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    Alta tensione al Consiglio di Sicurezza ONU. Michel attacca Mosca sul grano, l’ambasciatore russo esce dalla sala

    Bruxelles – “Può lasciare la sala, forse è più facile non ascoltare la verità, signor ambasciatore”. È uno scambio tesissimo quello tra il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, e l’ambasciatore russo presso le Nazioni Unite, Vasily Nebenzya, durante la riunione di ieri sera (lunedì 6 giugno) del Consiglio di Sicurezza dell’ONU sulla questione dell’invasione dell’Ucraina. Dopo un lungo intervento in cui l’ambasciatore Nebenzya ha negato qualsiasi responsabilità russa nel conflitto in corso – definendo sempre l’Ucraina come “il regime di Kiev” – il presidente del Consiglio UE lo ha attaccato su diversi fronti, dalle violenze sessuali e i crimini di guerra al blocco dei porti nel Mar Nero e il ricatto mondiale sul fronte alimentare. A metà del discorso, lo stesso ambasciatore russo presso l’ONU si è alzato per andarsene dalla stanza, incalzato dal biasimo di Michel.

    You may leave the room, maybe it’s easier not to listen to the truth, dear Ambassador #Nebenzia @RussiaUN@UN #SecurityCouncil #UNSC pic.twitter.com/aeb1OF4y6T
    — Charles Michel (@eucopresident) June 6, 2022

    L’episodio si è verificato mentre il leader del Consiglio Europeo spiegava l’approccio dei Ventisette alla questione della sicurezza alimentare e delle criticità del blocco delle esportazioni di grano e cereali dall’Ucraina: “Signor ambasciatore, siamo seri, il Cremlino sta usando le forniture alimentari come missili invisibili contro i Paesi in via di sviluppo, le drammatiche conseguenze della guerra russa si stanno riversando in tutto il mondo”. Tenendo fisso lo sguardo sull’ambasciatore Nebenzya, Michel ha ricordato che “la guerra sta facendo aumentare i prezzi dei prodotti alimentari, spingendo le persone nella povertà e destabilizzando intere regioni” e che “la Russia, solo la Russia, è l’unica responsabile di questa crisi alimentare”, nonostante la “campagna di menzogne e disinformazione”. Al contrario, da Bruxelles non sono mai arrivate sanzioni sul settore agricolo in Russia, “zero”, così come le misure restrittive sul settore dei trasporti “non vanno oltre i confini dell’UE”.
    Il presidente del Consiglio UE, Charles Michel, alla sede delle Nazioni Unite a New York (6 giugno 2022)
    È a questo punto che l’ambasciatore russo presso l’ONU si è alzato per andarsene, anticipato dal presidente Michel: “Forse è più facile non ascoltare la verità“. I fatti, “come ho visto con i miei occhi qualche settimana fa a Odessa“, sono “milioni di tonnellate di grano e cereali rimasti bloccati a causa delle navi da guerra russe nel Mar Nero e dell’attacco alle infrastrutture di trasporto”, sono “i carri armati, le bombe e le mine russe che impediscono all’Ucraina di piantare e raccogliere”, sono “i furti nei depositi di grano nei territori occupati”. Cioè che l’ambasciatore Nebenzya non ha voluto sentire è anche che le sanzioni internazionali “non impediscono alle navi battenti bandiera russa di trasportare grano, cibo o fertilizzanti nei Paesi in via di sviluppo”, così come il fatto che i Ventisette stanno facendo “tutto il possibile per aiutare le esportazioni agricole dell’Ucraina” – con i corridoi di solidarietà e con la ricerca di soluzioni per riaprire rotte marittime nel Mar Nero – in collaborazione con l’Unione Africana, il G7 e il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres.
    Ma è tutto il contesto dell’invasione russa in Ucraina a essere nel mirino del presidente del Consiglio UE: “Il Cremlino può vietare e perseguire l’uso della parola ‘guerra’, ma questo non cambia la straziante realtà” di “migliaia di donne, bambini e uomini ucraini morti, atrocità, stupri, innumerevoli città bombardate fino a ridurle in macerie”. Questa è una “guerra barbara” condotta da un membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ha sottolineato con forza Michel. È centrale la questione del conflitto che esce dal campo di battaglia ed entra nelle case dei civili, considerato in particolare l’uso della violenza sessuale come arma di guerra: “È un crimine di guerra, contro l’umanità, una tattica di tortura, terrore e repressione che deve essere perseguita senza impunità”, non ha usato mezzi termini il presidente del Consiglio UE. Anche per questo motivo, in collaborazione con UN Women, giovedì (9 giugno) sarà ospitata a Bruxelles la seconda conferenza Women in conflicts: “Daremo slancio e intensificheremo i nostri sforzi collettivi per affrontare seriamente questo problema critico”, ha concluso Michel il suo intervento. Con la sedia dell’ambasciatore russo ancora vuota.

    A metà dell’intervento del presidente del Consiglio Europeo, l’ambasciatore Vasily Nebenzya se n’è andato in polemica dalla riunione. “Può lasciare la stanza, forse è più facile non ascoltare la verità” a proposito di sicurezza alimentare e crimini di guerra del Cremlino in Ucraina

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    La Russia “ha appetito di escalation” in Ucraina: per l’UE è necessario “aumentare la capacità dissuasiva”

    Bruxelles – Si alza il livello di allarme al Parlamento UE sul crescente militarismo della Russia in tutta l’area del Partenariato Orientale, dall’Ucraina al Caucaso, dalla Bielorussia alla Moldavia. Il quadro è stato tracciato dalla sottocommissione Sicurezza e difesa (SEDE) del Parlamento UE, nel corso dell’audizione di oggi (mercoledì 27 ottobre) di Maryna Vorotnyuk, ricercatrice del think tank britannico Royal United Services Institute for Defence and Security Studies, e di Samus Mykhailo, direttore della piattaforma indipendente New Geopolitics Research Network. Si attende ora la relazione a firma Witold Waszczykowski (ECR).
    “L’area del Partenariato orientale rappresenta una fonte di problemi per l’UE e la NATO e il principale motore di insicurezza è la politica della Russia nella regione”, ha messo in chiaro Vorotnyuk. I già presenti problemi economici, inter-etnici e di transizione democratica post-comunista sono stati “esacerbati” da Mosca, che “opera come mediatore in una zona di instabilità controllata“. Se la dottrina militare russa “si basa sull’idea di espansione per terra e per mare”, le tensioni nella regione sono “guerre surrogate contro l’Occidente”. Ma un altro fattore che determina questo atteggiamento è il “sempre maggior divario tra aumento della capacità militare e calo di attrattività del suo modello socio-politico”, ha spiegato la ricercatrice.
    Maryna Vorotnyuk, ricercatrice del think tank britannico Royal United Services Institute for Defence and Security Studies durante il suo intervento (27 ottobre 2021)
    Mosca è ormai presente “in tutti i conflitti congelati o ibridi” dell’area, con circa 10 mila soldati in Ossezia del Sud (regione separatista della Georgia), 2 mila in Nagorno Karabakh, 30 mila in Crimea e 3 mila nel Donbass (rispettivamente il territorio annesso e rivendicato dalla Russia) e circa 1.550 in Transnistria (regione separatista della Moldavia). “Con questa presenza possono dominare il campo di battaglia in caso di operazioni militari”, ha lanciato l’allarme Vorotnyuk, che ha così commentato “l’appetito di escalation di tensione e di capacità bellica” che si sta sviluppando “oltre le necessità in tempo di pace”, in particolare nei confronti di Kiev.
    Rispondendo alle domande degli eurodeputati, il direttore del New Geopolitics Research Network ha spiegato la situazione in Ucraina e in Bielorussia. “La presenza e la preparazione militare è superiore a quella del 2014“, quando le truppe di Mosca hanno annesso la penisola di Crimea. “Sono state implementate le infrastrutture critiche attorno all’Ucraina, con tre divisioni che possono condurre il controllo e la logistica anche per l’occupazione del Donbass”. Come dimostrato dalle esercitazioni dello scorso aprile, “potrebbe verificarsi un’operazione intensa di occupazione su vasta scala dell’Ucraina, non appena il Cremlino considererà favorevoli le condizioni”, ha avvertito Mykhailo.
    Samus Mykhailo, direttore della piattaforma indipendente New Geopolitics Research Network (27 ottobre 2021)
    Riguardo allo scenario bielorusso, il direttore della piattaforma di studi geopolitici ha confermato che “il presidente Alexander Lukashenko non controlla più la situazione ed è completamente alla mercé di Vladimir Putin“. Non una novità, se si considerano gli sviluppi dell’ultimo anno tra i due Paesi. Tuttavia, è interessante considerare la situazione sul campo: “C’è un gruppo di forze regionali che opera con un comando comune e con 300 centri di addestramento sul territorio nazionale, le aviazioni hanno iniziato missioni congiunte e uno scaglione armato russo è già presente nel Paese“. Lo scenario è quello di “una presenza permanente delle truppe di Mosca in Bielorussia”, ha aggiunto Mykhailo.
    A questo punto è necessario considerare come può reagire l’UE a questa situazione di instabilità sul fronte orientale determinata dalla Russia. “Serve una presenza più consistente e risorse di formazione dell’Unione in loco“, ha sottolineato Vorotnyuk. “Il Partenariato orientale non è stato concepito come un progetto di difesa e sicurezza, ma di pace”, tuttavia “il panorama mostra che l’UE deve svolgere un ruolo di maggiore stabilizzazione nella regione”. Ancora più netto Mykhailo, che ha avvertito che “se non ci sarà una definizione comune della minaccia russa, sarà difficile contrastare la bellicosità di Mosca“. Questa “nuova dottrina” dovrà “mettere insieme tutte le percezioni di pericolo dei Paesi membri” e “incentivare lo scambio di esperienze con i partner orientali”. Un discorso che dovrà partire dal “contrasto alla disinformazione e alla guerra ibrida della Russia, in modo da rafforzare la preparazione a scenari di conflitto bellico”.

    Al vaglio della sottocommissione Sicurezza e difesa (SEDE) del Parlamento Europeo la situazione del crescente militarismo russo nella regione del partenariato orientale: “Servono presenza e risorse di formazione UE in loco”

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    Ucraina, cresce la tensione al confine con la Russia, che ammassa nuove truppe

    Bruxelles – In un tweet pubblicato domenica 11 aprile il ministro degli Affari esteri ucraino Kuleba Dmytro ha espresso gratitudine a diciannove Paesi e a tre organizzazioni internazionali per i loro messaggi di supporto e di ferma condanna alle iniziative messe in campo dalla Russia negli ultimi giorni. “Sedici conversazioni telefoniche in undici giorni”, si legge nel post pubblicato sul profilo ufficiale del Ministero. Tra i soggetti ringraziati USA, Germania, Francia e Gran Bretagna, i Paesi baltici, quelli che si affacciano sul Mar Nero, ma anche la NATO, l’UE e l’OSCE, organizzazione che si occupa della sicurezza e cooperazione europea.

    Ukraine highly appreciates strong messages of support against the background of Russia’s escalation. pic.twitter.com/vxdNKDDtx5
    — MFA of Ukraine 🇺🇦 (@MFA_Ukraine) April 11, 2021

    La solidarietà internazionale nei confronti dell’Ucraina si è intensificata da quando Kiev ha denunciato a fine marzo una nuova ondata di tensioni nel Donbass, l’area orientale del Paese occupata dalla Russia dal 2014. L’ultimo episodio venerdì 26 marzo, quando l’uccisione di altri quattro uomini dell’esercito ucraino per mano dei cecchini russi ha portato a ventisei il bilancio delle perdite umane subite da Kiev dall’inizio del 2021 (in sette anni di conflitto il bilancio è di 13 mila vittime).
    Ciò che più spaventa è il rafforzamento della presenza militare russa nella regione. Attualmente Mosca può disporre di oltre 32 mila militari nell’annessa Crimea e di un esercito di 28 mila separatisti nei territori occupati a Est del Paese. Da sempre la Russia è accusata di sostenere i ribelli con rifornimenti militari e personale militare di supporto, ma il Cremlino si è sempre difeso dichiarando di adempiere ai suoi obblighi umanitari e negando qualsiasi interferenza con le iniziative dei separatisti ucraini.
    Senza dimostrarne la fondatezza diversi funzionari e media russi hanno annunciato nelle ultime settimane possibili  offensive da parte di Kiev, un movente che è alla base del dislocamento di carri armati, razzi e uomini da parte di Mosca. Il vice primo ministro russo Dmitry Kozak ha dichiarato che la Russia è pronta a difendere la popolazione russofona in Ucraina, che secondo il Cremlino sarebbe a rischio di subire un massacro simile a quello verificatosi nel 1995 a Srebrenica durante la guerra in Bosnia. Seppure non esistano prove a sostegno delle affermazioni di Mosca, secondo le parole del comandante dell’esercito ucraino Ruslan Khomchak, con questo pretesto la Russia starebbe dispiegando altri venticinque gruppi tattici nell’area a confine con il Paese.
    Da quando il rafforzamento delle capacità militari nell’area è stato confermato l’EUCOM, il Comando delle forze americane in Europa, ha innalzato il livello di allerta al massimo e si sono moltiplicate le reazioni a livello internazionale. Washington, Londra e Bruxelles hanno espresso “sostegno incondizionato” a Kiev e dopo l’uccisione di altro soldato ucraino giovedì 8 aprile la cancelliera tedesca Angela Merkel ha sollecitato il presidente russo Vladimir Putin in un colloquio telefonico a fare un passo indietro ritirando le truppe schierate in Ucraina. Ma Mosca ribadisce dietro le ultime mosse non c’è la volontà di innescare una guerra e che a provocare è piuttosto Kiev. “Nessuno deve sentirsi disturbato o minacciato”, ha dichiarato un portavoce del Cremlino.
    Secondo l’ex ambasciatore americano in Ucraina John Herbst, ora direttore dell’Eurasia Center dell’Atlantic Council di Washington, al di là delle sue reali intenzioni militari (legate all’approvvigionamento idrico della Crimea), l’azione di Putin mira a istigare il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj e soprattutto il nuovo presidente americano Joe Biden per sfidarli sul piano diplomatico e ottenere nuove concessioni. Non va neanche sottovalutata l’esigenza del presidente russo di dare un nuovo impulso al suo consenso interno in vista delle elezioni parlamentari di settembre 2021. Le accuse rivolte a Kiev su una nuova escalation militare nella regione vanno di pari passo con la crescita dell’aggressività della propaganda filogovernativa dei giornali di Stato registrata negli ultimi mesi in Russia.
    A questo si aggiunge la resistenza di Zelenskyj a retrocedere sui fondamentali della sovranità territoriale di Kiev sui territori del Donbass. Per il presidente ucraino la scelta ottimale sarebbe quella di accelerare l’adesione dell’Ucraina alla NATO, scelta che chiamerebbe i Paesi dell’alleanza atlantica all’intervento in caso di attacco militare sul suolo ucraino. Un portavoce della presidenza russa ha affermato che tale ipotesi aggraverebbe pericolosamente le relazioni tra Mosca e Kiev. Zelenskyj ha annunciato intanto lo svolgimento di un’esercitazione militare a Sud del Paese che punta a preparare la difesa sul confine con la Crimea e a proteggere i punti di atterraggio degli aerei lungo la costa del Mar Nero.
    Nella sua politica di difesa Kiev sarà appoggiata anche da Ankara. In un incontro bilaterale Zelenskyj e il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan hanno inaugurato l’avvio di nuove negoziazioni per il rafforzamento della cooperazione nell’industria della difesa. Proprio Ankara ha comunicato che il 14 aprile accederanno al Mar Nero attraverso gli stretti del Bosforo e del Dardanelli due navi da guerra americane. La questione preoccupa Mosca dato che la presenza militare di Washington e della NATO sembra essere tornata ai livelli del 2014-2015, come riporta Reuters.

    .@RTErdogan, #Ukraine is pleased to have a reliable neighbor, even if our border is the sea. 🇺🇦 and 🇹🇷 are opening new horizons of cooperation: possible growth of investments in infrastructure, increase in trade turnover, partnership in energy and defense spheres. pic.twitter.com/HxCeN95EW0
    — Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) April 10, 2021

    Il Cremlino ha detto di essere in contatto anche con Berlino e Parigi per la preparazione di un vertice sotto lo schema del “Format Normandy” (che fu istituito nel 2014 a settant’anni dal D-Day anche per trovare una soluzione al conflitto in Ucraina). Mosca intende escludere Kiev dalle nuove negoziazioni, ma dalla capitale ucraina il messaggio è chiaro: “Nessuna decisione sull’Ucraina senza l’Ucraina”. Da parte sua l’Unione Europea potrebbe prendere una prima posizione sugli ultimi eventi nel Donbass lunedì 19 aprile, giorno in cui si terrà una nuova riunione dei ministri degli Esteri europei.

    Mosca sposta verso Sud-Ovest carri armati, razzi e uomini, e afferma: “Nessuno deve sentirsi minacciato”. Per Kiev l’unica via di uscita è l’adesione alla NATO

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