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    La Macedonia del Nord pronta per un nuovo governo. L’UE: “Zaev ha dato l’esempio, ora al lavoro con il successore”

    Bruxelles – Dopo un mese e mezzo di crisi di governo, la Macedonia del Nord è pronta per un nuovo esecutivo. Il primo ministro, Zoran Zaev, si è ufficialmente dimesso, inviando la lettera di dimissioni al presidente dell’Assemblea nazionale, Talat Xhaferi, e lasciando posto a un governo ad interim che guiderà la transizione.
    Si attende solo il voto del Parlamento di Skopje che dovrà accettare formalmente le dimissioni di Zaev. A quel punto il presidente della Repubblica della Macedonia del Nord, Stevo Pendarovski, avrà dieci giorni di tempo per consegnare il mandato di formare un nuovo governo alla coalizione guidata dall’Unione socialdemocratica di Macedonia (SDSM) – il partito dell’ex-premier Zaev – che a sua volta dovrà riuscire a esprimere una maggioranza parlamentare nell’arco di 20 giorni.
    Entro la fine di gennaio tutto l’iter dovrà essere completato. Lo scenario più probabile è un gabinetto guidato dal nuovo leader socialdemocratico, Dimitar Kovačevski, economista 47enne laureati ad Harvard, che due giorni fa (martedì 21 dicembre) ha presenziato con Zaev alla firma dei protocolli d’intesa dell’accordo Open Balkan con Albania e Serbia. Un altro scenario potrebbe essere quello di elezioni anticipate, come richiesto dall’opposizione del Partito democratico per l’unità nazionale macedone (VMRO DPMNE). Questo nel caso in cui non si riuscisse a trovare nemmeno un’alternativa parlamentare guidata dal partito di destra in coalizione con l’Alleanza per gli Albanesi, l’estrema sinistra di Levica e il partito di etnia albanese BESA.
    La crisi di governo in Macedonia del Nord si era aperta a inizio novembre, dopo il crollo del partito del premier Zaev alle elezioni amministrative anche nella capitale Skopje. Il primo ministro aveva annunciato che si sarebbe dimesso, ma da allora la situazione era rimasta congelata. Zaev è stato a capo del governo della Macedonia del Nord dal 2017, confermato anche alle elezioni anticipate del 30 agosto 2020. Tre anni fa era riuscito a raggiungere un accordo con la Grecia per il cambio di nome del Paese, condizione imposta da Atene per l’adesione alla NATO e all’UE. Con gli Accordi di Prespa firmati il 12 giugno 2018, la Repubblica di Macedonia è diventata Repubblica della Macedonia del Nord. Il 27 marzo 2020 Skopje ha fatto ingresso nell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (diventandone il 30esimo Paese membro), mentre si è rivelata più complicata la strada per l’accesso all’Unione Europea.

    Prime Minister @Zoran_Zaev set an example for the region with the #Prespa agreement, consolidating good neighbourly relations. It was good working with you, I look forward further advancing North Macedonia’s EU path, on which you firmly anchored the country, w/the next government
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) December 23, 2021

    “È stato un piacere lavorare con Zaev, che ha dato un esempio per la regione con l’accordo Prespa, consolidando le relazioni di buon vicinato”, è stato il saluto dell’alto rappresentante UE per gli Affari esteri, Josep Borrell. “Non vedo l’ora di far avanzare ulteriormente con il prossimo governo il percorso della Macedonia del Nord verso l’UE, su cui hai saldamente ancorato il Paese”, si è rivolto direttamente all’ex-premier l’alto rappresentante Borrell.
    Le dimissioni di Zaev – e il nuovo governo in Bulgaria guidato da Kiril Petkov – aprono la strada a un possibile nuovo rapporto tra Skopje e Sofia, per cercare una soluzione alla questione dello stallo nel processo di adesione UE della Macedonia del Nord (e dell’Albania, vincolata dallo stesso dossier) causato dal veto della Bulgaria all’apertura dei quadri negoziali con il Paese confinante per questioni di natura puramente nazionalistica. Dopo l’opposizione di Francia, Danimarca e Paesi Bassi all’avvio dei negoziati con Tirana protrattasi in Consiglio fino al marzo 2020, il processo si ero rimesso in moto l’anno scorso solo per pochi mesi. Nemmeno il vertice UE-Balcani Occidentali dello scorso 6 ottobre in Slovenia è riuscito a portare sostanziali novità per risolvere la crisi tra la Macedonia del Nord e la Bulgaria. Nel 2022 ci riproveranno due nuovi governi nazionali, non appena si chiarirà il quadro politico macedone.

    Dopo le dimissioni ufficiali dell’ex-premier (attese da oltre un mese), entro fine gennaio Skopje attende un nuovo esecutivo, con cui l’alto rappresentante Borrell vuole “far avanzare il percorso del Paese verso l’UE”

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    La risposta di Europol al favoreggiamento sui social media del traffico di persone migranti dalla Bielorussia

    Bruxelles – È arrivata una prima risposta da Europol alla richiesta della Commissione Europea di coordinare un’azione contro il traffico di persone migranti dalla Bielorussia alle frontiere dell’Unione. Secondo quanto reso noto dall’Ufficio europeo di polizia, sono stati individuati 455 account sui social media che favoreggiano l’immigrazione irregolare, attraverso la pubblicizzazione online della vendita di documenti d’identità, passaporti e visti contraffatti o servizi di trasporto illegale.
    Con questa operazione su larga scala il Centro europeo per il traffico di migranti (EMSC) di Europol – insieme all’Unità di riferimento Internet dell’Unione europea (EU IRU), all’interno del Centro europeo antiterrorismo (ECTC) – ha coordinato l’azione di contrasto contro il traffico di esseri umani in Bielorussia, coinvolgendo anche le autorità di Lituania, Lettonia, Estonia, Finlandia, Polonia e Germania. Il fulcro delle attività è stata la raccolta di contenuti e dati sui social media che promuovono i servizi di immigrazione per i cittadini di Paesi terzi, in particolare del Medio Oriente e dell’Africa subsahariana.
    Dal momento in cui la rotta bielorussa è “fortemente pubblicizzata” alle persone migranti sui social media e sulle applicazioni di messaggistica istantanea (“il che rappresenta un fattore di attrazione significativo”, spiega la nota di Europol), i 455 account sono stati segnalati ai fornitori di servizi online con la richiesta di esaminarli per violazione dei termini di servizio. “L’uso improprio di queste piattaforme online” da parte dei trafficanti è considerato un fattore decisivo per il “grande aumento delle partenze e degli attraversamenti irregolari” delle frontiere dell’Unione. 
    La questione del favoreggiamento dell’immigrazione irregolare dalla Bielorussia è al centro dell’attività di Europol e delle altre agenzie UE a supporto dei Paesi di frontiera: l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (EASO) per l’elaborazione delle domande di asilo e l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex) per le attività di controllo delle frontiere e di rimpatrio. Dallo scorso 23 novembre anche gli operatori di trasporto complici della tratta delle persone migranti sono stati inseriti nella lista delle sanzioni UE contro il regime bielorusso di Alexander Lukashenko.

    L’Ufficio europeo di polizia ha individuato e segnalato 455 account che pubblicizzano sulle piattaforme online la vendita di documenti contraffatti e servizi di trasporto illegali per cittadini di Paesi terzi che vogliono entrare nell’UE

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    UK: David Frost si dimette da negoziatore post Brexit con l’UE. Al suo posto la ministra degli Esteri Liz Truss

    Bruxelles – Un nuovo colpo di scena nel romanzo senza fine intitolato ‘Brexit’: David Frost, capo negoziatore per il Regno Unito nelle trattative con l’UE per l’implementazione dell’accordo di recesso entrato in vigore il primo gennaio 2021, si è dimesso tra le polemiche dal governo britannico guidato da Boris Johnson. Al suo posto nell’Ufficio di gabinetto la segretaria di Stato per gli Affari esteri, Liz Truss, da ieri (domenica 19 dicembre) incaricata anche di prendere le redini dei negoziati con Bruxelles sul protocollo sull’Irlanda del Nord.
    Frost ha fatto un passo indietro dal ruolo di primo negoziatore per le relazioni con l’UE post-Brexit, dicendosi “disilluso” sulla direzione che sta prendendo il governo conservatore sul fronte della lotta alla pandemia COVID-19, in particolare sulla decisione di reintrodurre le restrizioni sui viaggi (obbligo di doppio tampone, uno 48 ore prima del viaggio e uno dopo l’ingresso, con isolamento in attesa del secondo risultato). A questo si aggiunge la batosta politica nel North Shropshire, nell’Inghilterra centro-occidentale, seggio conservatore da oltre 200 anni e finito giovedì scorso (16 dicembre) nelle mani dei liberal-democratici, dopo uno scandalo di corruzione che ha portato a elezioni suppletive.
    La segretaria di Stato per gli Affari esteri del Regno Unito e capo negoziatrice delle relazioni post-Brexit con l’Unione Europea, Liz Truss
    La perdita di Frost – consigliere di Johnson quando era ministro degli Esteri nel governo di Theresa May e successivamente capo negoziatore Brexit – allunga le ombre di un possibile voto di sfiducia nei confronti di BoJo da parte del suo stesso partito. La nomina di Truss appare una mossa tattica del primo ministro nel tentativo di disinnescare una delle personalità più popolari nel suo gabinetto, che sta emergendo sempre più come potenziale candidata ad assumere la leadership in caso di cambio di guida del governo. “Liz Truss assumerà la responsabilità ministeriale per le relazioni del Regno Unito con l’Unione Europea con effetto immediato e guiderà i negoziati in corso per risolvere i problemi derivanti dall’attuale funzionamento del protocollo sull’Irlanda del Nord”, ha comunicato l’ufficio di Johnson.
    Ma l’uscita di scena di Frost e la comparsa di Truss al tavolo dei negoziati post-Brexit per Bruxelles potrebbe non essere un male. Al contrario, l’ex-capo negoziatore è stato spesso indicato come l’artefice principale della caotica strategia di Downing Street di uscita dall’Unione Europea, nonché responsabile delle continue tensioni sul commercio nel Mare d’Irlanda tra Gran Bretagna e Irlanda del Nord. “Penso che Frost abbia sempre sottovalutato l’unità degli europei, il nostro attaccamento al Mercato Unico e il mandato che avevo dai leader dell’Unione”, ha commentato l’ex-negoziatore Brexit per l’UE, Michel Barnier. Va ricordato che l’attuale segretaria di Stato per gli Affari esteri e nuova capo negoziatrice per il Regno Unito era stata una sostenitrice del Remain nella campagna referendaria del 2016 sulla Brexit: nonostante ora sostenga la politica del governo Johnson, potrebbe presentarsi con posizioni più concilianti al primo incontro con la controparte comunitaria.
    Dopo l’annuncio del passaggio di testimone a Londra, il vicepresidente della Commissione UE per le Relazioni interistituzionali e le prospettive strategiche, Maroš Šefčovič, ha ribadito su Twitter che “la mia squadra e io continueremo a cooperare con il Regno Unito con lo stesso spirito costruttivo su tutti gli importanti compiti futuri, compreso il protocollo sull’Irlanda del Nord”. Dopo la proposta dello scorso venerdì (17 dicembre) da parte della Commissione UE per garantire la continuità della fornitura a lungo termine di medicinali dalla Gran Bretagna all’Irlanda del Nord, le due parti dovrebbero riprendere i negoziati a gennaio su tutta una serie di questioni sulle verifiche doganali e i controlli dei prodotti agroalimentari che si spostano nel Mare d’Irlanda, che nel contesto post-Brexit sono essenziali per mantenere integro il Mercato Unico sull’isola d’Irlanda.

    I take note of the appointment of @trussliz as co-chair of the 🇪🇺🇬🇧 Joint Committee and Partnership Council. My team and I will continue to cooperate with the UK in the same constructive spirit on all important tasks ahead, including the Protocol on Ireland/Northern Ireland.
    — Maroš Šefčovič🇪🇺 (@MarosSefcovic) December 19, 2021

    Passaggio di testimone a Downing Street alla guida dei negoziati con Bruxelles sull’accordo di recesso e il protocollo sull’Irlanda del Nord. Il vicepresidente della Commissione UE Šefčovič: “Continueremo a cooperare con lo stesso spirito costruttivo”

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    EU IDEA project: differentiated integration has to be used “very carefully” in the Western Balkans

    Brussels – “We have to be very careful, because if we go too far with differentiated integration outside the European Union, it can bring to disintegration”. Dragan Tilev, State Counselor at the Secretariat for European Affairs of the Republic of North Macedonia, is convinced that the path to EU accession for the Western Balkans has to follow “a new methodology, addressing all the open issues with more unity and pragmatism”.
    In a nutshell, these are the challenges for the European Union dealing with the enlargement process and with the future EU membership of the Western Balkans’ countries. Tilev gave a keynote speech during the conference Differentiated Integration and the Western Balkans, organized by the Institute for Democracy ‘Societas Civilis’ (IDSCS) today (Friday 17 December) within the framework of EU IDEA – Integration and Differentiation for Effectiveness and Accountability.
    EU IDEA is a project funded by the European Commission under the Horizon2020 programme and led by Istituto Affari Internazionali (IAI), with the participation of Eunews as media partner, EU IDEA addresses differentiation and integration issues in order to find viable solutions to the current challenges that the EU is facing.
    Dragan Tilev, State Counselor at the Secretariat for European Affairs of the Republic of North Macedonia
    Opened by the remarks by Nenad Markovikj, Professor at Faculty of Law at Ss. Cyril and Methodius University in Skopje and member of the Executive Board at Institute for Democracy ‘Societas Civilis’, the conference focused on the causes and consequences of this approach in the Western Balkans. “EU accession negotiations frameworks impose differentiated integration to the countries that are not still part of the European Union”, Tilev stated. “This is a fact and a necessity in times of crisis, also considering the different national interests”, he added. However, “nowadays the enlargement process is endangered by the disunity of the 27 Member States“, as the case of the accession of North Macedonia shows: “The different position of Bulgaria, which is blocking the starting of negotiations, is deteriorating the situation”. The European Union should also “accelerate on the negotiations with Serbia and Montenegro, play a key-role in the stabilization of Bosnia and push for visa liberalization in Kosovo”.
    Considering all these challenges, during the EU IDEA conference, Sandra Lavenex, Professor of European and International Politics at the University of Geneva, wondered “under which circumstances, differentiated integration can be effective and legitimate“, even if this is “something that will last in the future and will affect Western Balkans’ governments”. Denis Preshova, Assistant Professor at the Faculty of Law at Ss. Cyril and Methodius University in Skopje and Associate Researcher at IDSCS tried to focus on the positive aspects of this approach: “There is a nexus between pre-conditionality and the EU accession process, for example on the respect of Rule of Law”. Since the European Union “is becoming more active in reducing the heterogeneity of judicial systems in the enlargement process”, differentiated integration “is dealing with different judicial systems”.
    In this sense, at the end of the whole process, the scenario in the Western Balkans could be “more harmonized that the one in Eastern Europe”, Preshova underlined. Ivan Damjanovski, Associate Professor at the Faculty of Law at Ss. Cyril and Methodius University in Skopje, stressed that the concept of Rule of Law: “will lead to more uniformity of the judicial systems”. At the same time, “more integration is also needed, in particular through the collaboration with the EU agencies”, such as Frontex and Europol.
    Despite the current problematic issues, “we are talking about a privileged partnership”, Damjanovski stated. For Matteo Bonomi, Research Fellow at the Istituto Affari Internazionali (IAI), “the role of the EU on integration, migration and foreign policy is a complex puzzle“. For example, in the Western Balkans “we see more and more political alignment, but it does not mean that the economical and institutional situation goes hand in hand”.
    Senem Aydin-Düzgit, Professor of International Relations at the Faculty of Arts and Social Sciences at the Sabancı University, recalled her intervention during another EU IDEA conference held in March: “External differentiated integration sometimes limits the flexibility in collaborative initiatives of EU Member States”, not only in the Western Balkans. “Formally, Turkey is a candidate to the EU accession, but the degree of cooperation depends on the level of political alignment with the partner“, Aydin-Düzgit concluded.

    At the conference of the Institute for Democracy ‘Societas Civilis’ (IDSCS) in Skopje, the EU IDEA panel discussed how differentiated integration affects the Western Balkans countries and their accession process

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    UE si dice pronta a reagire a Mosca in Ucraina, nuove sanzioni contro Lukashenko

    Bruxelles – Disponibili alla diplomazia, pronti allo scontro. La prima è la via da privilegiare, il secondo la strada da percorrere se fosse necessario. Nei confronti della Russia e nei riguardi delle tensioni che si registrano a est dell’Europa i capi di Stato e di governo confermano di essere pronti a tutto, e quindi ad ogni possibilità. Le conclusioni dell’ultimo vertice del consiglio europeo dell’anno mostrano un’Europa determinata e pronta a reagire nelle intenzioni. Nel documenti si riflettono le diverse anime di un’Europa che in politica estera continua a fare fatica, e che comunque spera di non dover fare davvero sul serio.
    Di fronte alle pressioni di Mosca, che ammassa truppe sul confine con l’Ucraina, una parte dei Ventisette – baltici e blocco dell’est – esorta ad una linea ferma e risoluta, mentre altri, i principali – Italia, Germania, Francia e Spagna – spinge da sempre per mantenere aperto il canale del dialogo. Al termine della discussione i leader confermano la linea che mette tutti d’accordo. La linea dura è pronta, e prevede “serie conseguenze e gravi costi in risposta a ulteriori aggressioni militari” ai danni di Kiev e del suo territorio. Nel pacchetto di azioni anche “misure restrittive coordinate con i partner“.
    L’UE è dunque pronta a reagire con sanzioni, sulla cui natura ed entità nessun leader si sbilancia. La discussione su Ucraina, Bielorussia e attività della Russia in questa zona è stata condotta a porte chiuse nel senso più vero dell’espressione. Sono stati spenti i telefoni cellulari per non far trapelare alcun dettaglio. L’UE non vuole mostrare le carte, perché sa che la posta in gioco è enorme.
    La linea rossa resta l’integrità territoriale dell’Ucraina. “E’ un importante fondamento della pace in Europa e faremo di tutto per mantenere questa inviolabilità”, afferma il cancelliere tedesco, Olaf Scholz. Gli europei hanno già dovuto assistere alla conquista della Crimea da parte dei russi, senza poter muovere un dito. Il fatto che si chiarisca che ogni reazione a dodici stelle sarà comunque preso di concerto coi partner implica la partecipazione della NATO, come conferma anche la stessa alleanza atlantica al termine delle discussioni dei Ventisette. “Qualsiasi ulteriore aggressione contro l’Ucraina avrebbe enormi conseguenze e avrebbe un prezzo elevato. La NATO continuerà a coordinarsi strettamente con le parti interessate e altre organizzazioni internazionali, compresa l’UE”. 
    Soffiano venti di guerra, e a non nasconderlo è il presidente lituano Gitanas Nauseda, tra quelli che non vorrebbe perdere tempo e agire. “Lo scenario peggiore, quello di un conflitto militare, purtroppo non possiamo escluderlo“. Ma l’UE continua a sondare la via non certo più agevole ma sicuramente più percorribile. Il Consiglio europeo “incoraggia gli sforzi diplomatici” innanzitutto. La seconda via, quella del confronto muscolare, dipenderà dalle mosse di Mosca a cui si chiede di “ridurre le tensioni”. Europa pronta a reagire, ma solo se lo richiederà il caso.
    Una linea analoga si adotta per la Bielorussia. Qui si torna a chiedere il rilascio “immediato e incondizionato” degli oppositori del regime di Alexander Lukashenko, per cui chiede “attuazione rapida” delle sanzioni già decretate e di “essere pronti a comminarne delle altre, se necessario”.
    Come per l’Ucraina, anche in Bielorussia sulle risposte l’UE si prepara ad ogni evenienza e studia le mosse degli avversari. Con la differenza che mentre nel primo caso si vuole salvaguardare le frontiere altrui, qui si intende blindare le proprie. I leader insistono sulla necessità di “proteggere efficacemente” i confini esterni dell’UE, e chiedono in tal senso ai propri ministri competenti di “esaminare le misure d’emergenza della Commissione europea“. Sono quelle che intendono, tra le altre cose, permettere agli Stati di chiudere le porte in faccia ai richiedenti asilo usati come ariete, nel caso della Bielorussia.

    I Ventisette mostrano i muscoli e minacciano la linea dura in caso di aggressioni militari nei confronti di Kiev. La diplomazia resta la via maestra, nuovo invito a Minsk per il rilascio degli oppositori

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    L’UE pronta a “misure senza precedenti” contro la Russia se violerà la sovranità dell’Ucraina. Si lavora su nuove sanzioni

    Strasburgo – Nel giorno del sesto vertice UE-Partenariato orientale a Bruxelles (con Armenia, Azerbaigian, Georgia, Moldavia e Ucraina), dall’emiciclo del Parlamento Europeo è arrivato un duro avvertimento alla Russia e al suo atteggiamento aggressivo nei confronti della regione: “Siamo pronti a un aumento delle sanzioni già esistenti e a misure senza precedenti, se non cambierà atteggiamento”. La minaccia questa volta è arrivata direttamente dalla presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, che ha promesso “una serie di sanzioni economiche che mirano al settore finanziario, energetico e militare“, nel caso in cui si concretizzi l’aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, alla sessione plenaria del Parlamento UE (15 dicembre 2021)
    Durante il suo intervento alla sessione plenaria dell’Eurocamera, la presidente von der Leyen ha ribadito la richiesta al presidente russo, Vladimir Putin, di “rispettare gli impegni internazionali” e di “relazioni distese con i Paesi vicini e con l’Unione”, come già aveva fatto l’alto rappresentante UE per gli Affari Esteri, Josep Borrell, lunedì (13 dicembre) annunciando le sanzioni all’entità militare privata russa Wagner. In caso contrario, “la Russia dovrà affrontare costi massicci se aggredirà l’Ucraina, abbiamo lavorato in questo senso anche con i nostri partner degli Stati Uniti”, ha aggiunto von der Leyen, ricordando che “l’Unione Europea è impegnata nel rispetto della sovranità e dell’integrità del Paese“.
    Oltre all’accumulo di soldati lungo il confine orientale dell’Ucraina, la Russia “sta cercando di destabilizzare Kiev anche dall’interno”, ha avvertito la presidente della Commissione UE. Ma non solo: “Vediamo un tentativo sfacciato di intimidire la Moldavia, esercitando pressioni sui prezzi del gas“, oltre a “giocare un ruolo non secondario nel tentativo del regime bielorusso di destabilizzare l’Unione attraverso la strumentalizzazione dei flussi migratori per motivi politici”. A questo proposito la leader dell’esecutivo UE ha rivendicato che “questo tentativo è fallito, perché abbiamo messo in moto la macchina dell’assistenza umanitaria e introdotto sanzioni efficaci” contro il regime di Alexander Lukashenko.
    Prendendo parola durante il dibattito tra gli eurodeputati, il presidente del gruppo del PPE, Manfred Weber, ha parlato senza mezzi termini di “guerra a est“. Tuttavia, “questo non è un mezzo legittimo per la risoluzione delle crisi, come sta facendo Putin dalla Siria alla Crimea, fino ai Balcani Occidentali”. L’eurodeputato tedesco ha ricordato l’importanza del vertice Biden-Putin della settimana scorsa, anche se “non va bene che si negozi il futuro dell’Europa, senza che alcun europeo sia presente al tavolo dei negoziati”. Ecco perché “siamo chiamati ad agire e presentare il conto alla Russia“, se continuerà a seguire la strada dell’aggressione all’Ucraina”.
    Il capo-delegazione del Partito Democratico, Brando Benifei (S&D)
    Secondo la presidente del gruppo degli S&D, Iratxe García Pérez, “Putin gioca a scacchi per recuperare le pedine perse dopo la fine dell’Unione Sovietica”, ricordando la discussione di apertura di questa sessione plenaria a Strasburgo. “Non possiamo permettere intimidazioni ai Paesi vicini, perché non è in gioco solo la sovranità dell’Ucraina, ma anche l’intero progetto di integrazione europea“, ha aggiunto l’eurodeputata spagnola. Il collega di gruppo politico e capo-delegazione del Partito Democratico, Brando Benifei, si è invece concentrato sulla “situazione intollerabile” sul fronte Bielorussia-Polonia, condannando sia Lukashenko e il supporto russo, sia “la politica di muri e deroghe al diritto di asilo” mostrata dall’Unione Europea.
    Dalle fila di Renew Europe Valérie Hayer ha ricordato “l’urgenza di autonomia strategica“, visto che “la dissuasione non ha funzionato da quando la Crimea è stata invasa impunemente”. Il presidente del gruppo di ID, Marco Zanni (Lega), ha sottolineato con forza che “l’alleanza transatlantica è il perno della nostra risposta ai regimi antidemocratici”, mentre Raffaele Fitto (Fratelli d’Italia), co-presidente del gruppo di ECR, ha chiesto una “risposta forte e chiara contro chi cerca di destabilizzarci sul fronte orientale, con una più stretta cooperazione con la NATO”.

    L’avvertimento della presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen: “Difendiamo l’integrità territoriale di Kiev, possiamo aumentare le sanzioni contro settore finanziario, energetico e militare russo

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    Condannato a 18 anni il marito della leader dell’opposizione bielorussa Tsikhanouskaya. L’UE: “È un processo farsa”

    Strasburgo – Non si è fatta attendere la risposta dell’Unione Europea alla condanna a 18 anni di prigione per Siarhei Tsikhanouski, marito della leader dell’opposizione bielorussa e presidente ad interim riconosciuta dall’Unione, Sviatlana Tsikhanouskaya. “Queste sentenze sono esempi delle accuse infondate contro i cittadini della Bielorussia che hanno esercitato il loro diritto di espressione e chiesto elezioni libere ed eque”, ha puntato il dito contro il regime di Alexander Lukashenko l’alto rappresentante UE per gli Affari Esteri, Josep Borrell. “Queste sentenze fanno parte della continua repressione brutale e sistematica di tutte le voci indipendenti nel Paese”, ha puntualizzato Borrell.
    Tsikhanouski, blogger e attivista pro-democrazia, era stato imprigionato il 29 maggio dello scorso anno, con l’obiettivo di impedirgli di partecipare alla campagna elettorale per le presidenziali contro l’attuale dittatore Lukashenko. Oggi (martedì 14 dicembre) nella città di Homiel è stato condannato insieme ad altri cinque prigionieri politici “con dubbie accuse di preparazione di disordini di massa e incitamento all’odio in un processo a porte chiuse”, si legge in una nota del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE).
    “L’UE ribadisce la sua richiesta di rilascio immediato e incondizionato di tutti i 920 prigionieri politici in Bielorussia”, ha aggiunto l’alto rappresentante Borrell. Oltre ai cinque pacchetti di sanzioni già in atto nei confronti del regime di Lukashenko, “l’UE considera ulteriori misure restrittive“. Da Strasburgo il presidente del Parlamento UE, David Sassoli, ha condannato “questo processo farsa e le sentenze politicamente motivate” in Bielorussia. “Ci schiereremo sempre contro la repressione di Lukashenko e sosterremo coloro che lottano per un Paese libero e democratico. Siamo con voi”, ha promesso Sassoli.

    The @Europarl_EN condemns this sham trial and the politically motivated sentences.
    We will always speak out against Lukashenko’s repression and support those fighting for a free and democratic Belarus.
    We stand with you. https://t.co/pOtgpRDCX5
    — David Sassoli (@EP_President) December 14, 2021

    Diciotto anni di prigione per Siarhei Tsikhanouski, accusato di “preparazione di disordini di massa e incitamento all’odio”. L’alto rappresentante UE Borrell ha anticipato che Bruxelles considererà “ulteriori sanzioni al regime Lukashenko”

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    L’UE minaccia la Russia in caso di aggressione dell’Ucraina: “Avrà conseguenze politiche e un costo economico pesante”

    Strasburgo – L’Unione Europea non abbassa la guardia sull’aggressione russa lungo il confine orientale dell’Ucraina e difende senza mezzi termini l’indipendenza e la sovranità di Kiev. “Mosca vuole creare una guerra ibrida in tutto il mondo, soprattutto sulla frontiera ucraina, ma noi siamo uniti nel sostenere che ogni aggressione avrà conseguenze politiche e un costo economico pesante per la Russia“, ha annunciato in conferenza stampa l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri, Josep Borrell.
    Al termine del Consiglio Affari esteri di oggi (lunedì 13 dicembre), l’alto rappresentante UE ha spiegato che Bruxelles sta puntando su “un’azione coordinata con gli Stati Uniti nei confronti della Russia” e che “la questione sarà discussa approfonditamente nel corso di questa settimana”, prima durante il vertice del Partenariato orientale di mercoledì (15 dicembre) e poi al Consiglio Europeo del giorno successivo. “Dobbiamo augurarci il meglio, ma preparandoci al peggio”, ha aggiunto Borrell. In altre parole “stiamo adottando un atteggiamento di dissuasione per evitare qualsiasi azione militare russa“, dal momento in cui “appena inizia sarebbe difficile da fermare”.
    L’alto rappresentante UE, Josep Borrell, con il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio (13 dicembre 2021)
    Una delle azioni dissuasive a cui si riferisce l’alto rappresentante Borrell sono le sanzioni economiche. Proprio questa mattina il Consiglio dell’UE ha adottato una serie di misure restrittive contro il gruppo Wagner, entità militare privata non registrata con sede in Russia, e contro otto individui e tre entità collegati al gruppo di mercenari. Nelle motivazioni delle sanzioni, i ministri europei degli Affari esteri hanno sottolineato che “Wagner ha reclutato, addestrato e inviato operatori militari privati in zone di conflitto in tutto il mondo”, dalla Libia alla Siria, dall’Ucraina alla Repubblica Centrafricana, “per alimentare la violenza, saccheggiare risorse naturali e intimidire i civili in violazione del diritto internazionale”.
    Gli individui colpiti dalle sanzioni (tutti i mercenari della compagnia russa) sono coinvolti in “gravi abusi dei diritti umani, tra cui tortura, esecuzioni e uccisioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie, o in attività destabilizzanti”, specifica la nota del Consiglio. Nei loro confronti l’Unione Europea ha imposto il congelamento dei beni e il divieto di viaggio sul territorio comunitario, mentre a entità e cittadini europei sarà proibito mettere fondi a loro disposizione. “Si tratta di intraprendere azioni concrete contro coloro che minacciano la pace e la sicurezza internazionale”, con l’obiettivo di difendere gli interessi dell’UE negli scenari geopolitici più prossimi, dove si stanno creando tensioni crescenti con la Russia.
    Il dibattito sulla Russia al Parlamento UE
    “Le relazioni tra Unione Europea e la Russia sono arrivate oggi al punto più basso e l’attuale crisi al confine orientale con l’Ucraina non fa ben sperare”, è stato il commento del presidente del Parlamento UE, David Sassoli. Aprendo il dibattito sull’eredità della dissoluzione dell’Unione Sovietica (cadono quest’anno i 30 anni dalla dissoluzione dell’URSS) sulla Russia attuale, Sassoli ha sottolineato che “non possiamo rinunciare ai valori europei né nei Paesi ex-sovietici che sono entrati nell’Unione, né in quelli confinanti”, inclusa la Russia: “Sosteniamo il popolo russo nel desiderio di trasformare il proprio Stato, prendendosi cura delle istituzioni democratiche”.
    Il presidente del Parlamento UE, David Sassoli (13 dicembre 2021)
    C’è pieno allineamento tra i gruppi politici al Parlamento UE nel denunciare il “sistema repressivo sovietico che è rimasto nascosto ma sempre vivo in tutti questi anni in Russia”, usando le parole dell’eurodeputato tedesco Sergey Lagodinsky (Verdi/ALE). Anche per l’Eurocamera si tratta di una settimana cruciale sul piano dei rapporti con Mosca, considerato il dibattito di domani (martedì 14 dicembre) sulla situazione al confine orientale dell’Ucraina e in Crimea, oltre alla cerimonia di assegnazione del Premio Sakharov per la libertà di pensiero all’oppositore russo Alexei Navalny mercoledì.
    “Putin cerca di intimidire noi e il suo popolo, ma dobbiamo seguire l’esempio di Navalny e non avere paura”, ha esortato Rasa Juknevičienė (PPE). Dalle fila di Renew Europe, l’eurodeputato francese Bernard Guetta ha definito “sconcertante e inammissibile” l’opposizione del presidente russo ai movimenti che cercano di ripristinare la memoria delle vittime del regime sovietico (altro tema di cui si discuterà in plenaria, nel corso della mattinata di giovedì).
    Mentre dalla fine dell’URSS “l’Europa si è potuta unire sotto la bandiera della libertà”, oggi il Cremlino “continua a rivendicare che il crollo è stato un grande errore”, ha denunciato Juozas Olekas (S&D). Al contrario, “è stato il segno che la repressione non può calpestare i diritti umani”, ha aggiunto l’eurodeputato lituano, ricordando la necessità di “supportare i cittadini russi”. Anna Fotyga (ECR) ha puntato il dito contro Putin per “difendere il dittatore bielorusso, Alexander Lukashenko“, e per “minacciare la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina”, mentre Martin Schirdewan (La Sinistra) ha chiesto a entrambe le parti – Bruxelles e Mosca – una “nuova politica di distensione dei rapporti”.

    L’alto rappresentante UE, Josep Borrell, ha annunciato “azioni coordinate con gli Stati Uniti”, e sanzioni contro il gruppo di mercenari Wagner. Intanto l’Eurocamera sostiene le “aspirazioni democratiche” del popolo russo