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    Palestina, il lento cammino dell’Ue nel riconoscimento dello Stato

    Bruxelles – Undici su 27. Questo il computo degli Stati membri dell’Unione europea che si sono espressi per un riconoscimento della Palestina come stato. Numeri che danno la dimensione della complessità della questione arabo-israeliana, che a distanza di quasi 80 anni – da quando cioè; nel 1948, la comunità internazionale decise di creare Israele – continua a dividere.Per l’Unione europea il tema del riconoscimento dello stato palestinese è praticamente nuovo. E’ vero che sette degli 11 Paesi membri che oggi riconoscono la Palestina lo hanno già fatto nel 1988, ma quando tutti erano ancora Paesi extra-europei. Il primo Stato membro Ue in quanto tale a rompere un tabù è stata la Svezia, che nel 2013 è diventata l’ottavo Paese a schierarsi apertamente con i palestinesi, e il primo dall’interno del club a dodici stelle.Oggi gli annunci resi da Francia e da Malta di voler aggiungersi alla lista proiettano l’Ue in una dimensione nuova, di divisione, certo, ma con una tendenza di inversione: a settembre 2025, quando Malta e Francia ufficializzeranno la loro decisione, gli Stati Ue a riconoscere la Palestina diventeranno 13 su 27. Un altro passo politico e la Palestina otterrà il sostegno della maggioranza degli Stati membri dell’Ue.7Riconoscimento dello stato palestinese nell’Ue, l’evoluzione– 1988: Bulgaria, Cipro, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Ungheria (7)– 2013: Svezia (8)– 2024: Spagna, Slovenia, Irlanda  (11)– 2025: Francia e Malta (13)

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    Israele pensa all’annessione di Gaza, l’Ue risponde col silenzio

    Bruxelles – Un annuncio altisonante per una risposta silenziosa pressoché nulla. Israele e Unione europea, divisi sul futuro dello Stato palestinese ma alla fine concordi nel condannare la parte araba della questione israelo-palestinese. Israele e Unione europea, la forza e l’arroganza da una parte, la timidezza e la debolezza dall’altra. Il governo dello Stato ebraico guidato da Benjamin Netanyahu minaccia di annettere la Striscia di Gaza, e l’Ue reagisce non reagendo.Di fronte ad una pressione internazionale crescente che vede per la decisione politica di riconoscere la Palestina come Stato, la risposta di Tel Aviv è risolvere la questione cancellando dalla carta geografica territori che potrebbero tornare utili, in futuro, per uno stato palestinese. L’Ue, che ha sempre sostenuto la necessità di una soluzione a due Stati, tace. La sempre attiva Kaja Kallas, Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue molto attiva in termini di momenti stampa, dichiarazioni ufficiali e anche post social, non ha battuto ciglio. Nessun commento, nessun comunicato, e neppure nessun pensierino affidato a X, dove l’ultima cosa scritta è la condanna di Hamas, a cui intima il rilascio degli ostaggi.The images of Israeli hostages are appalling and expose the barbarity of Hamas. All hostages must be released immediately and unconditionally.Hamas must disarm and end its rule in Gaza.At the same time, large-scale humanitarian aid must be allowed to reach those in need.— Kaja Kallas (@kajakallas) August 3, 2025Deve essere pungolata, l’Alta rappresentante, perché si esprima sulla questione. Serve un’interrogazione parlamentare promossa da membri dei gruppi socialista (S&D), Verdi, sinistra radicale (laSinistra) e non iscritti per avere una risposta chiara in merito. “L’Ue respinge qualsiasi tentativo di cambiamenti demografici o territoriali nella Striscia di Gaza e sostiene l’unificazione della Striscia di Gaza con la Cisgiordania sotto l’Autorità Palestinese“, la linea della Commissione europea e di Kallas, e che nome del collegio tutto si esprime. In silenzio, discretamente, sommessamente, per non dare troppo fastidio al governo di Israele. Una coincidenza che la risposta scritta di Kallas arrivi i il 2 agosto, per un’interrogazione depositata il 27 maggio. Coincidenza fortuita, che almeno permette di sgombrare il campo da dubbi ed equivoci, ma che non cancella una Commissione europea impreparata a condannare quando serve un Paese ‘amico’. Ancora una volta l’Ue non fa una bella figura. Su Israele e la risposta all’eccesso di risposta israeliana agli attacchi di Hamas, l’Europa finisce col condannare il futuro della Palestina e del suo popolo. O ciò che ne resterà. Perché, è bene ricordarlo, Kallas condanna Hamas per il trattamento riservato agli ostaggi ma sorvola sulla strage di civili e il genocidio in corso a Gaza.

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    Anche Regno Unito e Malta verso il riconoscimento della Palestina. Dall’Onu la spinta per la soluzione a due Stati

    Bruxelles – Qualcosa, forse, si muove davvero sotto il cielo della diplomazia. Mentre volgeva al termine la conferenza Onu sulla Palestina, ieri sera anche il Regno Unito e Malta hanno annunciato che riconosceranno a breve lo Stato palestinese. La mossa del premier britannico sembra più una “minaccia” verso Israele che non una solida convinzione politica, ma potrebbe comunque produrre dei risultati.Erano in pochi ad aspettarsi l’annuncio fatto ieri sera (29 luglio) dal primo ministro di Sua Maestà, sir Keir Starmer, al termine di una riunione straordinaria del suo gabinetto sulla catastrofe umanitaria in corso nella Striscia di Gaza. L’inquilino di Downing Street ha dichiarato che “l’unico modo per porre fine a questa crisi umanitaria è attraverso un accordo a lungo termine“, sostenendo che “il nostro obiettivo rimane un Israele sicuro e protetto accanto a uno Stato palestinese sovrano e vitale, ma in questo momento tale obiettivo è sotto pressione come mai prima d’ora”.“Ora è il momento di agire“, ragiona Starmer, sulla scia della crescente pressione internazionale sullo Stato ebraico affinché fermi la strage di palestinesi che porta avanti da oltre 21 mesi (definita come genocidio dalle stesse ong israeliane) e faccia entrare nell’enclave costiera gli aiuti umanitari. “Vediamo bambini affamati, bambini troppo deboli per stare in piedi, immagini che rimarranno con noi per tutta la vita”, ha aggiunto.My statement on the humanitarian crisis in Gaza and our plan for peace including the recognition of a Palestinian State. pic.twitter.com/aMUCNwJb9z— Keir Starmer (@Keir_Starmer) July 29, 2025In realtà, il premier britannico ha posto la questione come una sorta di ultimatum al governo israeliano: Londra riconoscerà formalmente lo Stato palestinese “a meno che” Tel Aviv non adotti “misure concrete” per cessare immediatamente le ostilità a Gaza. L’autodeterminazione di un popolo e la sovranità di una nazione usati come minacce, insomma, anziché venire trattati con la dignità che, almeno teoricamente, prescrive il costume diplomatico.Sia come sia, la mossa di Starmer – che ha ceduto al fuoco di fila del suo esecutivo e di centinaia di deputati perché seguisse l’esempio di Emmanuel Macron – segnala comunque un importante cambio di passo del Regno Unito, che potrebbe diventare il secondo Paese G7 a muoversi in questa direzione.Dopo Parigi e Londra, anche La Valletta è salita sul carro. Intervenendo sui social, il primo ministro Robert Abela ha anticipato che anche Malta riconoscerà lo Stato palestinese alla prossima Assemblea generale delle Nazioni Unite, in calendario dal 9 al 23 settembre.Immediata risposta del governo israeliano, col primo ministro Benjamin Netanyahu che grida all’appeasement e parla dell’ennesima “ricompensa per Hamas“. Un disco rotto che gracchia ogni qualvolta qualcuno prenda posizione a favore della causa palestinese, dei diritti umani e del diritto internazionale e contro i crimini ingiustificabili perpetrati da Israele (valsi al premier un mandato di cattura della Corte penale internazionale).Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu (foto: Menahem Kahana/Afp)Ma nelle ultime settimane lo Stato ebraico sembra sempre più isolato, criticato aspramente anche dai suoi storici alleati. Mentre in Ue le cancellerie dei Ventisette discutono sulla sospensione parziale dei fondi Horizon+ proposta dalla Commissione, i Paesi Bassi hanno bandito dal loro territorio Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir, due ministri estremisti del sesto gabinetto Netanyahu.Giusto ieri, Smotrich ha ventilato la possibilità di costruire nuovi insediamenti a Gaza a guerra terminata, dando per scontato che Tel Aviv riprenderà il controllo della Striscia abbandonata nel 2005. La Knesset (il Parlamento monocamerale israeliano) ha recentemente approvato una mozione non vincolante sull’annessione della Cisgiordania. Su entrambi questi territori dovrebbe sorgere il futuro Stato palestinese, attualmente riconosciuto da 147 Paesi sui 193 membri dell’Onu (inclusi 11 Paesi dell’Ue) ma nessun membro del G7.E proprio al Palazzo di vetro dell’Onu si conclude oggi la conferenza internazionale sulla Palestina, sponsorizzata da Francia e Arabia Saudita. Nella “dichiarazione di New York” sottoposta alle delegazioni dei governi mondiali si propongono “misure concrete, vincolate da scadenze temporali e irreversibili” per l’attuazione della soluzione a due Stati, a partire dal cessate il fuoco. L’Autorità nazionale palestinese (Anp) dovrà poi gestire la transizione verso uno Stato di Palestina sovrano e indipendente, che viva in pace affianco a Israele, anche grazie ad una missione internazionale di peacekeeping.

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    Gaza, l’Ue sospende la partecipazione di Israele dal programma Horizon per la ricerca

    Bruxelles – Stop alla partecipazione di Israele al programma europeo Horizon per la ricerca. La Commissione europea decide di prendere provvedimenti contro il governo di Benjamin Netanyahu per la risposta agli attacchi di Hamas e la situazione umanitaria a Gaza. Per lo Stato ebraico la sospensione al partenariato con l’Ue non p totale bensì parziale. La sospensione riguarda specificamente la partecipazione di entità con sede in Israele ad attività finanziate dal Consiglio europeo per l’innovazione (CEI) nell’ambito dell’Accelerator, programma per start-up e piccole imprese con innovazioni dirompenti e tecnologie emergenti con potenziali applicazioni a duplice uso, come la sicurezza informatica, i droni e l’intelligenza artificiale.Una mossa, quella dell’esecutivo comunitario, dal forte significato politico. L’Ue, seppur faticosamente e dopo molte incertezze, inizia davvero a mettere all’angolo la leadership israeliana. La decisione presa dal collegio dei commissari è il frutto della revisione condotta a Bruxelles sul rispetto da parte di Israele dell’articolo 2 del trattato di associazione Ue-Israele, quello che sancisce che la validità dell’intero trattato ruota attorno al rispetto dei diritti umani. L’Ue già a fine giugno ha stabilito che il governo di Netanyahu ha violato i diritti umani a Gaza, ma hah rimandato a oggi (28 luglio) il tempo della decisione.E’ stato dato tempo a un Paese tradizionalmente amico di cambiare rotta, ma a distanza di un mese è cambiato poco. Da qui la decisione di escludere Israele dal programma del Consiglio europeo per l’innovazione. Un primo passo, peraltro non definitivo. La decisione è reversibile, ma spetterà allo Stato ebraico convincere la Commissione europea a ritornare sui propri passi. Inoltra lo stop “non pregiudica la partecipazione di università e ricercatori israeliani” a progetti collaborativi e attività di ricerca nell’ambito di Horizon Europe, precisa la Commissione. Esclusione industriale, dunque, non accademico-scientifica.L’annuncio delle ‘sanzioni’ Ue contro Israele arriva a distanza di pochi giorni dall’annuncio della Francia di riconoscere lo Stato palestinese, e di chiedere in sede di Organizzazione delle Nazioni Unite di fare altrettanto ad altri attori. L’annuncio del presidente francese, Emmanuel Macron, è stato accolto tra le critiche e le aspre reazioni di Tel-Aviv, con cui l’Ue è sempre più ai ferri corti.

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    I tormenti dell’Ue su Israele e sull’accordo (non attuato) per l’ingresso di aiuti umanitari

    Bruxelles – C’è un senso di “frustrazione generale” tra i Paesi Ue, incapaci di spingere Israele a mettere fine alle atrocità in corso a Gaza. È quanto filtra dall’incontro in cui gli ambasciatori dei 27 hanno fotografato le prime due settimane di messa in atto da parte di Tel Aviv dell’intesa per consentire l’ingresso massiccio di aiuti umanitari nella Striscia. Perché i “segnali positivi” a cui si è appigliata l’Alta rappresentante Kaja Kallas svaniscono di fronte alle vittime della fame e dei bombardamenti. Secondo le cifre rilanciate dalle Nazioni Unite, dieci i morti per mancanza di cibo solo questa notte, oltre cento sotto i raid dell’aviazione israeliana nelle ultime 24 ore.I termini dell’intesa raggiunta tra Kallas e il suo omologo israeliano, Gideon Sa’ar, lo scorso 10 luglio, non sono stati resi noti. Ma fissano un certo numero di convogli umanitari e di carburante da far entrare a Gaza, oltre che l’impegno di Tel Aviv a riaprire varchi e corridoi terrestri e a riparare alcune infrastrutture essenziali. “Israele deve mantenere gli impegni presi“, ha ribadito oggi (24 luglio) Anouar El Anouni, portavoce della Commissione europea per gli Affari Esteri. La stessa Ursula von der Leyen ha affermato con un post su X che le immagini della fame a Gaza sono “insopportabili” e ha invitato Israele a “mantenere le promesse” fatte all’Ue.“Sono stati compiuti alcuni progressi, ma la situazione rimane grave”, ha affermato El Anouni durante il briefing quotidiano con la stampa, aggiungendo che “i limiti delle operazioni sono chiari: siamo in tempo di guerra, in una zona di guerra, e le condizioni sono estremamente difficili per gli operatori umanitari“. A quanto si apprende, i funzionari del Servizio europeo di Azione esterna incaricati di aggiornare i Paesi membri ogni due settimane, ieri avrebbero ammesso che Tel Aviv non sta attuando l’intesa. E soprattutto, che sta offrendo a Bruxelles numeri diversi da quelli messi a disposizione dalle agenzie delle Nazioni Unite.Il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa’ar, e Kaja Kallas, al Consiglio di Associazione Ue-Israele celebrato a Bruxelles a febbraio 2025El Anouni ha assicurato che “l’Ue sta incrociando tutte le fonti per avere un quadro il più chiaro possibile, autentico e basato sui fatti”. Non solo i numeri forniti da Israele, ma anche quelli dei Paesi vicini – Egitto e Giordania -, delle ong e degli attori sul campo. Secondo il bollettino settimanale dell’Ufficio di coordinamento Onu per gli Affari umanitari (Ocha), tra il 16 e il 22 luglio, su 75 tentativi di coordinare i movimenti di aiuti pianificati con le autorità israeliane in tutta la Striscia, quasi un quarto sono stati respinti, un ulteriore 20 per cento è stato “inizialmente accettato” ma poi interrotto a causa di “blocchi o ritardi sul terreno”, il 25 per cento ha dovuto essere ritirato dagli organizzatori “per motivi logistici, operativi o di sicurezza”. Solo il restante 31 per cento (22 tentativi) è stato facilitato dall’esercito israeliano.Ieri, il direttore dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus ha affermato che Gaza “sta soffrendo una fame diffusa causata dall’uomo”, mentre più di 100 agenzie hanno lanciato l’allarme sulla “carestia di massa” nella Striscia ed esortato Israele a far entrare i rifornimenti. Secondo il ministero della Sanità di Gaza, sarebbero ormai 113 le persone morte di fame nell’enclave palestinese. Tra il 16 e il 23 luglio, nella seconda settimana d’implementazione dell’intesa con l’Ue, l’esercito israeliano avrebbe ucciso 646 palestinesi e ferito oltre 3 mila.Diversi Stati membri, una decina, avrebbero insistito già ieri perché la Commissione europea presenti rapidamente misure per aumentare la pressione su Israele. Sottolineando che non si può attendere fino alla prossima riunione dei ministri degli Esteri dell’Ue, prevista solo dopo la pausa estiva, il 28 agosto. Ma un manipolo di Paesi Ue continua a opporsi strenuamente ad eventuali misure contro Tel Aviv, sostenendo che sarebbero controproducenti. La presidenza danese del Consiglio dell’Ue ha aggiunto una nuova discussione sul tema alla riunione degli ambasciatori della prossima settimana.

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    Cessate il fuoco immediato a Gaza, 25 Paesi (tra cui l’Italia) contro Israele

    Bruxelles – Cessate il fuoco “immediato, incondizionato e permanente”, che consenta alla popolazione civile palestinese di ricevere cure e assistenza del caso e che ponga fine a una politica di Israele considerata come inaccettabile. La comunità internazionale prova a fare pressione sul governo di Tel Aviv in una dichiarazione congiunta firmata da 25 Paesi, 17 Ue (Italia, Austria, Belgio, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Slovenia, Spagna e Svezia) e 8 Paesi extra-Ue (Australia, Canada, Islanda, Norvegia, Nuova Zelanda, Regno Unito, Svizzera e Giappone), a cui si aggiunge la commissaria europea le Gestione delle crisi, Hadja Lahbib.Non sfugge l’assenza, tra i firmatari della dichiarazione, di Stati Uniti e Germania. E’ soprattutto il sostegno incondizionato di Washington a permettere di Israele di fare ciò che vuole in tutto il Medio Oriente, persino bombardare Paesi indipendenti e sovrani. C’è però divisione su un tema che continua a infiammare il dibattito, con una vera e propria coalizione internazionale ‘anti-Netanyahu’ che ribadisce il fermo ‘no’ alle intenzioni espansionistiche del governo israeliano. “Ci opponiamo fermamente a qualsiasi iniziativa volta a modificare il territorio o la demografia nei Territori Palestinesi Occupati”, scandiscono i ministri degli Esteri dei 25 Paesi. E’ questo un nuovo monito contro le intenzioni già dichiarate da un anno di nuovi insediamenti, che stavolta potrebbe non limitarsi a un richiamo.Trasformare Gaza nella “Riviera del Medio Oriente”. Il piano shock che Trump ha esposto a Netanyahu“Siamo pronti a intraprendere ulteriori azioni per sostenere un cessate il fuoco immediato e un percorso politico verso la sicurezza e la pace per israeliani, palestinesi e l’intera regione”, dicono i 25 Paesi, senza specificare azioni o misure. Quello che emerge è una parte di comunità internazionale che di fatto scarica lo Stato ebraico nella veste della sua leadership. “La costruzione di insediamenti in tutta la Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, è stata accelerata – denuncia ancora la dichiarazione – mentre la violenza dei coloni contro i palestinesi è aumentata vertiginosamente. Questo deve cessare”.Netanyahu è anche oggetto di censura per le proposte di trasferire la popolazione palestinese in una ‘città umanitaria’, considerate come “totalmente inaccettabili” in quanto “lo sfollamento forzato permanente è una violazione del diritto internazionale umanitario”. Ancora, “il modello di distribuzione degli aiuti del governo israeliano è pericoloso, alimenta l’instabilità e priva i cittadini di Gaza della dignità umana”. In questo contesto è unanime la condanna per “la distribuzione a goccia degli aiuti e l’uccisione disumana di civili, compresi bambini, che cercano di soddisfare i loro bisogni più elementari di acqua e cibo”.

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    Kallas annuncia un accordo con Israele per nuovi aiuti umanitari a Gaza

    Bruxelles –  L’alta rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza, Kaja Kallas, ha annunciato che dopo  dialoghi con Israele sono arrivati significativi passi avanti per migliorare la situazione umanitaria a Gaza.Una nota del Servizio di azione esterna (Seae) spiega che le misure concordate saranno applicate nei prossimi giorni, e fra queste sono incluse: l’aumento di camion con aiuti umanitari ed alimenti, la riapertura delle rotte di aiuto giordane ed egiziane, la ripresa delle forniture di carburante per le strutture umanitarie fino a un livello operativo, la protezione degli operatori umanitari, la riparazione e l’agevolazione dei lavori sulle infrastrutture vitali, come la ripresa dell’approvvigionamento elettrico all’impianto di desalinizzazione dell’acqua, ed altro ancora.Ancora, si legge sul comunicato: “Tali misure sono state o saranno attuate nei prossimi giorni, con la consapevolezza comune che gli aiuti su larga scala devono essere forniti direttamente alla popolazione e che continueranno ad essere adottate misure per garantire che non vi sia alcun dirottamento degli aiuti a Hamas”.L’Ue continua ad applicare tutti i mezzi possibili per arrivare ad una risoluzione delle drammatiche dinamiche in Medio Oriente, e rinnova gli appelli rivolti al cessate il fuoco ed il rilascio degli ostaggi.

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    I leader Ue sperano ancora di fermare la guerra a Gaza senza prendere alcuna misura contro Israele

    Bruxelles – Diciassette pacchetti di sanzioni non sono bastati a fermare l’invasione della Russia in Ucraina, eppure l’Ue ne ha pronto un diciottesimo. Ma per fermare il genocidio in corso a Gaza, a Bruxelles sono ancora convinti che basti discutere con il governo israeliano. Dal vertice dei capi di stato e di governo dei 27, nessuna svolta dopo il rapporto che certifica che Israele ha violato i termini dell’accordo di associazione con l’Unione europea: per ora, i leader “prendono atto” e rimandano le discussioni al prossimo incontro dei ministri degli Esteri, a luglio.Le conclusioni del rapporto commissionato dall’Alta rappresentante per gli Affari Esteri, Kaja Kallas, al Servizio Europeo di Azione Esterna, sono “innegabili”, aveva sottolineato solo ieri una fonte diplomatica. E dunque, il Consiglio europeo non poteva fare finta di niente. Alla fine, dopo una discussione “a porte chiuse, senza reporting e senza telefoni”, nel documento finale del vertice compare una riga striminzita su quell’articolo 2 dell’Accordo di associazione, che vincola le parti contraenti al rispetto dei diritti umani.I leader prendono tempo ancora un mese: nel frattempo, Kallas avrebbe già intensificato i contatti con il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa’ar, nella speranza che la minaccia delle possibili implicazioni della violazione dell’accordo convincano Tel Aviv a cambiare atteggiamento. “Non stiamo parlando della sospensione dell’accordo, ma di coinvolgere le autorità israeliane”, conferma una fonte. Eppure, i due partner ne hanno già parlato abbondantemente. Il 5 febbraio, si è tenuto a Bruxelles un Consiglio di associazione Ue-Israele.Gideon Sa’ar e Kaja Kallas a Bruxelles, febbraio 2025Sul tema, i 27 sono così divisi che “il fatto stesso che ne discutiamo con il governo israeliano è importante“. Mentre un manipolo di Paesi – Spagna, Irlanda e Slovenia su tutti – chiedono la sospensione immediata dell’accordo e minacciano di proseguire autonomamente con sanzioni contro il governo israeliano, altri – tra cui l’Italia – lo ritengono una mossa controproducente per fare pressione su Benjamin Netanyahu.L’obiettivo condiviso da tutti è “l’arresto delle ostilità, l’accesso senza impedimenti agli aiuti umanitari e il rilascio degli ostaggi”. Più in là di questa sacrosanta posizione, Bruxelles non si spinge. Le conclusioni del vertice diventano allora sostanzialmente un copia-incolla di quelle dei summit precedenti: il Consiglio europeo “deplora la grave situazione umanitaria a Gaza, il numero inaccettabile di vittime civili e il livello di fame”, Israele “deve rispettare pienamente gli obblighi che gli incombono in virtù del diritto internazionale, compreso il diritto internazionale umanitario”.Sarebbero quasi tutti d’accordo almeno su ulteriori sanzioni ai chi si macchia di violenze contro le comunità palestinesi in Cisgiordania: i leader “ribadiscono l’invito a portare avanti i lavori su ulteriori misure restrittive nei confronti dei coloni estremisti e delle entità e organizzazioni che li sostengono”. Tutti tranne uno: il governo ungherese, che ne ha bloccato l’adozione al Consiglio Affari esteri a maggio. Questa notte, il villaggio palestinese di Kafr Malik è stato attaccato da gruppi di coloni ebraici, che hanno incendiato case e veicoli e aperto il fuoco su civili disarmati. Sono morte tre persone. Oggi, secondo i dati dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari umanitari, 56 palestinesi sono stati uccisi dall’esercito israeliano nella Striscia di Gaza.