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    Dai vaccini alle somministrazioni, l’UE prepara il vertice con i Paesi africani aumentando i finanziamenti alla regione

    Bruxelles – Dalle esportazioni di vaccini anti COVID ai fondi per aiutare i Paesi africani ad aumentare il loro tasso di vaccinazione, ancora troppo basso non tanto per la mancanza di dosi, quanto per il loro mancato assorbimento. La Commissione Europea prepara il terreno per il summit UE-Unione Africana che si terrà il 17 e 18 febbraio a Bruxelles e in visita in Senegal questa settimana ha annunciato un aumento della spesa da parte UE per incrementare il tasso di vaccinazione nei Paesi africani più in ritardo con le somministrazioni. 
    “Dobbiamo compiere sforzi per accelerare le vaccinazioni”, ha affermato mercoledì 9 febbraio la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, in una conferenza a Dakar, in Senegal, che dal 5 febbraio è presidente di turno dell’Unione africana. Da lì ha annunciato che l’UE spenderà ulteriori 125 milioni di euro per aiutare i Paesi africani a garantire la corretta distribuzione delle dosi, formare il personale medico e somministrare le dosi. Bruxelles e gli Stati hanno già stanziato solo a questo scopo 300 milioni di euro, condividendo con i partner africani quasi 145 milioni di dosi di vaccini contro il coronavirus, con l’obiettivo di condividere un totale di almeno 450 milioni di dosi entro questa estate.

    Ma ora lo sforzo per aumentare i tassi di vaccinazione non va concentrato tanto sulla condivisione delle dosi, quanto sulla capacità di assorbimento in loco. I Paesi africani hanno avviato le loro campagne di vaccinazione molto più tardi rispetto agli Stati più ricchi, che hanno concentrato la maggior parte delle dosi di vaccini durante i primi mesi di pandemia.
    Negli ultimi mesi, con maggiore disponibilità di dosi grazie ad un forte aumento della capacità produttiva anche in Europa (Bruxelles è in grado di produrre 300 milioni di dosi al mese), sono aumentate le forniture per i Paesi africani e a basso e medio reddito, che però stanno incontrando difficoltà ad assorbirle e somministrarle. I motivi sono diversi, tra le capacità di stoccaggio limitate nei Paesi in cui arrivano le dosi, le scarse infrastrutture sanitarie o la breve durata di conservazione dei vaccini.
    La lotta alla pandemia in Africa avrà un ruolo di primo piano al vertice della prossima settimana, ma non sarà l’unico investimento di rilievo. Ad appena due mesi dalla pubblicazione della strategia d’investimento globale Global Gateway, von der Leyen ha annunciato ieri la mobilitazione di 150 milioni di euro per il programma Africa-Europa, ovvero il primo piano regionale sotto l’ombrello della Global Gateway. Le iniziative annunciate da von der Leyen in questa settimana anticipano un nuovo pacchetto di investimenti Africa-Europa di cui discuteranno i leader la prossima settimana, che tenga conto delle sfide globali prioritarie come i cambiamenti climatici e la decarbonizzazione dell’economia africana.

    Von der Leyen annuncia 125 milioni di euro per aiutare i partner africani a garantire la corretta distribuzione e somministrazione delle dosi e per formare il personale medico. “Dobbiamo compiere sforzi per accelerare le vaccinazioni”, non tanto con la condivisione delle dosi, quanto aumentando la capacità di assorbimento in loco

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    Completata l’associazione dei Balcani Occidentali a Horizon Europe: Albania aderisce, Bosnia diventa membro formale

    Bruxelles – Almeno un allargamento ai Balcani Occidentali l’Unione Europea è riuscito a completarlo. Non sarà quello che porta a 33 il numero di Stati membri, ma in termini di integrazione europea ha comunque un valore significativo. Oggi (giovedì 10 febbraio) è stata portata a compimento l’associazione dei Balcani Occidentali a Horizon Europe, grazie alla firma degli accordi da parte dell’Albania e l’applicazione formale di quelli con la Bosnia ed Erzegovina.
    La “pietra miliare per una più stretta cooperazione nella ricerca e nell’innovazione con la regione balcanica” è stata siglata dalla commissaria per l’Innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e la gioventù, Mariya Gabriel, e dalla ministra dell’Istruzione e dello sport dell’Albania, Evis Kushi. Con questo accordo ricercatori, innovatori ed enti nei sei Paesi dei Balcani Occidentali (Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia) possono partecipare a tutti gli effetti a Horizon Europe, il programma UE da 95,5 miliardi di euro per la ricerca e l’innovazione (a prezzi correnti), in condizioni di parità con quelli degli Stati membri dell’Unione.
    “Attraverso la cooperazione reciproca nella ricerca e nell’innovazione possiamo trasformare le sfide attuali in opportunità“, ha commentato la commissaria Gabriel. “L’attuazione dell’Agenda dei Balcani Occidentali e la partecipazione a Horizon Europe avranno un grande impatto nella regione e in Europa in generale”, ha aggiunto, dando il benvenuto all’ultimo Paese balcanico firmatario. L’accordo dimostra l’impegno di Bruxelles a mettere in comune le risorse con i partner strategici per il progresso scientifico e lo sviluppo di ecosistemi innovativi: “Potremo implementare progetti e tecnologie che contribuiranno ad affrontare le sfide globali”.
    Così come Bosnia ed Erzegovina, Montenegro, Macedonia del Nord e Serbia, anche l’Albania era stata precedentemente associata al programma Horizon 2020, da cui circa mille organizzazioni balcaniche hanno ricevuto 170 milioni di euro di contributo diretto dell’UE tra il 2014 e il 2020. Il Kosovo è stato invece incluso dal 2021 nel successivo programma Horizon Europe, così come nell‘Agenda dei Balcani Occidentali su innovazione, ricerca, istruzione, cultura, gioventù e sport, la strategia di cooperazione globale e a lungo termine dell’UE e della regione balcanica per promuovere l’eccellenza scientifica e la riforma dei sistemi educativi.
    Per quanto riguarda la Bosnia ed Erzegovina, la commissaria Gabriel e la ministra degli Affari civili, Ankica Gudeljević, hanno firmato l’accordo Horizon Europe che ha permesso all’accordo di entrare in vigore con effetti retroattivi dal primo gennaio 2021. Questo significa che ora il Paese è formalmente associato al programma e che tutte le entità e i rappresentanti bosniaci sono pienamente inclusi nelle strutture di governance e nelle attività della rete.

    A warm welcome to #Albania 🇦🇱 to @HorizonEU!
    Thank you @EvisKushi, Minister for Education and Sports for signing on behalf of @AlbGov
    Through mutual cooperation in #reserach #science & #innovation we can turn current challenges into opportunities!#WesternBalkans pic.twitter.com/NswOxUCBvV
    — Mariya Gabriel (@GabrielMariya) February 10, 2022

    Dopo la firma dei due documenti con Tirana e Sarajevo, il programma UE per la cooperazione nella ricerca e nell’innovazione da 95,5 miliardi di euro si applicherà ai sei Paesi balcanici a pari condizioni di quelli membri UE

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    È stato sospeso il restauro con fondi UE della casa di un collaborazionista nazista in Kosovo dopo le proteste

    Bruxelles – Tutto fermo, nessuna mano di bianco sulla storia. Sono bastati due giorni di polemiche – nonostante le spiegazioni sui motivi e i principi ineccepibili alla base del progetto – per bloccare il programma di restauro della casa di Xhafer Ibrahim Deva, collaborazionista ai tempi dell’Albania occupata dal regime nazista, con l’utilizzo di fondi dell’Agenzia per lo sviluppo delle Nazioni Unite (UNPD) e della rappresentanza UE in Kosovo.
    A causa delle proteste della società civile, dell’ambasciatore tedesco in Kosovo, Jörn Rohde, e della relatrice per il Kosovo al Parlamento UE, Viola von Cramon-Taubadel, UNDP e UE hanno annunciato la sospensione del progetto di recupero del bene culturale in pericolo nella città di Kosovska Mitrovica, per riconsegnarlo alla comunità come spazio per eventi culturali e come Centro Regionale per il Patrimonio Culturale. “Esprimiamo il forte rammarico per qualsiasi offesa involontaria causata con l’annuncio dell’inizio dei lavori omettendo il background storico di Xhafer Deva”.
    L’edificio nella città del Kosovo settentrionale fu casa del collaborazionista della Germania nazista, macchiatosi di pogrom e crimini contro ebrei e serbi durante la seconda guerra mondiale. Deva, dopo la caduta del Protettorato Italiano del Regno d’Albania nel 1943, fu nominato ministro degli Interni albanese e capo dell’amministrazione locale di Mitrovica, collaborando con i nazisti per stabilire un governo albanese filo-tedesco in Kosovo. Sotto la sua amministrazione furono condotte operazioni anti-partigiane e anti-serbe e furono reclutati uomini nella 21esima divisione Waffen-SS Skanderbeg.

    The case of #XhaferDeva’s house in #SouthMitrovica personally worries me and raises many concerns.
    Whitewashing the past and distorting the facts about the well-known Nazi collaborator/protagonist of the 21st SS Division “Skanderbeg” must not take place.
    1/3#ProtectTheFacts
    — Viola von Cramon (@ViolavonCramon) February 8, 2022

    Dopo la lettera di denuncia inviata dalla vicepremier e ministra per la Cultura e l’informazione della Serbia, Maja Gojković, alla commissaria UE per la Cultura, l’istruzione e la gioventù, Mariya Gabriel, e al direttore esecutivo dell’UNPD, Akim Steiner, è stata in particolare l’eurodeputata tedesca dei Verdi a denunciare il progetto come “cancellazione del passato e distorsione dei fatti sul noto collaboratore nazista“. Su Twitter si era detta “personalmente preoccupata”, perché si configurava la possibilità di “revisionismo della storia della Seconda Guerra Mondiale e negazione dell’Olocausto”, a pochi giorni dal ricordo delle vittime delle persecuzioni naziste. Secondo von Cramon-Taubadel “questa deve essere un’opportunità per permettere a tutte le comunità del Kosovo di unirsi nella creazione di una narrazione comune e di una verità inclusiva e basata sui fatti“, anche su chi ha collaborato a commettere crimini contro ebrei, serbi, albanesi e altre comunità.
    Immediata la replica di UE e UNPD sulle prospettive del progetto di restauro dello stabile che, tra le altre funzioni dalla sua edificazione nel 1930, fu casa del collaborazionista nazista: “Stiamo rivalutando il nostro ruolo e il nostro contributo“, compresa la possibilità di “utilizzare l’attuale controversia come occasione per affrontare apertamente il passato attraverso discussioni e consultazioni di tutte le comunità interessate”, si legge nel comunicato congiunto. Ribadendo la “ferma condanna contro l’antisemitismo, la xenofobia, la crescente intolleranza e il bigottismo verso le minoranze etniche“, i co-finanziatori del progetto hanno ricordato che in Kosovo dal 2016 sono stati completati lavori di ristrutturazione di 35 siti culturali e religiosi, “tutti finalizzati a rafforzare la fiducia e la coesione sociale, aumentando il rispetto per il patrimonio culturale condiviso da diverse comunità e religioni” nel Paese.

    È stato bloccato il programma guidato dall’ONU per restituire alla comunità la dimora di Xhafer Ibrahim Deva nella città di Kosovska Mitrovica, anche per le critiche a Bruxelles: “Non deve avvenire la distorsione del passato”

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    Borrell risponde alla lettera di Putin: “Sull’Ucraina tutta l’Unione è allineata”

    Bruxelles – Tutta l’Unione Europea è allineata nell’approccio alla crisi con la Russia alla frontiera orientale dell’Ucraina e lo dimostrano gli ultimi eventi. Questa mattina (giovedì 10 febbraio) l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha inviato una risposta “a nome di tutti i Paesi membri dell’Unione” alla lettera ricevuta lo scorso primo febbraio e firmata dal ministro degli Esteri della Russia, Sergej Lavrov.
    Lo ha reso noto su Twitter lo stesso alto rappresentante, che ha messo sul tavolo l’approccio condiviso con i ministri dei Ventisette al vetrice informale di ieri a Lione (Francia): “Le tensioni e i disaccordi devono essere risolti attraverso il dialogo e la diplomazia” e la richiesta alla Russia è di “allentare la tensione e di invertire il suo rafforzamento militare in e nei dintorni dell’Ucraina e in Bielorussia“, ha specificato Borrell.
    I dettagli non saranno resi noti “fino a quando non avremo ricevuto la conferma di lettura da Mosca”, ha spiegato durante il punto quotidiano con la stampa il portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), Peter Stano. Quello che è stato ribadito è che “il contenuto della lettera è stato condiviso da tutti i governi dell’Unione al Consiglio informale di ieri”, così come la decisione di “delegare la risposta comune all’alto rappresentante”.

    I replied on behalf of the EU Member States to the letters they received from Minister Lavrov.
    Tensions and disagreements must be resolved through dialogue and diplomacy.
    We call on Russia to de-escalate and to reverse its military build-up in and around Ukraine and in Belarus.
    — Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) February 10, 2022

    Il fatto che la risposta alla lettera di Lavrov – indirizzata ai Paesi membri dell’Unione, ma non all’UE come istituzione – sia stata firmata dall’alto rappresentante Borrell a nome dei Ventisette è un fatto estremamente significativo negli sforzi di risolvere le tensioni con la Russia attraverso la diplomazia. Come riconosciuto dallo stesso Borrell durante il suo viaggio a Washington di questa settimana, “per la Russia l’UE non esiste o è irrilevante”, sia sul piano fattuale, sia nei colloqui sull’Ucraina. Ma nell’aprire al dialogo è compito essenziale dei governi nazionali “mostrare l’unità europea e il fatto che siamo un’Unione, qualcosa che i russi non amano accettare“.
    Il coordinamento tra i Paesi membri in verità è ormai un fatto accertato, non solo a livello di intesa con i partner internazionali, ma anche come approccio duro con le sanzioni nel caso di un’escalation di violenza militare o di un’invasione dell’Ucraina. Il vero cambio di passo potrebbe arrivare proprio dal riconoscimento di Borrell come unico portavoce nei colloqui con la Russia, invece di continuare a portare avanti dialoghi bilaterali con il presidente Vladimir Putin per risolvere la crisi. “Abbiamo coordinato una risposta comune e insisto sul fatto che c’è ancora spazio per una soluzione diplomatica della crisi”, ha promesso intanto l’alto rappresentante UE.

    L’Alto rappresentante attende la conferma di lettura per svelare i dettagli: “Chiediamo di allentare la tensione e di invertire il rafforzamento militare”

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    In Kosovo l’UE sta finanziando il restauro della casa di un collaborazionista nazista (ma per restituirla alla comunità)

    Bruxelles – In Kosovo nemmeno le case hanno pace. L’ultima controversia tra Serbia e Kosovo riguarda la ristrutturazione della casa di Xhafer Ibrahim Deva, collaborazionista ai tempi dell’Albania occupata dal regime nazista, con l’utilizzo di fondi dell’Agenzia per lo sviluppo delle Nazioni Unite (UNPD) e della rappresentanza UE a Pristina.
    A sollevare il caso è stata la vicepremier e ministra per la Cultura e l’informazione della Serbia, Maja Gojković, che ha inviato una lettera alla commissaria UE per la Cultura, l’istruzione e la gioventù, Mariya Gabriel, e al direttore esecutivo dell’UNPD, Akim Steiner, per chiedere di non proseguire con il progetto di restauro nella città di Kosovska Mitrovica della casa del collaborazionista della Germania nazista, macchiatosi di pogrom e crimini contro ebrei e serbi in Kosovo durante la seconda guerra mondiale.
    Xhafer Ibrahim Deva (1904-1978)
    Deva (deceduto nel 1978 a San Francisco) dopo la caduta del Protettorato Italiano del Regno d’Albania nel 1943, divenne ministro degli Interni albanese e fu a capo dell’amministrazione locale di Mitrovica, collaborando con i nazisti per stabilire un governo albanese filo-tedesco in Kosovo. Sotto la sua amministrazione furono condotte operazioni anti-partigiane e anti-serbe e furono reclutati albanesi del Kosovo nella 21esima divisione Waffen-SS Skanderbeg. Nel 1944, appena prima della liberazione dell’Albania, Deva scappò in Croazia e in Austria e, alla fine della guerra, si trasferì prima a Damasco (Siria) e poi negli Stati Uniti, dove giocò un ruolo attivo nell’organizzazione della resistenza anticomunista (reclutato dalla Central Intelligence Agency, CIA).
    Nell’ottica della memoria dei crimini nazisti, sembra ingiustificabile il supporto dell’UE e dell’UNPD al restauro della casa di un collaborazionista in Kosovo. Ecco perché bisogna tenere presente le motivazioni presentate nella risposta congiunta rilasciata della rappresentanza UE a Pristina e dal ministero della Cultura, della Gioventù e dello Sport del Kosovo, per spiegare che è il valore architettonico dell’edificio e non chi l’ha occupato al centro del progetto del Centro culturale regionale: “La conservazione e la riabilitazione del patrimonio culturale e religioso è guidata dalla necessità di garantire la sua esistenza per i posteri, concentrandosi sui valori architettonici di tali siti”.
    L’edificio situato nel centro di Kosovska Mitrovica è stato costruito nel 1930 da architetti e operai austriaci e appartiene allo stile moderno occidentale-europeo, il primo nel suo genere nella città: grazie alle sue numerose decorazioni esterne, “la casa è nella lista temporanea dei siti del patrimonio culturale protetto in Kosovo“. Dal 1945 è di proprietà pubblica ed è stato utilizzato come centro di assistenza sanitaria, rifugio per famiglie senza tetto e orfanotrofio, ma è poi caduto in rovina. Ecco perché “il restauro previsto farà sì che i suoi valori architettonici vengano ripristinati e che la casa venga nuovamente recuperata per la comunità”, con il doppio scopo di “fornire uno spazio per eventi culturali e comunitari e ospitare il Centro Regionale per il Patrimonio Culturale”.
    È qui che si chiariscono tutti i dubbi: “La casa servirà come centro per le comunità locali per riunirsi, esplorare idee, promuovere l’interculturalità, la tolleranza e la connettività“, sempre in un’ottica di “tolleranza zero verso qualsiasi forma di razzismo, discriminazione, pregiudizio o appartenenza etnica che tenta di giustificare o promuovere l’odio razziale e la discriminazione”, si legge nella lettera. UE e UNPD si sono dette “preoccupate” rispetto alla controversia che lega il passato dell’edificio con le attuali tensioni sommerse tra Serbia e Kosovo e, sull’onda dello spirito che guida il dialogo tra Pristina e Belgrado mediato da Bruxelles, hanno richiamato l’attenzione sulla necessità di “lavorare per il futuro del dialogo intercomuniatrio”.

    La dimora di Xhafer Ibrahim Deva nella città di Kosovska Mitrovica è sottoposta a restauro in un programma guidato dall’ONU: “L’edificio appartiene allo stile moderno occidentale-europeo e compare nella lista temporanea dei siti del patrimonio culturale protetto”

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    La Polonia chiede un rafforzamento della NATO su tutto il fronte orientale per rispondere alle minacce russe

    Bruxelles – Ora la parola d’ordine è rafforzamento, di tutto il fronte orientale dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (NATO). La richiesta è arrivata oggi (lunedì 7 febbraio) dal presidente della Polonia, Andrzej Duda, e si sposa perfettamente con l’impostazione del segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, nella risposta da dare alla crescente presenza di forze militari russe sul confine con l’Ucraina. “Dovrebbe essere presa una scelta collettiva da parte dell’Alleanza per rafforzare tutto il fronte orientale“, ha sottolineato in conferenza stampa a Bruxelles il presidente polacco, al termine dell’incontro con Stoltenberg.
    A preoccupare non sono solo le “oltre 100 mila truppe lungo il confine con l’Ucraina, ma anche le circa 30 mila in Bielorussia, il più grande dispiegamento in quel Paese dai tempi della guerra fredda”, ha spiegato il segretario generale della NATO. “Questi schieramenti non sono giustificati, non sono trasparenti e sono molto vicini ai confini” dell’Alleanza. È in quest’ottica che si giustifica il rafforzamento della capacità di risposta degli alleati e la possibilità di dispiegare “nuovi gruppi tattici”sul fronte sud-orientale (Romania): “La NATO farà tutto il necessario per proteggere e difendere tutti gli alleati e l’invio di più truppe statunitensi in Polonia, Germania e Romania è una potente dimostrazione di impegno per uno schieramento difensivo e proporzionato”. Il presidente Duda si è detto preoccupato soprattutto per la presenza delle truppe russe in Bielorussia per esercitazioni: “Se non dovessero lasciare immediatamente il Paese, dovremo agire di conseguenza, perché si tratterebbe di un nuovo distretto militare ai suoi confini”.
    Sul piano del dialogo con Mosca, è stata ribadita la necessità di trovare “una soluzione politica a livello di Consiglio NATO-Russia”, ha ricordato Stoltenberg. Tuttavia, in linea con quanto definito nella lettera del 26 gennaio, “non scenderemo a compromessi sui principi fondamentali“, tra cui la difesa degli alleati e la possibilità per ogni Paese di scegliere le proprie alleanze per la sicurezza nazionale. A rendere necessaria questa precisazione è stata la dichiarazione congiunta di venerdì scorso (4 febbraio) di Russia e Cina, in cui entrambi i Paesi hanno chiesto alla NATO di smettere di ammettere nuovi membri nell’Alleanza: “Si tratta di un tentativo di negare alle nazioni sovrane il diritto di fare le proprie scelte e di ritornare a un’epoca di sfere d’influenza”, ha accusato con forza Stoltenberg.

    Met #Poland’s President @AndrzejDuda at a critical time for our security. We addressed #Russia’s build-up, and the Russia–#China statement, which calls on #NATO to bar new members. We must not return to spheres of influence where big powers tell others what they can & cannot do. pic.twitter.com/HN6TuU7Ua1
    — Jens Stoltenberg (@jensstoltenberg) February 7, 2022

    Il presidente Duda a Bruxelles
    Nel corso della sua visita a Bruxelles, il presidente polacco ha incontrato anche i presidenti della Commissione, Ursula von der Leyen, e del Consiglio UE, Charles Michel. Al centro delle discussioni la questione della sicurezza delle frontiere dell’Unione e del rafforzamento militare della Russia, compresa la necessità di un “coordinamento sulle sanzioni per rispondere a qualsiasi ulteriore escalation e anche sull’approvvigionamento energetico“, ha commentato von der Leyen.
    Punti ricordati da Michel, che si è anche soffermato sulla situazione al confine polacco – compreso il nuovo muro in costruzione lungo il confine con la Bielorussia – e la necessità di un “maggiore impegno sul rispetto dello Stato di diritto” nel Paese, in particolare sull’indipendenza della magistratura. Proprio il presidente Duda ha presentato la settimana scorsa un disegno di legge per abolire la sezione disciplinare della Corte Suprema, per tentare di risolvere lo scontro tra Varsavia e Bruxelles sul primato del diritto comunitario, scatenatosi nel luglio dello scorso anno.

    Good exchange with President @AndrzejDuda on the security situation and Russia’s military build-up.
    We are coordinating deeply our preparedness, including on energy supply, and on sanctions to respond to any further escalation. pic.twitter.com/OW8tohxKGa
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) February 7, 2022

    La richiesta del presidente della Polonia, Andrzej Duda, si sposa con la visione del segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, per rispondere alle minacce di Mosca: “Faremo tutto il necessario per difendere gli alleati”

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    L’Unione Europea lavora a nuove misure contro il caro energia

    Bruxelles – La Commissione europea sta valutando se e come rafforzare la risposta europea al rialzo dei prezzi dell’energia, questa volta in maniera più strutturale. Secondo la sua ultima agenda provvisoria (che è sempre suscettibile a modifiche dell’ultima ora) dovrebbe presentare il 2 marzo una nuova comunicazione sull’energia per fare un punto della situazione e valutare se le misure pubblicate a sostegno degli Stati il 13 ottobre scorso possano essere ulteriormente rafforzate, potendo contare questa volta sulla valutazione del mercato energetico dell’UE dell’Agenzi per la cooperazione tra i regolatori dell’energia (ACER).
    Sono almeno 23 gli Stati membri che da ottobre hanno adottato misure per proteggere le famiglie e le imprese dai prezzi elevati di gas ed elettricità, mobilitando già oltre 21 miliardi di euro per circa 70 milioni di persone e di diversi milioni di imprese. Il pacchetto di linee guida mobilitato da Bruxelles è però solo una risposta a breve termine all’aumento eccezionale dei prezzi dell’energia, a dicembre il prezzo del gas all’ingrosso ha toccato il picco di 180 euro/MWh, poi sceso grazie a un aumento delle consegne di GNL (Gas naturale liquefatto) e condizioni climatiche più miti. Secondo diversi Paesi membri è un problema che va affrontato in maniera più strutturale vista anche l’incertezza che domina i rapporti dell’UE con la Russia, da cui dipende buona parte del gas in arrivo nel continente europeo.
    Nella sua iniziativa per decarbonizzare il mercato del gas pubblicata a dicembre, la Commissione ha messo sul tavolo la proposta di uno stoccaggio comune e di una riserva strategica di gas, come chiedevano diversi Stati membri tra cui l’Italia e la Spagna. La Commissione ha inoltre chiesto all’ACER di preparare un rapporto che analizza il funzionamento del mercato europeo dell’energia: studiare i benefici e gli svantaggi dell’attuale mercato potrebbe portare l’ACER a inviare a Bruxelles eventuali raccomandazioni e una delle opzioni possibili (richiesta da alcuni governi e mai esclusa dalla stessa presidente Ursula von der Leyen) potrebbe essere il disaccoppiamento dei prezzi di gas ed elettricità, in modo che non sia influenzati a vicenda.
    Lavorare sul piano interno non basta. La crisi energetica in cui si ritrova l’UE è in parte dovuta alla forte dipendenza dell’UE dalle fonti fossili e soprattutto da Paesi terzi, la Russia in primis. Bruxelles è preoccupata che un’ulteriore escalation di tensione in Ucraina possa abbattersi su ulteriori tagli alle forniture per l’Europa. Parlando in commissione parlamentare per l’Industria, la commissaria all’Energia Kadri Simson ha rivelato questa settimana che “i depositi di gas della (compagnia energetica russa) Gazprom in Europa sono pieni solo al 16 per cento”. E questo è uno dei motivi per cui il livello di stoccaggio del gas nell’UE “è in costante diminuzione”, si attesta a circa il 40 percento, ovvero il 10 per cento in meno rispetto allo stesso periodo degli anni precedenti.
    L’UE sta già indagando sul comportamento sul mercato di Gazprom per comprendere la portata della pressione della Russia nella crisi energetica in corso: Mosca rispetta gli impegni di fornitura a lungo termine, ma ha rinunciato a rispondere alle richieste di ulteriori forniture da parte dei Paesi UE. Per questo, parallelamente, l’UE è alla ricerca di fonti alternative alla Russia per l’approvvigionamento e la fornitura di gas, in particolare di gas naturale liquefatto (GNL) che ha vantaggi sia dal punto di vista del trasporto sia di impatto ambientale. “La riduzione delle forniture di gas russo è in parte stata compensata dalle forniture di GNL” in Europa, ha chiarito Simson agli eurodeputati. Dopo aver cercato di rilanciare le discussioni con il Qatar, oggi la commissaria europea è a Baku, in Azerbaigian, per partecipare all’ottava riunione ministeriale del Consiglio consultivo del corridoio meridionale del gas. Un’occasione per “riaffermare il partenariato energetico strategico tra l’Unione Europea e l’Azerbaigian” ma anche per discutere nuove prospettive per rafforzarne le forniture all’Europa.

    Very good in depth discussion on #energy co-operation with @ParvizShahbazov, the Energy Minister of 🇦🇿
    We agreed to step-up our partnership, both in the gas sector, but also in the field of #renewables. pic.twitter.com/nOWPtxeguF
    — Kadri Simson (@KadriSimson) February 4, 2022

    La prossima settimana sarà la volta del Consiglio per l’energia UE-USA, che si terrà il 7 febbraio a Washington. Simson volerà oltreoceano per ringraziare il presidente statunitense Joe Biden per l’aumento di forniture di GNL all’Europa in questi tempi di crisi. L’intera Commissione Europea si sta muovendo velocemente sulla scena internazionale per arrivare prima dell’estate con una nuova strategia per un dialogo internazionale sull’energia, che Bruxelles punta a pubblicare (presumibilmente a maggio) per sostenere gli Stati membri nei loro contatti internazionali per le forniture energetiche che non siano con la Russia. In questo contesto preparatorio, Bruxelles sta lavorando contemporaneamente per un nuovo “partenariato multisettoriale” con i Paesi del Golfo Persico (Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Iran, Iraq, Kuwait, Oman, Qatar) che sono i principali fornitori internazionali di idrocarburi, i componenti essenziali del petrolio greggio, dei gas naturali e di altri combustibili. L’iniziativa è tesa “a vedere con occhi nuovi le relazioni tra l’UE e il Golfo” sostiene Bruxelles, soprattutto sul piano della sicurezza energetica dell’UE.

    La Commissione deciderà a marzo su possibili nuove misure per rafforzare la sua “cassetta degli attrezzi” per orientare gli Stati membri, mentre rafforza il dialogo con i partner internazionali, compresi i Paesi del Golfo, per ridurre la sua dipendenza dal gas russo

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    L’Unione Europea loda i nuovi sforzi di Macedonia del Nord e Bulgaria di risolvere le tensioni regionali

    Bruxelles – Si riaccendono le speranze per l’UE di sbloccare lo stallo sui negoziati di adesione all’Unione della Macedonia del Nord, bloccati dal veto della Bulgaria da oltre un anno. L’inizio del dialogo avviato la settimana scorsa dai due nuovi primi ministri macedone, Dimitar Kovačevski, e bulgaro, Kiril Petkov, sembra andare ormai verso la direzione di un disgelo nei rapporti tesissimi tra Skopje e Sofia e le istituzioni comunitarie lo considerano a tutti gli effetti “uno slancio positivo“, in particolare per l’allargamento dell’Unione nella regione balcanica.
    Lo hanno riferito i presidenti del Consiglio UE, Charles Michel, e della Commissione, Ursula von der Leyen, al premier della Macedonia del Nord oggi (venerdì 4 febbraio) in visita per la prima volta a Bruxelles, complimentandosi per aver posto la distensione dei rapporti con la Bulgaria tra i primi punti nell’agenda del nuovo governo. “Lodo i recenti sforzi di Skopje e Sofia per risolvere le questioni in sospeso“, ha commentato Michel su Twitter, dopo aver sottolineato che al centro del colloquio con Kovačevski c’è stata proprio l’apertura dei negoziati di adesione, oltre alla cooperazione in materia di sicurezza e l’avanzamento delle riforme.
    Gli ha fatto eco la presidente della Commissione von der Leyen: “Incoraggio la Macedonia del Nord a continuare a realizzare le riforme e a mantenere il momento positivo con la Bulgaria, nel suo percorso di adesione all’UE“. Da martedì scorso (25 gennaio) i due governi hanno formato una serie di gruppi di lavoro che dovranno discutere di economia, infrastrutture e cooperazione europea e risolvere le frizioni nazionalistiche determinate da questioni storico-culturali e identitarie.

    🇲🇰 Glad to meet Prime Minister Kovachevski and congratulate him in person on his appointment. ⁰Welcome to Brussels! I encourage North Macedonia to continue delivering on reforms and to keep up the positive momentum with Bulgaria, on its accession path to the EU. pic.twitter.com/tVhC9xsukv
    — Ursula von der Leyen (@vonderleyen) February 4, 2022

    I passi avanti per un compromesso si stanno evidenziando anche in Bulgaria, dove il premier Petkov ha preso una posizione forte contro il presidente Rumen Radev: “La mia visita in Macedonia del Nord non soltanto non è stata frettolosa, ma è avvenuta terribilmente tardi”, ha risposto mercoledì (2 febbraio) alle critiche mosse dal presidente sul fatto che l’incontro non fosse stato ben preparato. “La verità è che abbiamo perso 30 anni di rapporti tra i due Paesi, nel corso dei quali la parte bulgara doveva avere una posizione attiva, un tono di azione costruttivo, obiettivi chiari e un approccio preciso”, ha aggiunto Petkov.
    Una posizione che fa ancor più sperare Bruxelles che in breve tempo Sofia possa abbandonare la posizione contraria all’avvio dei negoziati di adesione UE della Macedonia del Nord (e dell’Albania, legata allo stesso dossier). L’obiettivo è fare in modo che “i Balcani non siano più la regione più povera e corrotta d’Europa” e per questo il premier bulgaro chiede a tutti gli attori – bulgari, macedoni e comunitari – “un approccio basato sul buon vicinato e sullo sviluppo economico“.

    I presidenti della Commissione von der Leyen e del Consiglio Michel hanno accolto per la prima volta a Bruxelles il premier macedone Kovačevski, parlando di “slancio positivo” per l’adesione di Skopje all’Unione