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    I tormenti dell’Ue su Israele e sull’accordo (non attuato) per l’ingresso di aiuti umanitari

    Bruxelles – C’è un senso di “frustrazione generale” tra i Paesi Ue, incapaci di spingere Israele a mettere fine alle atrocità in corso a Gaza. È quanto filtra dall’incontro in cui gli ambasciatori dei 27 hanno fotografato le prime due settimane di messa in atto da parte di Tel Aviv dell’intesa per consentire l’ingresso massiccio di aiuti umanitari nella Striscia. Perché i “segnali positivi” a cui si è appigliata l’Alta rappresentante Kaja Kallas svaniscono di fronte alle vittime della fame e dei bombardamenti. Secondo le cifre rilanciate dalle Nazioni Unite, dieci i morti per mancanza di cibo solo questa notte, oltre cento sotto i raid dell’aviazione israeliana nelle ultime 24 ore.I termini dell’intesa raggiunta tra Kallas e il suo omologo israeliano, Gideon Sa’ar, lo scorso 10 luglio, non sono stati resi noti. Ma fissano un certo numero di convogli umanitari e di carburante da far entrare a Gaza, oltre che l’impegno di Tel Aviv a riaprire varchi e corridoi terrestri e a riparare alcune infrastrutture essenziali. “Israele deve mantenere gli impegni presi“, ha ribadito oggi (24 luglio) Anouar El Anouni, portavoce della Commissione europea per gli Affari Esteri. La stessa Ursula von der Leyen ha affermato con un post su X che le immagini della fame a Gaza sono “insopportabili” e ha invitato Israele a “mantenere le promesse” fatte all’Ue.“Sono stati compiuti alcuni progressi, ma la situazione rimane grave”, ha affermato El Anouni durante il briefing quotidiano con la stampa, aggiungendo che “i limiti delle operazioni sono chiari: siamo in tempo di guerra, in una zona di guerra, e le condizioni sono estremamente difficili per gli operatori umanitari“. A quanto si apprende, i funzionari del Servizio europeo di Azione esterna incaricati di aggiornare i Paesi membri ogni due settimane, ieri avrebbero ammesso che Tel Aviv non sta attuando l’intesa. E soprattutto, che sta offrendo a Bruxelles numeri diversi da quelli messi a disposizione dalle agenzie delle Nazioni Unite.Il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa’ar, e Kaja Kallas, al Consiglio di Associazione Ue-Israele celebrato a Bruxelles a febbraio 2025El Anouni ha assicurato che “l’Ue sta incrociando tutte le fonti per avere un quadro il più chiaro possibile, autentico e basato sui fatti”. Non solo i numeri forniti da Israele, ma anche quelli dei Paesi vicini – Egitto e Giordania -, delle ong e degli attori sul campo. Secondo il bollettino settimanale dell’Ufficio di coordinamento Onu per gli Affari umanitari (Ocha), tra il 16 e il 22 luglio, su 75 tentativi di coordinare i movimenti di aiuti pianificati con le autorità israeliane in tutta la Striscia, quasi un quarto sono stati respinti, un ulteriore 20 per cento è stato “inizialmente accettato” ma poi interrotto a causa di “blocchi o ritardi sul terreno”, il 25 per cento ha dovuto essere ritirato dagli organizzatori “per motivi logistici, operativi o di sicurezza”. Solo il restante 31 per cento (22 tentativi) è stato facilitato dall’esercito israeliano.Ieri, il direttore dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus ha affermato che Gaza “sta soffrendo una fame diffusa causata dall’uomo”, mentre più di 100 agenzie hanno lanciato l’allarme sulla “carestia di massa” nella Striscia ed esortato Israele a far entrare i rifornimenti. Secondo il ministero della Sanità di Gaza, sarebbero ormai 113 le persone morte di fame nell’enclave palestinese. Tra il 16 e il 23 luglio, nella seconda settimana d’implementazione dell’intesa con l’Ue, l’esercito israeliano avrebbe ucciso 646 palestinesi e ferito oltre 3 mila.Diversi Stati membri, una decina, avrebbero insistito già ieri perché la Commissione europea presenti rapidamente misure per aumentare la pressione su Israele. Sottolineando che non si può attendere fino alla prossima riunione dei ministri degli Esteri dell’Ue, prevista solo dopo la pausa estiva, il 28 agosto. Ma un manipolo di Paesi Ue continua a opporsi strenuamente ad eventuali misure contro Tel Aviv, sostenendo che sarebbero controproducenti. La presidenza danese del Consiglio dell’Ue ha aggiunto una nuova discussione sul tema alla riunione degli ambasciatori della prossima settimana.

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    Cessate il fuoco immediato a Gaza, 25 Paesi (tra cui l’Italia) contro Israele

    Bruxelles – Cessate il fuoco “immediato, incondizionato e permanente”, che consenta alla popolazione civile palestinese di ricevere cure e assistenza del caso e che ponga fine a una politica di Israele considerata come inaccettabile. La comunità internazionale prova a fare pressione sul governo di Tel Aviv in una dichiarazione congiunta firmata da 25 Paesi, 17 Ue (Italia, Austria, Belgio, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Slovenia, Spagna e Svezia) e 8 Paesi extra-Ue (Australia, Canada, Islanda, Norvegia, Nuova Zelanda, Regno Unito, Svizzera e Giappone), a cui si aggiunge la commissaria europea le Gestione delle crisi, Hadja Lahbib.Non sfugge l’assenza, tra i firmatari della dichiarazione, di Stati Uniti e Germania. E’ soprattutto il sostegno incondizionato di Washington a permettere di Israele di fare ciò che vuole in tutto il Medio Oriente, persino bombardare Paesi indipendenti e sovrani. C’è però divisione su un tema che continua a infiammare il dibattito, con una vera e propria coalizione internazionale ‘anti-Netanyahu’ che ribadisce il fermo ‘no’ alle intenzioni espansionistiche del governo israeliano. “Ci opponiamo fermamente a qualsiasi iniziativa volta a modificare il territorio o la demografia nei Territori Palestinesi Occupati”, scandiscono i ministri degli Esteri dei 25 Paesi. E’ questo un nuovo monito contro le intenzioni già dichiarate da un anno di nuovi insediamenti, che stavolta potrebbe non limitarsi a un richiamo.Trasformare Gaza nella “Riviera del Medio Oriente”. Il piano shock che Trump ha esposto a Netanyahu“Siamo pronti a intraprendere ulteriori azioni per sostenere un cessate il fuoco immediato e un percorso politico verso la sicurezza e la pace per israeliani, palestinesi e l’intera regione”, dicono i 25 Paesi, senza specificare azioni o misure. Quello che emerge è una parte di comunità internazionale che di fatto scarica lo Stato ebraico nella veste della sua leadership. “La costruzione di insediamenti in tutta la Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, è stata accelerata – denuncia ancora la dichiarazione – mentre la violenza dei coloni contro i palestinesi è aumentata vertiginosamente. Questo deve cessare”.Netanyahu è anche oggetto di censura per le proposte di trasferire la popolazione palestinese in una ‘città umanitaria’, considerate come “totalmente inaccettabili” in quanto “lo sfollamento forzato permanente è una violazione del diritto internazionale umanitario”. Ancora, “il modello di distribuzione degli aiuti del governo israeliano è pericoloso, alimenta l’instabilità e priva i cittadini di Gaza della dignità umana”. In questo contesto è unanime la condanna per “la distribuzione a goccia degli aiuti e l’uccisione disumana di civili, compresi bambini, che cercano di soddisfare i loro bisogni più elementari di acqua e cibo”.

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    Kallas annuncia un accordo con Israele per nuovi aiuti umanitari a Gaza

    Bruxelles –  L’alta rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza, Kaja Kallas, ha annunciato che dopo  dialoghi con Israele sono arrivati significativi passi avanti per migliorare la situazione umanitaria a Gaza.Una nota del Servizio di azione esterna (Seae) spiega che le misure concordate saranno applicate nei prossimi giorni, e fra queste sono incluse: l’aumento di camion con aiuti umanitari ed alimenti, la riapertura delle rotte di aiuto giordane ed egiziane, la ripresa delle forniture di carburante per le strutture umanitarie fino a un livello operativo, la protezione degli operatori umanitari, la riparazione e l’agevolazione dei lavori sulle infrastrutture vitali, come la ripresa dell’approvvigionamento elettrico all’impianto di desalinizzazione dell’acqua, ed altro ancora.Ancora, si legge sul comunicato: “Tali misure sono state o saranno attuate nei prossimi giorni, con la consapevolezza comune che gli aiuti su larga scala devono essere forniti direttamente alla popolazione e che continueranno ad essere adottate misure per garantire che non vi sia alcun dirottamento degli aiuti a Hamas”.L’Ue continua ad applicare tutti i mezzi possibili per arrivare ad una risoluzione delle drammatiche dinamiche in Medio Oriente, e rinnova gli appelli rivolti al cessate il fuoco ed il rilascio degli ostaggi.

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    I leader Ue sperano ancora di fermare la guerra a Gaza senza prendere alcuna misura contro Israele

    Bruxelles – Diciassette pacchetti di sanzioni non sono bastati a fermare l’invasione della Russia in Ucraina, eppure l’Ue ne ha pronto un diciottesimo. Ma per fermare il genocidio in corso a Gaza, a Bruxelles sono ancora convinti che basti discutere con il governo israeliano. Dal vertice dei capi di stato e di governo dei 27, nessuna svolta dopo il rapporto che certifica che Israele ha violato i termini dell’accordo di associazione con l’Unione europea: per ora, i leader “prendono atto” e rimandano le discussioni al prossimo incontro dei ministri degli Esteri, a luglio.Le conclusioni del rapporto commissionato dall’Alta rappresentante per gli Affari Esteri, Kaja Kallas, al Servizio Europeo di Azione Esterna, sono “innegabili”, aveva sottolineato solo ieri una fonte diplomatica. E dunque, il Consiglio europeo non poteva fare finta di niente. Alla fine, dopo una discussione “a porte chiuse, senza reporting e senza telefoni”, nel documento finale del vertice compare una riga striminzita su quell’articolo 2 dell’Accordo di associazione, che vincola le parti contraenti al rispetto dei diritti umani.I leader prendono tempo ancora un mese: nel frattempo, Kallas avrebbe già intensificato i contatti con il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa’ar, nella speranza che la minaccia delle possibili implicazioni della violazione dell’accordo convincano Tel Aviv a cambiare atteggiamento. “Non stiamo parlando della sospensione dell’accordo, ma di coinvolgere le autorità israeliane”, conferma una fonte. Eppure, i due partner ne hanno già parlato abbondantemente. Il 5 febbraio, si è tenuto a Bruxelles un Consiglio di associazione Ue-Israele.Gideon Sa’ar e Kaja Kallas a Bruxelles, febbraio 2025Sul tema, i 27 sono così divisi che “il fatto stesso che ne discutiamo con il governo israeliano è importante“. Mentre un manipolo di Paesi – Spagna, Irlanda e Slovenia su tutti – chiedono la sospensione immediata dell’accordo e minacciano di proseguire autonomamente con sanzioni contro il governo israeliano, altri – tra cui l’Italia – lo ritengono una mossa controproducente per fare pressione su Benjamin Netanyahu.L’obiettivo condiviso da tutti è “l’arresto delle ostilità, l’accesso senza impedimenti agli aiuti umanitari e il rilascio degli ostaggi”. Più in là di questa sacrosanta posizione, Bruxelles non si spinge. Le conclusioni del vertice diventano allora sostanzialmente un copia-incolla di quelle dei summit precedenti: il Consiglio europeo “deplora la grave situazione umanitaria a Gaza, il numero inaccettabile di vittime civili e il livello di fame”, Israele “deve rispettare pienamente gli obblighi che gli incombono in virtù del diritto internazionale, compreso il diritto internazionale umanitario”.Sarebbero quasi tutti d’accordo almeno su ulteriori sanzioni ai chi si macchia di violenze contro le comunità palestinesi in Cisgiordania: i leader “ribadiscono l’invito a portare avanti i lavori su ulteriori misure restrittive nei confronti dei coloni estremisti e delle entità e organizzazioni che li sostengono”. Tutti tranne uno: il governo ungherese, che ne ha bloccato l’adozione al Consiglio Affari esteri a maggio. Questa notte, il villaggio palestinese di Kafr Malik è stato attaccato da gruppi di coloni ebraici, che hanno incendiato case e veicoli e aperto il fuoco su civili disarmati. Sono morte tre persone. Oggi, secondo i dati dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari umanitari, 56 palestinesi sono stati uccisi dall’esercito israeliano nella Striscia di Gaza.

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    Siria, l’Ue punta alla riattivazione piena della delegazione a Damasco

    Bruxelles – Ue-Siria post-Assad, c’è intenzione europea di nuove, più strette, le relazioni bilaterali. C’è l’intenzione dei Ventisette di dare nuovo impulso alla relazioni diplomatiche, un’intenzione messa nero su bianco nelle conclusioni del consiglio Affari esteri straordinario convocato sulla scia del deterioramento della situazione in Medio Oriente dopo gli attacchi israeliani in Iran. “L’Unione europea garantirà una presenza diplomatica più forte e permanente a Damasco il più presto possibile attraverso la piena riattivazione della delegazione dell’Ue“, recita il testo di fine seduta. Poche righe, ma dal forte significato politico.Mai come in questo momento storico una Siria stabile diventa fondamentale per l’Unione europea, il cui obiettivo è quello di provare a giocare un nuovo ruolo di politica estera e di relazioni internazionali in un quadrante dove interessi e soggetti diversi si incontrano e si scontrano. C’è da una parte la Turchia, preoccupata per le spinte e le rivendicazioni dei curdi, secondo gruppo etnico dopo gli arabi, e presente nella Siria settentrionale. “L’Ue continua a nutrire preoccupazione per il coinvolgimento di gruppi armati sostenuti dalla Turchia nel nord del Paese”, si riconosce.Dall’altra parte ci sono gli interessi di Mosca a Teheran, decise a mantenere un ruolo di contrappesi all’occidente. “L’Ue rimane seriamente preoccupata per le azioni della Russia e dell’Iran, che mirano ancora una volta ad alimentare la violenza e a destabilizzare la Siria”. C’è infine la politica dello Stato ebraico, che in Siria opera per prevenire azioni ostili contro di sé . “Sebbene sia opportuno affrontare le preoccupazioni di Israele in materia di sicurezza, l’Ue è profondamente preoccupata per gli attacchi delle Forze di difesa israeliane in diverse regioni e per la loro continua presenza e le operazioni militari, in particolare nella Siria meridionale“.Turchia a nord, Israele a sud, Russia e Iran da nord e nord-est, con i miliziani di Al-Qaeda a rendere il Paese ancor più esplosivo. In tal senso, continuano i ventisette ministri degli Esteri dell’Ue, “la lotta contro Daesh e altri gruppi terroristici, che continuano a rappresentare una minaccia per la Siria, la regione, l’Europa e la pace e la sicurezza internazionale, rimane una priorità in un contesto politico e di sicurezza in rapida evoluzione”. Una sottolineatura che conferma la necessità dell’Ue di investire politicamente in Siria, arena da cui manca praticamente solo una presenza europea.

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    Alla fine Kallas critica Netanyahu: “Israele deve difendersi, ma è andato oltre”

    dall’inviato a Strasburgo – “Quando è troppo è troppo. Israele ha il diritto di difendersi, ma quanto vediamo va al di là di questo diritto“. Alla fine Kaja Kallas riconosce pubblicamente le responsabilità dello Stato ebraico nella gestione della risposta agli attacchi di Hamas. L’Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue critica l’operato del governo di Benjamin Netanyahu nell’Aula di un Parlamento europeo che su questo l’ha incalzata, costringendola di fatto a esprimersi. All’orizzonte, c’è il Consiglio Ue Affari Esteri del prossimo 23 giugno, in cui Kallas svelerà le conclusioni sulla possibile revisione dell’accordo di associazione Ue-Israele.Il dibattito tematico sulla situazione a Gaza è stato chiesto e ottenuto dal gruppo de laSinistra, che da Kallas ottiene quelle parole dure poco udite finora. Sì, l’Alta rappresentante ribadisce che “Israele ha il diritto di vivere, ma nessuno deve vivere nel terrore”. Una critica ad Hamas, che l’Ue riconosce come organizzazione terroristica, e dunque, sì, parole a sostegno dello Stato ebraico. “Dobbiamo fare pressione su Hamas, e in tal senso il mondo arabo può giocare un ruolo” importante, continua Kallas, attenta a usare toni comunque concilianti nei confronti del partner israeliano, a cui comunque non risparmia critiche e condanne.Il re di Giordania critica Israele e sprona l’Ue: “A Gaza una versione vergognosa dell’umanità”“Fermare gli aiuti mina decenni di impegni per il diritto umanitario”, scandisce. E’ questa una censura al governo di Netanyahu per il blocco di ciò che serve per la popolazione civile. “C’è un inaccettabile numero di morti”, continua l’Alta rappresentante. Che critica ancora: “Israele ha dichiarato che vuole il completo controllo della Striscia di Gaza, e questo è violazione del diritto internazionale, e va chiamato con il suo nome“. Vanifica anche gli sforzi diplomatici della stessa Ue per una pace duratura in Medio Oriente. “La soluzione a due Stati è l’unica possibile“.C’è poi la questione del fanatismo ebraico, che a detta di Kallas non viene affrontato da chi di dovere, vale a dire il capo di governo israeliano e il collegio dei ministri. “La violenza dei coloni sta aumentando, e questo è inaccettabile”, affonda ancora, e ricorda che “la distruzione delle case sta portando a sfollati” palestinesi. “Israele deve contrastare i suoi stessi estremisti“.Gli affondi di Kallas contro l’attuale leadership israeliana non impediscono all’Alta rappresentante di uscire dall’emiciclo senza critiche. Al contrario, si abbattono su di lei con forza. Inizia Manon Aubry, la co-presidente de laSinistra, che apre il dibattito in quanto rappresentante del gruppo che ha richiesto la discussione. “Genocidio. Genocidio. Lo ripeto perché in questi mesi non avete mai usato questo termine”, l’esordio della francese, che quindi accusa: “Basta con questa complicità, perché lei è complice di tutto questo, con il suo silenzio“. In realtà, precisa immediatamente dopo la stessa Aubry, “l’Ue e i leader europei sono direttamente complici di genocidio”, e responsabili di ipocrisia: “Contro la Russia sono stati adottati 17 pacchetti di sanzioni, contro Israele, che sta compiendo genocidio, neanche un pacchetto. Questo è il doppio standard dell’Ue”.L’Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Kaja Kallas [Strasburgo, 18 giugno 2025]Per i socialisti è l’occasione per tornare a chiedere interventi seri. “Netanyahu deve smetterla con questa carneficina. Dobbiamo imporre sanzioni a tutti i membri del governo”, sostiene Evin Incir. Richieste di sanzioni arrivano, con altri toni, dal collega di partito Nacho Amor Sanchez: “Si possono chiudere gli occhi davanti a tutto quello che sta accadendo? Il doppio standard è il cancro di questa Unione”.Anche i liberali europei non risparmiano critiche, che sono per Kallas e la linea morbida dell’esecutivo comunitario di cui l’Alta rappresentante fa parte. “Ogni giorno che passa l’Ue diventa complice di un genocidio“, lamenta Hilde Vautmans (Re). “Si, Israele può usare la forza per liberare gli ostaggi, ma Netanyahu sta punendo tutti i palestinesi, la fame è usata come strategia. Questa non è difesa. E’ tempo per sanzioni mirate sul governo, su chi impedisce agli aiuti di entrare, sospende l’accordo con Israele”. Si unisce Tieneke Strik (Verdi) a ricordare a Kallas che “Netanyahu commette crimini di guerra, e attacca l’Iran”, ed evidenziando che “questa non è difesa, è prevaricazione del diritto internazionale”. Chiede “azioni concrete”, che vuol dire sanzioni, contro Israele. Persino il Ppe chiede un cambio di passo: “Non possiamo essere l’Europa dei valori solo a parole”, incalza Sean Kelly, anch’egli convinto che “ignorare quanto accade a gaza sarebbe tradire tutto ciò per cui l’Ue è stata creata”.Kallas ascolta tutti gli interventi, e attende il momento della replica. Innanzitutto ricorda all’intera Aula che “non rappresento me stessa, ma 27 Stati membri“. Lo ricorda a quanti invocano misure restrittive. “Sulle sanzioni decidono gli Stati all’unanimità”, ricorda, e nel farlo spiega che prima di promettere qualcosa occorre avere la certezza che esistano le condizioni per potersi esporre. “Perché dovrei spingere per qualcosa che poi non avverrà?”, chiede, a proposito di un’unità che non c’è. “Fate pressione sui vostri governi”, l’invito agli europarlamentari. Quindi prova a difendere sé stessa: “Non sono mai stata in silenzio. Ho lavorato per alleviare le sofferenze di quanti vivono in Palestina”.

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    Il re di Giordania critica Israele e sprona l’Ue: “A Gaza una versione vergognosa dell’umanità”

    dall’inviato a Strasburgo – “Una versione vergognosa della nostra umanità si sta dispiegando davanti ai nostri occhi in tempo reale, e i nostri valori globali si stanno sgretolando a un ritmo sconvolgente, con conseguenze devastanti. In nessun luogo ciò è più chiaro che a Gaza“. Il re di Giordania, Abdallah II, affonda il colpo contro il governo israeliano di Benjamin Netanyahu. Si rivolge all’Aula del Parlamento europeo per parlare di un alleato ormai considerato come ‘ex’, non più sostenibile perché insostenibile in come sta conducendo sempre più la propria lotta contro Hamas.“Ciò che sta accadendo oggi a Gaza viola il diritto internazionale, gli standard morali e i nostri valori comuni“, accusa il sovrano dello Stato arabo. “E stiamo assistendo a una trasgressione dopo l’altra in Cisgiordania, con una situazione che peggiora di giorno in giorno”. In questo Abdallah II invita il Parlamento europeo e l’Ue che rappresenta a prendere una posizione chiara. “Se la nostra comunità globale non agisce con decisione, diventiamo complici della riscrittura del significato dell’essere umani”, afferma riferendosi ai tentennamenti europei. “Se i bulldozer israeliani continuano a demolire illegalmente case, uliveti e infrastrutture palestinesi, allo stesso modo abbatteranno i guardrail che definiscono la condotta morale”.Il re di Giordania prova a scuotere il Parlamento europeo, animato da parlamentari provenienti da Stati diversi, alcuni dei quali ancora non riconoscono ancora la Palestina come Stato. E’ a loro che si rivolge, quando scandisce che “i  palestinesi, come tutti i popoli, meritano il diritto alla libertà, alla sovranità e, sì, anche allo Stato“.Il re di Giordania, Abdallah II, in Parlamento europeo [Strasburgo, 17 giugno 2025]Abdallah II non entra nel merito delle operazioni militari contro la Repubblica islamica, limitandosi a ricordare le implicazioni in termini di instabilità e incertezza che può avere un allargamento del conflitto nella regione. Insiste sulla situazione a Gaza, per inchiodare il governo israeliano alle proprie responsabilità: “Ripensate al 2023: i primi attacchi e raid israeliani contro un ospedale di Gaza scatenarono shock e indignazione a livello globale. Da allora, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha documentato quasi 700 attacchi contro le strutture sanitarie di Gaza“. Quindi la stoccata per il Parlamento europeo: “Com’è possibile che ciò che solo 20 mesi fa era considerato un’atrocità sia ora così comune da passare inosservato?” Il re di Giordania chiede un cambio di passo da parte dell’Europa. Lascia all’Unione la riflessione e l’onere delle scelte. “Quest’anno sarà probabilmente un momento di decisioni cruciali per il mondo intero”, scandisce. In tal senso “la leadership europea sarà fondamentale per scegliere la strada giusta”.L’intervento deciso del sovrano arabo finisce con l’animare il dibattito in Aula. Da una parte socialisti, verdi e sinistra radicale, decisi a chiedere linea dura contro il governo di Tel Aviv, A loro si contrappongono i popolari, i conservatori e i sovranisti, al fianco dello Stato ebraico. Mentre i liberali esitano. “Chiediamo alla Commissione Ue di verificare se è stato violato l’articolo 2 del trattato di associazione Ue-Israele, perché ci sono elementi che suggerirebbero di no”, scandisce la presidente di Re, Valerie Hayer: “Se effettivamente non fosse stato rispettato allora ci sarà da sospenderlo e anche considerare embargo”.La guerra di Israele contro l’Iran mette in ombra la catastrofe di GazaL’articolo citato specifica che le relazioni tra le Parti, e il valore dell’accordo, si basano sul rispetto dei diritti umani e dei principi democratici. Qualcosa che per i socialisti è stato violato. “Vogliamo sanzioni contro il governo israeliano“, tuona la presidente dei socialisti (S&D), Iratxe Garcia Perez. , convinta che con quanto sta avvenendo a Gaza “si sta violando l’articolo 2 dell’accordo di associazione e dovremmo sospenderlo, imponendo un embargo sulle armi”. Inoltre, gli attacchi in Iran “sono contro il diritto internazionale e pone problemi si stabilità mondiale”.Stessa linea, e ancor più decisa, quella espressa da Manon Aubry (laSinistra): “Il nostro gruppo non vedrà mai il sostegno all’Iran, ma l’Ue giochi il suo ruolo per condannare le violazioni del diritto“. Perché, spiega, “Israele ha attaccato illegalmente l’Iran, in violazione del diritto internazionale”. Una violazione che, denuncia l’europarlamentare francese, “avviene ancora una colta col sostegno dei vertici europei”. Una critica, quest’ultima, diretta alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, incapace di prendere posizione. “L’obiettivo di Netanyahu è la diversione”, continua Aubry. “Il programma nucleare iraniano è un pretesto per far dimenticare che è sotto mandato d’arresto internazionale, che si sta consumando un genocidio a Gaza e creare le condizioni perché non si riconosca più uno stato palestinese”.“Siamo a favore di sanzioni contro il governo israeliano e i suoi membri”, scandisce Bas Eickhut, co-presidente del Verdi. “Siamo supercritici sul ruolo di Israele, e siamo uniti su questo”, e per questo “chiediamo di fermare l’accordo di associazione, perché i diritti umani non sono più rispettati”. Inoltre “vogliamo cessate il fuoco e accesso di aiuti umanitari”.Da sinistra: Iratxe Garcia Perez (presidente dei socialisti), Bas Eickhut (co-presidente dei Verdi), Manon Aubry (co-presidente laSinistra)Decisamente altri i toni usati dal Ppe, con il presidente dei popolari, Manfred Weber, che da una parte ribadisce vicinanza allo Stato ebraico sostenendo che “non vogliamo altra escalation fermo restando il diritto di Israele a difendersi”, e spostando l’attenzione su Teheran: “L’Iran non deve ottenere accesso ad armi nucleari”, dice in conferenza stampa. Solo in seconda battuta arriva la critica per la situazione in corso nei territori palestinesi: “Serve piano accesso degli aiuti umanitari a Gaza, la fame non può essere un’arma“.Nessuna condanna al governo di Netanyahu da parte di Nicola Procaccini, co-presidente dei conservatori europei (Ecr). “Abbiamo visto il ruolo giocato dai droni” nei conflitti in corso, scandisce, puntando il dito contro le attività della Repubblica islamica.

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    Trump, l’elefante nella stanza del G7. Dazi, sanzioni alla Russia, la crisi Israele-Iran: tutto dipende da lui

    Bruxelles – Qualcuno l’ha già ribattezzato ‘G7 meno uno’: il vertice dei sette grandi del mondo alla prova di Donald Trump. In Canada, a Kananaskis, i leader di Regno Unito, Francia, Italia, Germania, Giappone, Canada ed Unione europea affrontano il presidente degli Stati Uniti in uno dei summit più densi degli ultimi anni. Al nodo delle sanzioni alla Russia si è affiancata la pericolosa escalation tra Israele e Iran. Dietro le quinte, tutti cercano di strappare al tycoon un accordo per mettere fine alla minaccia dei dazi.Sulla linea dura contro Mosca, lo strappo è già consumato. Bruxelles ha messo sul tavolo la misura chiave del diciottesimo pacchetto di sanzioni al Cremlino, la riduzione del tetto massimo del prezzo del petrolio russo da 60 a 45 dollari al barile. L’Ue e il Regno Unito insistono perché la misura sia coordinata con Washington, ma Trump ha finora chiuso la porta: “Le sanzioni ci costano molto denaro”, ha dichiarato durante una conferenza stampa con il premier britannico Keir Starmer, suggerendo che “prima dovrebbero farlo gli europei”. Agli antipodi rispetto agli alleati, Trump ha sostenuto che “buttare fuori” la Russia dal G8 è stato un errore: “Non credo che in questo momento ci sarebbe una guerra, se la Russia fosse stata dentro”, ha spiegato. Dimenticando che Putin venne escluso dalla kermesse proprio in seguito all’invasione e annessione della Crimea nel 2014.Il bilaterale tra Donald Trump e Ursula von der Leyen al G7 a KananaskisDopodiché, il waltzer dei bilaterali per risolvere la questione dei dazi americani. Sorride Starmer, che riesce a finalizzare con Trump un accordo “storico” per limitare la portata delle tariffe reciproche. Poi il presidente americano ha un confronto con Meloni, che gli ribadisce l’importanza di raggiungere un accordo con il blocco Ue, con il cancelliere tedesco Friedrich Merz e con il presidente francese Emmanuel Macron. Incontra anche i leader Ue: Antonio Costa gli regala una maglietta di Cristiano Ronaldo con scritto “Giochiamo per la pace. Come una squadra”, mentre Ursula von der Leyen affronta con il tycoon “questioni critiche, dall’Ucraina al commercio”. Per quanto riguarda quest’ultimo punto, la presidente della Commissione europea si mostra ottimista in vista della deadline del 9 luglio: “Abbiamo chiesto ai team di accelerare il lavoro per raggiungere un accordo equo e giusto“, afferma in un post su X.Von der Leyen, intervenendo al summit, ha ribadito che “i dazi, indipendentemente da chi li stabilisce, sono in definitiva una tassa pagata da consumatori e imprese in patria”. E “creano incertezza che ostacola gli investimenti e la crescita”. Poi, la leader Ue ammicca a Trump e cerca di individuare un nemico comune. “Quando concentriamo la nostra attenzione sui dazi tra i partner, distogliamo le nostre energie dalla vera sfida, una sfida che ci minaccia tutti”, avverte: la Cina. Von der Leyen ha denunciato la concorrenza sleale di Pechino, sottolineando che “le fonti del più grande problema collettivo che abbiamo hanno origine dall’adesione della Cina al Wto nel 2001”.I leader di Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Italia, Germania, Giappone, Canada ed Unione europea durante i lavori del G7Ammansire Trump, richiamarlo alla compattezza di un tempo – perché il G7 “insieme rappresenta il 45 per cento del Pil mondiale”, prima di sottoporgli una nuova proposta: secondo quanto riportato dal quotidiano tedesco Handelsblatt, la Commissione europea sarebbe pronta ad accettare dazi provvisori del 10 per cento su tutte le esportazioni verso gli Stati Uniti, se non ci saranno tariffe più elevate su automobili, farmaci e prodotti elettronici. L’Ue sarebbe disposta, in cambio, a ridurre i dazi sui veicoli prodotti negli Stati Uniti e a modificare eventuali ostacoli tecnici o giuridici per facilitare la vendita delle automobili statunitensi in Europa.Poi il colpo di scena: Trump lascia il vertice in anticipo, sembrerebbe per dedicarsi con urgenza, e unilateralmente, alla crisi in Medio Oriente. È lui stesso a smentire, attaccando personalmente Macron, reo di aver “erroneamente affermato” che Trump fosse di ritorno a Washington per lavorare a un cessate il fuoco tra Israele e Iran. “Che lo faccia intenzionalmente o meno, Emmanuel sbaglia sempre”, ha scritto l’inquilino della Casa Bianca sulla sua piattaforma social, Truth. Aggiungendo che “si tratta di qualcosa di molto più importante”.Prima di lasciare il Canada, Trump ha firmato una dichiarazione congiunta per la de-escalation in Medio Oriente, che non lascia però dubbi sull’attribuzione delle responsabilità di quanto sta accadendo nella regione: per le democrazie più influenti del mondo “l’Iran è la principale fonte di instabilità e terrorismo nella regione” ed “Israele ha il diritto di difendersi”. Teheran, ribadiscono i leader, “non potrà mai dotarsi di armi nucleari”. Per i partner europei, la preoccupazione maggiore è “salvaguardare la stabilità dei mercati”, come sottolineato nella dichiarazione. Ma anche qui, la strategia di Trump è decisamente più aggressiva. Il tycoon, di ritorno negli Usa, ha lanciato una pericolosa minaccia a Teheran: rinunciare completamente all’arricchimento dell’uranio o “succederà qualcosa”. Nel frattempo, i ministri degli Esteri dei 27 Ue si sono riuniti proprio questa mattina, convocati dall’Alta rappresentante Ue per gli Affari esteri, Kaja Kallas, per fare un punto sulla situazione. Senza l’elefante nella stanza.