sul presidente in carica e la richiesta di rinnovamento in Turchia: “Erdoğan non ha ottenuto il voto di fiducia del popolo, il desiderio di cambiamento nella società è superiore al 50 per cento“, ha rivendicato in un discorso pre-voto lo sfidante dell’opposizione.
Manifesti elettorali di Recep Tayyip Erdoğan (a sinistra) e di Kemal Kılıçdaroğlu (a destra) in occasione delle elezioni presidenziali in Turchia (credits: Ozan Kose / Afp)
Se è vero che il leader conservatore nel 2018 aveva vinto al primo turno con il 52,6 per cento dei voti, è innegabile che nelle ultime settimane abbia recuperato in modo consistente rispetto ai sondaggi che lo davano attorno al 45 per cento, staccato di 10 punti dallo sfidante. A giocare a favore del presidente della Turchia è stata la tenuta nelle roccaforti nel sud del Paese colpite dal terremoto dello scorso 6 febbraio: nonostante le previsioni di un calo dei consensi a causa della gestione quantomeno discutibile delle conseguenze del sisma e per la rete clientelare e di corruzione che ha portato al collasso di intere città, alla fine Erdoğan si è assicurato ovunque il 60 per cento (o più) dei voti.
Parallelamente alle presidenziali in Turchia si sono svolte anche le elezioni parlamentari. I conservatori del Partito della Giustizia e dello Sviluppo (Akp) di Erdoğan hanno raccolto sì il maggior numero di voti (35 per cento), ma sono molto distanti dal risultato del loro leader. Nel nuovo Parlamento perderanno 28 seggi (267 su 600) rispetto alla legislatura appena conclusasi, ma grazie all’alleanza con altri tre partiti con cui il presidente ha governato negli ultimi cinque anni si dovrebbe formare senza grossi problemi una nuova maggioranza di 323 deputati. In ogni caso quello di ieri è stato il secondo peggior risultato nella storia dell’Akp, dopo il 34,2 per cento del 2002: da allora in nessuna elezione per il rinnovo della Grande Assemblea Nazionale i conservatori erano mai scesi sotto l’asticella del 40 per cento.
Chi è lo sfidante di Erdoğan al ballottaggio in Turchia
Al ballottaggio del 28 maggio l’opposizione unita in Turchia si giocherà il tutto per tutto contro Erdoğan puntando sul candidato comune Kılıçdaroğlu e sulla convinzione che i sondaggi della vigilia sull’esito di un testa a testa tra i due saranno riconfermati anche alle urne. Mai come in questa tornata storica l’opposizione ha cercato di trovare una quadra per sfidare il presidente al potere da 20 anni esatti (dal 2003 al 2014 come primo ministro, dal 2014 a oggi come capo di Stato). I sei partiti di opposizione si sono uniti nella cosiddetta ‘Tavola dei Sei’ e hanno nominato come proprio candidato alla presidenza della Repubblica il leader del Partito popolare repubblicano (Chp), il principale partito d’opposizione fondato nel 1923 dal primo presidente turco, Kemal Atatürk.
l leader del Partito popolare repubblicano (Chp) e candidato presidente della Turchia, Kemal Kılıçdaroğlu (credits: Yasin Akgul / Afp)
Per Kılıçdaroğlu, politico 73enne noto per l’onestà e la frugalità a livello comunicativo e per le vittorie del suo partito a Istanbul e Smirne alle amministrative del 2019, l’ostacolo maggiore rimane sempre l’estrema varietà della coalizione di partiti che lo supporta, che va dal centrosinistra alla destra nazionalista. Un altro fattore di rischio di fronte all’elettorato è il fatto che a tenere uniti questi partiti c’è poco se non il tentativo di mettere fuori gioco proprio il leader conservatore dell’Akp, anche se in campagna elettorale Kılıçdaroğlu ha puntato molto l’attenzione sulla piattaforma di riforme che metterà in cantiere in caso di elezione, tra cui compare l’abolizione del presidenzialismo (la figura del primo ministro è stata abolita nel 2018). Come evidenziato da alcuni analisti, una vittoria di Kılıçdaroğlu potrebbe significare anche un ritorno in Turchia a una maggiore disciplina fiscale, più trasparenza sul rispetto delle regole di mercato e riforme nel settore energetico, considerata la presenza nella coalizione di politici riformatori come il leader del leader del Partito per la democrazia e il progresso (Deva), Ali Babacan, ministro dell’Economia tra il 2002 e il 2007, degli Esteri dal 2007 al 2009 e capo negoziatore per l’adesione della Turchia all’Ue tra il 2005 e il 2009.
Al primo turno di voto il presidente in carica non ottiene la maggioranza assoluta necessaria per la riconferma e sarà sfidato il 28 maggio dall’opposizione unita sotto il nome di Kemal Kılıçdaroğlu. Sarà decisiva la distribuzione dei voti del terzo candidato sconfitto, Sinan Oğan, ma si attende ancora los crutinio dei voti dei residenti all’estero