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    L’UE critica Israele per il dossier sulle manifestazioni pro-Pal in Italia: “Contro ogni ingerenza”

    Bruxelles – Le critiche velate a Israele per ingerenze interne negli affari di uno Stato membro dell’UE, i richiami impliciti al governo Meloni per avere consentito di ‘spiare’ i manifestanti pro-Palestina. Il dossier sulle manifestazioni in Italia del 22 settembre diventa un caso, con tanto di interrogazione parlamentare di Mimmo Lucano (AVS/laSinistra) alla Commissione europea, che non può non prendere le distanze da quanto accaduto.L’accaduto risale a settembre, quando sulla scia della mobilitazione generale europea scioperi e manifestazioni vengono indette in Italia per criticare l’operato delle forze israeliane a Gaza in risposta alle offensive di Hamas, manifestazioni su cui il governo israeliano ha redatto un dossier con tutte le informazioni su luoghi di ritrovo e partecipanti attesi. Quattro pagine con i nomi di associazioni, collettivi, e loro origine e provenienza. Per Lucano tutto questo rappresenta “una grave ingerenza straniera negli affari interni di uno Stato membro dell’Unione europea, nonché una potenziale violazione della sovranità italiana e dei diritti fondamentali sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE, in particolare la libertà di espressione e di manifestazione”.Di fronte a questi rilievi l’Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE, Kaja Kallas, risponde ribadendo quali sono i principi cardine alla base del funzionamento dell’UE e la linea della Commissione europea, in quella che si configura come una condanna dai toni blandi. “La Commissione si oppone a qualsiasi tentativo di ingerenza, minaccia o intimidazione straniera sul territorio sovrano degli Stati membri”, dice, senza citare apertamente Israele. Mentre al governo italiano Kallas ricorda che “la libertà di riunione è un diritto fondamentale sancito dall’articolo 12 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che, insieme alla libertà di espressione e alla libertà e al pluralismo dei media sanciti all’articolo 11, costituisce la base di una società libera, democratica e pluralista”.La sottolineatura di Kallas non sembra essere casuale, poiché, questa almeno la tesi sostenuta da Lucano, le autorità di Israele avrebbero raccolto e diffuso informazioni sulle manifestazioni organizzate in Italia a sostegno della popolazione palestinese con l’aiuto delle autorità italiane. Intanto Kallas, nel ricordare i fondamenti dell’UE, opera una tirata d’orecchi ai governi di Roma e Tel Aviv.

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    A due anni dal 7 ottobre l’Europa ricorda le vittime israeliane. Ma non tutti condannano il genocidio dei palestinesi

    Bruxelles – Col resto del mondo, l’Europa ricorda oggi (7 ottobre) il secondo anniversario degli attacchi di Hamas contro Israele. “Non dimenticheremo mai l’orrore” di quel giorno, scrivono in un post congiunto su X la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e quello del Consiglio europeo, António Costa, né “il dolore causato alle vittime innocenti, alle loro famiglie e all’intero popolo israeliano”. “Onoriamo la loro memoria lavorando instancabilmente per la pace“, aggiungono riferendosi ai negoziati in corso in Egitto tra gli emissari dello Stato ebraico e dell’organizzazione palestinese.Al ricordo degli attacchi di Hamas si aggiungono il ricordo delle 1.195 vittime (più 251 ostaggi), condanna degli attentati, e sostegno agli sforzi per pervenire ad una soluzione politica al conflitto che infuria da due anni nella martoriata Striscia di Gaza, mediati dagli Stati Uniti sulla base del piano in 20 punti proposto da Donald Trump.Da Strasburgo, dov’è iniziata ieri la plenaria dell’Eurocamera, la presidente dell’emiciclo Roberta Metsola ha definito il 7 ottobre 2023 “un giorno che rimarrà per sempre impresso nella storia del nostro tempo come un giorno d’infamia“. La popolare maltese deplora il “ciclo di guerra e violenza che ha causato la morte di decine di migliaia di persone” – le stime aggiornate parlano di oltre 67mila vittime tra la popolazione gazawi, in larghissima parte civili – ma non arriva a condannare fermamente la risposta militare sproporzionata di Tel Aviv, che ha avviato nell’exclave costiera, descritta dalle Nazioni Unite e dalle stesse ong israeliane come un genocidio in piena regola.La commissaria Ue al Mediterraneo, Dubravka Šuica (foto: Philippe Stirnweiss/Parlamento europeo)Intervenendo al dibattito in Aula sul tema, la commissaria al Mediterraneo Dubravka Šuica ha concesso che “la situazione a Gaza è diventata intollerabile” e che il massacro condotto da Israele nella Striscia ha “scosso le coscienze del mondo”, come evidenziato plasticamente dal moltiplicarsi delle manifestazioni oceaniche esplose a tutte le latitudini e longitudini nelle ultime settimane, anche e soprattutto in Italia.Bruxelles, continua, considera il piano di Trump “un quadro credibile per la pace” e ne condivide i punti cardine: “Nessun ruolo per Hamas (nel dopoguerra, ndr), nessuno spostamento forzato della popolazione, nessuna annessione, incluso in Cisgiordania, nessuna minaccia da Gaza verso i vicini e nessuna operazione militare” nella Striscia. L’obiettivo, conclude Šuica, è garantire “la sicurezza reale di Israele e un futuro sicuro per tutti i palestinesi“.Di “attacco terroristico brutale” ha parlato anche la capogruppo socialista in Aula, Iratxe García Pérez, che però non si nasconde e condanna anche “la reazione di Israele col genocidio a Gaza“. In merito alle partecipatissime proteste di piazza, l’eurodeputata spagnola osserva che “il nostro compito è ascoltare la voce dei milioni di cittadini” che sono scesi in strada poiché “il nostro silenzio è complice“. “Dobbiamo chiedere alla Commissione di agire per fermare la strage“, conclude.Dai Socialisti e democratici (S&D), il capodelegazione Pd Nicola Zingaretti ricorda che “la sicurezza non si costruisce con la forza ma con la pace” e che “violenza infinita chiama terrorismo infinito“. Il suo compagno di partito Sandro Ruotolo ribadisce che oggi “è il popolo palestinese a pagare il prezzo più alto“, sottolineando che per avvicinarsi alla pace è necessario interrompere le ostilità e “riprendere un processo politico vero, che riconosca finalmente ai palestinesi il diritto a uno Stato libero e sovrano accanto a Israele“. Un ragionamento che, planisfero alla mano, parrebbe condiviso da un numero sempre maggiore di governi nel mondo.La manifestazione nazionale per la Palestina a Roma, il 4 ottobre 2025 (foto: Alessandro Amoruso via Imagoeconomica)Più incisivi gli interventi di due eurodeputate italiane che si erano imbarcate con la Global Sumud Flotilla. La dem Annalisa Corrado rimarca che il “genocidio in corso” nella Striscia è “il frutto di scelte politiche criminali” prese dal gabinetto di Benjamin Netanyahu (sul cui capo, del resto, pende un mandato di cattura per crimini di guerra e contro l’umanità spiccato dalla Corte penale internazionale) e che “le responsabilità del governo israeliano non possono essere coperte da un silenzio complice” come quello che, sempre più assordante, si leva dalle cancellerie dei Ventisette.Ma, ammonisce Corrado, bisogna approcciare anche le trattative in corso con realismo ed evitare i diktat tra le parti belligeranti (e i rispettivi alleati): “La pace non si costruisce imponendo condizioni dall’alto, negando la voce e la dignità del popolo palestinese”, ragiona. E rimarca che “senza il riconoscimento della Palestina, senza un processo politico che ponga fine alle occupazioni illegali, ogni accordo resterà fragile e non si estirperanno le radici dell’odio”. “L’Europa deve smettere di oscillare tra ipocrisie e connivenze“, conclude.Dai banchi dei Verdi, anche Benedetta Scuderi (Avs) si chiede “perché dopo due anni di genocidio palestinese e pulizia etnica ancora non facciamo niente per fermare Israele“, e interroga i colleghi sul loro rifiuto di “parlare della Flotilla“, riferendosi alla bocciatura da parte dell’emiciclo di due mozioni sul tema proposte dal suo gruppo e dalla Sinistra all’inizio dei lavori dell’intera sessione plenaria. “Se non avete a cuore nemmeno i diritti degli europei che rappresentate, delle nostre colleghe, mai quest’Aula potrà supportare il popolo palestinese“, il suo j’accuse.L’eurodeputata di Avs Benedetta Scuderi (foto: Philippe Stirnweiss/Parlamento europeo)Sulle imbarcazioni della missione di solidarietà transnazionale – intercettata con metodi pirateschi da Tel Aviv tra il 2 e il 3 ottobre – c’era anche l’eurodeputata franco-palestinese Rima Hassan, della Sinistra. Gli attivisti hanno raccontato di aver subìto aggressioni e violenze fisiche e psicologiche da parte delle autorità israeliane. Scuderi sostiene che “l’Europa sta morendo nel silenzio e nella complicità delle sue istituzioni” ma nota anche che “c’è un’altra Europa, viva nelle milioni di persone che riempiono le strade gridando ‘non nel nostro nome’, un’Europa che crede nella giustizia, nel diritto e nella pace, che non vuole ripetere gli errori del passato e che si oppone davvero al genocidio”.Gli aggiornamenti che arrivano da Sharm el Sheikh, dove sono in contatto indiretto le due squadre negoziali, sono solo parzialmente incoraggianti. Si tratta senza dubbio dello slancio diplomatico più solido mai messo in campo finora, ma le posizioni rimangono distanti su diversi punti cruciali nonostante la disponibilità dichiarata in linea di principio da entrambi i belligeranti. Soprattutto, Hamas chiede la cessazione completa della campagna israeliana e il ritiro totale dell’esercito di Tel Aviv dalla Striscia, mentre lo Stato ebraico pretende il disarmo del gruppo palestinese. Un’altra questione per il momento irrisolta è quella della ricostruzione post-bellica di Gaza. In mancanza di un accordo, intanto, le operazioni militari continuano.

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    Trump e Starmer stipulano un accordo da 335 miliardi di dollari. Il partner degli USA in Europa è il Regno Unito

    Bruxelles – Gli Stati Uniti di Donald Trump hanno scelto il loro partner in Europa: è il Regno Unito. Le due economie rafforzano i rapporti grazie a un piano d’investimenti dal valore di 335 miliardi di dollari. I settori coinvolti saranno principalmente quello dell’energia nucleare, dell’intelligenza artificiale e farmaceutico. Londra, che era già riuscita a strappare un accordo commerciale più favorevole con Washington (dazio base al 10 per cento) rispetto all’UE, ora stipula un partenariato definito dal tycoon come “senza precedenti”. Un’intesa commerciale ottenuta anche grazie, secondo Trump, all’“abile negoziatore” Starmer. Una frecciata indiretta a chi lo è stato meno.Il “Tech Prosperity Deal”, così battezzato durante la fastosa cerimonia della firma, è stato siglato a Chequers, nella residenza di campagna del primo ministro britannico. Tra i quadri ottocenteschi della residenza sedevano alcuni dei più influenti imprenditori del settore tecnologico americano, come il CEO di Nvidia Jensen Huang o quello di Microsoft Satya Nadella.Gli sforzi promessi sono consistenti. Il colosso tech di Bill Gates ha annunciato investimenti per 30 miliardi di dollari in infrastrutture di intelligenza artificiale e nelle relative attività operative. Impegni simili sono stati presi anche da Salesforce, Nvidia e Palantir, tra gli altri. Da parte sua, invece, Londra ha messo sul piatto le sue aziende di punta. In prima linea la farmaceutica GSK, che investirà negli Stati Uniti 30 miliardi di dollari in ricerca e sviluppo in cinque anni. L’azienda petrolifera BP, che spenderà 5 miliardi di dollari all’anno.Il presidente americano, coccolato durante i suoi due giorni britannici, è stato messo alle strette solo nella conferenza stampa finale. I temi affrontati sono stati diversi. Si è parlato della guerra in Ucraina, dove Starmer ha esortato Trump ad aumentare la pressione su Putin affermando: “Le violazioni contro lo spazio aereo NATO non sono il gesto di una persona intenzionata alla pace”. Trump si è limitato a rispondere che Putin lo ha “deluso”. Poi, tornando sul tema più tardi, ne ha approfittato per una strigliata all’Unione Europea: “Sono disposto a fare altre cose (contro la Russia, ndr), ma non quando le persone per cui mi batto comprano petrolio dalla Russia. Se il prezzo del petrolio scende, molto semplicemente, la Russia si accontenterà”.Sulla crisi in Medio Oriente si è vista la maggiore divergenza tra i due. Il primo ministro inglese ha sottolineato come “il riconoscimento dello Stato palestinese rappresenterà un passo avanti verso la soluzione dei due Stati”, mentre il tycoon si è detto contrario: “È uno dei pochi punti in cui non andiamo d’accordo”.Al netto di divergenze sul Medio Oriente il rapporto tra i due sembra però genuino. L’inviato speciale di Trump, Steve Witkoff, ha affermato a Politico: “Il Presidente è molto disponibile ad ascoltare le opinioni di Starmer, indipendentemente dall’ideologia politica. Loro condividono la stessa visione”. Un legame che travalica i secoli, perché, come ha dichiarato Trump, Regni Unito e Stati Uniti hanno fatto “più bene al pianeta di qualsiasi altra coppia di nazioni nella storia”.

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    L’Eurocamera trova un denominatore comune (minimo) su Gaza. Il Ppe si spacca, esultano i socialisti

    Bruxelles – Il Parlamento europeo, dopo due anni di dibattiti, ha approvato oggi (11 settembre) la sua prima risoluzione su Israele e Gaza. Un passo avanti e un’occasione persa: se è vero che gli eurodeputati invocano finalmente alcune misure per mettere fine al conflitto, riescono nell’impresa di farlo addirittura dopo la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e di non andare in alcun modo oltre le sue parole pronunciate ieri. E a ben vedere, il testo finale adottato dall’Aula scontenta quasi tutti.Condanna del blocco degli aiuti umanitari da parte di Israele, rispetto del diritto internazionale, cessate il fuoco immediato, rilascio degli ostaggi, sì alla sospensione parziale dell’accordo di associazione Ue-Israele in materia commerciale e alle sanzioni contro i ministri più estremisti del governo guidato da Benjamin Netanyahu, invito agli Stati membri a riconoscere lo Stato di Palestina. Questi i paletti messi nero su bianco dalla risoluzione presentata da socialisti, liberali e verdi e adottata con 305 voti favorevoli, 151 contrari e 122 astensioni. Si spacca il Partito Popolare, che già ieri si era sfilato rifiutando di firmare la risoluzione congiunta con gli altri gruppi della maggioranza: tra i cristiano democratici, 82 favorevoli, 56 contrari e 6 astenuti. Tra i sì, mancano quelli dei Conservatori e Riformisti (Ecr) e dell’estrema destra di Patrioti e Sovranisti. E di una parte del gruppo della Sinistra europea.Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il ministro delle finanze Bezalel Smotrich, già sanzionato da UK e diversi alleati dell’Ue (Photo by RONEN ZVULUN / POOL / AFP)I socialisti mettono in luce il bicchiere mezzo pieno: secondo Sandro Ruotolo, del Partito democratico, “oggi il Parlamento europeo ha scelto di stare dalla parte del diritto e della dignità dei popoli”. Per il dem l’invito a riconoscere lo Stato di Palestina è un “messaggio storico”, e la sospensione parziale dell’Accordo di associazione Ue-Israele “significa che le relazioni politiche ed economiche con Israele non possono proseguire come se nulla fosse, mentre a Gaza si continua a violare il diritto internazionale e a colpire la popolazione civile”. I liberali di Renew rivendicano di aver “compiuto ogni sforzo per ottenere una maggioranza a favore di un’azione urgente volta a porre fine alla crisi umanitaria e alla carestia causate dal governo israeliano e a raggiungere un cessate il fuoco permanente”.Dal testo finale però, ogni volta che si parla di carestia è sparito ogni riferimento al fatto che sia “causata dall’uomo”. Così come due paragrafi in cui si mettevano a nudo le responsabilità delle istituzioni europee per non aver “reagito con l’urgenza che la gravità della situazione catastrofica a Gaza richiede” e si invitava a riflettere sui gravi danni che questo ha comportato per “la credibilità dell’Ue non solo agli occhi del Sud del mondo, ma anche agli occhi dei nostri cittadini”.Sono alcuni degli “emendamenti migliorativi” di cui parla Carlo Fidanza, capodelegazione di Fratelli d’Italia all’Eurocamera. Ma non sufficienti per “raggiungere l’equilibrio che avremmo voluto e che il dramma di Gaza avrebbe richiesto”. La delegazione della premier Giorgia Meloni, la più numerosa in Ecr, si è chiamata fuori, insieme al resto del gruppo.Così come la delegazione del Movimento 5 Stelle, che evidenzia il bicchiere mezzo vuoto: per Danilo della Valle la risoluzione “è debolissima”, perché priva di qualsiasi riferimento all’intento genocidario del governo israeliano a Gaza. “Ritirare a pochi minuti dal voto l’emendamento sottoscritto dai Socialisti in cui si condanna il genocidio rappresenta un tradimento della memoria di oltre 60 mila civili uccisi negli attacchi e nei bombardamenti dell’esercito israeliano”, sottolinea il pentastellato, che bolla il messaggio scaturito dal testo come un “imbarazzato buffetto a Netanyahu che non servirà a niente per fermarlo”.A ben vedere, qualcosa manca davvero, e qualcuno ne è consapevole anche nella famiglia socialista: “Avremmo voluto ci fosse anche il riferimento al genocidio in corso e la sospensione dell’Accordo di Associazione Ue-Israele nella sua interezza, non solo per la parte commerciale”, ammette l’eurodeputata dem Cecilia Strada. E promette: “Sono battaglie su cui continueremo a impegnarci a partire da domani”.

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    Gaza, von der Leyen si allontana da Israele (e si nasconde dietro le divisioni degli Stati membri)

    Bruxelles – Sospensione del sostegno bilaterale a Israele, sanzioni a ministri del governo di Benjamin Netanyahu e ai coloni violenti, sospensione parziale dell’accordo di Associazione che lega Bruxelles a Tel Aviv. Tre misure invocate a gran voce da milioni di cittadini europei, organizzazioni non governative e rappresentanti politici in diversi Stati membri. A metterle sul piatto, oggi (10 settembre), per la prima volta, “l’amica di lunga data del popolo israeliano”, come lei stessa si definisce: la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.Bersaglio di pesanti critiche a causa dei prolungati silenzi, del mancato supporto a chi da mesi denuncia le atrocità israeliane a Gaza, degli interventi poco felici a fianco di un governo guidato da un criminale di guerra ricercato da una corte internazionale, von der Leyen ha scelto il discorso annuale sullo stato dell’Unione, di fronte all’Eurocamera, per divincolarsi. Alla vigilia del giorno in cui la stessa Aula di Strasburgo metterà per la prima volta ai voti una risoluzione per chiedere un’azione più decisa per fermare il conflitto.“Quello che sta accadendo a Gaza ha scosso la coscienza del mondo. Persone uccise mentre chiedevano cibo. Madri che stringono tra le braccia i propri figli senza vita. Queste immagini sono semplicemente catastrofiche”, ha esordito la leader Ue, accusando Israele di “un cambiamento sistematico inaccettabile”. Il “soffocamento finanziario” dell’Autorità palestinese, i piani di insediamento per isolare Gerusalemme Est dalla Cisgiordania occupata, le azioni e le dichiarazioni di ministri “che incitano alla violenza”. È tutto alla luce del sole, e nemmeno von der Leyen può voltare più le spalle, anche se “davvero addolorata nel pronunciare queste parole”.Il calcolo politico fa la sua parte, perché von der Leyen è consapevole che “per molti cittadini l‘incapacità dell’Europa di concordare una linea comune da seguire è altrettanto dolorosa”. Il rischio è che su questo file l’Unione europea – e inevitabilmente, la sua leader – perdano definitivamente ogni credibilità agli occhi degli elettori e del mondo. Finora, la Commissione aveva proposto solamente una parziale sospensione dei finanziamenti a Israele per la ricerca, attraverso il programma Horizon. Proposta bloccata in Consiglio dell’Ue da un manipolo di Paesi membri.“Non possiamo permetterci di rimanere paralizzati”, ha proseguito von der Leyen, assicurando che da ora in avanti “la Commissione farà tutto il possibile da sola“. Può farlo nel caso del sostegno bilaterale: “Interromperemo tutti i pagamenti in questi settori, senza compromettere la nostra collaborazione con la società civile israeliana o con Yad Vashem (il museo sull’Olocauso, ndr)”, ha annunciato. Un portavoce ha poi specificato che, nell’ambito dello strumento Ue di vicinato, sviluppo e cooperazione internazionale (NDICI), Israele avrebbe dovuto ricevere “in media 6 milioni all’anno tra il 2025 e il 2027“. Oltre alla sospensione delle dotazioni annuali rimanenti, la Commissione congelerà “circa 14 milioni di euro destinati a progetti in corso”. Progetti di cooperazione istituzionale e programmi di gemellaggio.Lo spazio di manovra dell’esecutivo si ferma qui, dopodiché la Commissione proporrà ai Paesi membri di adottare sanzioni nei confronti dei “ministri estremisti” e dei coloni violenti e di sospendere parzialmente l’accordo di associazione per quanto riguarda le questioni commerciali.“Sono consapevole che sarà difficile trovare una maggioranza” e che “qualsiasi azione sarà eccessiva per alcuni e insufficiente per altri”, ha ammesso von der Leyen, chiamando Parlamento e Consiglio ad “assumersi le proprie responsabilità“. Dopo 23 mesi di conflitto e 64 mila vittime palestinesi, von der Leyen ha iniziato a farlo oggi. E la prima reazione da Tel Aviv è già arrivata: il ministro degli Esteri, Gideon Sa’ar, ha definito “deplorevoli” le parole di von der Leyen, che “fanno eco alla falsa propaganda di Hamas e dei suoi alleati”.

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    S&D, Verdi e laSinistra all’Ue: “A Gaza è genocidio, è tempo di agire”

    Bruxelles – Violazione dei diritti umani a Gaza, “è tempo di agire”. I gruppi parlamentari socialista (S&D), Verdi e laSinistra esortano Commissione europea e Consiglio europea a prendere provvedimenti, una volta per tutte e come si deve. In una lettera indirizza ai presidenti delle due istituzioni (Ursula von der Leyen e Antonio Costa) e all’Alta rappresentante (Kaja Kallas), le tre formazioni parlamentari, che insieme rappresentano un terzo dell’Aula, dicono ‘basta’. “E’ evidente che si sta commettendo un genocidio a Gaza, con la Commissione e il Consiglio che finora hanno fallito nel rispondere con urgenza e fare ciò che i nostri trattati e i nostri valori richiedono“, denunciano e lamentano i presidenti dei gruppi, Iratxe Garcia Perez (S&D), Bas Eickhout e Terry Reintke (Verdi), Manon Aubry e Martin Schierdewan (laSinistra).I gruppi parlamentari contestano l’inazione dell’Ue anche di fronte alle dichiarate intenzioni israeliane di conquistare la striscia di Gaza, di fronte alle quali l’Unione europea non ha praticamente reagito. Nelle richieste avanzate ai ‘top jobs‘ dell’Ue viene quindi, non a caso, inserita la necessità di “riaffermare l’impegno per una soluzione a due Stati, con passi politici concreti”. Si attendono Commissione e Consiglio al varco, vale a dire alla riunione dell’Assemblea generale dell’Onu di settembre. E’ qui che socialisti, verdi e sinistra radicale vorrebbero vedere cambi di passo veri.It’s time for urgent action to end the massacre in Gaza.Presidents of @TheProgressives, @GreensEFA & @Left_EU today write to @vonderleyen, @eucopresident & @kajakallas:– Suspend the EU-Israel Association Agreement– Enforce a comprehensive arms embargo– Guarantee humanitarian… pic.twitter.com/tGIudRkqa1— S&D Group (@TheProgressives) August 5, 2025Per iniziare a dare un segnale vero si chiede la sospensione immediata e completa dell’accordo di associazione Ue-Israele, al pari dello stop della partecipazione di imprese israeliane al programma Horizon Europe per la ricerca. Richieste però di difficile realizzazione, visto che in entrambi i casi sono gli Stati membri a doversi esprimere, e sulla linea dura contro lo Stato ebraico i 27 sono divisi.Ciononostante si continua a fare pressione. “L’Unione europea deve assumersi responsabilità e agire ora”, insistono i leader di socialisti, verdi e sinistra radicale. Per questo si chiede di mandare più segnali alla leadership israeliana, a partire dal “ripristini del pieno finanziamento dell’Unrwa”, l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi. E’ l’Unione europea che si fa sentire, dopo il silenzio di un’altra parte dell’Unione europea.

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    Palestina, il lento cammino dell’Ue nel riconoscimento dello Stato

    Bruxelles – Undici su 27. Questo il computo degli Stati membri dell’Unione europea che si sono espressi per un riconoscimento della Palestina come stato. Numeri che danno la dimensione della complessità della questione arabo-israeliana, che a distanza di quasi 80 anni – da quando cioè; nel 1948, la comunità internazionale decise di creare Israele – continua a dividere.Per l’Unione europea il tema del riconoscimento dello stato palestinese è praticamente nuovo. E’ vero che sette degli 11 Paesi membri che oggi riconoscono la Palestina lo hanno già fatto nel 1988, ma quando tutti erano ancora Paesi extra-europei. Il primo Stato membro Ue in quanto tale a rompere un tabù è stata la Svezia, che nel 2013 è diventata l’ottavo Paese a schierarsi apertamente con i palestinesi, e il primo dall’interno del club a dodici stelle.Oggi gli annunci resi da Francia e da Malta di voler aggiungersi alla lista proiettano l’Ue in una dimensione nuova, di divisione, certo, ma con una tendenza di inversione: a settembre 2025, quando Malta e Francia ufficializzeranno la loro decisione, gli Stati Ue a riconoscere la Palestina diventeranno 13 su 27. Un altro passo politico e la Palestina otterrà il sostegno della maggioranza degli Stati membri dell’Ue.7Riconoscimento dello stato palestinese nell’Ue, l’evoluzione– 1988: Bulgaria, Cipro, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Ungheria (7)– 2013: Svezia (8)– 2024: Spagna, Slovenia, Irlanda  (11)– 2025: Francia e Malta (13)

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    Israele pensa all’annessione di Gaza, l’Ue risponde col silenzio

    Bruxelles – Un annuncio altisonante per una risposta silenziosa pressoché nulla. Israele e Unione europea, divisi sul futuro dello Stato palestinese ma alla fine concordi nel condannare la parte araba della questione israelo-palestinese. Israele e Unione europea, la forza e l’arroganza da una parte, la timidezza e la debolezza dall’altra. Il governo dello Stato ebraico guidato da Benjamin Netanyahu minaccia di annettere la Striscia di Gaza, e l’Ue reagisce non reagendo.Di fronte ad una pressione internazionale crescente che vede per la decisione politica di riconoscere la Palestina come Stato, la risposta di Tel Aviv è risolvere la questione cancellando dalla carta geografica territori che potrebbero tornare utili, in futuro, per uno stato palestinese. L’Ue, che ha sempre sostenuto la necessità di una soluzione a due Stati, tace. La sempre attiva Kaja Kallas, Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue molto attiva in termini di momenti stampa, dichiarazioni ufficiali e anche post social, non ha battuto ciglio. Nessun commento, nessun comunicato, e neppure nessun pensierino affidato a X, dove l’ultima cosa scritta è la condanna di Hamas, a cui intima il rilascio degli ostaggi.The images of Israeli hostages are appalling and expose the barbarity of Hamas. All hostages must be released immediately and unconditionally.Hamas must disarm and end its rule in Gaza.At the same time, large-scale humanitarian aid must be allowed to reach those in need.— Kaja Kallas (@kajakallas) August 3, 2025Deve essere pungolata, l’Alta rappresentante, perché si esprima sulla questione. Serve un’interrogazione parlamentare promossa da membri dei gruppi socialista (S&D), Verdi, sinistra radicale (laSinistra) e non iscritti per avere una risposta chiara in merito. “L’Ue respinge qualsiasi tentativo di cambiamenti demografici o territoriali nella Striscia di Gaza e sostiene l’unificazione della Striscia di Gaza con la Cisgiordania sotto l’Autorità Palestinese“, la linea della Commissione europea e di Kallas, e che nome del collegio tutto si esprime. In silenzio, discretamente, sommessamente, per non dare troppo fastidio al governo di Israele. Una coincidenza che la risposta scritta di Kallas arrivi i il 2 agosto, per un’interrogazione depositata il 27 maggio. Coincidenza fortuita, che almeno permette di sgombrare il campo da dubbi ed equivoci, ma che non cancella una Commissione europea impreparata a condannare quando serve un Paese ‘amico’. Ancora una volta l’Ue non fa una bella figura. Su Israele e la risposta all’eccesso di risposta israeliana agli attacchi di Hamas, l’Europa finisce col condannare il futuro della Palestina e del suo popolo. O ciò che ne resterà. Perché, è bene ricordarlo, Kallas condanna Hamas per il trattamento riservato agli ostaggi ma sorvola sulla strage di civili e il genocidio in corso a Gaza.