More stories

  • in

    La raccomandazione sul Kosovo nel Consiglio d’Europa torna a esacerbare i rapporti con la Serbia

    Bruxelles – Meno di un mese e il Consiglio d’Europa potrebbe tornare a contare 47 membri. Oppure ancora 46, con una nuova adesione e la seconda defezione in tre anni. Dopo la raccomandazione positiva della Commissione per gli affari politici e la democrazia dell’Assemblea parlamentare a Strasburgo, la sessione plenaria si riunirà il 18 aprile per votare sull’invito al Kosovo a diventare membro del Consiglio d’Europa. L’ultimo passo prima della conta dei voti tra i 46 Paesi membri dell’organizzazione internazionale per i diritti umani, che sta continuando a esacerbare i rapporti con la Serbia (in violazione degli accordi assunti da Belgrado nell’ambito del dialogo Pristina-Belgrado facilitato dall’Ue).Dopo il via libera dal Comitato dei Ministri alla richiesta di Pristina di diventare il 47esimo membro del Consiglio d’Europa (presentata il 12 maggio 2022), la relazione a firma della greca Dora Bakoyannis ha accolto con favore “un ampio elenco di impegni presi per iscritto dalle autorità kosovare”, sottolineando che l’adesione “porterebbe al rafforzamento degli standard dei diritti umani garantendo l’accesso alla Corte europea dei diritti dell’uomo a tutti coloro che sono sotto la giurisdizione del Kosovo”. Anche a seconda dell’esito del voto del 18 aprile, sarà poi il Comitato dei Ministri a pronunciarsi definitivamente a maggio. Non passa inosservato dalle motivazioni della Commissione il deterioramento dell’ultimo anno della situazione di sicurezza nel nord del Paese: “Il rischio di violenza aperta in Kosovo è fin troppo reale“, dal momento in cui dipende dalla “protezione dei diritti della comunità serba, dalla riduzione delle tensioni e dalla normalizzazione delle relazioni tra Kosovo e Serbia”. Per questo motivo nella relazione compare la richiesta di un “impegno post-adesione” per Pristina di istituire l’Associazione delle municipalità a maggioranza serba in Kosovo, a cui dovrebbe essere garantita autonomia su tutta una serie di materie amministrative.La relazione è passata ieri (27 marzo) con 31 voti a favore, 4 contrari (due rappresentanti della Serbia, più Montenegro e Bosnia ed Erzegovina) e 1 astensione (Grecia), ma ha comunque evidenziato le “circostanze senza precedenti” della candidatura – dal momento in cui diversi Stati membri del Consiglio d’Europa non riconoscono il Kosovo come Stato sovrano (tra cui Cipro, Grecia, Romania, Slovacchia e Spagna tra quelli Ue) – e ha invitato il Comitato dei Ministri a garantire che l’adesione “non pregiudichi le posizioni dei singoli Stati membri in merito alla statualità del Kosovo”. Questo non ha però evitato di scatenare di nuovo le ire di Belgrado, che ha definito “vergognosa e scandalosa” la decisione di Strasburgo secondo le parole del primo ministro ad interim, Ivica Dačić. Nei giorni scorsi sia il presidente serbo, Aleksandar Vučić, sia l’ex-premier e oggi presidente del Parlamento, Ana Brnabić, hanno minacciato che un ingresso del Kosovo nel Consiglio d’Europa potrebbe implicare un’uscita della Serbia. Un ricatto che, ancora una volta, è in violazione del punto 4 dell’accordo di Bruxelles del 27 febbraio 2023 sulla normalizzazione delle relazioni tra i due Paesi: “La Serbia non si opporrà all’adesione del Kosovo a nessuna organizzazione internazionale“.In ogni caso le possibilità per l’adesione di Pristina all’organizzazione internazionale (che non è tra le istituzioni dell’Unione Europea) sono aumentate dopo l’espulsione/uscita della Federazione Russa, arrivata a seguito della decisione del Comitato dei Ministri del 16 marzo 2022 per l’invasione dell’Ucraina. Mosca è uno degli alleati più stretti della Serbia, in particolare sulla controversia diplomatica con il Kosovo indipendente, e anche al Consiglio d’Europa ha contribuito a tenere in stallo la questione dell’adesione di Pristina. Secondo l’articolo 4 dello Statuto, “ogni Stato europeo che sia ritenuto in grado e disposto ad adempiere alle disposizioni dell’articolo 3 [accettare i principi dello Stato di diritto e del godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali, ndr] può essere invitato a diventare membro del Consiglio d’Europa dal Comitato dei Ministri”.Le tensioni tra Kosovo e SerbiaA soli due mesi dall’intesa di Ohrid, il 26 maggio è andato in scena il primo evento che ha aperto uno degli anni più difficili e violenti per le relazioni tra Serbia e Kosovo. A causa dell’insediamento dei neo-eletti sindaci di Zubin Potok, Zvečan, Leposavić e Kosovska Mitrovica sono scoppiate violentissime proteste, trasformatesi il 29 maggio in una guerriglia che ha coinvolto anche i soldati della missione internazionale Kfor a guida Nato. La tensione è deflagrata per la decisione del governo di Albin Kurti di far intervenire le forze speciali di polizia per permettere l’ingresso nei municipi ai sindaci eletti il 23 aprile, in una tornata elettorale controversa per la bassissima affluenza al voto.

    Scontri tra i manifestanti serbo-kosovari e i soldati della missione Nato Kfor a Zvečan, il 29 maggio 2023 (credits: Stringer / Afp)Nel frattempo il 14 giugno è andato in scena un arresto/rapimento di tre poliziotti kosovari da parte dei servizi di sicurezza serbi, per cui i governi di Pristina e Belgrado si sono accusati a vicenda di sconfinamento delle rispettive forze dell’ordine. Bruxelles ha convocato una riunione d’emergenza con il premier Kurti e il presidente Vučić per uscire dalla “modalità gestione della crisi” e solo il 22 giugno è arrivata la scarcerazione dei tre poliziotti kosovari. Ma a causa del mancato “atteggiamento costruttivo” da parte di Pristina per la de-escalation della tensione, Bruxelles ha imposto a fine giugno misure “temporanee e reversibili” contro il Kosovo (ancora in atto, nonostante la tabella di marcia concordata il 12 luglio). La situazione è però degenerata con l’attacco terroristico del 24 settembre nei pressi del monastero serbo-ortodosso di Banjska. Nella giornata di scontri tra la Polizia del Kosovo e un gruppo di una trentina di uomini armati sono rimasti uccisi un poliziotto e tre attentatori.Gli sviluppi dell’attentato hanno evidenziato chiare diramazioni nella vicina Serbia. Tra gli attentatori all’esterno del monastero c’era anche Milan Radoičić, vice-capo di Lista Srpska – come confermato da lui stesso qualche giorno dopo l’attacco armato – oltre a Milorad Jevtić, stretto collaboratore del figlio del presidente serbo, Danilo Vučić. A peggiorare il quadro un “grande dispiegamento militare” serbo lungo il confine amministrativo denunciato dagli Stati Uniti. La minaccia non si è concretizzata, ma l’Ue ha iniziato a riflettere sulla possibilità di imporre le stesse misure in vigore contro Pristina anche ai danni di Belgrado. Ma per il via libera serve l’unanimità in Consiglio e il più stretto alleato di Vučić dentro l’Unione – il premier ungherese, Viktor Orbán – ha posto il veto. Come se non bastasse, prima delle elezioni anticipate in Serbia il 17 dicembre, l’ultimo atto del governo guidato da Ana Brnabić è stato inviare una lettera a Bruxelles per avvertire che le istituzioni serbe non riconoscono il valore giuridico degli impegni verbali presi nel contesto del dialogo Pristina-Belgrado e che non sarà riconosciuta nemmeno de facto la sovranità del Kosovo.

    (credits: Armen Nimani / Afp)L’unica notizia positiva al momento è la risoluzione della ‘battaglia delle targhe’ tra Serbia e Kosovo, grazie alla decisione arrivata tra fine 2023 e inizio 2024 sul mutuo riconoscimento per i veicoli in ingresso alla frontiera. Anche considerati i presupposti non promettenti su cui si sta impostando il nuovo anno. Con l’entrata in vigore del Regolamento sulla trasparenza e stabilità dei flussi finanziari e sulla lotta al riciclaggio di denaro e alla contraffazione, dal primo febbraio l’euro è diventato l’unica valuta di cambio e di deposito nei conti bancari: il dinaro serbo può ancora essere scambiato al pari del lek albanese o del dollaro, ma la decisione avrà un impatto su tutti quei servizi pubblici che non si mai adeguati all’adozione dell’euro da parte di Pristina nel 2002 (ancora prima dell’indipendenza). Il 5 febbraio hanno sollevato polemiche a Bruxelles le operazioni di polizia speciale presso gli uffici delle istituzioni temporanee gestite dalla Serbia in quattro comuni del nord del Kosovo (Dragash, Pejë, Istog e Klinë) e presso la sede dell’Ong Center For Peace and Tolerance a Pristina: dal 2008 Belgrado ha continuato a finanziare comuni, aziende, imprese pubbliche, asili, scuole, università pubbliche e ospedali a disposizione della minoranza serba, in modo illegale secondo la Costituzione del Kosovo.Trovi ulteriori approfondimenti sulla regione balcanica nella newsletter BarBalcani ospitata da Eunews

  • in

    Il Kosovo più vicino all’ingresso nel Consiglio d’Europa. Ora manca solo il via libera dell’Assemblea parlamentare

    Bruxelles – Un passo più vicino all’adesione al Consiglio d’Europa per l’ultimo Paese del continente a essere ammesso all’organizzazione internazionale per la promozione di democrazia, diritti umani e identità culturale europea (fatta eccezione per la Bielorussia, a cui è stato negato l’ingresso per mancanza di democrazia). Il Kosovo ha ricevuto oggi (24 aprile) il via libera dal Comitato dei Ministri alla domanda di Pristina di diventare il 47esimo membro del Consiglio d’Europa, affidando all’Assemblea parlamentare il compito di decidere con il voto finale sull’ingresso del Paese balcanico.
    La richiesta di Pristina era arrivata il 12 maggio dello scorso anno, accompagnata dalle parole della ministra per gli Affari esteri e la diaspora, Donika Gërvalla-Schwarz: “Siamo il Paese più democratico e più pro-europeo e più ottimista nella regione, meritiamo di essere parte del Consiglio d’Europa il prima possibile”. A meno di un anno di distanza – e con numerosi eventi politici e diplomatici intercorsi, non per ultima la domanda di adesione all’Unione Europea – il Comitato dei Ministri dei 46 Paesi membri del Consiglio d’Europa ha approvato nel corso di una riunione straordinaria la decisione di permettere all’Assemblea parlamentare di esaminare la richiesta del Kosovo e, se d’accordo, deliberare l’adesione con un voto in sessione plenaria.
    Il via libera è arrivato con più dei due terzi dei voti a favore, più precisamente 33 su 46: sono stati sette i contrari e cinque gli astenuti, oltre all’Armenia che non ha partecipato al voto. Da rilevare la posizione dei cinque Paesi membri Ue che non riconoscono l’indipendenza di Pristina: Grecia e Slovacchia si sono astenute, mentre Cipro, Romania e Spagna hanno votato contro. A questi si aggiunge la posizione controversa dell’Ungheria di Orbán, stretta alleata della Serbia di Vučić, l’unico Paese membro dell’Unione che riconosce la sovranità del Kosovo ma che oggi non ha votato a favore.
    Dopo la visita a Strasburgo della settimana scorsa del ministro degli Esteri serbo, Ivica Dačić, per spingere gli sforzi per impedire l’adesione del Paese balcanico al Consiglio d’Europa, anche Belgrado ha espresso il suo voto contrario alla riunione del Comitato dei Ministri, in violazione del punto 4 dell’accordo di Bruxelles sulla normalizzazione delle relazioni tra i due Paesi firmato sotto l’egida Ue lo scorso 27 febbraio: “La Serbia non si opporrà all’adesione del Kosovo a nessuna organizzazione internazionale“. Nella decisione del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa si legge proprio un riferimento all’accordo di Bruxelles e alla successiva intesa del 18 marzo a Ohrid (Macedonia del Nord) sull’allegato di attuazione, in particolare sulla “importanza che tutte le parti li attuino tempestivamente e in buona fede”.
    La presidente del Kosovo, Vjosa Osmani
    Secondo i calcoli dei politici kosovari le possibilità di riuscita per l’adesione all’organizzazione internazionale sono aumentate dopo l’espulsione della Federazione Russa, arrivata a seguito della decisione del Comitato dei Ministri del 16 marzo dello scorso anno per l’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito del Cremlino. A causa della “continua violazione dei propri doveri internazionali”, il Comitato ha stabilito più di un anno fa la cessazione immediata dei diritti di appartenenza del Paese membro. Mosca è uno degli alleati più stretti della Serbia, in particolare sulla controversia diplomatica con il Kosovo indipendente. Ma grazie all’espulsione della Russia e al forte appoggio dei partner Ue (fatta eccezione per i quattro contrari) è molto vicino il via libera definitivo a Pristina per diventare il 47esimo Paese membro dell’organismo internazionale. Secondo l’articolo 4 dello Statuto, “ogni Stato europeo che sia ritenuto in grado e disposto ad adempiere alle disposizioni dell’articolo 3 [accettare i principi dello Stato di diritto e del godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali, ndr] può essere invitato a diventare membro del Consiglio d’Europa dal Comitato dei Ministri”.

    Thank you to all the countries that voted in favor, abstained or did not vote at all during today’s vote on Kosovo’s application at the Council of Europe:
    Voted on favor:🇦🇱🇦🇩🇦🇹🇧🇪🇧🇬🇭🇷🇨🇿🇩🇰🇪🇪🇫🇮🇫🇷🇩🇪🇮🇸🇮🇪🇮🇹🇱🇻🇱🇮🇱🇹🇱🇺🇲🇹🇲🇨🇲🇪🇳🇱🇲🇰🇳🇴🇵🇱🇵🇹🇸🇲🇸🇮🇸🇪🇨🇭🇹🇷🇬🇧
    Abstained:🇧🇦🇬🇷🇲🇩🇸🇰🇺🇦
    Didn’t vote:🇦🇲
    — Blerim Vela (@Blerim_Vela) April 24, 2023

    Il Comitato dei ministri ha approvato con 33 voti a favore, 7 contrari e 5 astensioni la richiesta di Pristina di diventare il 47esimo membro dell’organizzazione internazionale per la promozione di democrazia, diritti umani e identità culturale europea. Quattro Paesi Ue si sono opposti