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    Borrell: “Ue non considera sanzioni contro funzionari israeliani”

    Bruxelles – Niente linea dura nei confronti di Israele per come lo Stato ebraico sta gestendo la risposta agli attacchi del 7 ottobre nei territori palestinesi, niente sanzioni nei confronti di funzionari dell’esercito o del governo di Tel Aviv. L’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Josep Borrell, respinge l’idea di azioni di questo tipo. “L’Unione europea non sta prendendo in considerazione misure restrittive nei confronti dei funzionari israeliani“, scandisce rispondendo a un’interrogazione parlamentare che arriva dai banchi de la Sinistra.Si chiedono lumi su come la Commissione intende fare pressione su Israele affinché vengano rispettati diritti umani e sentenze della Corte internazionale di giustizia, e la risposta che arriva da Bruxelles è all’insegna del dialogo e del convincimento. Neppure la sospensione dell’accordo di associazione Ue-Israele è in discussione, ammette Borrell. Perché, spiega, così hanno deciso gli Stati membri dell’Ue. “Il Consiglio ha convenuto di continuare a seguire da vicino la questione e di invitare il ministro degli Esteri israeliano a una discussione” in merito alla gestione della risposta di Israele, considerata dall’Ue legittima per quanto sproporzionata.Che la situazione, soprattutto sul fronte umanitario, che si sta deteriorando sempre di più, continua a non essere motivo di linea dura da parte degli europei. Che si limitano a richiamo verbali. “L’Ue – continua l’Alto rappresentante – sottolinea costantemente l’importanza di garantire la protezione di tutti i civili in ogni momento, in linea con il diritto internazionale umanitario”. In tal senso “l’Ue ha costantemente chiesto pause umanitarie prolungate”.

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    Gaza, l’Ue prende nota degli annunci di Netanyahu su nuovi corridoi umanitari. “Attuare tutto e in fretta”

    Bruxelles – Ben vengano gli annunci sull’apertura di nuovi corridoi umanitari per la popolazione palestinese a Gaza, ma “occorre attuarli in pieno e rapidamente”. La Commissione europea accoglie con favore le intenzioni del primo ministro israeliano, Benjamin Netahyahu, di aprire il porto di Ashdod e il valico di Erez per consentire il flusso diretto degli aiuti nel nord di Gaza. Ma pretende che non restino parole vuote. Per il momento, dunque, a Bruxelles “si prende nota” delle parole del leader israeliano, ma non ci si limita a quello.Certo, il ruolo dell’Unione europea risulta ridimensionato, visto che l’annuncio di Netanyahu arriva dopo una telefonata con il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, a riprova di ruolo e peso diversi nella regione e nella gestione della crisi in Medio Oriente.L’esecutivo comunitario coglie comunque l’occasione per tornare a fare pressioni sullo Stato ebraico, rinnovando l’appello a “proteggere i civili innocenti e gli operatori umanitari, in linea con il diritto umanitario internazionale“. Un richiamo che si aggiunge alla condanna per l’uccisione, in un raid condotto dalle forze armate israeliane, di sette operatori della Ong World Central Kitchen. Un episodio che ha probabilmente segnato il punto più basso nelle relazioni tra Israele e i suoi partner.Proprio la prospettiva di nuove vie di aiuti umanitari spiega la Commissione europea a ricordare come e quanto siano fondamentali organizzazione non governative e Nazioni Unite, inclusa l’Agenzia per i rifugiati palestinesi (Unrwa) che Israele ha rimesso in discussione dopo il sospetto che funzionari abbiano partecipato agli attacchi di Hamas del 7 ottobre scorso. “La Commissione europea continuerà il suo intenso lavoro con i partner regionali e globali, le Nazioni Unite e le ONG partner”, fa sapere l’esecutivo comunitario. Un modo per mandare un messaggio a Tel Aviv.

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    L’Ue critica Israele: “Spaventoso l’attacco su operatori umanitari”

    Bruxelles – Niente scuse, Israele deve rispettare il diritto internazionale ed evitare incidenti come quelli avvenuti a danno dei sette operatori dell’ong americana World Central Kitchen, rimasti uccisi da raid israeliani mentre stavano distribuendo beni di prima necessità. L’Unione europea non ci sta, e la reazione di condanna e di presa di distanza arriva da più parti. Per la Commissione Ue a parlare sono l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, e il commissario per le Crisi, Janez Lenarcic. Quanto avvenuto “è spaventoso”, sostengono in una nota congiunta. Qui richiamano lo Stato ebraico all’ordine, che è giuridico e internazionale.La risoluzione 2728 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha richiesto “un cessate il fuoco immediato che porti a un cessate il fuoco sostenibile e duraturo”, ricordano i due membri del Collegio dei commissari. “Anche la Corte internazionale di giustizia (ICJ) ha ordinato misure provvisorie vincolanti per le parti. L’Ue si aspetta la loro piena, immediata ed efficace attuazione“. Quindi il pro-memoria, che suona da accusa implicita di violazione di regole valide per tutti. “Ricordiamo l’obbligo israeliano, ai sensi del diritto internazionale umanitario, di proteggere gli operatori umanitari in ogni momento“. Cosa che non sta avvenendo, visto che, accusano Borrell e Lenarcic, “un elevato numero di operatori umanitari ha perso la vita dall’inizio della guerra a Gaza“.Non diversa nei toni e nelle esortazioni la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola. “Siamo inorriditi per la morte degli operatori umanitari” a Gaza, riconosce pubblicamente. E, sempre pubblicamente, “a nome del Parlamento ho chiesto un’indagine imparziale sulla morte degli operatori umanitari”. Una richiesta che fa il paio con quella avanzata dall’esecutivo comunitario, che l’indagine la pretende “approfondita” così da fare piena luce sull’accaduto.

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    Borrell: “Niente affari con chi viola diritti umani nei territori palestinesi”

    Bruxelles – Non si fanno affari con gli israeliani che violano i diritti umani nei territori palestinesi. L’Unione europea su questo non transige, e chiede agli Stati membri di fare in modo che le aziende nazionali rispettino quelli che sono principi delle Nazioni Unite. E’ l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Josep Borrell, nella risposta a un’interrogazione in materia, a prendere posizione e soprattutto, le distanze dalle politiche del governo di Benjamin Netanyahu. Intanto ribadendo un volta di più la “forte opposizione alla politica e alle attività di insediamento di Israele“.Ma è sul fronte commerciale che Borrell si esprime in modo ancora più chiaro. Ci sono principi guida su imprese e diritti umani, approvati all’unanimità dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, ricorda l’Alto rappresentante. Principi che stabiliscono la responsabilità delle imprese di rispettare i diritti umani e impongono alle imprese, tra l’altro, di istituire un processo di condotta etica (due diligence) sui diritti umani per identificare , prevenire, mitigare e rendere conto del modo in cui affrontano il loro impatto sui diritti umani. “L’Ue ha accolto con favore” tutto questo e a Bruxelles si ritiene che “questi principi debbano essere applicati a livello globale“, scandisce ancora Borrell. Per questo motivo “l’Unione europea invita tutte le aziende, comprese quelle europee, ad attuarle in ogni circostanza, anche in Israele e nei territori palestinesi occupati“. La Commissione non ha il potere di imporre alla imprese politiche di business, ed è per questo motivo che si farà pressione sui governi affinché le imprese dei Ventisette si astengano dal sostenere un modello economico considerato lesivo dei diritti fondamentali del popolo palestinese. “Gli Stati membri hanno il ruolo primario di informare aziende e consumatori sulle imprese, sui diritti umani e sui rischi derivanti dall’operare negli insediamenti”, ricorda Borrell. Pronto a fare tutto il possibile perché gli europei non sconfessino sé stessi, come già denunciato dall’ambasciatore dell’Autorità palestinese a Bruxelles.

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    Gaza, i parlamentari europei si uniscono nella condanna a Netanyahu

    Bruxelles – Israele è andato oltre, e continuare a dare man forte e pieno sostegno al governo e al suo leader, Benjamin Netanyahu, diventa difficile. L’Unione europea prende le distanze dal modo in cui lo Stato ebraico sta gestendo la risposta agli attacchi di Hamas del 7 ottobre, e di fatto inizia a scaricare la leadership israeliana. Il dibattito d’Aula del Parlamento europeo sulla situazione a Gaza registra toni duri, da parte della Commissione e da parte di molti parlamentari europei, che da ogni gruppo politico censurano una situazione considerata sempre più insostenibile.Inizia la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, a condannare l’operato di Netanyahu, senza comunque mai citarlo direttamente. Però, nel denunciare pubblicamente che “la situazione sul campo è più drammatica che mai e ha raggiunto un punto critico”, von der Leyen di fatto mette sul banco degli imputati lo Stato ebraico. “Abbiamo tutti visto le segnalazioni di bambini che muoiono di fame. Non può essere“. Accusa indirettamente il governo israeliano, quando sottolinea che “tutti sanno quanto sia difficile spostare gli aiuti dentro e dentro Gaza”. Un rimprovero chiaro. Da parte Ue garantisce tutto il sostegno possibile. Annuncia l’attivazione del meccanismo di protezione civile dell’Unione europea invitando gli Stati membri dell’Ue a partecipare, conferma il pieno sostegno al corridoio umanitario marittimo annunciato lo scorso fine settimana, e in tal senso “finanzieremo e coordineremo il flusso delle merci europee attraverso il corridoio”. La situazione, continua von der Leyen, “rende ancora più importante collaborare con quelle agenzie che sono ancora presenti sul territorio. E questo è il caso dell’Unrwa“, l’agenzia della Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi che Israele vorrebbe delegittimata e isolata dopo le accuse di funzionari coinvolti negli attacchi di Hamas. Una sottolineatura che segna le distanze tra Ue e Israele.Ma è nell’Aula che si consuma lo strappo forse più grande. Voci critiche si levano da tutti i principali gruppi: popolari (Ppe), socialisti (S&D), liberali (Re), Verdi, Sinistra radicale. Esponenti di tutte queste forze spendono parole dure, non necessariamente espressione delle posizione dell’intero gruppo, ma comunque sono personalità di alto livello a parlare, a testimonianza di un malumore diffuso. La più diretta è la capogruppo dei socialisti, Iratxe Garcia Perez, che parla apertamente di “massacro di palestinesi da parte di Netanyahu“, di fronte al quale “dobbiamo mandare un chiaro segnale” ed invita “far cessare la sua impunità”. Come Ue, continua, “dobbiamo evitare che i palestinesi vengano sopraffatti dal regime di apartheid istituito da Netanyahu”.Va giù duro anche Juan Fernando Lopez Aguilar (S&D), presidente della commissione Libertà civili: “Netanyahu impedisce l’accesso via terra agli aiuti umanitari”, denuncia. “Questa brutalità commessa contro il popolo di Gaza supera il legittimo diritto di autodifesa e il diritto internazionale”. Quindi l’affondo: i responsabili “devono essere puniti”. Un chiara messa in stato d’accusa per il governo di Tel Aviv.Dalle fila del Ppe è l’irlandese Sean Kelly a chiedere “lo stop dell’uccisione di persone innocenti a Gaza da parte di Netanyahu“, e invocare “un cessate il fuoco”. Parole che si contrappongono a quelle di von der Leyen, che in Aula sostiene invece la necessità di “una pausa umanitaria”. Il dibattito dunque mostra anche visioni diverse interne al Ppe.Senza accuse così veementi anche i liberali scaricano quello che una volta era un partner incondizionato. “Abbiamo perso ogni speranza in Netanyahu e in Israele“, scandisce il greco Georgos Kyrtsos, che non considera l’attuale classe dirigente come affidabile ai fini del processo di pace e una soluzione a due Stati. Valery Hayer, presidente di Renew Europe, invoca il “cessate il fuoco per ragioni umanitari”. Anche qui, cessate il fuoco invece di pausa umanitaria, a riprova dell’insostenibilità di una situazione considerata non più sostenibile. Si aggiunge alla richiesta Jordì Sole, dei Verdi, anch’egli critico di fronte al deterioramento a Gaza.Dai banchi de laSinistra i toni si fanno ancora più duri. Joao Pimenta Lopes accusa Israele di “genocidio a Gaza”, invitando l’Ue a ritirare appoggio e sostegno allo Stato ebraico. “La situazione è imbarazzante, e dovremmo smetterla di essere complici”. Il dibattito d’Aula sembra suggerire che, a prescindere da come finirà il confronto tra Israele e Hamas, lo Stato ebraico questo conflitto l’abbia già perso in termini di sostegno dell’opinione pubblica e di appoggio politico.

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    Borrell a Israele: “Niente attacchi all’Onu, fondamentale per pace e stabilità”

    Bruxelles – Le ragioni di Israele non valgono più di ogni altra cosa, sicuramente non più delle Nazioni Unite. L’Alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza dell’Ue, Josep Borrell, manda un messaggio chiaro e deciso allo Stato ebraico e i suoi rappresentanti. Lo fa rispondendo a un’interrogazione parlamentare in cui ci si lamenta del comportamento di Gilad Erdan, ambasciatore di Israele presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite, critico, troppo critico, nei confronti del segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres.Quello che è successo risale all’8 dicembre ed è la censura di Guterres sul modo in cui Israele sta rispondendo agli attacchi del 7 ottobre. Una risposta ritenuta eccessiva, tanto da indurre il segretario generale dell’Onu a chiedere il rispetto dei diritti umani e cessate il fuoco. Parole che non sono piaciute a Erdan, secondo cui criticando Israele ci si schiera con i terroristi di Hamas. L’ambasciatore israeliano ha chiesto le dimissioni di Guterres e minacciato di non concedere visti a nessun funzionario Onu.“L’Ue respinge gli attacchi contro il Segretario generale delle Nazioni Unite o i tentativi di squalificare l’Onu come organismo fondamentale che opera per la pace e la stabilità nel mondo“, replica oggi Borrell. Un messaggio chiaro per il governo di Netanyahu. Nei confronti del quale rincara la dose, insistendo sulla necessità del rispetto dei diritti umani di base.“L’Ue – continua Borrell nella sua risposta – sostiene l’appello rivolto dal Segretario generale delle Nazioni Unite al Consiglio di sicurezza dell’Onu affinché intervenga per evitare una catastrofe umanitaria a Gaza e il collasso del sistema umanitario”. Un implicito atto di accusa nei confronti di Israele, e di aver creato situazioni insostenibili e sempre più difficile da appoggiare. Le ragioni di Israele sono andate un po’ oltre il consentito, e Borrell lo dice come meglio non potrebbe.

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    Borrell avverte Netanyahu: “No ad azioni militari a Rafah”

    Bruxelles – Nessun intervento militare a Rafah. L’Unione europea prova a mettere pressione sul primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, intimando a non eccedere oltre nella risposta agli attacchi di Hamas del 7 ottobre. E’ l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune, Josep Borrell, a chiedere allo Stato ebraico di fermarsi. “ L’UE invita il governo israeliano a non intraprendere un’azione militare a Rafah che peggiorerebbe una situazione umanitaria già catastrofica“.La presa di posizione di Borrell non è incompatibile con le ragioni israeliane, tanto è vero che lo stesso Alto rappresentante dell’UE non nega “il diritto di Israele a difendersi”, che anzi l’Unione europea “riconosce”, ma deve essere “in linea con il diritto internazionale e il diritto internazionale umanitario”.La risposta militare di Israele a un’organizzazione che l’UE riconosce come terroristica non deve andare oltre Gaza, insiste Borrell. “L’Unione europea è molto preoccupata per i piani del governo israeliano per una possibile operazione di terra a Rafah, dove oltre un milione di palestinesi si stanno attualmente rifugiando dai combattimenti”. Proprio per questo si vedono rischi di ulteriori emergenze umanitarie, e vittime civili di cui l’Alto rappresentante dell’UE non fa esplicita menzione.Il tema sarà comunque oggetto della riunione dei ministri degli Esteri in programma il 19 febbraio, dove comunque la situazione in Medio Oriente era già stata inserita all’ordine del giorno della riunione dei Ventisette. Da programma, spiega una alto funzionario europeo, i ministri degli Esteri dovrebbero concentrarsi sulla questione umanitaria e “gli sforzi per evitare un’estensione del conflitto”. Le intenzioni del governo israeliane di intervenire a Rafah vanno nel senso opposto, rendendo la situazione sul terreno ancora più complicata e scombinando l’agenda a dodici stelle.Ne va anche dell’unità di un’Unione europea che di fronte al nuovo capitolo del conflitto arabo-israeliano sta iniziando a cambiare idea, e il sostegno allo Stato ebraico si sta sfilacciando. Irlanda e Spagna hanno chiesto una verifica urgente degli accordi di associazione UE-Israele proprio perché non convinti della condotta israeliana in linea con il diritto internazionale. In senso al Consiglio si è consapevoli che l’appoggio politico non è più lo stesso. “La domanda è se il comportamento di Israele significhi una violazione degli impegni sui diritti umani”, ammettono a Bruxelles..

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    Borrell: “I finanziamenti all’UNRWA non vanno tagliati”

    Bruxelles – “Non vanno tagliati i finanziamenti all’Agenzia dell’ONU per i rifugiati palestinesi (UNRWA), perché se tagliamo i finanziamenti all’UNRWA colpiamo l’intero popolo palestinese”. Il capo della diplomazia UE, Josep Borrell, invita alla calma e al pragmatismo. L’eventualità che qualcuno, dall’interno dell’organismo delle Nazioni Unite, abbia potuto aiutare Hamas a colpire Israele il 7 ottobre scorso sono gravi e la Commissione non sottovaluta la cosa, ma l’Alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza ricorda che cosa c’è in ballo.“Se si eliminano i finanziamenti non si possono aiutare i palestinesi”, aggravando una situazione che, dal punto di vista umanitario, preoccupa sempre più in Europa. “Dobbiamo continuare a lavorare con l’UNRWA“, scandisce Borrell al suo arrivo in Consiglio europeo per il vertice dei capi di Stato e di governo dell’UE. Invita a lasciare che l’inchiesta faccia il suo corso, senza per questo pregiudicare un lavoro che risulta indispensabile. E aggiunge che dal punto di vista europeo non si intende procedere alla linea intransigente. “L’Unione europea non ha deciso di sospendere i finanziamenti all’UNRWA“, mette in chiaro. Ci sono le verifiche del caso, come peraltro annunciato, che è cosa diversa.Borrell sa di poter contare sull’appoggio dei leader dell’UE. Uno di questi è il primo ministro irlandese, Leo Varadkar. “Serve un cessate il fuoco umanitario a Gaza”, scandisce anche lui prima di prendere parte ai lavori del vertice del Consiglio europeo. In questa ottica di cessate il fuoco umanitario l’agenzia dell’ONU per i rifugiati palestinesi ha ancora un ruolo da poter svolgere. Su questo Borrel è categorico. “Non c’è alternativa all’UNRWA, come hanno detto chiaramente le Nazioni Unite, se si vuole mantenere in vita queste persone”.