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    Bielorussia, Borrell: “Arresto e violenze su Protasevich sono atti orrendi”. Ma il Parlamento UE vuole più determinazione

    Bruxelles – Immagini “vergognose”, una violenza “tremenda” e atti “orrendi”. In un climax di crescente indignazione, l’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha condannato gli eventi delle ultime due settimane in Bielorussia. Dal dirottamento del volo Ryanair Atene-Vilnius su Minsk, fino alla confessione forzata da parte del giornalista e oppositore politico Roman Protasevich, arrestato insieme alla compagna Sofia Sapega proprio dopo il dirottamento dell’aereo che stava sorvolando lo spazio aereo bielorusso. “La Bielorussia è di nuovo al centro dell’attualità mondiale”, ha sottolineato Borrell durante il suo intervento alla plenaria del Parlamento Europeo. “Non solo per le repressioni da parte di un dittatore che ha il sostegno della Russia, ma anche per la continua violazione dei diritti umani e delle norme internazionali”.
    L’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell
    L’ultima in ordine cronologico è stata la violazione del diritto internazionale del volo, su cui l’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile (ICAO) ha già aperto un’indagine: “Con l’intervento di un caccia bielorusso, è stata messa a repentaglio la sicurezza dei più di cento passeggeri e dell’equipaggio di un’aereo commerciale che volava tra due capitali dell’Unione“. Una volta atterrato all’aeroporto nazionale di Minsk, si è consumato “l’atto orrendo” dell’arresto di Protasevich e di Sapega. Ma ancora più “tremendo” è stato assistere alla confessione forzata del giornalista e oppositore al regime del presidente bielorusso, Alexander Lukashenko: “È stato l’ennesimo esempio di violazioni, dobbiamo rispondere con decisione alle immagini vergognose di questa persona che piangeva e riconosceva reati mai commessi contro la Bielorussia”.
    La prima risposta messa in atto dall’UE è stata la decisione del Consiglio Europeo di imporre la no fly zone sulla Bielorussia, di impedire l’accesso allo spazio aereo europeo ai vettori di Minsk e di implementare sanzioni non solo a carico di singole entità, ma anche economiche mirate. “Saranno adottate presumibilmente dal prossimo Consiglio Affari Esteri”, ha anticipato l’alto rappresentante Borrell, “e peseranno sui settori economici-chiave per il regime, oltre a coinvolgere i responsabili del dirottamento del volo”. Nel frattempo, “continueremo a sollevare la questione dei 450 prigionieri politici in tutti forum internazionali e portare avanti il pacchetto economico da 3 miliardi di euro a sostegno di una Bielorussia democratica”.
    La reazione del Parlamento Europeo
    Gli eurodeputati di tutti i gruppi politici hanno espresso con forza la dura condanna nei confronti del regime di Lukashenko per quanto accaduto nelle ultime settimane a Minsk e hanno chiesto una risposta ancora più decisa alla Commissione e al Consiglio. “È finito il tempo delle discussioni”, ha avvertito Andrzej Halicki (PPE), perché ormai la Bielorussia “è stata trasformata in un’enorme prigione a cielo aperto”. È arriva l’ora di “sanzioni economiche e di un sostegno più tangibile ai media indipendenti, perché il popolo è totalmente isolato”.
    Anche per Robert Biedroń (S&D) “Lukashenko ha oltrepassato tutti i limiti, ma la comunità internazionale non ha fatto tutto quanto in suo potere per fermarlo“. Con la proposta di risoluzione che sarà votata dopodomani (giovedì 10 giugno), “chiediamo a tutte le istituzioni di riconoscere Lukashenko per quello che è: l’ultimo dittatore d’Europa, che sta costruendo una Corea del Nord nel Vecchio Continente”, ha attaccato l’eurodeputato, citando le parole della leader dell’opposizione bielorussa, Sviatlana Tsikhanouskaya.
    L’eurodeputata della Lega, Susanna Ceccardi (ID)
    Secondo Petras Auštrevičius (Renew Europe), il regime di Lukashenko “da autoritario è diventato apertamente dittatoriale”, ma è anche vero che “il suo capitale politico dipende solo dal sostegno di Vladimir Putin“. Per questo motivo “dobbiamo imporre sanzioni nei settori vitali e dare sostegno immediato alla società civile”. Sul ruolo del leader russo – che proprio ieri si è confrontato telefonicamente con il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel – si è soffermata anche Susanna Ceccardi (ID). “La Russia ha perso l’occasione di prendere le distanze e l’incontro di Sochi mette il Cremlino in una posizione scomoda”, ha sottolineato l’eurodeputata in quota Lega. Ma “anche la Cina non ha condannato il dirottamento del volo e usa la Bielorussia come un corridoio strategico verso l’Europa”. Di qui, l’Unione “dovrebbe bloccare i convogli cinesi in arrivo da Minsk, sarebbe un messaggio forte contro il dittatore e suoi amici illiberali”.
    Il fatto di “non poter starcene con le mani in mano” è il filo conduttore che unisce anche l’intervento di Viola Von Cramon-Taubadel (Verdi/ALE): “Servono sanzioni contro i prodotti di raffineria e della concimazione“, settori-chiave per il “regime del terrore” instaurato dal presidente bielorusso. Per l’eurodeputato del Movimento 5 Stelle e vicepresidente del Parlamento Europeo, Fabio Massimo Castaldo, le ultime azioni di Lukashenko però non sarebbero un atto di forza, ma “mosse disperate e segni di debolezza“, perché “l’opposizione non vuole rassegnarsi ai suoi diktat”. Ecco perché il Parlamento Europeo ha ribadito con forza che “bisogna sostenere con più determinazione il piano di aiuti per una transizione veramente pacifica e democratica della Bielorussia”.

    L’alto rappresentante UE è intervenuto al dibattito in plenaria sulle vicende che hanno riportato il regime di Lukashenko al centro dell’attualità internazionale. Si attendono sanzioni economiche “mirate” anche contro i responsabili del dirottamento del volo Ryanair

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    Allargamento UE, intesa tra Parlamento e Consiglio su fondi a sostegno dell’adesione di Balcani occidentali e Turchia

    Bruxelles – Era stato chiesto con urgenza durante la sessione plenaria del Parlamento Europeo di maggio dallo stesso commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, e dopo due settimane l’accordo sullo strumento di assistenza pre-adesione IPA III è stato raggiunto dai negoziatori di Consiglio e Parlamento UE.
    Un’intesa politica sulle priorità, gli obiettivi e la governance di questo strumento modernizzato, che andrà a disciplinare i finanziamenti 2021-2027 e metterà in campo 14,2 miliardi di euro a sostegno dell’attuazione delle riforme nei sette Paesi candidati all’adesione all’UE: i sei dei Balcani occidentali (Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Montenegro, Macedonia del Nord e Serbia) e la Turchia.
    Attraverso l’accordo raggiunto ieri sera (mercoledì 2 giugno) – che dovrà essere ora convertito in Regolamento e approvato da Parlamento e Consiglio, verosimilmente entro l’inizio del prossimo autunno – i co-legislatori hanno deciso di rafforzare le condizionalità relative alla democrazia, ai diritti umani e allo Stato di diritto. L’assistenza prevista dallo strumento IPA III sarà sospesa in caso di “regresso democratico”, vale a dire di passi indietro dei rispettivi governi su questi settori-chiave nell’ambito delle riforme strutturali per l’accesso all’Unione.
    Il nuovo aggiornamento dello strumento di assistenza pre-adesione (istituito per la prima volta nel 2007 e seguito poi da IPA II nel 2014) si pone anche gli obiettivi di intensificare la lotta alla disinformazione e contribuire alla protezione dell’ambiente, dei diritti umani e della parità di genere, con un maggiore coordinamento con le organizzazioni della società civile e le autorità locali. Rafforzato anche il ruolo del Parlamento Europeo, che attraverso un dialogo geopolitico con la Commissione, sarà in grado di definire i principali orientamenti strategici e di controllare le decisioni prese nell’ambito dello strumento.
    È stato proprio il commissario Várhelyi ad accogliere con ottimismo l’intesa tra Consiglio e Parlamento: “È un segnale benvenuto, positivo e forte per i Balcani occidentali e la Turchia“. Il commissario ha definito l’aggiornamento dello strumento come “un solido investimento nel futuro della regione e dell’allargamento dell’Unione”, il cui punto di forza è proprio sostenere “l’attuazione delle principali riforme politiche, istituzionali, sociali ed economiche” per conformarsi agli standard comunitari. Non solo: “La sua programmazione si basa su priorità tematiche piuttosto che su dotazioni nazionali“, caratteristica fondamentale per “premiare le prestazioni e i progressi” e “dare maggiore flessibilità” alle esigenze in evoluzione.
    In ultima battuta, il commissario per l’Allargamento ha anche sottolineato che lo strumento IPA III “fornirà finanziamenti per il Piano economico e di investimenti per i Balcani occidentali“, presentato il 6 ottobre dello scorso anno dalla Commissione per sostenere la ripresa economica di questa “regione prioritaria” nell’ottica geo-strategica dell’Unione Europea.

    Il nuovo strumento di assistenza pre-adesione IPA III che regola i finanziamenti 2021-2027 avrà un valore di 14,2 miliardi di euro. Agevolerà l’attuazione delle riforme nei sette Paesi candidati, ma sarà sospeso in caso di “regresso democratico”

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    Bielorussia, Tsikhanouskaya esorta l’UE a reagire oltre il caso Ryanair: “Stiamo diventando la Corea del Nord d’Europa”

    Bruxelles – Una settimana di ordinaria follia in Bielorussia, sotto le picconate sempre più dure alla democrazia da parte del regime del presidente Alexander Lukashenko. “In sette giorni sono stati quattro i momenti di svolta drammatica nel Paese”, ha spiegato oggi (mercoledì 26 maggio) la leader dell’opposizione democratica e presidente legittima riconosciuta dall’UE, Sviatlana Tsikhanouskaya, in un confronto con gli eurodeputati della commissione Affari Esteri. Dalla chiusura forzata del principale media indipendente Tut.by (18 maggio) alla morte in carcere “in circostanze oscure” del prigioniero politico Vitold Ashurok (21 maggio), fino ad arrivare al quasi certo rinvio delle elezioni parlamentari di un anno e mezzo (ieri in discussione al Parlamento) e al dirottamento del volo Ryanair e l’arresto del giornalista Roman Protasevich e della compagna Sophia Sapega.
    La leader dell’opposizione democratica e presidente legittima riconosciuta dall’UE, Sviatlana Tsikhanouskaya (26 maggio 2021)
    Di tutti questi eventi, quello che ha causato la reazione più indignata e provvedimenti immediati da parte dell’Unione Europea è stato l’ultimo, a causa delle sue implicazioni a livello di violazione delle leggi internazionali. “Il dirottamento del volo ha destato grande preoccupazione in tutto il mondo, per la minaccia alla pace e alla sicurezza mondiale rappresentata da Lukashenko“, ha sottolineato Tsikhanouskaya. Tuttavia, non bisogna dimenticare che “i bielorussi vivono in questa atmosfera di mancato rispetto dei diritti fondamentali da più di nove mesi“, dall’inizio della repressione delle contestazioni pacifiche per il risultato delle elezioni-farsa presidenziali del 9 agosto 2020.
    La leader dell’opposizione democratica ha spiegato senza giri di parole che “il regime ormai è fuori controllo” e che “Lukashenko sta trasformando la Bielorussia nella Corea del Nord d’Europa“: un Paese “non trasparente, dittatoriale e pericoloso”. Ma allo stesso tempo ha anche avvertito gli eurodeputati che “la strategia europea di ‘aspettare e vedere’ non funziona, le pressioni senza azioni non portano a cambiamenti”. Al contrario, “l’impunità ha causato ancora più repressione sulla società civile“, come hanno dimostrato in questi mesi gli attacchi alla libertà di stampa e le incarcerazioni arbitrarie. È qui che deve intervenire l’Unione, secondo la richiesta della leader in esilio: “La reazione non si deve limitare al caso Ryanair”, perché “se non si affronterà la situazione nella sua interezza, si ripeteranno presto casi simili“.
    Nella pratica, Tsikhanouskaya ha delineato le azioni che l’UE dovrebbe mettere in campo per dare una risposta efficace. “Prima di tutto bisogna ancora ribadire pubblicamente che Lukashenko non è il presidente legittimo della Bielorussia“, come già riconosciuto dalle istituzioni europee da settembre dello scorso anno. Ma soprattutto, “bisogna tagliare le linee di credito alle banche bielorusse, bloccare gli investimenti, importazioni ed esportazioni verso il Paese”.
    Contemporaneamente, si deve approvare “al più presto” il nuovo pacchetto di sanzioni (“ragionando già sul quinto”) e “sospendere gli accordi con i Paesi che stanno sfruttando la situazione, compresa la Russia”. Come ultime istanze, “dovremo organizzare una conferenza internazionale sulla risoluzione della crisi e mettere a punto un piano di sostegno congiuntamente con me e la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen“. L’obiettivo rimane “dimostrare che l’Unione Europea è al fianco del futuro democratico del Paese”.

    La presidente legittima riconosciuta dall’Unione ha lanciato un appello agli eurodeputati della commissione Affari Esteri: “L’impunità ha portato ancora più repressione. Bisogna tagliare linee di credito alle banche, investimenti ed esportazioni”

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    Bielorussia, Sassoli ai leader europei: “Dimostrate che UE non è tigre di carta. Punite responsabili del dirottamento Ryanair”

    Bruxelles – Si prepara la risposta europea al dirottamento del volo Ryanair Atene-Vilnius su Minsk, e, stando alle dichiarazioni dei leader europei alla stampa, quello che si è aperto stasera sarà un Consiglio Europeo infuocato. Sul banco degli imputati c’è il presidente bielorusso, Alexander Lukashenko, e l’ultimo capo d’accusa per un probabile inasprimento delle sanzioni è da thriller: l’arresto di un giornalista e oppositore politico, dopo la deviazione di un aereo di linea internazionale che stava sorvolando lo spazio aereo della Bielorussia.
    “Stasera avete la grande responsabilità di dimostrare che l’Unione non è una tigre di carta“, ha tuonato il presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, durante il vertice con i capi di Stato e di governo dell’UE. Leader europei che sono stati invitati ad “agire senza esitazioni e punire i responsabili“, dal momento in cui serve una risposta “forte, immediata e unitaria”.
    Per il presidente del Parlamento UE, “i fatti di Minsk sono di una gravità inaudita“. L’ex-direttore di Nexta (canale bielorusso di informazione Telegram), Roman Protasevich, e la sua compagna, Sophia Sapega, sono al momento detenuti in un carcere della capitale e per questo Sassoli ha invocato con forza “l’immediato rilascio di entrambi senza condizioni e la possibilità per loro di lasciare il Paese”. Non si ferma qui l’atto di accusa, che comprende la richiesta di aprire un’indagine internazionale, “per verificare se la sicurezza del trasporto aereo e dei passeggeri è stata messa a repentaglio da uno Stato sovrano”, secondo la Convenzione di Chicago (base dell’aviazione civile e del trasporto aereo mondiale).
    L’incontro tra il presciente del Parlamento Europeo, David Sassoli, e il primo ministro italiano, Mario Draghi, prima del Consiglio UE (24 maggio)
    Si parla di inasprimento delle sanzioni verso il regime di Lukashenko, ma quello delle misure restrittive è un filo rosso che collega la Bielorussia con la Russia e riguarda direttamente il presidente Sassoli: “Risulta evidente che le ultime sanzioni della Russia non erano dirette soltanto contro la mia persona e quella della vicepresidente [della Commissione UE, ndr] Věra Jourová, ma anche contro le nostre rispettive istituzioni“. Tuttavia, “anziché intimidirci, questo ci incoraggia a non fermarci” nella richiesta di rilascio di Alexei Navalny, l’oppositore del presidente russo, Vladimir Putin. “La democrazia non è incisa nella pietra, è fragile e se non la proteggiamo può sgretolarsi più velocemente di quanto osiamo immaginare”, ha poi avvertito i leader UE affrontando il tema della disinformazione e delle provocazioni dirette agli Stati membri da parte del Cremlino.
    Gli altri temi sul tavolo
    Dopo un incontro con il premier Mario Draghi, il presidente del Parlamento Europeo ha affrontato anche con gli altri leader europei i temi in agenda per questo Consiglio. Uno su tutti, quello dell’immigrazione (prioritario proprio per il primo ministro italiano). “Dobbiamo fare delle scelte coraggiose”, è stata l’esortazione di Sassoli, fissando l’obiettivo: “Possiamo presentarci come attore globale solo se mostriamo di essere capaci di gestire uniti un fenomeno strutturale come quello della mobilità umana“. Dai drammi nel Mar Mediterraneo, all’arrivo a nuoto di persone sulle coste spagnole, fino alle “tragedie umane” lungo la rotta balcanica, l’Unione deve dimostrare che “questa non è la nostra carta d’identità”.
    La proposta è quella di “agire su tre versanti”. Salvare vite umane, “un obbligo giuridico e morale” e una “responsabilità che non possiamo lasciare solo alle ONG, che svolgono una funzione di supplenza”. Ecco perché “dobbiamo tornare a pensare a una grande operazione comune nel Mediterraneo” con un meccanismo europeo di ricerca e salvataggio in mare. Secondo, canali umanitari sicuri: “Le persone bisognose di protezione devono poter arrivare nell’Unione Europea senza rischiare la vita”, potendo contare su “un sistema di reinsediamento” e sul loro “contributo per la ripresa delle nostre società”. Infine, una politica europea di accoglienza sull’immigrazione, definendo “criteri di un permesso unico di ingresso e di soggiorno”.
    Altra questione all’ordine del giorno è il certificato europeo COVID-19: “Siamo particolarmente soddisfatti per il lavoro svolto insieme al Consiglio”, è stato il commento di Sassoli sul risultato del trilogo dello scorso giovedì (20 maggio). Tuttavia, “per il Parlamento, il certificato non può essere una condizione ostativa per la libera circolazione” ed è stato “indicato chiaramente che nessuno deve essere discriminato per le sue condizioni di salute o le scelte sanitarie”. La vera svolta sarà determinata dalla rapidità della campagna vaccinale dentro e fuori l’UE, motivo per cui è necessario che “tutti seguano l’esempio dell’Unione, esportando i vaccini e donando le dosi in sovrannumero ai Paesi a basso e medio reddito”. Sulla questione della sospensione dei brevetti, “è giusto esplorare tutte le opzioni che possono consentire la vaccinazione della popolazione mondiale in breve tempo”.
    È caldo anche il fronte della risorse proprie: “L’anno scorso ha dimostrato di cosa siamo capaci quando restiamo uniti”, ha sottolineato Sassoli davanti ai leader europei. “Adesso dobbiamo concentrarci sull’attuazione del dispositivo per la ripresa e la resilienza” e sull’adozione della decisione sulle risorse proprie, “necessaria per dare impulso alla nostra ripresa”.
    E infine, la questione della lotta ai cambiamenti climatici e le misure sugli impegni presi dall’UE nel quadro dell’accordo di Parigi. Il presidente Sassoli ha avvertito che “i nostri cittadini si aspettano che vengano rispettate quelle promesse”, mentre il Parlamento Europeo sta negoziando insieme al Consiglio la legge sul clima. C’è determinazione nelle parole di Sassoli nel ricordare che “il Parlamento non può essere chiamato solo ad apporre il suo timbro d’approvazione a fatti compiuti” e che è necessario ascoltare l’impegno degli eurodeputati, per arrivare a un “ambizioso pacchetto sul clima e l’energia prima dell’estate“.

    Nel suo discorso al Consiglio, il presidente del Parlamento Europeo ha invocato un’azione “forte, immediata e unitaria” nei confronti del regime di Lukashenko. Ma con la stessa decisione ha chiesto uno sforzo maggiore sull’immigrazione, la lotta contro il COVID-19 e l’accordo sulla legge sul clima

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    Turchia: per il Parlamento europeo i rapporti con l’UE sono “al minimo storico”

    Bruxelles – Sullo stato di diritto, sui diritti fondamentali e in politica estera il governo turco “mostra chiare divergenze con le politiche e gli interessi dell’Unione Europea”. In una risoluzione adottata a fronte 480 voti a favore, 64 contrari e 150 astensioni il Parlamento europeo traccia un bilancio il più possibile oggettivo d quanto accaduto alle relazioni tra Ankara e Bruxelles negli ultimi due anni.
    Nel constatare le scelte del partner turco la relazione presentata dall’eurodeputato socialista Nacho Sánchez Amor (S&D) passa in rassegna progressi e passi indietro rispetto allo stato dei rapporti tra il Paese e l’UE. Secondo il documento il dialogo con Ankara ha raggiunto “il suo minimo storico” in virtù delle tendenze autoritarie che si registrano soprattutto sul fronte interno. Ciò che spaventa maggiormente è l’accentramento del potere nelle mani del governo di Recep Tayyip Erdogan, accusato di aver abusato dei poteri a lui affidati dalla legge in quanto presidente del Paese per restringere l’indipendenza della magistratura e reprimere l’attività di avvocati, difensori dei diritti umani, giornalisti e accademici.
    Una situazione ritenuta intollerabile dall’Eurocamera, che invita il Consiglio UE e la Commissione europea a fare leva sullo strumento della sospensione formale dei negoziati di adesione del Paese all’Unione Europea in corso dal 2005 per costringere il governo di Erdogan a rimettersi in carreggiata sul rispetto dei principi democratici. “La porta resta aperta, ma socchiusa”, ha dichiarato il relatore della relazione Sánchez Amor, che ha messo in guardia anche sul possibile progetto di potenziamento dei rapporti commerciali con Ankara. “Un aggiornamento dell’unione doganale con la Turchia è auspicabile, ma non lo appoggeremo se non ci sarà una condizionalità democratica”, ha continuato il socialista spagnolo.
    L’Europarlamento non dimentica le ultime scelte fatte da Ankara in politica estera. Partendo dalle tensioni dell’estate 2020 nel Mediterraneo orientale e ricordando le ingerenze nel conflitto del Nagorno-Karabakh, gli eurodeputati hanno definito le iniziative del governo inaccettabili per i valori dell’Unione Europea. E pur identificando nella Turchia come “un partner strategico per la stabilità nella regione”, soprattutto per gli sforzi legati all’accoglienza di 3,6 milioni di rifugiati siriani sul proprio territorio nazionale, il documento ribadisce che proprio “l’uso di migranti e rifugiati come strumento di ricatto non può essere accettato”.
    Ma la mano è tesa alla società civile. “Non dobbiamo commettere l’errore di confondere la Turchia ed il suo popolo, crogiolo di tradizioni e culture, con il governo sempre più autoritario di Erdogan che sta trascinando il Paese in un vortice pericoloso di nazionalismo e revanscismo”, ha affermato nel suo intervento durante il dibattito parlamentare l’eurodeputato 5 stelle Fabio Massimo Castaldo. “Dobbiamo rimanere al fianco della società civile turca dimostrando una buona volta determinazione, coesione e visione politica, perché sono gli unici aspetti che questa Turchia potrà comprendere”, ha continuato il vicepresidente del Parlamento europeo.
    La posizione del Parlamento è stata supportata quasi all’unanimità da popolari, socialisti, verdi e liberali, ma non dalle forze politiche poste agli estremi dell’emiciclo, più favorevoli alla continuazione del dialogo. Il Parlamento europeo si aspetta che possa influenzare la discussione della riunione del Consiglio europeo di giugno, che avrà la Turchia tra i suoi punti all’ordine del giorno. Il commissario europeo per la politica di vicinato Olivér Várhelyi ha già presentato i temi che saranno toccati relativi alle relazioni con Ankara: : commercio, immigrazione, dialoghi di alto livello sulla salute e sui cambiamenti climatici e mobilità delle persone. “Se la Turchia dovesse girarci le spalle, la Commissione utilizzerà tutti gli strumenti a sua disposizione per tutelare i suoi interessi”, ha detto Várhelyi.

    Nella plenaria gli eurodeputati approvano a larga maggioranza una relazione critica su quanto osservato da Ankara negli ultimi anni. L’Eurocamera spinge Consiglio e Commissione a usare l’arma della sospensione formale dei negoziati di adesione all’Unione Europea in corso dal 2005 per ottenere da Erdogan maggiori garanzie sui diritti

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    Montenegro, sulla strada europea è il Paese balcanico più avanzato. Ma c’è l’allarme per debito da 809 milioni con Cina

    Bruxelles – Adelante, con juicio. Si potrebbe prendere in prestito la celebre citazione dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni per commentare la posizione del Parlamento Europeo sullo stato di avanzamento del Montenegro lungo il cammino europeo. In plenaria, la relazione sul rapporto 2019/2020 della Commissione UE, presentata da Tonino Picula (S&D), è stata approvata con 595 voti a favore, 66 contrari e 34 astenuti, ma ciò che è emerso con chiarezza è un duplice sentimento nei confronti di Podgorica. Da una parte, la soddisfazione per i progressi sulle riforme e lo Stato di diritto, che ha portato il Paese a essere quello “più avanzato sulla strada dell’accesso all’Unione”. Dall’altra, le preoccupazioni per la situazione finanziaria e l’indebitamento con la Cina. Tutte questioni di cui Bruxelles deve tenere conto, se vuole che il Montenegro diventi nel prossimo futuro il ventottesimo Paese membro UE.
    Il relatore per il Montenegro, Tonino Picula (S&D)
    “Questo dibattito arriva nel contesto della prima transizione di potere negli ultimi 30 anni”, ha introdotto la discussione il relatore, spiegando gli effetti del risultato delle elezioni parlamentari del 30 agosto dello scorso anno. Quasi nove mesi complessi per il Paese, senza un dialogo interno, dal momento in cui “il massimo partito di opposizione [il Partito Democratico dei Socialisti, ndr] non vuole partecipare ai lavori in Parlamento” e perché “la coabitazione tra il presidente, Milo Đukanović, e il premier, Zdravko Krivokapić, non è costruttiva né in linea con la Costituzione”. In più, “da sei mesi si attende il voto sulla legge di bilancio per l’anno in corso e questo crea ulteriori pressioni politiche”, ha commentato Picula.
    Se ci sono punti su cui deve essere implementato lo sforzo del Paese per superare i blocchi politici, è altrettanto vero che non mancano gli aspettavi positivi. Il relatore del gruppo S&D ha ricordato che “il Montenegro ha aperto tutti capitoli negoziali per l’accesso all’Unione e ne chiusi tre” e che ora la “massima sfida” è portarli tutti a compimento, anche grazie alla nuova metodologia di adesione di Serbia e Montenegro approvata la scorsa settimana. “I progressi sui sei cluster tematici dipenderanno dai progressi sullo Stato di diritto e sul sistema giudiziario, ovvero i capitoli 23 e 24“, accompagnati da un forte impegno per “difendere chi lotta contro la criminalità organizzata”, “proteggere l’indipendenza dei media” e “risolvere il problema delle minoranze non rappresentate nell’attuale Parlamento”.
    È stato lo stesso relatore a lanciare però l’allarme sulle “importanti conseguenze politiche” degli investimenti della Cina nel Paese: “Dobbiamo aiutare il nostro partner nel dialogo con le istituzioni finanziarie internazionali”. Le preoccupazioni per l’Unione Europea non sono di poco conto e, quantificate, ammontano a 809 milioni di euro di debito che Podgorica deve ripagare a Pechino. Il finanziamento era stato richiesto nel 2014 per la costruzione di un’autostrada che dovrebbe attraversare il Paese, dal porto montenegrino di Antivari (Bar) alla località di Boljare, e che al momento non è ancora stata completata. Secondo quanto riporta il Financial Times, se il debito non dovesse essere ripagato entro luglio, la Cina avrebbe il diritto di acquisire il controllo di parte del territorio montenegrino, verosimilmente uno sbocco sul Mediterraneo. Ed è su questo punto che si è concentrato il dibattito in plenaria.
    Il confronto tra gli eurodeputati
    L’eurodeputato del Movimento 5 Stelle e vicepresidente del Parlamento Europeo, Fabio Massimo Castaldo
    A sollevare la questione del debito del Montenegro è stato Thomas Waitz (Verdi/ALE), che ha esortato la Commissione e il Consiglio a “trovare una soluzione, perché il Paese non sia venduto alla Cina“, proprio nel momento in cui “la  sua strada europeista è stata tracciata”. L’europarlamentare del Movimento 5 Stelle e vicepresidente del Parlamento UE, Fabio Massimo Castaldo, ha rincarato la dose, impostando tutto il suo intervento sulla questione: “Questo caso è il sintomo di come il processo di adesione possa avvitarsi su sé stesso”, dal momento in cui “la classe politica montenegrina precedente aveva deciso di inoltrarsi in questo sentiero pericoloso e azzardato, nonostante i moniti della BEI”. Tuttavia, secondo l’europarlamentare italiano, il Montenegro non deve essere lasciato solo, perché “oggi una leva politica ci chiede aiuto per superare le scelte prese da chi aveva tornaconti personali” e “non possiamo permettere che un possibile futuro Stato membro diventi un avamposto di una potenza terza nel cuore dell’Europa”.
    Preoccupate anche le destre europee, sia sulle diramazioni cinesi in Montenegro, sia sulla credibilità del Paese. “La questione degli investimenti e del debito pone dubbi sulla sua trasparenza“, ha sottolineato Dominique Bilde (ID), che ha calcato la mano sulle “ambiguità delle autorità montenegrine verso la comunità internazionale riguardo all’adesione alla Belt and Road Initiative” e sul fatto che “quando si trovano in difficoltà chiedono aiuto all’Unione”. Secondo Zdzisław Krasnodębski (ECR), l’UE sta correndo il “rischio di alzare l’asticella troppo in alto, dobbiamo essere realistici sulle vere possibilità di adesione”.
    L’eurodeputata del PPE, Željana Zovko
    Più cauti gli altri gruppi politici, a partire dal PPE: “Da questa relazione, vediamo che è il Paese balcanico in stato più avanzato, anche se deve rafforzarsi sulla riconciliazione con gli Stati vicini e migliorare l’inclusione delle minoranze etniche”, ha affermato Željana Zovko. Sul fronte S&D, Petra Kammerevert ha posto l’accento sul fatto che “si possono constatare miglioramenti continui, anche se dobbiamo rimanere vigili”. Anche per Klemen Grošelj (Renew Europe) “la sfida dei prestiti cinesi dimostra che non ci sono soluzioni facili sulla questione del debito“, ma “focalizzarsi sulla strada dei finanziamenti europei può essere la soluzione per allineare il Paese agli obiettivi del Green Deal e della digitalizzazione”.
    La posizione di Commissione e Consiglio
    Da parte della Commissione Europea è arrivato un messaggio di supporto al Montenegro, in atto e da ricevere. A livello finanziario, il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, non prende nemmeno in considerazione la possibilità che Bruxelles vada a ripagare di tasca propria il debito che Podgorica ha con Pechino (nonostante le richieste di aiuto ricevute il mese scorso). Ma allo stesso tempo ha voluto ribadire con forza che “l’Unione Europea è il massimo fornitore di assistenza economica, il principale investitore e partner commerciale“.
    Il commissario europeo per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi
    Lo dimostra il fatto che sia stato già approvato uno schema di aiuti macro-finanziari da 60 milioni di euro, “di cui entro fine maggio arriverà la seconda tranche da 30 milioni”. In più, il 6 ottobre dello scorso anno è stato messo in campo il Piano economico e di investimenti da 29 miliardi di euro, che “ha il potenziale per rendere i Balcani più attraenti per gli investimenti, rafforzare le infrastrutture e creare posti di lavoro in ogni Stato balcanico”. Per fornire questo sostegno, il commissario ha chiesto il sostegno del Parlamento: “Deve arrivare il prima possibile un accordo sullo strumento di assistenza pre-adesione IPA III, spero già nel trilogo a giugno”.
    Ma il commissario Varhelyi ha anche rivendicato i primi successi europei nei Balcani sul fronte dei vaccini anti-COVID: “Durante il dibattito di marzo avevo anticipato che stavamo lavorando sul supporto alla regione, ora vi aggiorno sul fatto che sono iniziate le spedizioni delle 651 mila dosi Pfizer/BioNTech“. Gli eurodeputati sono stati informati sui progressi nella campagna di vaccinazione nei sei Paesi balcanici grazie all’iniziativa europea (con tranche settimanali da maggio ad agosto) e al meccanismo COVAX, oltre agli aiuti di emergenza e ai fondi per mitigare la crisi socio-economica: “Vogliamo fare in modo che tutti gli operatori sanitari e i gruppi vulnerabili siano vaccinati quanto prima”, ha concluso il commissario. Complessivamente, in Montenegro arriveranno circa 126 mila dosi (42 mila dall’UE e 84 mila da COVAX), su oltre un milione e 500 mila in tutta la regione (651 mila dall’UE e 951 mila da COVAX).

    Approvata dagli eurodeputati in plenaria la relazione sui progressi del Montenegro verso l’adesione all’UE. Riconosciuti gli sforzi sullo Stato di diritto, ma ci si interroga su come aiutare il Paese ed evitare il controllo di Pechino di parti del territorio

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    Conflitto Israele-Palestina: l’Ungheria ostacola l’intesa dei ministri Esteri UE per cessate il fuoco e rilancio dei negoziati di pace

    Bruxelles – Sulla ripresa del conflitto tra Israele e Palestina l’Unione Europea parla come un attore politico e diplomatico unito. Anzi no. Sono bastate 24 ore per affossare il miraggio di vedere tutti e 27 i Paesi membri UE allineati sulla stessa posizione, che in fondo è quella dell’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell: la protezione dei civili, un cessate il fuoco immediato e la ripresa dei negoziati di pace per una soluzione “stabile e duratura, senza adagiarsi sullo status quo che non evita il ritorno della violenza”.
    L’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell
    Nel corso del Consiglio Affari Esteri straordinario convocato dallo stesso Borrell per oggi (martedì 18 maggio), è stata l’Ungheria l’unico Stato membro a mettersi di traverso all’intesa di massima raggiunta dai ministri degli Esteri europei (non ci sono state conclusioni ufficiali, dal momento in cui si trattava di un vertice informale). “È stata una riunione intensa”, ha confermato Borrell, “ma ce n’era bisogno, perché i governi nazionali iniziavano a prendere posizioni autonomamente”. Ventisei su ventisette è una maggioranza che lascia l’alto rappresentante “abbastanza soddisfatto, perché partivamo da sensibilità diverse“. Ma l’amarezza per aver sfumato l’obiettivo dell’unanimità ha accompagnato tutta la conferenza stampa e alla fine è stata espressa in modo esplicito: “Sinceramente non riesco a capire come non si possa essere d’accordo con questo testo. Abbiamo bisogno di un orizzonte politico sul breve e sul lungo raggio nella regione, lo status quo non è un’opzione perché è chiaro che la violenza può tornare”.
    Al netto dell’ostacolo ungherese, come già anticipato ieri dal portavoce Peter Stano, per l’Unione Europea “la priorità è far cessare tutte le violenze e implementare il cessate il fuoco”, in modo da permettere di “proteggere i civili e dare accesso agli aiuti umanitari a Gaza“, ha confermato Borrell. “L’escalation tra Israele e Palestina ha causato un numero elevato di vittime, tra cui troppe donne e bambini. Questo è inaccettabile”. Sul breve periodo, l’UE riconosce il “diritto di Israele di difendersi, ma in modo rispettoso delle leggi internazionali e umanitarie” e pretende che “si fermi l’occupazione abusiva di territori palestinesi e le espulsioni da Gerusalemme Est“. Ma sul lungo periodo, “c’è bisogno di una soluzione politica efficace, l’unica che può portare davvero alla pace”: vale a dire, un impegno per “rilanciare i negoziati di pace, rimasti in stallo per troppo tempo”, favorendo il processo democratico anche in Palestina.
    Il dibattito in Parlamento 
    Proprio mentre i ministri degli Esteri concludevano il vertice informale, al Parlamento Europeo si è tenuto il dibattito in plenaria sulla strategia dell’Unione verso Israele e la Palestina. Un dibattito che, come fatto notare con disappunto dall’eurodeputato Pedro Marques (S&D), “si sarebbe potuto posticipare a domani, per permettere all’alto rappresentante UE un confronto con noi”. A suo nome, invece, ha parlato il ministro degli Esteri portoghese e presidente di turno del Consiglio dell’UE, Augusto Santos Silva, che ha posto l’accento sulla necessità di orientare “tutti gli sforzi verso la difesa delle vite umane e la fine dell’escalation di violenza” e ha ricordato i colloqui di Borrell con il presidente palestinese, Mahmoud Abbas, e il ministro degli Esteri israeliano, Gabi Ashkenazy.
    Il ministro degli Esteri portoghese e presidente di turno del Consiglio dell’UE, Augusto Santos Silva
    Da parte del Consiglio dell’UE c’è stato un tentativo di tenere equidistanza verso le istanze di Israele e della Palestina: “Siamo particolarmente preoccupati per quello che succede a Gaza, sia per i raid aerei di Israele, sia per i razzi lanciati dalla Striscia”. Da una parte, vengono condannati gli “attacchi indiscriminati di Hamas, da cui Israele ha il diritto di difendersi”, ma allo stesso tempo sono considerate “illegali e contro il diritto internazionale le espulsioni di cittadini palestinesi da Gerusalemme Est”.
    Il dibattito in plenaria ha però messo in luce anche profonde divisioni tra i gruppi politici sulle dinamiche del conflitto, con le sinistre che hanno sottolineato la debolezza delle potenze internazionali nel condannare le occupazioni abusive da parte di Israele e le destre che hanno calcato la mano sul diritto del governo guidato da Benjamin Netanyahu di difendersi da organizzazioni terroristiche come Hamas. In mezzo, il PPE e Renew Europe, che hanno mantenuto una linea più aderente a quella dell’alto rappresentante Borrell: “Il lancio di razzi da Gaza non ha alcuna giustificazione, ma Israele deve rispondere con moderazione”, ha predicato calma David McAllister (PPE), sostenendo la necessità di un fronte unito con gli Stati Uniti, l’Egitto e la Giordania. Per Hilde Vautmans (Renew Europe), “finché le due parti saranno provocate da estremisti, non ci sarà pace” e per questo “dobbiamo lavorare a un nuovo accordo di Oslo e trovare una posizione comune anche in Parlamento”.
    L’eurodeputata del Partito Democratico, Pina Picierno (S&D)
    Da parte del gruppo S&D, Maria Arena ha accusato che “voler mettere fine alle ostilità senza considerare le cause del conflitto, significa voler riscrivere i fatti”. E mentre viene chiesto un cessate il fuoco, “l’equidistanza oggi ci disturba, perché dimentichiamo che ci troviamo di fronte a occupazioni abusive e un regime di apartheid, come ci dicono ONG internazionali e israeliane”. È per questo che serve una “pace durevole, ma per tutti”, che per la collega italiana Pina Picierno (PD) passa dall’impegno per la democrazia e l’affermazione dei diritti civili e politici anche in Palestina: ” Siamo rimasti impotenti per anni, mentre i terroristi di Hamas hanno messo da parte la classe politica palestinese. Dobbiamo ribaltare questa tendenza”.
    Anche per Jordi Solé (Verdi/ALE) la sola de-escalation “porterebbe a una situazione di ordinaria amministrazione, mentre sul terreno c’è un’ingiustizia di fondo che la comunità internazionale non riconosce”. La co-presidente del gruppo della Sinistra al Parlamento UE, Manon Aubry, definendosi “ardente partigiana per una soluzione pacifica che contempli due Stati”, ha ribadito che “non ci sarà soluzione duratura al conflitto senza porre fine alla colonizzazione israeliana e tornare al rispetto delle risoluzioni ONU“.
    Dura la replica dalle destre europee: “Accettereste mai un’organizzazione terroristica che attacca il vostro Paese democratico?”, ha tuonato Charlie Weimers (ECR). “Ecco perché dobbiamo sostenere Israele contro un gruppo che cerca la sua distruzione”. Secondo Anna Bonfrisco (ID), “Israele è un partner affine nell’area più strategica per l’Europa, mentre Hamas sponsorizza solo l’odio e attacca la democrazia”. Per questa ragione, “la pace che dia impulso alla rinascita economica della regione va costruita con Israele”.

    L’amarezza dell’alto rappresentante Borrell al termine del vertice straordinario: “Non capisco come si possa non essere d’accordo su queste priorità”. Ma anche la plenaria del Parlamento Europeo mostra divisioni tra gruppi politici su soluzioni e responsabilità per l’escalation di violenza

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    Brexit, via libera da Consiglio dell’UE all’accordo commerciale con Regno Unito: in vigore dal primo maggio

    Bruxelles – Con il via libera del Consiglio del’UE all’accordo commerciale e di cooperazione con il Regno Unito (TCA) è stato completato l’ultimo passo dell’Unione Europea nella ratifica degli accordi post-Brexit, dopo che martedì (27 aprile) era arrivato l’ok anche da parte del Parlamento Europeo. Domani, primo maggio, il TCA entrerà in vigore.
    Durante il dibattito in Aula, la segretaria di Stato portoghese per gli Affari europei e presidente di turno del Consiglio dell’UE, Ana Paula Zacarias, aveva promesso che se il Parlamento avesse dato l’assenso all’accordo commerciale, il Consiglio sarebbe stato pronto ad approvarlo subito. E così è stato. Il Regno Unito sarà ora informato del completamento delle procedure dell’Unione e i testi pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’UE.
    “Apriamo un nuovo capitolo nelle nostre relazioni con Londra”, ha commentato Zacarias. “La conclusione dell’accordo darà certezza giuridica” al rapporto tra le parti, “nell’interesse dei cittadini e delle imprese su entrambi i lati del Canale”. La presidente di turno del Consiglio dell’UE ha ribadito che le istituzioni europee stimano il Regno Unito “come un buon vicino, un vecchio alleato e un partner importante”.

    Completato l’ultimo passo dell’Unione Europea nella ratifica dell’intesa con Londra. “Apriamo un nuovo capitolo nelle nostre relazioni con un buon vicino, un vecchio alleato e un partner importante”, ha commentato la segretaria di Stato portoghese per gli Affari europei Zacarias