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    Montenegro, sulla strada europea è il Paese balcanico più avanzato. Ma c’è l’allarme per debito da 809 milioni con Cina

    Bruxelles – Adelante, con juicio. Si potrebbe prendere in prestito la celebre citazione dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni per commentare la posizione del Parlamento Europeo sullo stato di avanzamento del Montenegro lungo il cammino europeo. In plenaria, la relazione sul rapporto 2019/2020 della Commissione UE, presentata da Tonino Picula (S&D), è stata approvata con 595 voti a favore, 66 contrari e 34 astenuti, ma ciò che è emerso con chiarezza è un duplice sentimento nei confronti di Podgorica. Da una parte, la soddisfazione per i progressi sulle riforme e lo Stato di diritto, che ha portato il Paese a essere quello “più avanzato sulla strada dell’accesso all’Unione”. Dall’altra, le preoccupazioni per la situazione finanziaria e l’indebitamento con la Cina. Tutte questioni di cui Bruxelles deve tenere conto, se vuole che il Montenegro diventi nel prossimo futuro il ventottesimo Paese membro UE.
    Il relatore per il Montenegro, Tonino Picula (S&D)
    “Questo dibattito arriva nel contesto della prima transizione di potere negli ultimi 30 anni”, ha introdotto la discussione il relatore, spiegando gli effetti del risultato delle elezioni parlamentari del 30 agosto dello scorso anno. Quasi nove mesi complessi per il Paese, senza un dialogo interno, dal momento in cui “il massimo partito di opposizione [il Partito Democratico dei Socialisti, ndr] non vuole partecipare ai lavori in Parlamento” e perché “la coabitazione tra il presidente, Milo Đukanović, e il premier, Zdravko Krivokapić, non è costruttiva né in linea con la Costituzione”. In più, “da sei mesi si attende il voto sulla legge di bilancio per l’anno in corso e questo crea ulteriori pressioni politiche”, ha commentato Picula.
    Se ci sono punti su cui deve essere implementato lo sforzo del Paese per superare i blocchi politici, è altrettanto vero che non mancano gli aspettavi positivi. Il relatore del gruppo S&D ha ricordato che “il Montenegro ha aperto tutti capitoli negoziali per l’accesso all’Unione e ne chiusi tre” e che ora la “massima sfida” è portarli tutti a compimento, anche grazie alla nuova metodologia di adesione di Serbia e Montenegro approvata la scorsa settimana. “I progressi sui sei cluster tematici dipenderanno dai progressi sullo Stato di diritto e sul sistema giudiziario, ovvero i capitoli 23 e 24“, accompagnati da un forte impegno per “difendere chi lotta contro la criminalità organizzata”, “proteggere l’indipendenza dei media” e “risolvere il problema delle minoranze non rappresentate nell’attuale Parlamento”.
    È stato lo stesso relatore a lanciare però l’allarme sulle “importanti conseguenze politiche” degli investimenti della Cina nel Paese: “Dobbiamo aiutare il nostro partner nel dialogo con le istituzioni finanziarie internazionali”. Le preoccupazioni per l’Unione Europea non sono di poco conto e, quantificate, ammontano a 809 milioni di euro di debito che Podgorica deve ripagare a Pechino. Il finanziamento era stato richiesto nel 2014 per la costruzione di un’autostrada che dovrebbe attraversare il Paese, dal porto montenegrino di Antivari (Bar) alla località di Boljare, e che al momento non è ancora stata completata. Secondo quanto riporta il Financial Times, se il debito non dovesse essere ripagato entro luglio, la Cina avrebbe il diritto di acquisire il controllo di parte del territorio montenegrino, verosimilmente uno sbocco sul Mediterraneo. Ed è su questo punto che si è concentrato il dibattito in plenaria.
    Il confronto tra gli eurodeputati
    L’eurodeputato del Movimento 5 Stelle e vicepresidente del Parlamento Europeo, Fabio Massimo Castaldo
    A sollevare la questione del debito del Montenegro è stato Thomas Waitz (Verdi/ALE), che ha esortato la Commissione e il Consiglio a “trovare una soluzione, perché il Paese non sia venduto alla Cina“, proprio nel momento in cui “la  sua strada europeista è stata tracciata”. L’europarlamentare del Movimento 5 Stelle e vicepresidente del Parlamento UE, Fabio Massimo Castaldo, ha rincarato la dose, impostando tutto il suo intervento sulla questione: “Questo caso è il sintomo di come il processo di adesione possa avvitarsi su sé stesso”, dal momento in cui “la classe politica montenegrina precedente aveva deciso di inoltrarsi in questo sentiero pericoloso e azzardato, nonostante i moniti della BEI”. Tuttavia, secondo l’europarlamentare italiano, il Montenegro non deve essere lasciato solo, perché “oggi una leva politica ci chiede aiuto per superare le scelte prese da chi aveva tornaconti personali” e “non possiamo permettere che un possibile futuro Stato membro diventi un avamposto di una potenza terza nel cuore dell’Europa”.
    Preoccupate anche le destre europee, sia sulle diramazioni cinesi in Montenegro, sia sulla credibilità del Paese. “La questione degli investimenti e del debito pone dubbi sulla sua trasparenza“, ha sottolineato Dominique Bilde (ID), che ha calcato la mano sulle “ambiguità delle autorità montenegrine verso la comunità internazionale riguardo all’adesione alla Belt and Road Initiative” e sul fatto che “quando si trovano in difficoltà chiedono aiuto all’Unione”. Secondo Zdzisław Krasnodębski (ECR), l’UE sta correndo il “rischio di alzare l’asticella troppo in alto, dobbiamo essere realistici sulle vere possibilità di adesione”.
    L’eurodeputata del PPE, Željana Zovko
    Più cauti gli altri gruppi politici, a partire dal PPE: “Da questa relazione, vediamo che è il Paese balcanico in stato più avanzato, anche se deve rafforzarsi sulla riconciliazione con gli Stati vicini e migliorare l’inclusione delle minoranze etniche”, ha affermato Željana Zovko. Sul fronte S&D, Petra Kammerevert ha posto l’accento sul fatto che “si possono constatare miglioramenti continui, anche se dobbiamo rimanere vigili”. Anche per Klemen Grošelj (Renew Europe) “la sfida dei prestiti cinesi dimostra che non ci sono soluzioni facili sulla questione del debito“, ma “focalizzarsi sulla strada dei finanziamenti europei può essere la soluzione per allineare il Paese agli obiettivi del Green Deal e della digitalizzazione”.
    La posizione di Commissione e Consiglio
    Da parte della Commissione Europea è arrivato un messaggio di supporto al Montenegro, in atto e da ricevere. A livello finanziario, il commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, non prende nemmeno in considerazione la possibilità che Bruxelles vada a ripagare di tasca propria il debito che Podgorica ha con Pechino (nonostante le richieste di aiuto ricevute il mese scorso). Ma allo stesso tempo ha voluto ribadire con forza che “l’Unione Europea è il massimo fornitore di assistenza economica, il principale investitore e partner commerciale“.
    Il commissario europeo per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi
    Lo dimostra il fatto che sia stato già approvato uno schema di aiuti macro-finanziari da 60 milioni di euro, “di cui entro fine maggio arriverà la seconda tranche da 30 milioni”. In più, il 6 ottobre dello scorso anno è stato messo in campo il Piano economico e di investimenti da 29 miliardi di euro, che “ha il potenziale per rendere i Balcani più attraenti per gli investimenti, rafforzare le infrastrutture e creare posti di lavoro in ogni Stato balcanico”. Per fornire questo sostegno, il commissario ha chiesto il sostegno del Parlamento: “Deve arrivare il prima possibile un accordo sullo strumento di assistenza pre-adesione IPA III, spero già nel trilogo a giugno”.
    Ma il commissario Varhelyi ha anche rivendicato i primi successi europei nei Balcani sul fronte dei vaccini anti-COVID: “Durante il dibattito di marzo avevo anticipato che stavamo lavorando sul supporto alla regione, ora vi aggiorno sul fatto che sono iniziate le spedizioni delle 651 mila dosi Pfizer/BioNTech“. Gli eurodeputati sono stati informati sui progressi nella campagna di vaccinazione nei sei Paesi balcanici grazie all’iniziativa europea (con tranche settimanali da maggio ad agosto) e al meccanismo COVAX, oltre agli aiuti di emergenza e ai fondi per mitigare la crisi socio-economica: “Vogliamo fare in modo che tutti gli operatori sanitari e i gruppi vulnerabili siano vaccinati quanto prima”, ha concluso il commissario. Complessivamente, in Montenegro arriveranno circa 126 mila dosi (42 mila dall’UE e 84 mila da COVAX), su oltre un milione e 500 mila in tutta la regione (651 mila dall’UE e 951 mila da COVAX).

    Approvata dagli eurodeputati in plenaria la relazione sui progressi del Montenegro verso l’adesione all’UE. Riconosciuti gli sforzi sullo Stato di diritto, ma ci si interroga su come aiutare il Paese ed evitare il controllo di Pechino di parti del territorio

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    Conflitto Israele-Palestina: l’Ungheria ostacola l’intesa dei ministri Esteri UE per cessate il fuoco e rilancio dei negoziati di pace

    Bruxelles – Sulla ripresa del conflitto tra Israele e Palestina l’Unione Europea parla come un attore politico e diplomatico unito. Anzi no. Sono bastate 24 ore per affossare il miraggio di vedere tutti e 27 i Paesi membri UE allineati sulla stessa posizione, che in fondo è quella dell’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell: la protezione dei civili, un cessate il fuoco immediato e la ripresa dei negoziati di pace per una soluzione “stabile e duratura, senza adagiarsi sullo status quo che non evita il ritorno della violenza”.
    L’alto rappresentante UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell
    Nel corso del Consiglio Affari Esteri straordinario convocato dallo stesso Borrell per oggi (martedì 18 maggio), è stata l’Ungheria l’unico Stato membro a mettersi di traverso all’intesa di massima raggiunta dai ministri degli Esteri europei (non ci sono state conclusioni ufficiali, dal momento in cui si trattava di un vertice informale). “È stata una riunione intensa”, ha confermato Borrell, “ma ce n’era bisogno, perché i governi nazionali iniziavano a prendere posizioni autonomamente”. Ventisei su ventisette è una maggioranza che lascia l’alto rappresentante “abbastanza soddisfatto, perché partivamo da sensibilità diverse“. Ma l’amarezza per aver sfumato l’obiettivo dell’unanimità ha accompagnato tutta la conferenza stampa e alla fine è stata espressa in modo esplicito: “Sinceramente non riesco a capire come non si possa essere d’accordo con questo testo. Abbiamo bisogno di un orizzonte politico sul breve e sul lungo raggio nella regione, lo status quo non è un’opzione perché è chiaro che la violenza può tornare”.
    Al netto dell’ostacolo ungherese, come già anticipato ieri dal portavoce Peter Stano, per l’Unione Europea “la priorità è far cessare tutte le violenze e implementare il cessate il fuoco”, in modo da permettere di “proteggere i civili e dare accesso agli aiuti umanitari a Gaza“, ha confermato Borrell. “L’escalation tra Israele e Palestina ha causato un numero elevato di vittime, tra cui troppe donne e bambini. Questo è inaccettabile”. Sul breve periodo, l’UE riconosce il “diritto di Israele di difendersi, ma in modo rispettoso delle leggi internazionali e umanitarie” e pretende che “si fermi l’occupazione abusiva di territori palestinesi e le espulsioni da Gerusalemme Est“. Ma sul lungo periodo, “c’è bisogno di una soluzione politica efficace, l’unica che può portare davvero alla pace”: vale a dire, un impegno per “rilanciare i negoziati di pace, rimasti in stallo per troppo tempo”, favorendo il processo democratico anche in Palestina.
    Il dibattito in Parlamento 
    Proprio mentre i ministri degli Esteri concludevano il vertice informale, al Parlamento Europeo si è tenuto il dibattito in plenaria sulla strategia dell’Unione verso Israele e la Palestina. Un dibattito che, come fatto notare con disappunto dall’eurodeputato Pedro Marques (S&D), “si sarebbe potuto posticipare a domani, per permettere all’alto rappresentante UE un confronto con noi”. A suo nome, invece, ha parlato il ministro degli Esteri portoghese e presidente di turno del Consiglio dell’UE, Augusto Santos Silva, che ha posto l’accento sulla necessità di orientare “tutti gli sforzi verso la difesa delle vite umane e la fine dell’escalation di violenza” e ha ricordato i colloqui di Borrell con il presidente palestinese, Mahmoud Abbas, e il ministro degli Esteri israeliano, Gabi Ashkenazy.
    Il ministro degli Esteri portoghese e presidente di turno del Consiglio dell’UE, Augusto Santos Silva
    Da parte del Consiglio dell’UE c’è stato un tentativo di tenere equidistanza verso le istanze di Israele e della Palestina: “Siamo particolarmente preoccupati per quello che succede a Gaza, sia per i raid aerei di Israele, sia per i razzi lanciati dalla Striscia”. Da una parte, vengono condannati gli “attacchi indiscriminati di Hamas, da cui Israele ha il diritto di difendersi”, ma allo stesso tempo sono considerate “illegali e contro il diritto internazionale le espulsioni di cittadini palestinesi da Gerusalemme Est”.
    Il dibattito in plenaria ha però messo in luce anche profonde divisioni tra i gruppi politici sulle dinamiche del conflitto, con le sinistre che hanno sottolineato la debolezza delle potenze internazionali nel condannare le occupazioni abusive da parte di Israele e le destre che hanno calcato la mano sul diritto del governo guidato da Benjamin Netanyahu di difendersi da organizzazioni terroristiche come Hamas. In mezzo, il PPE e Renew Europe, che hanno mantenuto una linea più aderente a quella dell’alto rappresentante Borrell: “Il lancio di razzi da Gaza non ha alcuna giustificazione, ma Israele deve rispondere con moderazione”, ha predicato calma David McAllister (PPE), sostenendo la necessità di un fronte unito con gli Stati Uniti, l’Egitto e la Giordania. Per Hilde Vautmans (Renew Europe), “finché le due parti saranno provocate da estremisti, non ci sarà pace” e per questo “dobbiamo lavorare a un nuovo accordo di Oslo e trovare una posizione comune anche in Parlamento”.
    L’eurodeputata del Partito Democratico, Pina Picierno (S&D)
    Da parte del gruppo S&D, Maria Arena ha accusato che “voler mettere fine alle ostilità senza considerare le cause del conflitto, significa voler riscrivere i fatti”. E mentre viene chiesto un cessate il fuoco, “l’equidistanza oggi ci disturba, perché dimentichiamo che ci troviamo di fronte a occupazioni abusive e un regime di apartheid, come ci dicono ONG internazionali e israeliane”. È per questo che serve una “pace durevole, ma per tutti”, che per la collega italiana Pina Picierno (PD) passa dall’impegno per la democrazia e l’affermazione dei diritti civili e politici anche in Palestina: ” Siamo rimasti impotenti per anni, mentre i terroristi di Hamas hanno messo da parte la classe politica palestinese. Dobbiamo ribaltare questa tendenza”.
    Anche per Jordi Solé (Verdi/ALE) la sola de-escalation “porterebbe a una situazione di ordinaria amministrazione, mentre sul terreno c’è un’ingiustizia di fondo che la comunità internazionale non riconosce”. La co-presidente del gruppo della Sinistra al Parlamento UE, Manon Aubry, definendosi “ardente partigiana per una soluzione pacifica che contempli due Stati”, ha ribadito che “non ci sarà soluzione duratura al conflitto senza porre fine alla colonizzazione israeliana e tornare al rispetto delle risoluzioni ONU“.
    Dura la replica dalle destre europee: “Accettereste mai un’organizzazione terroristica che attacca il vostro Paese democratico?”, ha tuonato Charlie Weimers (ECR). “Ecco perché dobbiamo sostenere Israele contro un gruppo che cerca la sua distruzione”. Secondo Anna Bonfrisco (ID), “Israele è un partner affine nell’area più strategica per l’Europa, mentre Hamas sponsorizza solo l’odio e attacca la democrazia”. Per questa ragione, “la pace che dia impulso alla rinascita economica della regione va costruita con Israele”.

    L’amarezza dell’alto rappresentante Borrell al termine del vertice straordinario: “Non capisco come si possa non essere d’accordo su queste priorità”. Ma anche la plenaria del Parlamento Europeo mostra divisioni tra gruppi politici su soluzioni e responsabilità per l’escalation di violenza

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    Brexit, via libera da Consiglio dell’UE all’accordo commerciale con Regno Unito: in vigore dal primo maggio

    Bruxelles – Con il via libera del Consiglio del’UE all’accordo commerciale e di cooperazione con il Regno Unito (TCA) è stato completato l’ultimo passo dell’Unione Europea nella ratifica degli accordi post-Brexit, dopo che martedì (27 aprile) era arrivato l’ok anche da parte del Parlamento Europeo. Domani, primo maggio, il TCA entrerà in vigore.
    Durante il dibattito in Aula, la segretaria di Stato portoghese per gli Affari europei e presidente di turno del Consiglio dell’UE, Ana Paula Zacarias, aveva promesso che se il Parlamento avesse dato l’assenso all’accordo commerciale, il Consiglio sarebbe stato pronto ad approvarlo subito. E così è stato. Il Regno Unito sarà ora informato del completamento delle procedure dell’Unione e i testi pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’UE.
    “Apriamo un nuovo capitolo nelle nostre relazioni con Londra”, ha commentato Zacarias. “La conclusione dell’accordo darà certezza giuridica” al rapporto tra le parti, “nell’interesse dei cittadini e delle imprese su entrambi i lati del Canale”. La presidente di turno del Consiglio dell’UE ha ribadito che le istituzioni europee stimano il Regno Unito “come un buon vicino, un vecchio alleato e un partner importante”.

    Completato l’ultimo passo dell’Unione Europea nella ratifica dell’intesa con Londra. “Apriamo un nuovo capitolo nelle nostre relazioni con un buon vicino, un vecchio alleato e un partner importante”, ha commentato la segretaria di Stato portoghese per gli Affari europei Zacarias

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    Borrell in Parlamento: “Dalla Russia continue intimidazioni all’Occidente, l’UE lavora su de-escalation”

    Bruxelles – Tensioni crescenti tra Russia e Occidente, mentre l’Unione Europea continua a rimanere impegnata a non voler “alimentare ulteriormente una dinamica di escalation” se anche si dice decisa “a non accettare tattiche intimidatorie” da parte di Mosca. Tattiche intimidatorie alle quali “dobbiamo rispondere se accadono”, precisa Josep Borrell.
    Il caso dell’oppositore russo Alexey Navalny, prima avvelenato e poi incarcerato; le truppe ammassate al confine con l’Ucraina (poi ritirate) o ancora la crisi diplomatica con la Repubblica Ceca dopo l’accertamento di alcune azioni spionistiche russe. Tutte tattiche intimidatorie: così le definisce l’alto rappresentante UE per la politica estera e di sicurezza in un intervento durante la sessione plenaria del Parlamento europeo di oggi (28 aprile), sostenendo che quella messa in atto dalle autorità russe è “una tendenza preoccupante” perché sceglie di alimentare il confronto o lo scontro con l’Occidente e con l’Unione Europea “attraverso continui attacchi con disinformazione e altre attività negative”.
    Queste le parole di Borrell, secondo cui Bruxelles deve invece trovare un modus vivendi, un atteggiamento costruttivo “che eviti il ​​confronto costante con un vicino che sembra invece aver deciso di comportarsi da avversario”. Mentre il capo della diplomazia europea “affrontava” l’Emiciclo, è arrivata la notizia dell’espulsione di altri 7 diplomatici europei (di Slovacchia, Lettonia, Lituania ed Estonia) presso l’ambasciata di Mosca, nel contesto della crisi diplomatica in corso tra Russia e Repubblica Ceca che ha già visto l’espulsione reciproca del personale diplomatico, con più di cento persone. Una crisi scoppiata quando Praga ha scoperto il coinvolgimento di alcune spie russe nelle esplosioni del 2014 nei depositi di munizioni presenti nella città di Vrbetice, in cui sono morti due cittadini cechi.
    Borrell lo dice chiaramente: le relazioni tra Unione europea e Russia sono ai ferri corti, i rapporti continuano a deteriorarsi e sono “al punto più basso e non si può escludere che la tendenza negativa prosegua”. L’Unione europea è però interessata a evitare ogni tipo di confronto diretto. Il presidente del Consiglio europeo ha convocato per il 25 maggio un Consiglio europeo – non previsto e in presenza per i leader – che avrà all’ordine del giorno la lotta contro il COVID, le questioni climatiche ma anche le tensioni con Mosca. L’UE pronta a impegnarsi “in aree di chiaro interesse comune” e a mantenere aperto il canale di comunicazione con Mosca e a cercare di migliorare le relazioni ma solo se la Russia mostrerà “la volontà genuina di farlo”.
    Dall’Aula di Bruxelles arriva l’esortazione a non far passare sotto silenzio le condizioni di Navalny incarcerato, che ha di recente interrotto lo sciopero della fame che aveva iniziato dopo essersi visto negare la possibilità di vedere medici di fiducia. “Ora l’attivista russo sta meglio, ma sicuramente la sua persecuzione non è finita qui: non possiamo e non dobbiamo abbandonare quest’uomo coraggioso”, ha ricordato Fabio Massimo Castaldo, europarlamentare del Movimento 5 Stelle e vicepresidente del Parlamento europeo durante il suo intervento in plenaria.

    Rapporti tesi con Mosca che saranno sul tavolo dei capi di Stato e governo al Summit del 25 maggio. Per il capo della diplomazia europea la Russia sceglie di alimentare lo scontro con i Paesi occidentali, mentre Bruxelles rimane impegnata a tenere aperto il canale del dialogo

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    Brexit, il Parlamento Europeo ratifica accordo commerciale UE-Regno Unito. Sassoli: “Sia la base di un nuovo rapporto”

    Bruxelles – I latini avrebbero detto alea iacta est. Il dado è tratto, da qui non si torna indietro. Con una maggioranza pari a 660 voti a favore, 4 contrari e 32 astenuti, il Parlamento Europeo ha ratificato l’accordo commerciale e di cooperazione con il Regno Unito (TCA). In parallelo è arrivato anche il via libera alla risoluzione politica sulla valutazione e le aspettative del Parlamento, con 578 voti a favore, 51 contrari e 68 astenuti.
    Questo voto “può costituire la base su cui costruire una nuova relazione tra Unione Europea e Regno Unito“, ha dichiarato il presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli. Nonostante il divorzio – che nel dibattito in Aula di ieri è stato definito dall’ex-capo negoziatore UE, Michel Barnier, “un segnale di allarme per un fallimento dell’Unione” – le due parti condividono ancora “legami, valori, storia e vicinanza geografica profondi e di lunga data”, ha aggiunto Sassoli. Per questo motivo, “è nell’interesse di tutti far funzionare questo nuovo rapporto“.
    La ratifica del Parlamento Europeo era necessaria per far sì che l’accordo raggiunto lo scorso 24 dicembre tra la Commissione Europea e il governo britannico entrasse in vigore in modo permanente. La scadenza dell’applicazione provvisoria del TCA, inizialmente fissata al 28 febbraio, sarebbe scaduta fra due giorni (venerdì 30 aprile), dopo la proroga concessa da Londra.
    Il presidente Sassoli ha fatto notare che, dal momento in cui “il Parlamento europeo è stato fortemente coinvolto durante i negoziati“, il testo dell’accordo commerciale riflette le richieste avanzate all’ex-capo negoziatore Barnier attraverso “una forte protezione per gli elevati standard sociali e ambientali dell’UE e l’accesso senza tariffe e quote per le imprese europee”. Secondo Sassoli, “Brexit significa maggiori disagi per cittadini e imprese”, anche se “questo accordo fa molto per mitigare conseguenze peggiori“.

    The agreement voted today lays the foundation for a new EU-UK relationship.
    It will not be as frictionless as what came before, but it is in all our interests to make it work.
    The @Europarl_EN will monitor closely to ensure that commitments made are kept https://t.co/wFvVXAHJJ4
    — David Sassoli (@EP_President) April 27, 2021

    Le considerazioni degli eurodeputati
    Nella valutazione del Parlamento Europeo sul TCA, gli eurodeputati hanno sottolineato come Brexit sia un “errore storico”, dal momento in cui nessun Paese terzo può godere degli stessi benefici di un membro UE. In ogni caso, è stato accolto favorevolmente l’accordo commerciale a zero quote e zero tariffe e le garanzie sulle regole per la concorrenza leale, “modello per futuri accordi commerciali”.
    Via libera anche alle disposizioni riguardanti la pesca, i consumatori, il traffico aereo, l’energia e la protezione dei dati. Ma i rappresentati del popolo europeo hanno “deplorato” il fatto che Downing Street non abbia voluto un’estensione anche alla politica estera, di sicurezza e di sviluppo, oltre a non aver confermato la propria partecipazione al programma di scambio di studenti Erasmus+.
    Crea preoccupazione l’escalation di tensione in Irlanda del Nord, motivo per cui il Parlamento ha condannato le recenti azioni unilaterali del Regno Unito, in violazione dell’Accordo di recesso e del protocollo sull’Irlanda del Nord. Per preservare la pace sull’isola d’Irlanda, al governo britannico è stato chiesto “di agire in buona fede e di attuare pienamente i termini degli accordi che ha firmato” e di applicarli secondo il calendario stabilito con la Commissione Europea.
    Infine, gli eurodeputati hanno sottolineato la necessità di svolgere “un ruolo rilevante nel monitoraggio dell’applicazione dell’accordo“, anche attraverso un coinvolgimento in possibili future azioni unilaterali dell’UE nell’ambito del TCA. Mentre il presidente Sassoli ha avanzato la proposta di “creazione di un’Assemblea parlamentare di partenariato per i membri del Parlamento Europeo e del Regno Unito”.

    Il via libera con 660 voti a favore, 4 contrari e 32 astenuti. La risoluzione sulle valutazioni e le aspettative degli eurodeputati definisce l’uscita di Londra dall’Unione “un errore storico”, ma riconosce i punti di forza per “mitigare conseguenze peggiori”

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    Brexit, Parlamento vota su accordo commerciale, e dona standing ovation a Barnier: “Ma è stato un divorzio, attenti al futuro dell’Unione”

    Bruxelles – Standing ovation e una mano sul cuore. È un Parlamento Europeo unito nel ringraziamento per il lavoro svolto negli ultimi quattro anni da Michel Barnier, quello che ha salutato l’ultimo intervento in Aula dell’ex-capo negoziatore UE per la Brexit. Il riconoscimento è quello delle grandi occasioni: “Siamo arrivati alla fine di una lunga strada percorsa assieme”, ha esordito Barnier, rivolgendosi agli eurodeputati riuniti in sessione plenaria per votare la ratifica di quello che rappresenta la sintesi del suo impegno, l’accordo commerciale e di cooperazione con il Regno Unito (TCA). I risultati del voto del Parlamento UE, sia sul testo del TCA sia sulla valutazione e le aspettative degli eurodeputati, saranno annunciati domani (mercoledì 28 aprile) in mattinata.
    L’ex-capo negoziatore UE per la Brexit, Michel Barnier
    C’è una nota di rammarico nelle parole dell’ex-capo negoziatore UE nel definire la natura dell’accordo: “È un divorzio, cioè un segnale di allarme per un fallimento dell’Unione Europea“, soprattutto “nei confronti di quella maggioranza di cittadini britannici che hanno votato per uscirne”. Tuttavia, nello sforzo per costruire un “nuovo rapporto” con Londra basato sui diritti sociali e la protezione del Mercato unico, Barnier ha riconosciuto l’importanza dell’unità delle istituzioni europee: “Il Parlamento non si è mai smentito, ci ha sempre dato fiducia e questa è stata la nostra grande forza nel corso dei negoziati”.
    Una fiducia ribadita anche durante l’ultimo appuntamento del Parlamento UE per dibattere sul testo firmato dalla Commissione Europea il 24 dicembre dello scorso anno. “Oggi è la giornata per guardare in avanti“, ha commentato il relatore per la commissione Affari esteri, Andreas Schieder, raccomandando ai colleghi di votare a favore dell’accordo commerciale, “perché è il migliore scenario in questa situazione, la base per evitare un impatto negativo sui lavoratori, l’economia e l’ambiente”. Se è vero che “l’Unione Europea avrebbe voluto relazioni più strette” con la controparte, ora il Parlamento ha l’occasione per “fissare condizioni per un’equa concorrenza nel commercio, il rispetto degli standard sociali e ambientali e la cooperazione in materia di ricerca”. Gli ha fatto eco Christophe Hansen, relatore per la commissione Commercio internazionale, che ha parlato di un “compito spiacevole” nel dover approvare questo testo. In qualsiasi caso, “un voto a favore significherà rimanere vigili sull’attuazione dell’accordo“, che rappresenta “la polizza assicurativa rispetto a quanto concordato negli ultimi quattro anni”. Con un avvertimento all’esecutivo UE: “L’approvazione temporanea dell’accordo sulla Brexit non costituisca un precedente per il futuro“.
    La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen
    Presente in aula anche la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, che nel suo intervento ha sottolineato come non ci siano “risposte semplici a questo divorzio”. Tuttavia, “il sostegno del Parlamento è la base per il successo dell’intesa con il Regno Unito” e per questo motivo “garantiremo che sia coinvolto e informato costantemente sull’attuazione del TCA“. Il testo che l’Aula voterà oggi “è senza precedenti” e “rappresenta l’unità e la solidarietà europea nella protezione degli interessi dei nostri cittadini”, ma è anche “incisivo nel meccanismo di risoluzione delle controversie, che non esiteremo a utilizzare per garantire il rispetto dell’accordo, se necessario”, ha promesso la presidente von der Leyen.
    Da parte del Consiglio dell’UE, la segretaria di Stato portoghese per gli Affari europei e presidente di turno, Ana Paula Zacarias, ha condiviso le preoccupazioni sull’affidabilità del governo britannico e sulla situazione nell’Irlanda del Nord, acuita dalle tensioni tra le parti sul commercio nel mare d’Irlanda. “Ma sosteniamo la Commissione Europea per spingere Londra a rispettare tutte le clausole dell’Accordo di recesso”, ha rassicurato Zacarias. “Se il Parlamento darà l’assenso all’accordo commerciale, il Consiglio è pronto ad approvarlo“, per raggiungere “una relazione equa e onesta con il Regno Unito”.
    La discussione in Parlamento
    Negli interventi degli eurodeputati è stata raggiunta quasi l’unanimità nel ringraziare Barnier per l’impegno e i risultati raggiunti con il testo vagliato dal Parlamento. A partire dal presidente David Sassoli, che ha voluto ricordare il lavoro dell’ex-capo negoziatore negli ultimi anni per ottenere “un buon accordo per i cittadini europei” e gettare le basi “per un nuovo rapporto con il Regno Unito”.
    “Questo è l’ultimo passo giuridico della saga Brexit”, ha sottolineato il presidente del gruppo del PPE, Manfred Weber (PPE). “Daremo il nostro sostegno, come chiesto dalle commissioni INTA e AFET, perché offre un quadro chiaro, sicuro e prevedibile per le relazioni future“. Uno strumento “per confermare che di noi ci si può fidare”, e per “dimostrare gli errori del governo Johnson verso i cittadini, dall’esclusione dal programma Erasmus, alle violenze nell’Irlanda del Nord”. Sulla stessa linea d’onda la presidente del gruppo S&D, Iratxe García Pérez, che ha rivendicato con una punta d’orgoglio la capacità di “superare il tentativo di divide et impera di Londra e portare il nostro rapporto a un altro stadio”, grazie alla dimostrazione di “cosa possiamo fare quando siamo tutti uniti e coesi”.
    La presidente del gruppo S&D, Iratxe García Pérez
    Appoggio all’invito dei relatori Schieder e Hansen è arrivato anche dal gruppo Renew Europe: “Respingere il TCA ci porterebbe al no deal che abbiamo rifuggito“, ha dichiarato il vicepresidente Malik Azmani. “Vogliamo però che al Parlamento sia riconosciuto un ruolo-chiave nella sua attuazione”. Per il co-presidente del gruppo Verdi/ALE, Philippe Lamberts, “nessun accordo può sostituire l’appartenenza all’Unione, ma almeno protegge i nostri interessi”. L’eurodeputato belga ha richiamato la Commissione UE a “utilizzare ogni meccanismo a sua disposizione per imporre gli impegni” e a non cedere sulla protezione dei dati, dal momento in cui “il Regno Unito è campione nella sorveglianza dei cittadini”.
    Martin Schirdewan, co-presidente del gruppo della Sinistra, si è rammaricato per “non essere riusciti a convincere i cittadini britannici a rimanere nell’Unione”. Per questo motivo, “è tempo di dire basta alla politica che mette i cittadini dietro gli interessi di mercato”, ha avvertito l’europarlamentare tedesco, anche se ha riconosciuto la centralità degli standard ambientali e sociali nel testo dell’accordo. Anche da parte della destra di ECR sono arrivate parole di supporto: “Poniamo le basi per il rispetto dei patti e invitiamo la Commissione e il governo britannico a lavorare per gestire al meglio i controlli doganali”, ha commentato Geert Bourgeois. Secondo l’eurodeputato di ECR, “dobbiamo trarre una lezione, cioè che la risposta alla Brexit è un’Europa migliore, in cui gli Stati possano mantenere la propria identità”.
    Il vicepresidente del gruppo ID, Nicolas Bay
    Durissima invece la posizione di Nicolas Bay, vicepresidente del gruppo ID: “È arrivato il momento del bilancio, che ci ha dimostrato come Bruxelles abbia lavorato per annullare nei fatti il risultato di un referendum popolare”. Inoltre, nel momento in cui ci si è seduti al tavolo dei negoziati, “abbiamo ceduto su tutti i punti e ora non potremo fare marcia indietro“. La voce fuori dal coro ha attaccato la Commissione UE – in particolare per aver “sacrificato i nostri interessi sulla pesca” – ma ha anche definito lo stesso Parlamento di essere diventato “una cassa di risonanza per decisioni altrui, quando la Brexit ha messo in dubbio le prospettive europee”.
    Le reazioni italiane
    Gli interventi degli eurodeputati italiani hanno ricalcato la linea dei rispettivi gruppi parlamentari, con focus su alcuni dettagli o implicazioni dell’accordo. Dal Partito Democratico, Paolo De Castro (S&D) ha sottolineato che “l’Unione ha saputo ripartire con slancio nuovo”, per un futuro “più sostenibile e che vada oltre gli interessi nazionali”. Nonostante il “rischio per la democrazia” rappresentato dalla firma all’ultimo minuto del TCA, “ne è valsa la pena, perché il testo presenta elementi innovativi per la futura collaborazione commerciale”. Per il forzista Massimiliano Salini (PPE), “l’origine di questa sfida è stata la cattiva interpretazione della prospettiva europea di un Paese che rivendica l’autonomia”. C’è rammarico per non aver dato spazio a “un’intesa su politica estera e difesa”, ma “fortunatamente abbiamo un accordo e non una rottura violenta”, ha ribadito Salini.
    Da parte del Movimento 5 Stelle, è stata posta l’attenzione sulla “chiarezza che viene portata a cittadini e imprese”, ha spiegato Tiziana Beghin. L’annuncio dell’approvazione del testo è stato però accompagnato da qualche riserva sui “grandi assenti” dell’accordo: “Il nodo delle qualifiche professionali, per garantire la mobilità dei professionisti europei”, ma anche “i servizi, la protezione dei dati personali e l’aggiornamento automatico della lista di indicazioni geografiche protette”. Raffaele Fitto, co-presidente del gruppo ECR, ha rivelato che “il voto calendarizzato in questa sessione plenaria non era scontato, ma era importante per mettere fine a ogni incertezza”. Per l’eurodeputato in quota Fratelli d’Italia, nell’attuazione dell’accordo “servirà il coinvolgimento del Parlamento Europeo, in qualità di co-legislatore“.
    Ancora più severo rispetto al vicepresidente Bay è stato l’eurodeputato di ID in quota Lega, Antonio Maria Rinaldi: “Quante bugie ho sentito sulla Brexit, da chi non ha compreso che il Regno Unito ha preso in mano il proprio destino”. Nel suo attacco, Rinaldi ha toccato il tema dei ritardi europei nella campagna di vaccinazione e dell’erogazione dei fondi del Recovery Fund: “Questa doveva essere l’occasione per rivedere tutto ciò che non va nell’Unione. Sarò io a chiedere scusa ai cittadini britannici”, ha concluso l’intervento l’europarlamentare italiano.

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    Elezioni in Albania, socialisti verso la vittoria. Critiche dall’UE per “l’interferenza al voto” dal Kosovo

    Bruxelles – Se la tradizione delle urne in Italia dice che dopo il voto tutti hanno vinto e nessuno ha perso, nei Paesi dei Balcani occidentali vale invece un altro uso: non c’è elezione che non sia accompagnata da polemiche su interferenze esterne. Meglio ancora, che non coinvolga in qualche modo i due vicini più problematici della regione: Serbia e Kosovo. In questo modo si può leggere anche la tornata elettorale per il rinnovo del Parlamento albanese che si è svolta ieri (domenica 25 aprile).
    Il premier dell’Albania, Edi Rama, e la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen (2020)
    Scrutinato più di un terzo delle schede elettorali, il Partito Socialista del primo ministro in carica, Edi Rama, si sta proiettando vincitore con il 49,3 per cento dei voti: risultato che gli consentirebbe di guidare il Paese per la terza legislatura consecutiva (dal 2013). Il diretto avversario, il Partito Democratico di Lulzim Basha, si fermerebbe al 38,8 per cento delle preferenze: una crescita di 10 punti percentuali rispetto alle elezioni di quattro anni fa, ma non ancora sufficiente per scalzare i socialisti dal governo. La Commissione elettorale centrale albanese ha però fatto sapere che per completare il processo di conteggio delle schede ci potrebbero volere “anche 48 ore” (a partire dalla chiusura dei seggi alle ore 19 di ieri) e ha invitato a “mantenere la calma” fino a quando i risultati non saranno ufficiali.
    La vigilia delle elezioni è stata caratterizzata da tensioni in tutto il Paese e da episodi di violenza nella città di Elbasan, alimentati da un clima politico particolarmente teso negli ultimi anni. Nel febbraio del 2019 l’opposizione albanese aveva deciso di abbandonare il Parlamento in segno di protesta per le accuse di corruzione del Partito Socialista al governo e i sospetti di compravendita di voti alle elezioni del 2017. Il risultato è stato un aumento delle divisioni interne su temi-chiave per lo sviluppo del Paese e le prospettive europee, come la riforma elettorale, l’emigrazione, la lotta alla corruzione e alle interferenze nei media e le politiche di occupazione.
    Parlando alla nazione dopo la chiusura delle urne, il presidente della Repubblica, Ilir Meta, ha annunciato che “è l’Albania ad aver vinto in questo processo storico”, richiamando “la straordinaria responsabilità” degli scrutatori per “concluderlo in modo dignitoso”. Il presidente della Repubblica ha poi rassicurato i concittadini che “il risultato non sarà distorto né influenzato da nessuno“. Un riferimento al tema che nella giornata di ieri ha sollevato polemiche non solo nella regione, ma anche a Bruxelles.
    “L’interferenza” kosovara
    A infuocare la domenica elettorale albanese è stata la partecipazione al voto del neo-premier del Kosovo, Albin Kurti. Il leader del partito della sinistra nazionalista Vetëvendosje (Autodeterminazione), vincitore delle elezioni del 14 febbraio scorso, si è potuto recare alle urne nel Paese “straniero” in virtù della sua appartenenza etnica albanese, che gli ha anche permesso di presentare tre candidati del suo partito Vetëvendosje in Albania.
    Il primo ministro del Kosovo, Albin Kurti
    Accompagnato dal candidato nella regione di Tirana, Boiken Abazi, il premier kosovaro ha invitato “tutti i cittadini albanesi” a “rispettare la nostra patria, facendo la scelta migliore secondo i propri principi e valori“. Parlando alla stampa, Kurti ha definito l’appuntamento di ieri “un giorno di democrazia” non solo per i cittadini della Repubblica di Albania, ma anche per i quasi due milioni di “albanesi della diaspora”, i gruppi etnici che vivono soprattutto in Kosovo e Macedonia del Nord, ma anche negli altri Paesi della penisola o nel resto del mondo. Da più di un mese il leader nazionalista kosovaro li ha invitati a recarsi alle urne in Albania (dal momento in cui la legge elettorale non contempla il voto ai cittadini che risiedono all’estero), per “realizzare un cambiamento” contro i partiti tradizionali, socialisti del premier Rama in primis.
    Da Bruxelles, una critica feroce è arrivata dalla relatrice sul Kosovo per il Parlamento Europeo, Viola von Cramon-Taubadel (Verdi/ALE): “È una cosa inaccettabile“, ha tuonato. L’eurodeputata tedesca ha commentato su Twitter di non riuscire a capacitarsi della decisione: “Da una parte, tutti in Kosovo si lamentano dell’ingerenza della Serbia e del presidente Aleksandar Vučić, mentre dall’altra parte il premier kosovaro va a votare in un Paese vicino”.

    I cannot understand what this is all about. On one hand everyone in Kosovo complains about interference from Serbia or from President @avucic himself but on the other hand here does the PM of #Kosovo even vote in a neighbouring state. Not acceptable. At least not for me. https://t.co/J3ndibX1qq
    — Viola von Cramon (@ViolavonCramon) April 25, 2021

    Ed è stato proprio il presidente serbo Vučić a rincarare la dose, dopo essere arrivato ieri nella capitale belga per partecipare a una due-giorni di incontri con i vertici delle istituzioni europee (in programma ieri e oggi). “Nonostante per la nostra Costituzione Pristina faccia parte della Serbia, immaginate se fossi andato io a votare in una qualche località in Kosovo”, ha dichiarato alla stampa: “Sarebbe stato uno scandalo a livello mondiale”. Secondo il presidente serbo, “quello lanciato da Kurti è uno dei suoi tanti messaggi nazionalisti“, che spaziano “dall’unificazione del Kosovo con l’Albania alla richiesta di risarcimenti di guerra alla Serbia”.
    Coinvolti in un complesso dialogo mediato dall’Unione Europea – che recentemente ha coinvolto anche la distribuzione di vaccini anti-COVID – i leader di Serbia e Kosovo saranno entrambi ospiti a Bruxelles nel corso di questa settimana. Vučić completerà oggi il tour de force con Commissione (la presidente, Ursula von der Leyen, l’alto rappresentate UE, Josep Borrell, il commissario per l’Allargamento, Olivér Várhelyi, e il rappresentante speciale per il dialogo Belgrado-Pristina, Miroslav Lajčák), Consiglio (il presidente Charles Michel) e il Parlamento Europeo (il relatore sulla Serbia, Vladimír Bilčík). Per mercoledì (28 aprile) è previsto invece l’arrivo del premier Kurti, che discuterà con i rappresentanti dell’UE del nuovo approccio kosovaro al dialogo con la controparte. In attesa della ripresa dei colloqui di alto livello, fermi all’incontro del 7 settembre dello scorso anno: questa settimana avrebbe potuto rappresentare l’occasione della svolta, ma per la tensione in aumento negli ultimi mesi, rischia di essere invece l’ennesima occasione persa.

    Il partito del primo ministro Rama virtualmente primo, ma la commissione elettorale avverte che “potrebbero volerci 48 ore” per lo scrutinio. Scoppia la polemica sul coinvolgimento del premier kosovaro Kurti, che ha sfruttato la carta etnica (albanese) per recarsi alle urne

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    Brexit, il Parlamento UE pronto per la ratifica dell’accordo commerciale con il Regno Unito: il 27 aprile il voto in plenaria

    Bruxelles – Fine aprile doveva essere e fine aprile sarà. Dopo i tentennamenti dell’ultima settimana, alla fine i presidenti dei gruppi politici al Parlamento Europeo hanno deciso di fissare la data del voto per la ratifica dell’accordo commerciale e di cooperazione con il Regno Unito (TCA) a martedì 27 aprile, in occasione della prossima sessione plenaria.
    Rispettata la scadenza del 30 aprile per tradurre, revisionare e ratificare l’accordo di Natale con il Regno Unito, dopo la proroga concessa da Londra a fine febbraio (originariamente l’applicazione provvisoria del TCA sarebbe dovuta durare fino al 28 febbraio). La scorsa settimana, le commissioni Affari esteri e Commercio internazionale avevano dato il via libera al testo con 108 voti favorevoli, 1 contrario e 4 astensioni, raccomandando alla plenaria del Parlamento UE di ratificare l’accordo.
    Il portavoce per gli affari esteri del gruppo S&D, Andreas Schieder, ha però avvertito che il governo britannico non dovrebbe interpretare “erroneamente” questa decisione “come un segno che stiamo abbassando la guardia”. Al contrario, ratificando il TCA, “ci stiamo rafforzando”, dal momento in cui “i suoi termini includono misure inequivocabili”.
    Il riferimento è alla serie di tensioni che si sono accumulate tra le due parti dal primo gennaio 2021 e che ha portato la Commissione Europea ad avviare un’azione legale contro Downing Street per le presunte violazioni del protocollo sull’Irlanda del Nord dell’Accordo di recesso tra UE e Regno Unito lo scorso 15 marzo.
    “Le violazioni unilaterali” dell’Accordo di recesso e avrebbero “influenzato importanti aspetti della fiducia che abbiamo verso il nostro partenariato“, ha aggiunto Schieder. Il messaggio di Bruxelles è che l’interruzione di uno stallo durato quasi quattro mesi non significa che Londra possa aspettarsi nuove concessioni.

    La decisione definitiva sarà resa nota il giorno seguente. Ma gli eurodeputati avvertono Londra che l’Unione non “abbasserà la guardia” sulle violazioni del protocollo sull’Irlanda del Nord dell’Accordo di recesso